Videoproiettori digitali e Videoproiettori Analogici
Il figlio e il padre. Fino a circa 15 anni fa la videoproiezione era un qualcosa di esclusivamente analogico. Il sistema era rappresentato da videoproiettori CRT (o altrimenti detti “tritubo”, ovvero con tre tubi catodici), ossia dei "catafalchi" enormi e pesanti, in grado di restituire un'immagine di elevata qualità, a prezzi, però, abbastanza esorbitanti (non solamente in termini meramente monetari). A partire dai primi anni '90 abbiamo assistito alla nascita, e alla successiva maturazione, di nuove tecnologie di visualizzazione interamente digitali, tra cui LCD, DLP, e LCoS, affacciatesi dapprima timidamente e via a via sempre più prepotentemente. Oggi c'é - per nostra fortuna - una vasta offerta di prodotti in grado di offrire buone prestazioni visive a fronte di un spesa tutto sommato limitata. L’offerta sembra destinata ad aumentare negli anni a venire, spinta com’è dall’interesse che l’home theater ha saputo suscitare un po’ verso tutte le generazioni e dall’uso sempre più frequente di supporti audiovisivi utilizzati in occasione di presentazioni aziendali. I CRT, tutt’ora in limitata produzione, annoverano ancora moltissimi estimatori; LCD e DLP si contendono gran parte del mercato consumer, favoriti dalle dimensioni compatte, mentre LCoS rimane ad occupare posizioni di prestigio nelle graduatorie di gradimento dei videofili più esigenti.
Videoproiettori digitali e Videoproiettori Analogici
I proiettori digitali si possono distinguere in proiettori per dati (per presentazioni multimediali professionali in Keynote o Power Point, ad esempio) e proiettori per Home Theatre. Quello che li differenzia è innanzitutto la luminosità, molto più elevata per i primi rispetto ai secondi, e il rapporto di contrasto, più elevato invece, per quelle macchine "spiccatamente" Home Theater; senza, infine, dimenticarci della diversa resa cromatica che contraddistingue le due tipologie, dove un videoproiettore pensato per un utilizzo prettamente cinematografico sarà in grado di restituire una fedeltà di colori molto più convincente. La misura espressa in ANSI lumens (American National Standard Institute, i lumens sono le vecchie "candele"), indica la luminosità media dell'immagine che il proiettore è in grado di generare; il rapporto di contrasto, invece, è il valore che misura la capacità del videoproiettore di rendere aree dell'immagine molto scure e aree molto chiare in qualunque condizione di luminosità (ma di luminosità e contrasto ne parleremo più dettagliatamente in seguito).
Il videoproiettore CRT
Cominciamo la nostra “panoramica” sulle principali tecnologie di proiezione odierne, in ordine di comparsa sul mercato.
I videoproiettori
CRT, in effetti, esistono da quando esiste la tv. Negli anni ’50, per esempio, esistevano già i primi proiettori in bianco e nero, capaci di proiettare immagini di svariati metri di base. Come preannunciato in apertura, queste macchine si caratterizzano a prima vista per le dimensioni e il peso: il più leggero parte da 25kg e il più pesante può arrivare - addirittura - a sfiorarne i 130. Il motivo principale di tale peso è da attribuire alla presenza dei tre tubi e delle lenti, elementi indispensabili per il suo funzionamento che spiegheremo tra un po. Le dimensioni tipiche sono circa 60cm x 45cm x 30cm per un proiettore piccolo, mentre uno più grande può arrivare fino a 100cm x 80cm x 40cm. Per questo motivo, oggi i videoproiettori crt vengono poco considerati dal grande pubblico, ma la miglior qualità di immagine per home theater viene ancora garantita da questa tecnologia: la nitidezza, i colori naturali e l’immagine tridimensionale, al momento non possono essere paragaonati da nessun altro tipo di proiettore video oggi a disposizione (anche se va detto che i videoproiettori DLP top di gamma, assieme ai D-ILA, si stanno avvicinando molto "pericolosamente" a tali performance).
Nella tecnologia CRT l’immagine viene formata dal fotogramma proiettato da ciascuno dei tre tubi, ognuno dei quali produce uno dei tre colori primari (rosso, verde e blu), generando un’alta quantità di luce sui fosfori, che viene poi proiettata sullo schermo attraverso le lenti. Le immagini rosse, blu e verdi vengono successivamente allineate (tramite la convergenza dei tubi) sullo schermo per formare un'immagine cromaticamente completa. Conseguenza diretta di questo principio di funzionamento è la durata in vita di queste macchine, mediamente molto più lunga rispetto alla stessa ottenibile con le tecnologie digitali: nella maggior parte dei casi, la vita media dei tubi viene stimata in 10.000 ore, ed è molto raro che un tubo possa smettere di funzionare fra un utilizzo ed un altro (anche se questa eventualità non è da escludersi a priori) e questi possono essere ancora utilizzati dopo le 10.000 ore di attività. Infatti, a seconda della marca e del modello, solitamente è il tubo del blu il primo a deteriorarsi, poi tocca al verde ed infine al rosso (quest’ultimi possono arrivare a durare ben oltre le 20.000 ore.) Arrivati a queste soglie di usura, il tubo (o i tubi) perdono in messa a fuoco, luminosità, e, nel complesso, in qualità d'immagine. Molto spesso, però, capita che il cambiamento di qualità di visione sia così graduale che molte persone continuano ad usare gli stessi tubi ben oltre quei valori limite prima di sostituirli. Inoltre va precisato che la durata dei tubi non dipende esclusivamente dalle ore di funzionamento, ma anche dal suo modo di utilizzo: un tubo si consuma più velocemente con contrasto e luminosità settati su valori alti, tanto per citare un esempio.
