Il 2020 è stato, per la maggior parte dei videogiocatori, l'anno della nuova generazione. Le energie mentali erano tutte rivolte a PS5 e Xbox Series X|S, ma anche alle nuove schede grafiche di NVIDIA. Per questo, alcuni hanno forse ignorato un nuovo concorrente tecnologico: il cloud gaming. L'opinione comune, analizzando in modo superficiale le chiacchiere da forum, è che questa nuova tipologia di servizio non è ancora pronta per insidiare il potere del gaming in locale: è così? E soprattutto, quali sono le potenzialità a lungo termine? Chi sono i principali nomi attivi a livello mondiale? Oggi proveremo a dare una risposta.
Le principali piattaforme di cloud gaming
Iniziamo con una veloce panoramica delle principali piattaforme dedicate, con diverso tipo di sforzo, al cloud gaming.
NVIDIA - GeForce Now (2013)
NVIDIA è, tra i principali nomi attivi nel cloud gaming, uno dei più anziani e uno dei più mutevoli. Quello che oggi conosciamo come GeForce Now è stato preceduto nel 2013 da NVIDIA GRID, lanciato in formato beta unicamente per Nvidia Shield. Il vero annuncio del servizio e del nome è avvenuto nel 2015, con un formato a sottoscrizione con accesso illimitato e la possibilità di acquistare alcuni giochi per giocarli senza abbonamento.
Nel 2019, però, questa versione è stata cancellata per dare spazio al modello nato nel 2017 - GeForce Now, appunto - su computer (e poi arrivato anche su mobile e Shield) che permette di eseguire, tramite i server NVIDIA, i giochi che si possiede su altri launcher (come Steam, Epic Games Store, Uplay...).
PlayStation - PS Now (2014)
PlayStation è il secondo grande nome ad entrare nel mondo del cloud gaming. Nel 2014 Sony ha svelato e rilasciato nel Nord America la propria piattaforma, che permette di giocare ai titoli PS2, PS3 e PS4 in streaming su PC e console, oppure di eseguire il download dei giochi PS2 e PS4 su console.
L'arrivo nel resto del mondo è stato lento, con l'Italia che ha potuto approcciarsi al servizio unicamente nel 2019. PS Now permette di accedere a un catalogo tramite un abbonamento mensile/annuale: vengono regolarmente aggiunti (ed eliminati) nuovi giochi.
Google - Stadia (2019)
Google è stata la prima compagnia a dire al mondo, con enorme sicurezza, "il cloud gaming è arrivato ed è quello di cui avete bisogno". La presentazione della GDC 2019 ha dato la carica a giocatori e sviluppatori e Stadia è stato rilasciato nel novembre 2019 (negli USA, Canada e buona parte dell'Europa) a tutti coloro che avevano preordinato un pacchetto contenente Chromecast Ultra (obbligatorio per giocare direttamente su televisore) e lo Stadia Controller, oltre a tre mesi dell'abbonamento Stadia Pro.
Nell'aprile 2020, però, Google ha dato la possibilità a tutti di accedere al servizio senza costi di partenza. A differenza di altri servizi cloud, il modello principale di Stadia è basato sull'acquisto di ogni singolo gioco che si vuole riprodurre. L'abbonamento Pro, in ogni caso, propone ogni mese nuovi giochi che rimangono disponibili per vari mesi, formando così un mini-catalogo di venti/trenta giochi sempre accessibili.
Microsoft - xCloud (2019)
xCloud, precedentemente noto come Project xCloud, è entrato in fase di test nell'ottobre 2019 ed è stato ufficialmente rilasciato su dispositivi Android nel settembre 2020 in molteplici paesi, compreso il Nord America, l'Europa (Italia compresa) e la Sud Corea con più di 150 giochi al lancio. xCloud non è però un servizio indipendente, ma parte dell'enorme pacchetto di Game Pass e permette di giocare titoli console su mobile.
Facebook - Facebook Gaming (2020)
Anche Facebook, nell'ottobre 2020, ha proposto il proprio servizio di cloud gaming. Si tratta, per il momento, di un'esclusiva USA ed è dedicato a titoli mobili free to play. È ovvero un servizio completamente gratuito, fermo restando che esiste la possibilità di spendere denaro in microtransazioni all'interno dei singoli giochi. Si tratta di una piattaforma inserita all'interno della versione web di Facebook.
