È difficile contestare il valore che Ron Gilbert ha saputo assumere nel corso della sua carriera, soprattutto per ciò che concerne il genere delle avventure grafiche nel loro periodo più splendente: gli anni '90 di Lucasfilm/LucasArts. Autore di classici intramontabili come Maniac Mansion e The Secret of Monkey Island, Gilbert è una figura che chi gioca da almeno una trentina di anni conosce perfettamente e ha sentito nominare in più di un'occasione. D'altra parte è anche grazie a lui se le avventure, da puro passatempo perlopiù testuale, si sono trasformate in prodotti con una fortissima componente grafica e artistica e sono diventate capaci di mescolare racconto, umorismo e facilità di interazione, coinvolgendo milioni di giocatori.
Dopo aver lasciato LucasArts nel lontanissimo 1992, Gilbert iniziò a sperimentare con numerosi e diversissimi progetti, per poi finire a lavorare su The Cave collaborando con un altro genio del periodo, Tim Schafer, sotto l'ala di Double Fine, e quindi ritornare sui suoi passi alla ricerca di una maggiore indipendenza e libertà creativa, arrivando più di recente a realizzare Thimbleweed Park e Return to Monkey Island.
Visto il "recente" ritorno alle avventure grafiche, il suo nuovissimo progetto ha sorpreso tutti quelli che si aspettavano avrebbe continuato in questa direzione. Invece Gilbert ce l'ha messa tutta per cercare di ribadire l'indipendenza creativa che l'ha sempre contraddistinto, decidendo di lavorare stavolta su ciò che davvero lo diverte, senza preoccuparsi di tutto il resto. Ed è proprio con questa filosofia che nasce e cresce Death by Scrolling, un gioco lontanissimo dai canoni del creatore di Monkey Island, ma che forse anche per questo incarna perfettamente la sua capacità di spaziare tra i generi solo in funzione della sua curiosità e della sua voglia di sperimentare.
Death by Scrolling: un roguelite ironico e infernale
E arriviamo così a parlare di Death by Scrolling, in uscita su PC per il 28 ottobre, il gioco che segna l'ennesimo approccio di Ron Gilbert a un genere completamente alternativo alle sue consuetudini. Stavolta ci troviamo di fronte a un roguelite molto classico, ambientato in una sorta di purgatorio popolato da mostri particolarmente fantasiosi e arricchiti con colori sgargianti. L'obiettivo è semplicemente sopravvivere il più a lungo possibile, accumulare oro, migliorare le proprie abilità e tenere a bada il ritmo di gioco in costante aumento, che è portatore di un caos sempre più estremo. Basta dare un'occhiata a un paio di immagini oppure al trailer per capire in un attimo di cosa si tratta e, soprattutto, quali siano le fonti d'ispirazione di Gilbert.
"Ho sempre amato i roguelike e gli RPG come Zelda," ci ha risposto Gilbert alla domanda sul perché dedicarsi proprio a un roguelite. "Ho giocato l'originale Rogue su Unix ai tempi di Lucasfilm. Non avevo mai realizzato un roguelite e mi è sembrata una bella sfida di design. Anche molto divertente." L'idea, racconta, nasce in un lontanissimo 2018, ben prima che Vampire Survivors diventasse il successo commerciale e di pubblico che tutti conosciamo bene. E non è un caso che si finisca a parlare proprio del videogioco di Poncle, visto che in diversi hanno visto dei punti di contatto con l'opera di Luca Galante. Ma Gilbert spiega subito che si tratta di un caso: "Mi piace Vampire Survivors, ma le somiglianze sono solo una coincidenza. Per me Death by Scrolling è un gioco molto diverso."
Nonostante il gameplay sia immediato e concettualmente molto lontano dalle fasi riflessive dei titoli più noti di Gilbert, il gioco conserva la tipica ironia dell'autore e la vena narrativa, per quanto leggera, è comunque presente sotto forma di battute lanciate a caso, piccoli dialoghi contestuali e alcune riflessioni sparse del protagonista che emergono in modo naturale quando il giocatore meno se l'aspetta. Se non stiamo prendendo un abbaglio, Death by Scrolling dovrebbe riuscire a mantenere l'anima autoriale delle produzioni di Gilbert, quella sorta di marchio di fabbrica che è impossibile non notare.
Ed è forse proprio questo uno dei punti più interessanti di Death by Scrolling, o quantomeno è un ambito che ha suscitato molta curiosità non appena ho cominciato a intravedere le prime immagini in movimento del progetto. Come si fa a infilare la narrazione in un roguelite? In un genere dove la struttura ciclica, ripetitiva, del trial and error costante, dovrebbe schiacciare e quasi annullare qualsiasi componente narrativa? A quanto pare l'autore ha preferito abbracciare questa circolarità, questa sorta di ciclo infinito, evitando di imprimere a forza al suo interno una trama lineare. "C'è una buona dose di narrazione," scrive, "ma con ogni gioco roguelike devi accettare che la storia funzioni come un loop temporale. Le cose accadono ancora e ancora, e devi semplicemente ignorare questa ripetitività."
