Versione testata: Xbox 360
Il primo Lost Planet, datato 2006, ha rappresentato uno dei primi approcci di Capcom all'allora next gen, presentandosi come prodotto dalla carica innovativa applicata in diverse direzioni. Si trattava in effetti di uno dei primi colpi messi a segno dal publisher di Osaka lungo la strada, ormai affermata, dell'apertura ad occidente e dell'elaborazione di nuovi IP, che da allora hanno costituito una componente importante nella produzione Capcom al fianco della continuazione di serie ormai affermate.
Nonostante alcuni evidenti difetti, il primo capitolo ha saputo distinguersi per un'ambientazione originale applicata su una struttura alquanto classica, sebbene caratterizzata da alcuni elementi che sono rimasti impressi nell'immaginario videoludico, come le dimensioni di alcuni boss e relativi scontri epici. D'altra parte veniva fuori anche la stoffa degli sviluppatori Capcom, tra i primi in Giappone a proporre un motore grafico veramente competitivo come l'MT Framework sul quale il gioco era costruito. Tutto preparava la strada per un seguito praticamente scontato, che non è però arrivato subito, secondo le tappe forzate imposte spesso dal moderno mercato: a dimostrazione della cura con la quale Capcom tratta la serie, ci sono voluti quasi 4 anni di sviluppo per confezionare Lost Planet 2, un'operazione che la casa madre ha voluto peraltro condurre direttamente "in-house", sotto il comando di Jun Takeuchi, senza demandare il lavoro a team esterni come spesso accade nel nuovo corso del publisher nipponico, altro segno dell'attenzione per il nuovo brand. Dal sostanzioso lavoro effettuato emergono novità proiettate in diverse direzioni, dal comparto tecnico costruito sul nuovo motore MT Framework 2.0 al gameplay ora strutturato per larga parte in base al multiplayer.
Giungla e ghiaccio
Il carattere distintivo del primo capitolo era rappresentato dal freddo, con un lungo susseguirsi di scenari innevati all'aperto e strutture ghiacciate al chiuso, ambientazioni suggestive ma alla lunga forse un po' monotone anche a causa della necessaria tendenza alla scarsità cromatica. Questo secondo capitolo va in una direzione decisamente diversa: il pianeta E.D.N. III, a dieci anni di distanza dagli eventi narrati in Extreme Conditions, sta attraversando una complessa procedura di riscaldamento artificiale e terraformazione, che ha portato a risultati dirompenti. Alcune aree sono ancora ghiacciate, ma tra le distese bianche sono comparse macchie di lussureggiante vegetazione tropicale, conseguenza dello sfruttamento della preziosa T-ENG (Thermal-ENerGy). La cosa non sembra aver impensierito più di tanto gli alieni locali, ovvero gli Akrid, che anzi hanno dimostrato un'eccezionale capacità di adattamento generando nuove specie ed invadendo anche i nuovi territori caldi.
La stessa cosa dicasi per i "pirati" - ovvero la minaccia di matrice umana che ci troviamo a combattere nella campagna oltre agli alieni - che si sono semplicemente organizzati in "snow pirates" (i più tradizionalisti) e "jungle pirates" (il nuovo che avanza). Nei primi minuti della campagna ci viene esposta subito la nuova situazione sul pianeta, cominciando con una traversata piuttosto tradizionale di lande innevate e poi immergendoci subito dopo nella ricca giungla appena formatasi su E.D.N. III, dimostrando l'ampia varietà di situazioni in cui ci veniamo a trovare già in un ristretto arco di tempo. La struttura di base è rimasta la medesima del primo capitolo, ovvero uno sparatutto con visuale in terza persona con la possibilità di saltare, utilizzare il rampino per spostarsi in verticale e controllare eventualmente dei robusti mech da combattimento chiamati Vital Suit, ma gli elementi nuovi applicati al gameplay sono numerosi.
Spirito multiplayer
Appare chiaro fin da subito che Lost Planet 2 è un gioco improntato sull'esperienza multiplayer. A partire dalla campagna, anche giocando da soli veniamo comunque accompagnati da una squadra di supporto composta da un massimo di 3 elementi (per un totale di 4 compreso il protagonista) che, in mancanza di altri giocatori, viene controllata dall'intelligenza artificiale. L'ingombrante presenza di un team che agisce in maniera cooperativa ha reso necessari alcuni adattamenti in termini di mappa di gioco, level design e ritmo. Lo spostamento all'interno delle ambientazioni è piuttosto libero e consente di scegliere diverse strade e svariati approcci per raggiungere gli obiettivi, cosa che - specialmente giocando in multiplayer - si traduce nella possibile organizzazione di strategie e divisione dei compiti tra i membri della squadra, che possono perseguire contemporaneamente obiettivi diversi e muoversi in maniera piuttosto indipendente uno dall'altro. Spesso si rende necessaria la copertura dei compagni, magari impegnati nell'attivazione di qualche dispositivo (un elemento ricorrente, ad esempio, è l'attivazione di speciali stazioni radio o elementi di disturbo a seconda delle missioni) dall'attacco dei nemici, cosa che stimola la comunicazione con gli altri giocatori e lo spirito di squadra e che ovviamente predilige l'approccio in multiplayer, piuttosto che con l'intelligenza artificiale.