Amazon - Luna (2020)
Anche Amazon ha dato il via, per ora in territorio USA, al proprio servizio di cloud gaming: Luna. La piattaforma offre titoli PC/console via streaming tramite PC, Mac, iPhone, iPad, FireTV e dispositivi Android. La grande differenza rispetto ad altri servizi simili è il metodo di vendita: non è possibile acquistare singoli giochi e non è possibile abbonarsi a un singolo catalogo. Amazon Luna offre infatti una serie di "canali", ognuno dei quali propone una lista di giochi per una cifra mensile.
Nintendo - Switch
Anche se non dispone di un vero e proprio servizio di cloud gaming, non è possibile non citare Nintendo Switch. La piattaforma della società di Kyoto, infatti, ha proposto alcuni giochi in formato game streaming in varie parti del mondo, Italia compresa in alcuni casi. Ad esempio, è possibile giocare alla Cloud Edition di Control.
I meno noti
Finora abbiamo citato i nomi più noti del panorama videoludico, quelli che non sfuggono nemmeno ai giocatori meno attenti. Ovviamente, però, il mercato include moltissimi altri concorrenti "minori". Pur non essendo il nostro focus, non possiamo non citare servizi come Shadow, Vortex, ma anche e soprattutto nomi emergenti del mercato cinese, come Tencent, la cui divisione gaming è al lavoro su ben tre diverse piattaforme per il mercato orientale: Start (in collaborazione con Nvidia), Instant Play (in collaborazione con Intel) e GameMatrix (in collaborazione con Huawei).
I modelli di vendita
Con il precedente elenco di piattaforme e servizi di cloud gaming abbiamo potuto notare una cosa. Lo scontro che sta nascendo tra i grandi nomi della tecnologia non è legato unicamente alla potenza di calcolo dei loro server e, per il momento perlomeno, non viene giocato sul campo delle esclusive. A creare varietà tra un servizio e l'altro è principalmente il modello di vendita.
Il modello Netflix
Partiamo da quello che ci piace definire il modello Netflix, ovvero un servizio a spesa mensile che dà accesso a un unico catalogo che viene ampliato a cadenza regolare. PlayStation Now e xCloud rientrano in questa categoria e risultano quindi i più comprensibili per il pubblico. Il vantaggio di questa tipologia è di poter accedere a un notevole numero di giochi senza limiti.
Porta i tuoi giochi
Nell'angolo direttamente opposto, troviamo servizi di cloud gaming come GeForce Now, ovvero piattaforme che non vendono l'accesso ai giochi, ma "semplicemente" permettono di sfruttare i server e giocare ai videogame acquistati in altri store ad una qualità nettamente superiore rispetto a quello che può fare un semplice PC da ufficio o un device mobile. Il vantaggio, in questo caso, è che non si deve sottostare a un singolo store per l'acquisto dei giochi.
Il modello conservativo
Nel mezzo, troviamo proposte come Google Stadia, molto più conservative e vicine al modello di vendita delle piattaforme in locale: uno store interno dove acquistare il singolo gioco e in aggiunta un servizio in abbonamento (in stile PS Plus e Live Gold) che concede vantaggi extra e, soprattutto, un numero limitato di giochi. Il vantaggio, in questo caso, è che non si devono sostenere obbligatoriamente spese fisse e chi vuole giocare solo pochi giochi all'anno può risparmiarsi l'acquisto di un hardware dedicato.
La sorpresa di Luna
Fuori dal coro, c'è l'idea di Amazon Luna che propone sì un servizio in abbonamento, ma diviso in più "canali". Essendo appena nato, è troppo presto per poterne valutare l'efficacia in quanto sarà necessario capire quanti "canali" (e di quale costo) saranno resi disponibili e quale sarebbe la spesa finale per un videogiocatore che desidera provare un po' di tutto. Gli editori, come dimostrato dal pacchetto "Ubisoft+" e dal pacchetto "Luna+", possono inoltre applicare prezzo e regole di utilizzo differenti: Luna+ può infatti essere usato su due schermi in contemporanea, mentre Ubisoft+ solo su uno. Questo potrebbe rendere Luna una delle piattaforme più interessanti per sviluppatori/publisher di grandi dimensioni.
Cosa abbiamo capito e cosa ci aspetta
Arrivati a questo punto, possiamo facilmente trarre due conclusioni.