"Il 90% dei giocatori ignorerà la storia e premerà il tasto A in continuazione per andare avanti. È normale. Ma io scrivo per quel 10% che invece la leggerà e l'apprezzerà. E ho smesso di preoccuparmi per l'altro 90%." Devo dire che è un approccio quasi zen, che accetta una grande verità dei tempi videoludici che stiamo vivendo senza farsi un cruccio di questo fattore di realtà: Gilbert ha evidentemente trovato la libertà autoriale e la consapevolezza di scrivere per chi vuole davvero ascoltare.
Dall’avventura al roguelite: cambiano le regole, ma non l'identità
Una volta archiviata la questione trama non si può che finire a parlare di gameplay e, anche su questo fronte, passare dalle avventure grafiche ai roguelite non è così scontato, tantomeno una roba che avviene in modo naturale. Ma è chiaro che, di fondo, c'è la voglia di sperimentare. E Gilbert sa perfettamente che il lavoro di design necessario a costruire un gioco action richiede abilità ben diverse da quelle necessarie per confezionare un bell'adventure. "L'azione è un'altra cosa," ammette in una delle risposte. "Serve un certo equilibrio tra statistiche e abilità, e devi capire come questi elementi si influenzano a vicenda. È un processo molto tecnico."
Ciononostante dietro questa "complessità tecnica" come la definisce lui, si nasconde una volontà molto semplice: quella di divertirsi. E alla domanda se Death by Scrolling possa essere considerato un nuovo capitolo nel suo percorso di identità creativa, lui è molto più pragmatico: "Credo tu stia un po' esagerando nell'analisi. Sto solo facendo un gioco che mi diverte." È una dichiarazione che racchiude tutta la filosofia di Gilbert: il videogioco, per lui, non è un esercizio di marketing o il frutto di una ricerca di mercato. Dopo una carriera trascorsa a inventare e plasmare il genere delle avventure grafiche, oggi a lui interessa solo creare per divertirsi.
Per Gilbert la vera soddisfazione arriva dal contatto diretto con il codice, dalla scrittura dei dialoghi, dal bilanciamento delle meccaniche, dal poter lavorare con un piccolo gruppo di persone fidate. "Mi entusiasma ancora creare, scrivere, programmare. Amo programmare. Non voglio lavorare su progetti con centinaia di persone: mi piace fare giochi piccoli, con un team piccolo."
In un periodo di forti incertezze nel settore di chi sviluppa videogiochi, Gilbert segue una sua via precisa: lavora in funzione dei suoi desideri e di ciò che più gli piace, senza pressioni commerciali, e continua a credere che la vera innovazione nasca dall'indipendenza e dalla curiosità. "La creatività nasce dal divertimento," mi spiega nell'email, "bisogna essere originali e fare giochi che si vorrebbero giocare. Inseguire l'ultimo grande successo non porta mai a nulla di buono." Anche lui appartiene al gruppo di quelli che fanno giochi per se stessi. E forse sono gli unici che, oggi, riescono davvero ad avere successo.
Uno sguardo sull’industria e sull’intelligenza artificiale
Ron Gilbert ha ormai più di quarant'anni di successi alle spalle e ha visto praticamente l'intera parabola del mondo videoludico: l'ha visto trasformarsi da una nicchia per pochi nerd isolati a fenomeno globale e ricchissimo che solo oggi vive strani rigurgiti di restrizioni e contrazioni. E lui è lì ad ammirare con straordinaria lucidità ciò che avviene in questo mercato. "Mi piace che gli indie possano creare giochi di enorme successo," mi dice, prima di prendere una deriva piena di preoccupazione non appena introduciamo l'argomento dell'intelligenza artificiale: "l'IA distruggerà il mondo," dice senza mezzi termini, "non nel senso di Terminator, ma perché renderà le persone stupide. L'IA è sciocca, sembra intelligente ma non lo è, e temo che verrà usata per creare giochi noiosi e senza immaginazione." Duro, ma puro.
E per quanto riguarda invece il futuro di Death by Scrolling? "Sono sicuro che faremo qualche aggiornamento. Ho già alcune idee per cose che voglio aggiungere." Insomma, anche su questo fronte, è inutile parlare di un futuro troppo lontano, di DLC, sequel o espansioni corpose. Ciò che conta è seguire il flusso e sperimentare, creare a propria discrezione, secondo i propri ritmi e assecondando solo il proprio gusto. Probabilmente a Gilbert non interessa reinventare per l'ennesima volta sé stesso, gli basta divertirsi e poi magari saranno i posteri a dare un nome alla nuova fase della sua vita.