"Le strade sono pronte a esplodere", spiega DJ Professor K al microfono di Jet Set Radio, la radio pirata fittizia che trasmette per i quartieri di Tokyo-to. Le forze di polizia e i padroni del distretto finanziario lavorano fianco a fianco e a essere minacciate sono le bande di pattinatori e graffitari di Shibuya, Kogane e Benten.
Polizia e finanzieri, stazioni radio illegali e arte di strada, nuovo secolo e uno scontro che sta per consumarsi, proprio nell'estate del 2000. Cosa aveva in mente Smilebit, lo studio di Sega che nell'estate di venticinque anni fa, con Jet Set Radio, fece dono al Dreamcast di uno dei suoi ultimi capolavori?
I draghi sono inflazionati
Il responsabile dello sviluppo di Jet Set Radio fu Masayoshi Kikuchi e lo sviluppo partì all'incirca a metà del 1998, pochi mesi prima del lancio del Dreamcast. La parabola della console di Sega fu così inaspettatamente crudele, che all'uscita di Jet Set Radio l'aria si era già fatta pesante. A renderla più respirabile, anzi addirittura tonificante, ci pensò proprio Jet Set Radio, un gioco d'azione perfettamente calato nel suo tempo.
Kikuchi aveva lavorato su Panzer Dragoon II Zwei e Panzer Dragoon Saga, due episodi di una delle poche saghe nate e proliferate sul Saturn, la console a 32 bit di Sega che scoprì per prima quanto picchiasse duro Sony. Ma per il Dreamcast Kikuchi aveva in mente qualcosa di totalmente diverso. "Ci sono un sacco di giochi simili a Panzer Dragoon ormai", disse qualcuno del team di sviluppo al mensile Electronic Gaming Monthly, nei giorni dell'E3 del 2000, "noi preferiamo concentrarci su nuove tipologie di videogiochi".
Davanti alla redazione della rivista c'erano Kikuchi (Director), Takayuki Kawagoe (Producer), Osamu Sato (Assistant Producer) e Ryuta Ueda (Art Director). "Per Jet Set Radio abbiamo dieci volte la passione che avevamo per Panzer Dragoon", rispondono ancora, questa volta citando il nome con cui il gioco sarebbe stato conosciuto negli USA. "È strano, ma non ci sono molti giochi d'azione realizzati da un team first party di Sega per Dreamcast", continuarono, "l'unico che ci viene in mente è Sonic Adventure".
In Jet Set Radio un gruppo di ragazzi, all'incirca ventenni, si muove all'interno di una riproduzione di Tokyo debitamente modificata e adattata alle esigenze di Smilebit. Tre gruppi si scontrano per aumentare la loro influenza sul territorio, decorando strade, cartelli, veicoli, muri e vetrine con i loro graffiti. Ogni volta che lo fanno, gruppi di agenti in assetto antisommossa compaiono dal nulla sgommando sulle loro volanti squadrate e partono all'inseguimento dei nostri. Quando l'azione taggatrice delle band prosegue, compare anche il capitano Onishima, con una pistola tanta e nessuna paura di svuotarla contro Beat, Gum, Tab e tutti gli altri componenti dei Grace & Glory, il gruppo sotto il controllo di chi gioca. Insomma, i giovani di Tokyo riempiono di colore un gioco già coloratissimo e la polizia s'incazza.
Jet Set Radio non ha nulla del film poliziottesco anni Settanta, ma rigiocarci oggi dà sensazioni contrastanti. Non tanto e non solo perché venticinque anni fanno molto, nei confronti di un sistema di gioco che non può che risultare più grezzo di quanto non fosse, ma anche perché mettere assieme con tanta leggerezza l'anima luminosa, spensierata e giovane di Jet Set Radio con la reazione scomposta e brutale della polizia, testimonia quanto sia cambiata la percezione di un videogioco a un quarto di secolo di distanza. E pure il mondo che gli sta attorno.
Se tutto va come vorrebbe Sega, ed è una speranza che raramente viene rispettata, in questi anni ci sarà un nuovo Jet Set Radio. Il primo dopo Jet Set Radio Future del 2002. A quel punto capiremo se, come e quanto si sarà modificato l'approccio del team responsabile (che dovrebbe poter contare di nuovo su Masayoshi Kikuchi.
“Impossibile per una PlayStation 2!”