Prima di tutto, le società di tutto il mondo, da occidente a oriente, hanno imparato da quanto avvenuto con musica e serie TV, le quali hanno oramai messo in secondo piano il formato fisico e si sono spostate verso i servizi in abbonamento (Spotify, Netflix...). Le compagnie credono fermamente che il mercato videoludico sia destinato a fare lo stesso. Agli occhi di molti è quindi il momento di ottenere la propria fetta di questo mercato in crescita. La concorrenza, in altre parole, è grande, più grande rispetto al normale mercato hardware/software del gaming locale che da anni vede solo tre competitor console e pochi store PC di primo piano.
Secondariamente, pur rimanendo vero che ogni società dovrà offrire una tecnologia efficace (in termini di risoluzione, input-lag, frame-rate, etc.) e, a un certo punto, dovrà proporre contenuti esclusivi come fanno da tempo Sony, Nintendo e Microsoft (ma anche Netflix, per allargare il paragone), per il momento la vera discriminante è la tipologia di servizio. Non solo per quanto riguarda il costo e l'offerta, ma anche per il modo tramite il quale si accede.
Sembra molto probabile che ogni società andrà ad accaparrarsi una specifica fetta di pubblico. Ad esempio, il videogiocatore occasionale, che può avviare solo poche volte al mese uno dei tanti AAA disponibili, mai accetterà di pagare un fisso mensile, ma sarà incuriosito dalle possibilità offerte da Google Stadia.
Un giocatore mobile che cerca esperienze rapide e accessibili difficilmente vorrà avviare un lungo e lento gioco console tramite xCloud, ma apprezzerà la selezione di Facebook Gaming (appena sarà ampliata, perché per ora è molto scarna) che gli permetterà di giocare vari giochi senza consumare spazio di archiviazione. Al contrario, un appassionato Xbox sempre in viaggio potrà con xCloud proseguire la sua sessione avviata su console.
Il cloud gaming sembra già ora avere il vantaggio di offrire il servizio giusto a ogni tipologia di giocatore. La vera domanda è: c'è mercato per il cloud? Il pubblico è pronto a rispondere alle proposte? O ancora i limiti (reali o solo percepiti) di questa tecnologia stanno bloccando la sua espansione?
Nel ricerca di mercato State of Online Gaming 2020 di Limelight Networks viene riportato il livello di interesse verso servizi di cloud gaming a livello mondiale. Il 44% dei giocatori afferma che sì, sarebbe interessato a sottoscrivere un abbonamento a un servizio che permetta di non acquistare hardware dedicato al gaming. Ovviamente le percentuali cambiano molto di nazione in nazione: in Giappone, ad esempio, solo il 20,9% ha risposto sì. Similarmente, nazioni come Francia, Germania, Regno Unito e Stati Uniti d'America hanno detto sì con percentuali comprese tra il 32 e il 38. Sopra la media mondiale troviamo invece Singapore (45,7%), Italia (48,8%), Sud Corea (51,0%) e India (con un esorbitante 82,9%).
Il pubblico inizia quindi ad essere interessato e, con il miglioramento delle infrastrutture e l'ampliamento della copertura 5G, potrebbero esserci presto gli strumenti per giocare più liberamente in cloud. Quali sono quindi le previsioni di mercato degli esperti? Le cifre proposte sono variabili, ma possiamo ad esempio prendere in considerazione le analisi di Statista e Markets and Markets, i quali parlano di un giro d'affari di almeno 3-4 miliardi di dollari entro quatto anni, rispetto al valore di poche centinaia di milioni del 2019.
La conclusione è che il cloud gaming è già qui, in formato embrionale, forse imperfetto, ma sarebbe sciocco pensare che sia destinato a sparire come una qualsiasi moda passeggera. Al pari di altri media, si tratta della più naturale evoluzione. Il gaming locale sembra avere, per il momento, il vantaggio prestazionale (input lag in primis). Il futuro a breve termine più credibile vede il cloud gaming come una realtà aggiuntiva, non pensata per eliminare il gaming classico, quanto più a dare nuovi metodi di accesso, con servizi ad hoc per delle fette di pubblico che, in questo momento, ignorano i videogiochi. Il cloud è quindi un modo per ampliare il mercato, più che di sostituirlo, eventualità che gioverebbe anche a chi lo rifiuta per partito preso.