Cosa fareste se il mondo, per come lo conoscete, smettesse di esistere da un momento all'altro? Se la società finisse in frantumi, schiacciata dal peso di un disastro naturale dalle proporzioni inimmaginabili? È ciò che da sempre si chiedono scrittori e sceneggiatori impegnati ad affrontare narrativamente il tema dello "zombie outbreak", ovvero quell'evento macabro e terribile che vede i morti risorgere dalle proprie tombe e invadere le strade, affamati di carne viva.
I loro morsi trasmettono il virus che ne muove inspiegabilmente le membra, e così chi viene ferito diventa a sua volta uno zombie, in un processo spaventoso e inevitabile che sembra condannare il mondo senza appello. Dicevamo: cosa fareste? Vi ispirereste alle gesta del protagonista di "Shaun of the Dead", raccogliendo amici e parenti per rinchiudervi nell'unico luogo in cui la resistenza possa essere rinfrancata da qualche boccale di birra? Oppure prendereste la minaccia di petto come nel recente Dead Nation per PlayStation 3, sbaragliando intere ondate di non-morti dopo esservi procurati un invidiabile arsenale? Dead State, primo progetto ufficiale della neonata DoubleBear Productions, cerca di rispondere a questa e ad altre domande, nel contesto di un RPG dalla visuale isometrica in cui il nostro principale obiettivo è quello di sopravvivere, non importa a quale prezzo.
Due cuori e una capanna
Tanto la letteratura quanto la produzione filmica, in materia di zombie, convengono sulla necessità di barricarsi per trovare riparo dall'invasione. Bisogna dunque individuare un rifugio sicuro, se possibile dotato di un'uscita di emergenza, e modificarne gli accessi perché costituiscano una barriera impenetrabile per i morti viventi. Questi ultimi in Dead State svolgono un ruolo più che altro "ambientale", ovvero rappresentano una sorta di "fattore limitante" che influenza i nostri inevitabili spostamenti all'interno dello scenario, ma non sembrano costituire chissà quale minaccia: sono molto lenti, come da tradizione, e la loro unica forza sta nel numero. Affrontati in piccoli gruppi, insomma, non dovrebbero destare particolari preoccupazioni, mentre il discorso cambia se ce ne sono parecchi.
I combattimenti si svolgeranno secondo un sistema a turni, con la medesima soluzione che ci consentirà di gestire il nostro gruppo di personaggi nel modo più immediato e intuitivo possibile. Come accennato in precedenza, il nostro obiettivo principale sarà quello di sopravvivere, e talvolta per riuscirci saremo chiamati a fare scelte difficili, anche e soprattutto dal punto di vista etico. Il nostro gruppo di superstiti non sarà l'unico in città, è chiaro, e l'approvvigionamento delle risorse necessarie per la vita (cibo, armi) raramente si rivelerà un compito condivisibile; anzi, spesso innescherà attriti e scontri non indifferenti. Dovremo tenere presente che non tutti gli altri "vivi" saranno disposti a collaborare per il bene comune, dunque spesso ci imbatteremo in persone spietate, che non esiteranno a spararci contro per aggiudicarsi il bottino di turno. È in quest'ottica, più che per quanto concerne gli zombie, che sarà interessante verificare la qualità dell'intelligenza artificiale...
Io sono leggenda
La componente "survival" caratterizzerà profondamente l'esperienza, di conseguenza l'elemento gestionale influenzerà il nostro modo di approcciare la partita. Potremo convincere altre persone a unirsi al nostro gruppo, tenendo però presente che in tal modo ci saranno più bocche da sfamare; dunque dovremo organizzare un maggior numero di spedizioni per procacciare cibo, medicine e altri beni di prima necessità. Abbiamo accennato all'importanza dell'intelligenza artificiale in ambito competitivo, ma allo stesso modo i nostri alleati dovranno misurarsi con una serie di eventi e reagire in modo plausibile.
Ciò significa che, a seconda della propria indole, potranno eseguire fermamente i nostri ordini oppure fuggire via terrorizzati dall'arrivo di un'orda di zombie. L'allargamento del gruppo inoltre, ci spingerà alla ricerca di un rifugio più grande o situato in una posizione migliore rispetto a quelli che sono i nostri obiettivi. Lo sviluppo del gioco è ancora a uno stadio iniziale, dunque risulta arduo esprimere impressioni che vadano al di là di quel poco che è stato mostrato finora, o delle semplici intenzioni. DoubleBear Productions è uno studio indipendente e al momento Dead State non possiede un publisher, quindi è lecito aspettarsi un comparto tecnico per molti versi limitato. Le prime immagini rilasciate mostrano un discreto livello di dettaglio e modelli poligonali di buona fattura, ma è il caso di attendere qualche filmato per avere più chiara la situazione. Il motore grafico è lo stesso di The Age of Decadence, un altro RPG a turni (in lavorazione presso Iron Tower Studio, anch'essi impegnati nello sviluppo di DS) di cui sono stati diffusi dei video e che, onestamente, non ci ha favorevolmente impressionato. La situazione comunque, è in continuo divenire: sul sito ufficiale vengono rivelati a cadenza regolare nuovi dettagli e nuove idee, che speriamo possano trovare la giusta collocazione all'interno di un quadro interessante e promettente, anche se per ora solo abbozzato.
CERTEZZE
- Tema inflazionato ma affascinante
- Componente gestionale di indubbio spessore
DUBBI
- La situazione è ancora molto nebulosa
- Il motore grafico non promette faville