Il videoproiettore CRT
Passando alle tipologie oggi esistenti, i CRT esistono in quattro misure: 6, 7, 8, e 9 pollici. Più grande è il tubo, più sarà alta la capacità del proiettore di visualizzare un segnale sempre più risoluto, contrastato e luminoso. La capacità di un proiettore di accettare e visualizzare una certa risoluzione dipende dalla capacità dei tubi di accettare una determinata scansione orizzontale, comunemente misurata in khz. Infatti, la scansione orizzontale di un segnale a 720p a 75hz corrisponde a circa 56khz, per cui qualora abbiate il desiderio di utilizzare un segnale con tale risoluzione, dovreste prima sincerarvi che il proiettore sia in grado di gestirlo. Un consiglio pratico che, infine, viene dato in questa circostanza è quello di non superare mai i 2/3 della scansione massima supportata dal proiettore per avere la migliore immagine possibile. Infatti, superata questa soglia il rischio che l'immagine peggiori, anziché migliorare, è molto alto. Ovviamente anche il prezzo dei tubi è proporzionale alle dimensioni: un tubo più grande costa di più, è per questo motivo che i proiettori da 9 pollici sono molto costosi, sia da acquistare e anche da riparare. I tritubo da 7 pollici stanno via via scomparendo per cedere il posto ai più moderni digitali, mentre i proiettori di livello medio, che usano tubi da 8 pollici, e quelli top, che montano tubi da 9 pollici, possono essere considerati per certi aspetti qualitativamente ancora irraggiungibili.
Come dicevamo, un importante ostacolo da superare è rappresentato dal costo d’acquisto e dai costi di gestione. I videoproiettori CRT sono macchine pensate per il settore professionale e non per quello consumer, per cui il prezzo da pagare per appropriarsene risulta essere decisamente spesso elevato (un Barco Cine9 può arrivare a costare anche 60.000 euro). Oltre a questo, bisogna aggiungere anche i costi derivanti dalla necessità dell’ausilio di professionisti durante le operazioni di installazione fisica, prima taratura, successive tarature straordinarie, eventuali costi di riparazione. Il costo del singolo tubo può variare dal migliaio di euro ai tre mila euro, a seconda delle dimensioni: una sostituzione completa di tutti i tubi può superare anche dieci mila euro. Però va detto che il prezzo di un tritubo nuovo è sicuramente proibitivo per moltissimi utenti, ma sul mercato dell'usato si possono fare veramente dei buoni affari, a prezzi simili (se non più bassi) di un medio proiettore digitale. Un altro aspetto da non trascurare, è la dimensione, più che altro in termini di WAF (Wife Acceptance Factor). Difficilmente una moglie o una madre consentirà l'installazione di una “bestia” del genere nel salotto di casa, rendendo così necessario un ambiente dedicato.