Jet Set Radio venne presentato alla stampa e al pubblico, per la prima volta, al Tokyo Game Show che si tenne alla fine di settembre del 1999, quando il Dreamcast è appena stato lanciato negli Stati Uniti e sta per farlo in Europa. Al Tokyo Game Show torna anche in primavera, quando nell'edizione di fine marzo "la gente sta in fila per ore per provare il gioco di pattini in linea e graffiti", scrive la statunitense Games Business. Dopo averlo visto a Tokyo, la redazione di Official Dreamcast Magazine negli USA definisce Jet Set Radio "il miglior gioco di Sega da anni", mentre Game Informer riprende l'aereo dal Giappone e scrive che "[In Jet Set Radio] lo stile potrebbe essere più importante della sostanza, sarà un Dance Dance [Revolution] sui pattini?".
In effetti il gioco di Smilebit ha almeno un modo con cui riesce a far girare immediatamente la testa a chiunque gli passi a fianco, ed è sempre il solito: la grafica. "Prima di iniziare a lavorare in Sega, mi ero accorto di quanto Sonic fosse popolare negli Stati Uniti. Mi piaceva il design del personaggio, che era totalmente nuovo per l'epoca, quasi underground rispetto al resto. È per quello che ho scelto di lavorare in Sega", spiegò l'art director di Jet Set Radio, Ueda Ryuta, alla stampa durante gli incontri di rito per promuovere Jet Set Radio. "Ma quando ho iniziato in Sega, sono rimasto sia sorpreso che deluso: c'erano solo giochi in stile manga e anime. Non era la Sega che mi ero immaginato", proseguì ancora e poi arrivò a Jet Set Radio: "con questo gioco ho avuto modo di esprimere le mie idee".
Jet Set Radio è universalmente riconosciuto come il primo videogioco che utilizza in forma compiuta la tecnica denominata cel-shading (o toon-shading). Si tratta di uno stile che mira a far somigliare una costruzione poligonale a un disegno fatto a mano, avvicinando così l'impatto generale dell'immagine a quella di un cartone animato o di un fumetto in movimento. Viene fatto attraverso l'esclusione di sfumature e l'utilizzo di colori pieni, messi in risalto dai bordi molto marcati di personaggi ed elementi significativi della scena di gioco. Ueda Ryuta non è il primo ad avere l'intuizione che il cel-shading possa dare qualcosa di nuovo e di diverso a un videogioco. Nello stesso periodo, all'inizio del 2000, viene pubblicato per PlayStation un gioco d'azione che riscuote un certo successo: Fear Effect. La tecnica adottata ricorda per alcuni versi il cel-shading, ma non è altrettanto avanzata. Se Fear Effect è una prova generale, Jet Set Radio è il perfetto compimento.
"Abbiamo usato molto del potenziale tecnologico del Dreamcast", spiegano assieme Ryuta e Takayuki, "Nessuno, prima d'ora, ha fatto quello che abbiamo fatto noi. Per capirci, abbiamo sfruttato un aspetto molto interessante del chip PowerVR2 chiamato "Modifier Volume", che permette di gestire le ombre in maniera realistica e in tempo reale. A dirla tutta, abbiamo reso il gioco impossibile per una PlayStation 2! Le texture sono così colorate e dettagliate che con quel poco di memoria che ha, non riuscirebbe a gestirle", spiegano i due.
Nell'estate del 2000 lo scontro tra PlayStation 2 e Dreamcast è al suo apice. La console di Sony è stata distribuita solo in Giappone a partire da marzo e arriverà negli Stati Uniti e in Europa in tempo per la stagione natalizia. Sega sente da un bel pezzo il fiato sul collo e il mercato le ha già spiegato che al Dreamcast servirà un'impresa disperata per non venire schiacciato. L'architettura di PlayStation 2 è particolarmente complessa, perché l'ambizione di Ken Kutaragi di Sony, che l'ha progettata, è quasi ultraterrena. I primi mesi vedono quindi la console faticare a esprimere almeno parte del suo potenziale ed è a questo che fa riferimento il team di Jet Set Radio.
Quali che siano i limiti effettivi della concorrenza, Jet Set Radio su Dreamcast è un grande spettacolo visivo. Dalla storia di Sega riprende i colori vivaci e dalla voglia prepotente della console "evocatrice di sogni" il dinamismo delle tre dimensioni. Il gioco di Smilebit divenne istantaneamente riconoscibile, perché lo stile e la personalità non riuscivano a essere contenuti dal GD-ROM in cui erano stipati, finendo per tracimare pure dalle immagini stampate sulle riviste di settore nei mesi precedenti all'uscita. Jet Set Radio era bello e lucente e, soprattutto, era nuovo. Un gioco che esisteva in quella forma grazie alla potenza tecnologica del Dreamcast, coniugata alla visione innovatrice di Ueda (che si era già fatto notare su Saturn con Astal, un gioco di piattaforme esteticamente molto riuscito).