Le dimensioni dei mostri e la scala degli scontri, conseguentemente a questo spirito cooperativo, sono ancora maggiori rispetto al primo episodio e spingono anche questi al gioco di squadra necessitando di attacchi simultanei su diversi punti deboli. Sempre per venire incontro al nuovo spirito multiplayer, la campagna è stata spezzettata in missioni effettuabili in sessioni relativamente brevi (quasi sempre strutturate sulla dinamica di avvicinamento - presa di posizione - scontro con il boss) che compongono i 6 capitoli maggiori presenti nella storia, cosa che se da una parte rende più facile l'inserimento in gioco di compagni in multiplayer con modalità "drop-in drop-out", dall'altra inficiano un po' il ritmo e la consistenza narrativa rendendo la storia poco più di una lunga successione di missioni vagamente legate l'una all'altra. D'altra parte la presenza di 5 diversi protagonisti da interpretare alternativamente con rispettivi, diversi punti di vista sulla trama, garantisce sicuramente una buona varietà nell'azione e una visione corale degli avvenimenti sul pianeta perduto. Altro elemento tipicamente multiplayer è il veloce e pratico respawn che consente di tornare in partita velocemente dopo essere stati eliminati, senza troppi tempi morti.
Personalizzazione prima di tutto
La campagna e le varie modalità multiplayer competitive (mutuate in gran parte dal primo capitolo, per un massimo di 16 giocatori online) rientrano in un tutt'uno piuttosto organico che mette davanti a tutto la personalizzazione dell'esperienza di gioco attraverso la costruzione e specializzazione dei propri personaggi. L'idea perseguita da Capcom è di fare in modo che ogni partita effettuata, sia in modalità campagna che in versus, contribuisca alla crescita dei propri combattenti, facendo accumulare al giocatore in ogni caso punti utili per il loro potenziamento. La cosa è chiara fin dall'accesso alla schermata principale, che rappresenta a tutti gli effetti un hub di raccordo tra le varie modalità di gioco con largo spazio concesso all'editor dei personaggi. Qui è possibile cambiare l'aspetto del combattente attraverso le varie divise principali e varie parti acquistabili avanzando nel gioco, selezionare le armi di default primarie e secondarie nonché organizzare le abilità speciali che arricchiscono in questo secondo capitolo l'esperienza , come quelle curative. Il personaggio così costruito può poi essere utilizzato nelle varie modalità multiplayer competitive, che riprendono in gran parte quelle presenti nel primo capitolo e in particolare nell'edizione Colonies, come Team Elimination (essenzialmente un deathmatch) e Post Grab (basato sul controllo di punti strategici), oppure i nuovi Survival e Foxhunting, nel quale un giocatore si ritrova a dover fronteggiare tutti gli altri insieme.
Lussuria grafica
L'MT Framwork 2.0 mostra veramente i muscoli in questo nuovo capitolo di Lost Planet: se le ambientazioni ghiacciate sono più o meno riconducibili a quelle del primo episodio, seppure con evidenti miglioramenti, sono le sezioni ambientate nella giungla che colpiscono maggiormente per il loro aspetto. Una fitta vegetazione occlude la vista mentre si avanza tra le radici contorte e i rami ricurvi sui sentieri.
La pioggia colpisce con violenza le foglie e l'erba con effetti di luce cangianti, per poi cessare e lasciare spazio a raggi di sole tra i rami degli alberi. Quando gli scenari si aprono in radure più ampie possiamo invece attenderci epici scontri con nemici enormi, in un susseguirsi di scenari dall'impatto visivo memorabile. Notevoli anche gli effetti legati alle esplosioni, che peraltro influiscono sugli elementi di scenario circostanti distruggendoli o spostandoli (dove possibile). Certo, c'è ancora qualcosa da registrare per quanto riguarda l'effetto grafico dell'acqua e alcune animazioni dei personaggi umani, così come alcuni eccessivi riverberi tra luci e ombre dinamiche, ma l'aspetto estetico di Lost Planet 2 è davvero di alto livello, per quanto è possibile vedere da questa versione, peraltro ancora incompleta. Il quadro che si deduce da questa prova, ormai alle soglie dell'uscita definitiva del gioco, è quello di una produzione di spessore da parte di Capcom, che pare voler comunque sperimentare diverse nuove strade pur basandosi su un brand già affermatosi sul mercato. Si conferma, ancora una volta, una spinta innovativa da parte del publisher di Osaka, in particolare su quei terreni che solitamente spettano (o piacciono) maggiormente al mercato occidentale. La centralità del multiplayer, in questo senso, rappresenta una scommessa interessante, che potrebbe appiattire l'aspetto narrativo ma sembra garantire una marcia in più dal punto di vista della giocabilità.
CERTEZZE
- Ottimo impianto grafico
- Interessante focalizzazione sul multiplayer
- Evoluzioni in ogni comparto
DUBBI
- Il multiplayer indebolisce la struttura narrativa?
- Mistero sulla durata totale del gioco
- Il sistema di mira ha ancora margini di miglioramento