Sebbene i prezzi sull’usato oggi siano per certi versi molto convenienti (un buon 9 pollici lo si può rinvenire anche sotto i 2000 euro), sicuramente l'ostacolo più grande da superare è quello inerente la configurazione, che rende il suo utilizzo non "immediato" per via della complessità delle operazioni. Come già detto in precedenza, le tre immagini prodotte dai tubi catodici vengono veicolate attraverso un complesso sistema di lenti ed, infine, fatte convergere direttamente sullo schermo. I colori si ottengono mediante sovrapposizione delle immagini monocromatiche: rosso, verde e blu. E’ a questo punto che la tecnologia CRT presenta i suoi inconvenienti maggiori poiché, per ottenere una immagine fedele alla registrazione, sono indispensabili una perfetta convergenza, complicate tarature geometriche e antiastigmatiche, un'ottima messa a fuoco in tutti i punti dello schermo e delle misurazioni e correzioni colorimetriche, che richiedono strumentazioni esterne di controllo (sonda). Per quanto riguarda la convergenza è bene tenere a mente la distinzione tra una convergenza analogica e una convergenza digitale. Il punto di partenza per entrambe è innanzitutto la convergenza meccanica dei tubi attraverso l’allineamento fisico degli stessi, facilmente fattibile con un semplice cacciavite. Successivamente entrano in gioco proprio la convergenza analogica e la convergenza digitale: la prima la si trova sui proiettori più datati, e consiste tipicamente in 30 o 50 controlli (trimmer) situati sotto lo chassis del proiettore per allineare la geometria e la convergenza dell’apparecchio. La convergenza digitale, invece, avviene direttamente sullo schermo tramite i menù del proiettore che guidano attraverso la procedura di taratura: il tutto per mezzo del comodo telecomando. Inutile dirvi che la convergenza digitale è molto più semplice e user friendly di quella analogica: persino un proprietario alle prime armi dovrebbe essere in grado di tirar fuori circa il 95% delle prestazioni di un proiettore completando l’allineamento da solo senza l’aiuto di un tecnico. Spesso si rendono necessarie anche regolazioni e tarature statiche della macchina: le regolazioni statiche si eseguono all’interno dei proiettori, operando direttamente sui magneti che circondando il tubo catodico e che agiscono sul fascio elettronico; eventuali errori possono compromettere gravemente lo stato di funzionamento del proiettore e mettere in serio pericolo di vita l'utente inesperto. Le calibrazioni statiche richiedono pertanto conoscenze adeguate e tanta esperienza, e proprio per questo è consigliato l'utilizzo di un tecnico. In breve: un videoproiettore CRT è tutt'altro che plug&play.
Per quanto riguarda la “prova su strada”, da segnalare come nota dolente la luminosità tipicamente bassa di questa tecnologia, consentendo la proiezione solo in ambienti completamente oscurati. Da ultimo, non si può non menzionare l'effetto Burn (stampatura/bruciatura del tubo): immagini statiche (o piccole parti di esse) proiettate per lungo tempo possono danneggiare irreparabilmente un tubo. La stampatura consiste in aree circoscritte di fosfori bruciati, ossia con una immagine che rimane impressa sul tubo e inevitabilmente proiettata su schermo. Questo fenomeno si concretizza molto più spesso di quanto si possa pensare, e vi sono una serie di sorgenti alle quali fare attenzione; per esempio, tutte le emittenti televisive hanno il proprio logo mostrato in qualche parte dello schermo, il rischio che questo rimanga impresso sul tubo per via della sua staticità è molto alto. Videogiochi e computer sono altrettanto letali: si pensi alle aree di visualizzazione dei punteggi e le icone dei vari sistemi operativi.
Il videoproiettore CRT
Queste principalmente sono le cause che stanno decretando la scomparsa di tale tecnologia sul mercato, ma se qualche “folle” (compreso il sottoscritto) decide nonostante ciò di installare una tale macchina in ambiente, avrà sicuramente i suoi buoni motivi. Vediamo di scoprire quali sono.
Innanzitutto la profondità del nero che questa tecnologia è in grado restituire: i proiettori CRT producono il nero mediante spegnimento dei tubi, e in questo modo riescono ad ottenere un livello pressoché imbattibile e inarrivabile da tutte le tecnologie digitali attualmente disponibili. Questo principio funzionale conferisce a tali proiettori un grande vantaggio in tutte quelle situazioni che richiedono la visualizzazione di dettagli scuri su sfondi neri: sequenze particolarmente scure e scene notturne vengono rese semplicemente modulando l'intensità della luminosità di ciascun tubo; I proiettori digitali, al contrario, manipolano la luce prodotta da una sorgente luminosa; non vi è alcun controllo dell’intensità del fascio luminoso prodotto dalla lampada, la quale è costretta ad operare ad intensità costante per tutta la superficie della matrice e quindi dello schermo. Il nero, in questo caso, si ottiene mediante filtraggio (LCD ) o deviazione (DLP) del fascio luminoso. Sfortunatamente questi metodi non sono ancora in grado di abbattere completamente la luminosità residua della lampada, e, pertanto, ne deriva l'incapacità di produrre pixel realmente neri, e il massimo del risultato ottenibile sono pixel di colore grigio scuro al posto di pixel che non si dovrebbero vedere per nulla.
Conseguenza diretta dello stupefacente livello del nero vi è un eccezionale rapporto di contrasto. Infatti, i proiettori CRT possono vantare valori superiori a tutte le tecnologie di proiezione attualmente disponibili, riuscendo a raggiungere valori fino a circa 30000:1 reali. Un'altra caratteristica peculiare del CRT è la possibilità della multiscansione. Essi, infatti, esattamente come i monitor per PC, sono dispositivi multiscan, non sono cioè vincolati ad una risoluzione nativa. Le matrici digitali sono costrette ad usare complicati algoritmi di rilocazione dei pixel per visualizzare risoluzioni differenti da quella nativa, il che comporta l'introduzione di artefatti digitali più o meno evidenti. Infine, sicuramente il vantaggio più consistente di questa tecnologia, è l'assenza di artefatti digitali durante le immagini in movimento. È proprio in questo frangente che la tecnologia CRT mostra la sua vera e imbarazzante superiorità. Sebbene le tecnologie digitali abbiano raggiunto un livello di performance tale da produrre immagini statiche di ottima qualità, è durante la visione di immagini in movimento che si ha l’opportunità di notare la differenza tra l'una e l'altra tecnologia; per questo è bene non lasciarsi ingannare dagli screenshot che tanto vanno di moda in questo periodo.