Il simbolo di Jet Set Radio è Beat, il primo dei personaggi selezionabili e membro dei GG. La sua maglietta gialla con la scritta verde acido e il disegno stilizzato di un disco nero sulla schiena, spiega perfettamente l'efficacia e la personalità cromatica del gioco. Secondo la redazione di Electronic Gaming Monthly che vede una versione preliminare di Jet Set Radio al Tokyo Game Show del 1999, "somiglia a una di quelle pubblicità hipster dei jeans Levi's". Il rimando è a una serie di spot di grande successo che Levi's realizzò negli anni Novanta, sintonizzandosi sulle correnti musicali e visive dell'epoca. "Saranno in tanti a copiare il rivoluzionario stile grafico [di Jet Set Radio]", scrivono ancora da quelle parti pochi mesi più tardi. In effetti, nelle stesse settimane dell'uscita in Giappone di Jet Set Radio, arriva nel resto del mondo il sorprendente Wacky Races, un gioco di corse à la Mario Kart di nuovo proposto su Dreamcast. E, come Fear Effect, si avvicina allo stile finale ottenuto da Smilebit. Poi, naturalmente, verrà The Legend of Zelda: Wind Waker alla fine del 2002 (ma è giusto menzionare anche Auto Modellista di Capcom nel 2003).
Recensendo Jet Set Radio, IGN scrive che "è senza dubbio uno dei giochi next-gen più belli da vedere e, a differenza di praticamente tutti gli altri in uscita in questo autunno, ha anche uno stile tutto suo". "Il team di sviluppo è molto giovane, l'età media è tra i 26 e i 27 anni", spiegò il Chief Producer del gioco, Takayuki Kawagoe, "Siamo partiti in tre e poi si sono aggiunti altri tre, in totale sei persone. Tutti hanno portato nuove idee e una visione totalmente nuova dei videogiochi. Ci è stato chiesta da Sega di fare quello che volevamo. E lo abbiamo fatto".
Sweet Soul Brother
Se la tecnica del cel-shading è il motivo per cui Jet Set Radio prende le copertine e fa girare la testa, una volta che il disco finisce nei Dreamcast è la colonna sonora a rapire l'attenzione. Hideki Naganuma fece per il gioco quello che non era mai stato fatto prima. E se fu fatto, non vennero mai raggiunti risultati simili. Quella di Jet Set Radio è una colonna sonora di pezzi su licenza, anche quando non sono su licenza. Tale e tanta è la qualità dei brani scritti da Naganuma, che sembrarono poter appartenere alle classifiche dei brani più ascoltati e venduti.
Naganuma è entrato in Sega nel 1998, accantonando i sogni di una carriera da cantante e musicista tradizionale. Fino a quel punto era stato accreditato unicamente per il lavoro sulle musiche dell'edizione per Dreamcast di Sega Rally 2. "L'idea non è tanto distante dalla vita che vivono i ragazzi di oggi, Jet Set Radio potrebbe essere la prossima cosa più importante a succedere alla Generazione Y", scrisse il mensile statunitense Game Pro dopo aver visto il gioco all'E3 del 2000. L'idea venne comunicata anche attraverso il lavoro di Naganuma.
La colonna sonora di Jet Set Radio impasta le influenze dell'hip hop in arrivo dagli USA, con la melodia colorata e sfacciata del J-Pop, per poi insaporirle con il funk e il rock. L'autore giapponese, prima di approdare in Sega, si era guadagnato da vivere anche come DJ e in Jet Set Radio gioca con i sample e cuce assieme un mondo di riferimenti sonori, percorsi da un'unica e continua vibrazione. Il gioco si apre con lo scratch e il copia-incolla di voci seventies di Let Mom Sleep, quando arriva Humming the Baseline sembra di ascoltare una b-side di Hello Nasty dei Beastie Boys, remixata a dovere. That's Enough è costruita sulla scheggiatura di un riff di chitarra mandato in loop, con la voce suadente di una donna che introduce il pezzo e poi lascia spazio a innumerevoli "adesivi" sonori. Tra i brani più memorabili c'è Sweet Soul Brother, che non ha paura a ereditare da chissà dove un giro di chitarra country che nulla dovrebbe avere a che fare con una gang di graffitari giapponesi in un videogioco di Sega.