LCD, DLP e LCoS (D-ILA, SXRD)
La tecnologia a cristalli liquidi (LCD) oggi è la più diffusa, sia per quanto riguarda il mercato consumer che quello professional. I proiettori LCD sono realizzati mediante tre pannelli TFT (Thin Film Transistor), uno per ognuna delle tre componenti RGB. La luce bianca, prodotta da un’appropriata sorgente luminosa, viene deflessa e scomposta nelle componenti rosso, verde e blu da appositi specchi dicroici. I fasci luminosi, suddivisi nelle componenti RGB, vengono indirizzati poi verso dedicati pannelli a cristalli liquidi, in cui ogni singolo pixel può essere “aperto” o “chiuso” dall’elettronica di controllo al fine di lasciar transitare la componente luminosa oppure bloccarla.
LCD, DLP e LCoS (D-ILA, SXRD)
Sempre tra i videoproiettori digitali, la tecnologia che gode di più considerazione oggi (e anche in prospettiva futura) è quella DLP (Digital Light Processing).
Tale sistema si basa sull’uso dei chip DMD (Digital Micro Mirror), ossia di dispositivi a microspecchi digitali brevettati da Texas Instruments nel 1987. Questa tecnologia si fonda sul fascio di luce prodotto dalla lampada del proiettore che viene riflessa da una matrice di specchi, all'interno del quale viene generata l'immagine, che, tramite un apposito sistema di lenti, arriva fino allo schermo. Il chip DMD non è in grado di creare i colori, e per questo necessita di almeno tre filtri, corrispondenti ai colori primari, attraverso i quali viene fatto passare il fascio di luce generato dalla lampada, e successivamente emesso nelle componenti RGB; infine, singoli fotogrammi nelle componenti rosso verde e blu vengono proiettati in rapida successione, per poi mostrare l’immagine su schermo. I filtri sono realizzati sotto forma di spicchi su di una ruota girevole (chiamata ruota colore) posizionata tra la superficie riflettente del chip DMD e la lampada. La ruota, fatta girare, produce pulsazioni nelle singole componenti RGB. La ruota colore, però, è la responsabile del problema tipico della tecnologia DLP: l’effetto Rainbow. L’effetto Rainbow (o effetto arcobaleno), si manifesta sotto forma di rapidissimi lampi di luce in alcune zone dell’immagine proiettata. Questo si fa vedere maggiormente nei transienti di soggetti ad elevato contrasto; inoltre può essere rilevato con rapidi spostamenti degli occhi e della testa dello spettatore. La percezione dell’effetto arcobaleno è soggettivo, nel senso che varia da persona a persona e dipende dalla particolare fisiologia dei propri occhi e dall'abitudine. Un ruolo importante viene giocato in questo senso dalle dimensioni dello schermo, e dalle caratteristiche della ruota colore (velocità di rotazione, numero colori). Le ruote con 6/7 elementi diminuiscono la probabilità di percepire tale effetto perchè corrispondono ad un raddoppio della velocità di rotazione; nonostante questo, i proiettori a singolo chip non possono ancora dirsi immuni da questo effetto. Il problema Rainbow trova la sua definitiva soluzione nei proiettori DLP a tre chip DMD, i quali assicurano anche un rapporto di contrasto superiore e una migliore resa cromatica. Purtroppo i DLP a tre chip hanno un prezzo elevato ed ingombri superiori alla media dei single chip.
LCD, DLP e LCoS (D-ILA, SXRD)
L’ultimo ritrovato delle tecnologie di videoproiezione è quella basata su Liquid Crystal on Silicon (LCoS), della cui categoria fanno parte le ultime meraviglie di Sony e JVC, rispettivamente SXRD e D-ILA. Il principio di funzionamento rappresenta il perfetto connubio tra LCD e DLP. Di quest’ultimo preserva il funzionamento riflessivo, solo che al posto degli specchi ritroviamo le matrici a cristalli liquidi.
LCD, DLP e LCoS (D-ILA, SXRD)
Questo in estrema sintesi i principi di funzionamento delle tecnologie di videproiezione digitali, come per ogni cosa portano con se vantaggi e svantaggi. Un proiettore LCD risulta essere mediamente più luminoso di un videoproiettore DLP, e allo stesso tempo può vantare una messa a fuoco migliore, per il fatto che i pixel dei DLP tendono ad avere i bordi leggermente smussati e arrotondati. Anche per quanto riguarda i costi, gli LCD possono ritenersi più economici dei DLP; in termini strettamente qualitativi, i videoproiettori DLP sono superiori, ma a parità di matrice costano anche di più; mentre i proiettori LCD, a parità di prezzo, vantano una maggiore risoluzione rispetto agli stessi "cugini". Tra gli svantaggi, la prima cosa che salta all'occhio è il rapporto di contrasto e il livello del nero. I proiettori LCD producono, mediamente, il peggior rapporto di contrasto tra tutte le tecnologie oggi disponibili, e questo, come dicevamo, è un parametro di primaria importanza quando si considera l’acquisto di un proiettore destinato alla proiezione di film (lo stesso dicasi per il livello del nero). Tra gli altri aspetti negativi, segnaliamo che i proiettori LCD tendono a mostrare la “zanzariera”, esattamente come l'effetto screendoor dei dlp, solo che per quest'ultimi la cosa è molto meno evidente.
I DLP possono vantare un ottimo livello di contrasto (in ambito digitale): i migliori proiettori a chip singolo sono in grado di produrre valori fino a 5000:1 reali, con la conseguenza che il livello del nero risulta essere molto più profondo di quello della tecnologia lcd e, per i modelli top di gamma, esso è in grado di avvicinarsi molto a quello di un buon CRT. Assieme al contrasto, la tecnologia della texas instruments beneficia di una resa cromatica molto buona, ma pur sempre inferiore a quella di un crt, con l’ulteriore vantaggio rispetto alla tecnologia a cristalli liquidi che questa resta immutata fino al termine delle vita utile della lampada. Dal punto di vista costruttivo, essa presenta i vantaggi tipici della tecnologia digitale, ossia il peso e le dimensioni ridotte. Le note dolenti, invece, arrivano dal già citato effetto arcobaleno, dalla rumorosità generata dalla rotazione della ruota colore e dalla presenza di diversi artefatti digitali. Inoltre, i proiettori DLP sono soggetti alla "screendoor effect" (o pixelation), sebbene in misura inferiore rispetto ai proiettori LCD. La “screendoor effect” si presenta come una “retinatura” nera che separa i punti di visualizzazione (pixel) gli uni dagli altri, interrompendo la sensazione di continuità e uniformità dell’immagine proiettata, come se ogni piccolo pixel si trovasse collocato al centro di una minuscola casella nera. Qualora questo difetto dovesse essere troppo evidente, è bene utilizzare alcuni accorgimenti, tra cui la riduzione della grandezza dello schermo, l'estensione della distanza di visione, e al limite una leggerissima sfocatura dell'obiettivo. Va inoltre detto che questo difetto tende a diminuire all'aumentare della risoluzione nativa, per cui già con l’introduzione sul mercato di dlp con matrice nativa 720p, questo inconveniente è "quasi" scomparso.
Tra le peculiarità “pratiche” della tecnologia LCoS, invece, ritroviamo il perfetto utilizzo con risoluzioni Full HD per via della possibilità che questa offre di avere pixel molto ravvicinati, facendo praticamente scomparire il fastidioso effetto zanzariera, tipico degli LCD: il tutto si traduce inoltre in una immagine compatta e senza l’effetto dithering dei DLP. Il prezzo da pagare è, oltre al listino mediamente alto (si parte da almeno 5000 euro), il rapporto di contrasto non elevatissimo che tale tecnologia al momento riesce a raggiungere.
Impariamo a leggere i dati tecnici: Risoluzione, luminosità e contrasto.
Dopo la lunga analisi fatta nelle precedenti pagine circa le quattro tecnologie di videoproiezione che oggi vanno per la maggiore, adesso è giunta l'ora di parlare delle caratteristiche comuni ad ognuna di queste. Spesso si sente parlare di risoluzioni native, rapporto di contrasto, luminosità ecc., e l'abbiamo fatto anche noi nel corso di questo articolo: è giunta l'ora di chiarirvi questi misteri, e darvi, così, una chiave di lettura delle schede tecniche attraverso le quali i produttori cercano di invogliarci (e spesso ci riescono) all’acquisto.