Ad aiutare Naganuma intervenne anche Richard Jacques, un compositore inglese che collaborava da qualche anno con Sega e che, nello stesso periodo, stava completando i lavori sulla colonna sonora di Metropolis Street Racer. Ci furono comunque alcuni ospiti. La band giapponese Guitar Vader contribuì con due pezzi. Nonostante il nome, anche Deavid Soul era un musicista giapponese e a Jet Set Radio portò cinque pezzi.
Per le edizioni internazionali Sega tirò in mezzo altri brani su licenza, a volte molto distanti dallo stile e dalle vibrazioni del lavoro fatto per l'originale giapponese, che poteva contare su una coesione interna ammirevole. Il riferimento è soprattutto alla godibile Dragula di Rob Zombie, che ha davvero pochissimo a che spartire con tutti i pezzi che vennero prima o dopo di lei, e pure a Just Got Wicked dei Cold. Andò molto meglio con Patrol Knob di Mix Master Mike (lo stesso che lavorava con i già citati Beastie Boys). La colonna sonora di Jet Set Radio, assieme a quella del seguito Jet Set Radio Future, è ancora quasi interamente disponibile su servizi come Spotify.
Sono i circa venti brani di quella originalmente concepita per l'uscita in Giappone che diedero al videogioco la capacità di uscire dai limiti entro cui erano confinati i videogiochi. Jet Set Radio fece qualcosa che somigliò molto a quanto fatto pochi anni prima da WipEout e non è facile trovare altri esempi simili in decenni di storia dei videogiochi. Il merito di Naganuma e di Sega, se vogliamo, fu di essersi fatti in casa la loro "OST su licenza", senza limitarsi (si fa per dire) a trovare i pezzi adatti, già scritti e suonati da altri fuori dall'ambito dei videogiochi.
È con la sua colonna sonora, e con l'estetica di rottura, che Jet Set Radio riuscì a diventare più di un semplice videogioco. Scrisse Game Fan negli USA: "Sega ha catturato lo spirito dei ragazzi di oggi, una generazione cresciuta tra MTV e wrestling. C'è di meglio che sfondare i cordoni della polizia e sfuggire saltando tra i tetti?". La recensione di Game Fan si concludeva poi con una singola frase appoggiata sotto al voto globale: "Smells Like Teen Spirit". E non serve spiegare da dove fosse stata tirata fuori.
Pattini, bombolette e telecamere
Le scene di ordinario sabotaggio della vita mega-urbana di Jet Set Radio non sarebbero potuto esistere senza i due elementi cardine del suo immaginario: i pattini in linea e le bombolette di vernice spray. Quando il gioco di Smilebit arriva nei negozi il successo di Tony Hawk's Pro Skater sta montando e un'ottima conversione per Dreamcast ha tenuto caldo il pubblico, che sta già aspettando la seconda uscita. Neversoft e Activision hanno costruito un luna park a base di assurde evoluzioni sulla tavola da skate e appena le immagini di Jet Set Radio, o i pochi filmati, chiariscono che nel nuovo gioco di Sega ci si muove su delle rotelle, è impossibile trattenere i paragoni.
Le recensioni del 2000 citano molto spesso sia Tony Hawk's Pro Skater che Crazy Taxi, un altro dei pezzi da novanta che Sega ha prima distribuito in sala e poi convertito in maniera impeccabile su Dreamcast. In realtà il lavoro del team di Kikuchi e Ueda non riprende più di tanto gli elementi di gioco di nessuno dei due. Manca del tutto la profondità del sistema di trick di Tony Hawk's Pro Skater, così come la complessità del level design, che è pensato per dare ai migliori giocatori modo di esibirsi in combo pressoché infinite. Di Crazy Taxi, Jet Set Radio, ha più che altro l'estetica coloratissima e l'intuizione di affidarsi a una colonna sonora che lo porti in giro per il mondo, ma i ritmi di gioco sono completamente differenti.