Partiamo dalla problematica inerente la risoluzione e la matrice. La matrice (o pannello) è il mezzo con il quale un dispositivo di visualizzazione digitale è in grado di visualizzare un’immagine. Si deve pensare ad essa come una sorta di campo di battaglia navale, con ascisse (verticali) e ordinate (orizzontali): tramite l’elettronica di controllo si decide l’accensione di un qualsiasi punto, così come si fa quando ci si appresta ad affondare una portaerei. La risoluzione fisica del pannello è il numero di pixel orizzontali per quelli verticali effettivamente presenti: quanto più è alto il numero di pixel fisicamente presenti, tanto maggiore sarà la capacità di rappresentare su schermo immagini dettagliate, dai contorni fluidi e continui. Pertanto, si può affermare con tranquillità che la risoluzione è un indicatore dell’accuratezza e del dettaglio riproducibile. A questo punto va precisato che quello che di solito leggiamo sulle specifiche tecniche di un dispositivo digitale di visualizzazione è la risoluzione nativa o "non compressa". Ad esempio, un onesto 800x600 nativo può arrivare in alcuni casi anche a 1280x1024 compresso. Infatti i proiettori digitali possono, all’occorrenza, visualizzare anche un set di risoluzioni differenti da quella nativa, ma per farlo si rendono necessari complicati calcoli per la rilocazione dei pixels per interpolazione, comunemente chiamato "scaling": se avessimo a disposizione in ingresso al proiettore un segnale con una risoluzione esattamente coincidente con quella del pannello, l’elettronica del proiettore non applicherebbe alcuna interpolazione; nel caso il segnale in ingresso dovesse risultare maggiore si avrà una compressione del segnale, nel caso il segnale d’ingresso dovesse essere minore si avrà una espansione del segnale (upscaling). Questo procedimento di scaling comporta inevitabilmente un incremento della quantità di artefatti digitali prodotti nell’immagine. La distinzione tra risoluzione compressa e non compressa si rende necessaria poiché molte schede tecniche riportano anche le risoluzioni visualizzabili mediante tecniche di interpolazione, e quindi occorre puntualizzare che la miglior qualità di visualizzazione si ottiene UNICAMENTE con la risoluzione nativa, ossia quella fisica. Per questi motivi è opportuno fare riferimento SEMPRE alla risoluzione nativa.
I dati sulla risoluzione, oltre a fornirci con esattezza il numero di pixel fisicamente presenti nella matrice, ci permette anche di dedurre il tipo di formato nativo di questa. Risoluzioni quali 800X600, 1024X768, e 1280X1024 , 1600X1200 (UXGA), indicano l'uso di matrici in formato 4:3; le risoluzioni 854X480, 960X540, 1280X720, 1366X768, indicano invece l’uso di matrici in formato 16:9. Il problema di questi dispositivi sta nel fatto che non vengono utilizzati esclusivamente con un PC, per cui basterebbe impostare il segnale video alla stessa risoluzione nativa della matrice per ottenere i migliori risultati, e che inoltre il segnale PAL e NTSC hanno risoluzioni diverse dai canonici 800x600, 1024x768, ecc. In particolare la risoluzione che occorre impegnare in 16:9 per il sistema PAL è di 1024 x 756 punti, mentre per il NTSC è di 848 x 480. Adesso, però, va detto che il problema della risoluzione dei proiettori è stata superata grazie all’introduzione di proiettori con matrici a 1280x720 e 1920x1080, per cui è possibile entrare direttamente nel videoproiettore con una immagine di 720 linee progressive ( o 1080), scalate da un lettore dvd provvisto di scaler, oppure entrando direttamente con un segnale ad alta definizione nativo.
La luminosità nella videoproiezione gioca un ruolo importante, ma non è sicuramente un elemento "fondamentalissimo". Con questo si vuole dire che, arrivato ad un livello di potenza sufficiente ad illuminare tutta la superficie dello schermo, valori più elevati di luminosità sono inutili e per certi versi dannosi alla videoproiezione domestica, in quanto si rischia di saturare la gamma dinamica dell'immagine riducendo la percezione dei dettagli nelle aree più chiare. La luminosità indica la quantità di luce emessa dalla lampada del videoproiettore su una superficie e viene comunemente misurata in ANSI lumen. Per questo motivo il suo valore non è assolutamente indicativo circa la qualità di visione di un proiettore, e, soprattutto, non possiamo assolutamente basarci sulla sola indicazione di luminosità per determinare a priori la supposta superiorità di un modello rispetto ad un altro. Se così fosse i tritubo sarebbero esclusi a priori da qualunque valutazione comparativa, fuori gara con i loro "modesti" 200-240 ANSI lumen. Nonostante questo - come sostenuto pocanzi - il valore della luminosità gioca un valore molto importante se si tengono in considerazione anche altri parametri. Il primo in tal senso è la dimensione dello schermo, in quanto uno grande richiederà una quantità di luce irradiata dal proiettore più ampia rispetto ad uno schermo piccolo, e nel caso di una luminosità insufficiente, il rischio che i bordi dello schermo abbiano poca "luce" è piuttosto ricorrente. Ma un ruolo determinante lo gioca anche l'ambiente. Infatti un'alta luminosità è richiesta qualora la proiezione venga effettuata con della luce nella stanza (presentazioni aziendali) e nel caso di una alta riflettività delle pareti, in quanto una stanza buia potrebbe illuminarsi con la sola luce del proiettore. Giusto