Beat, Gum, Tab e gli altri GG esplorano pezzetti di Tokyo-to sempre più estesi, in un accenno di mondo aperto che non è affatto la norma in quell'estate (e non lo sarà ancora per un bel pezzo). Lo fanno perché ci sono innumerevoli graffiti da iniziare e completare e per quelli più estesi si attiva un sistema che può ricordare tanto i giochi musicali di Konami o i picchiaduro: sequenze di input precisi con lo stick analogico vanno completate per coprire tutto il muro con la propria creatura. E se arriva la polizia, meglio scappare (pure se il lavoro non è finito).
Le bombolette sparse per i livelli, che fortunatamente ricompaiono con una certa costanza, sono le "munizioni" per continuare a verniciare, ma anche per recuperare un po' di energia. La formula di gioco non cambia più di tanto, quando si avanza nel gioco e si passa da un quartiere all'altro (e poi, nelle edizioni per gli USA e l'Europa, anche in una città aggiunta per l'occasione e che ricorda in parte Chicago e in parte New York). Si aggiungono comunque delle missioni in cui la sfida consiste nel seguire un percorso e arrivare al termine prima dell'avversario, o altre in cui la "tela" da colorare è la schiena del membro di una delle gang rivali.
Il sistema di controllo è limitato ai pulsanti dorsali e uno solo tra quelli frontali, con cui si salta. Di vedersi assegnato un controllo diretto sulla telecamera virtuale nemmeno se ne parla e l'assenza di un secondo stick analogico in dotazione al controller del Dreamcast è il responsabile principale della mancanza. Le inquadrature che se ne vanno in giro per conto loro sono uno dei problemi di Jet Set Radio, non l'unico. "Il sistema di controllo è impreciso, soprattutto quando il gioco chiede di completare delle sequenze folli di salti e grind", spiegò Game Informer nella sua recensione, "e per questo la maggior parte del tempo si gioca con addosso una sensazione di frustrazione e rabbia". In Francia la redazione di Joypad sostenne che a Jet Set Radio mancava qualcosa, "tra cui una modalità per due giocatori o la possibilità di scegliere quale trick eseguire". Per Official Dreamcast Magazine, nell'edizione per il Regno Unito, il gioco di Smilebit "finisce troppo in fretta".
Per ogni problema sollevato, la maggioranza delle recensioni si preoccupa di buttare sulla bilancia anche formule ultra entusiastiche, con il chiaro intento di rimettere nel giusto ordine le cose. Per Next Gen, l'edizione statunitense di EDGE, Jet Set Radio fu "uno dei giochi per console più interessante e originale degli ultimi anni". La stessa EDGE non si tenne: "Quelli che ancora hanno dei dubbi sul Dreamcast dovrebbe vergognarsi". Per Official Dreamcast Magazine, edizione degli Stati Uniti, "Jet Set Radio è un'opera d'arte travestita da videogioco", Computer & Video Games disse: "è un vero colpo di genio". IGN suggerì: "Se i vostri amici infoiati di PlayStation vi dicono che il Dreamcast è morto, tirategli in testa il case di Jet Set Radio". Ancora, Gamespot:"[Jet Set Radio] vi obbliga a ricalibrare quello che vi aspettate da un videogioco sotto il profilo audiovisivo e anche un sistema di gioco divertente e ben bilanciato".
Nessun miracolo a Tokyo-to
Tutte le lodi che vennero tessute a favore di Jet Set Radio, non servirono comunque a salvarlo dal destino che accomunò la quasi totalità dei videogiochi per Dreamcast: un risultato commerciale insignificante. In Giappone vendette solo 40.000 copie nella finestra di lancio e altrove non riuscì di certo a invertire la rotta della console, che si era già schiantata contro l'iceberg PlayStation 2 e aspettava solo di colare a picco. Però con infinita gloria.
A Jet Set Radio seguì Jet Set Radio Future, che fu uno dei giochi di lancio di Xbox in Giappone, alla fine dell'inverno del 2002 e lì si concluse la vicenda principale della serie, salvo poi essere richiamata tra i vivi alla fine del 2023, quando Sega ha promesso un nuovo gioco. Esiste anche una mezza conversione dell'originale per il Game Boy Advance, che funziona fino a un certo punto ovviamente, e nel 2012 venne pubblicata un'edizione tirata a lucido del gioco, con grafica in alta risoluzione, formato dell'immagine in 16:9, uno schema di controllo parzialmente rivisto e poco altro. Sega, per non smentirsi, lo ha tolto dalla disponibilità degli store e oggi non è più possibile acquistare e giocare legalmente a Jet Set Radio.
E allora, se vi va, trovate un altro modo, Beat non avrebbe nulla di che ridire.