per quantificare, per uno schermo di medie dimensioni (90pollici), con proiezione al buio, con una schermo di medio guadagno (1.2) e media riflettività delle pareti, un valore sufficiente di ANSI Lumen potrebbe essere stimato in 600. Il rapporto di contrasto, invece, a differenza della luminosità, è molto importante, esattamente (se non di più ) come la risoluzione. Nelle schede tecniche dei prodotti, il contrasto viene indicato come rapporto tra la massima e la minima luminosità, espresse in lumen. Un rapporto di contrasto di 800:1, ad esempio, indica che la luminosità di un’immagine completamente bianca è 800 volte maggiore della luminosità di un’immagine completamente nera. In altre parole, il rapporto di contrasto è un indicatore di escursione dinamica di un proiettore. Un proiettore con alto rapporto di contrasto è in grado di proiettare immagini più ricche e con colori più saturi rispetto ad un proiettore con basso rapporto di contrasto, proprio perché l’escursione tra il bianco ed il nero è maggiore. Un proiettore con rapporto di contrasto insufficiente produrrà una non ben definita tonalità di grigio al posto del nero. Inoltre, la capacità di visualizzare i dettagli durante le scene scure cresce al crescere del proprio di tale rapporto, con il rischio altrimenti di ritrovarci con scene scure “impastate”, dalle quali sarà difficile riuscire a carpirne nella migliore delle ipotesi solo i dettagli, mentre nelle scene importanti, si corre il rischio di non riuscire a seguirne lo svolgimento. Non dimentichiamoci, poi, di un'altra implicazione importante del contrasto: la tridimensionalità. Un rapporto di contrasto basso è la prima causa di una immagine poco poco "profonda", per cui si ha la sensazione che attori ed oggetti si trovino schiacciati sullo sfondo. Un contrasto elevato invece aiuta tantissimo in tal senso, dando così un senso di profondità della scena via via più realistico. Per questo, a differenza della luminosità, più contrasto abbiamo a disposizione, meglio è.
L'installazione del proiettore nell'ambiente
Dopo aver acquistato tutto il necessario, non vi resta che sistemare il vostro "pupo" nel salotto di casa (o meglio ancora se in una stanza appositamente dedicata): l'inserimento in ambiente è senza dubbio una fase molto delicata, e, a seconda della tecnologia utilizzata, questa può essere faticosa, ma in tutti i casi fondamentale per la bontà del risultato finale. La quasi totalità dei videoproiettori CRT prevede una distanza di proiezione di 1,5 volte la larghezza della base (calcolata a partire dalle lenti): così per uno schermo di 240cm, le lenti devono essere posizionate a circa 360cm dalla superficie dello schermo. Questa distanza può essere variata un po’ tramite i controlli di altezza e larghezza presenti sullo stesso videoproiettore, accessibili spesso da telecomando o direttamente sullo chassis. Essi, poi, possono essere montati sia sul pavimento/mobile che a soffitto, a proiezione frontale o a retro-proiezione. Visto il peso molto spesso “proibitivo” di queste macchine, è chiara l’importanza di montare il proiettore in modo sicuro ad una trave nel soffitto. L’altra possibilità è quella di lasciare il proiettore sul pavimento e costruirci intorno un mobiletto o altro, lasciando un sufficiente spazio per la ventilazione. Un CRT,vista la sua mole, è tutt'altro che facile da appendere ad un soffitto; eventualmente assicuratevi di piazzarlo in corrispondenza delle travi, in modo da garantire un solido sostegno. Poi va considerato che non è consigliabile proiettare immagini inferiori ad 1 metro e 80cm di base con questa tecnologia, in quanto il proiettore potrebbe avere dei seri problemi nella messa a fuoco, dovuto al fatto che non si riesce più a far convergere i tubi in maniera ottimale. Ovviamente la grandezza minima della base dipenderà proprio dalle dimensioni dei tubi: più grandi sono i tubi più grande sarà la dimensione minima della base richiesta. Infine, la qualità dell'immagine proiettata dipenderà tantissimo dalla precisione e dalla accortezza del suo posizionamento, in quanto un CRT non offre una grande flessibilità di installazione,e, operando troppo sull'elettronica per correggere gli errori dovuti ad un cattivo posizionamento, si rischia compromettere la resa in termini qualitativi.
L'installazione del proiettore nell'ambiente
Il tutto, invece, è molto più semplice per i proiettori digitali. Dimensioni e peso consentono sia un facile spostamento all'interno dell'ambiente, sia una più facile installazione a soffitto. In più, grazie al lens shift, si ha la possibilità, qualora non si avesse altra scelta, di posizionare il proiettore non perfettamente al centro dell'immagine, senza per questo perdere in termini di qualità. Infine, i proiettori digitali hanno anche la funzione di controllo Keystone, utile per correggere l’effetto “trapezio”, ossia quella deformazione dell'immagine che si può avvertire a causa del non prefetto allineamento verticale proiettore-schermo. Il controllo Keystone interviene proprio per correggere quelle installazioni che comportano un angolo di proiezione troppo elevato; ma ha un alto costo da pagare in termini di qualità dell’immagine, per cui è bene non utilizzarlo e cercare di posizionare sempre il proiettore al meglio, adottando una staffa da soffitto o posizionando il proiettore su una mensola sufficientemente alta da garantire una proiezione ottimale.
Dopo aver installato il proiettore, i cavi e le sorgenti correttamente, non ci resta che fissare lo schermo. Ci sono alcune regole convenzionali utili per stabilire la distanza minima a cui si deve guardare uno schermo: il consiglio che di solito viene dato è quello di posizionarsi ad una distanza almeno di due o tre volte superiore rispetto l'altezza dello schermo. Ovviamente siete liberi di provare le varie soluzioni e adottare quella che vi piace di più. Altra questione è l'altezza da terra: in teoria la soluzione ideale vedrebbe il centro dello schermo allineato all'altezza dello spettatore, però ottenere un'immagine scevra di difetti di proiezione così in basso, in special modo in casi di installazione a soffitto, è praticamente impossibile. Inoltre, alcuni studiosi hanno dimostrato che la posizione naturale della testa, quando il corpo è seduto, è leggermente rivolta verso l'alto, per cui si possono prendere in considerazione anche schermi che partono da 90 cm da terra. La pratica suggerisce altezze da terra comprese tra i 60 e gli 80cm.
Alcuni consigli finali
Giunti a questo punto, dopo quattro pagine piene zeppe di contenuti, ci sarebbe poco da aggiungere se non un consiglio finale personale: tutte le tecnologie portano con se gli immancabili pregi e difetti, e con tutte bisogna scendere a compromessi. Per questo motivo bisogna scegliere innanzitutto in base ai vostri gusti, e alle vostre esigenze personali ed ambientali, e soprattutto è molto importante provare i videoproiettori prima di acquistarli. Come fare? Recatevi in un negozio specializzato in home theatre ( preferibilmente in settimana quando ci sono poche persone) e vedrete che i commessi saranno felici di aiutarvi. Da evitare assolutissimamente di recarvi per effettuare i vostri test nei centri commerciali, dove i videoproiettori vengono installati in condizioni più che pessime, per via delle pessime tarature, dei pessimi collegamenti e per via della troppa luminosità presente nei loro ambienti.
Qualora abbiate deciso di comprare un videoproiettore usato, tenete a mente due cose: un crt lo si può trovare ad un ottimo prezzo, anche più basso di un digitale, solo che prima di procedere all'acquisto dovreste farlo visionare da un tecnico per sincerarvi delle condizioni, sia dei tubi che dell'elettronica e dell'alimentazione; come avrete intuito dallo speciale, riparare un prodotto del genere costa quasi quanto acquistarne un altro usato. Per cui fate attenzione. Per acquistare un videoproiettore digitale usato, potete state un po’ più tranquilli, ma dovreste, prima di procedere, sincerarvi delle effettive ore di utilizzo della lampada, considerando che la vita media di una lampada si aggira sulle 2000/3000 ore, a seconda del proiettore e dell'utilizzo, e che il costo di una lampada nuova si aggira mediamente sui 500/600 euro.
Solo una piccola e ulteriore precisazione finale: se credete che un videoproiettore possa sostituire la tv di casa vostra, state commettendo un grave errore. Un videoproiettore può dare un qualcosa in più alla vostra passione, ma sicuramente non sarà mai in grado di sostituire una tv per via della sua poca praticità.
Alzi la mano chi tra voi non ha mai sognato di videogiocare su di uno schermo di generosissime dimensioni. E a chi - sempre tra voi - non è mai capitato di fantasticare prima delle proiezione di una pellicola al cinema pensando - utopisticamente, forse - di poter collegare la propria console a quel mega impianto. Oggi, tutto cìò, non è più così irrealizzabile: impugnare un pad direttamente in una sala cinematografica, è vero, potrebbe risultare alquanto “difficoltoso” per svariate ed ovvie ragioni, ma divertirsi con un roboante impianto audio ed uno schermo mastodontico sta diventando sempre più, invece, alla portata di tutti. Il merito di ciò è da attribuirsi al fatto che le difficoltà di installazione e di configurazione - unitamente ai costi - di un videoproiettore (con annesso impianto sonoro) sono diminuite vertiginosamente nel corso della storia recente. Ovviamente un videoproiettore non nasce "prettamente" per la riproduzione di videogiochi, e fino a qualche anno fa il suo utilizzo era esclusivamente filmico, più o meno professionale a seconda delle installazioni. E ancora oggi l'applicazione principale è proprio questa, ma data la crescente qualità dei videogiochi (e di output video delle console sempre più "adeguati") l'esperienza di videogiocare su di uno schermo da 80 e passa pollici potrebbe essere qualcosa di veramente indimenticabile.
In questo speciale ci preoccuperemo di fornirvi le indicazioni basilari circa le quattro tecnologie di videoproiezione oggi più diffuse, punti di forza e punti di debolezza di ognuna di queste, caratteristiche tecniche e, infine, qualche suggerimento pratico sul posizionamento in ambiente del videoproiettore.