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Qualcuno ha visto Fumito Ueda, il geniale creatore di ICO, Shadow of the Colossus e The Last Guardian?

Dal passato al presente, dall'anonimato alla fama, dai successi all'abbandono di Sony, Ueda è uno di quegli autori a cui abbiamo permesso di perdersi nelle incongruenze del mercato. Perché? Cosa è successo?

SPECIALE di Marco Perri   —   26/11/2024
The Last Guardian

Se queste righe fossero uscite 20 anni fa, pochissimi ne avrebbero conosciuto il protagonista. Il mondo degli autori videoludici, nel tempo, ha subito uno stravolgimento, molti hanno abbandonato lo sviluppo, alcuni sono in pensione, altri hanno cambiato e ricambiato, perdendosi nelle spire della vita. Ueda schivo era e schivo è rimasto: surreale pensare cosa debba essere successo per costringerlo a lasciare Sony nel 2011, nel mezzo dello sviluppo/conversione di The Last Guardian per PS4, ma evidentemente si è rotto qualcosa. D'altronde, rilasciare ICO nel 2001 e Shadow of the Colossus nel 2005 ha voluto dire pubblicare due opere fondamentali nel giro di appena 4 anni. E poi?

Beh, poi passano undici anni prima della pubblicazione di The Last Guardian, veramente tanto, tantissimo tempo, un mucchio: nel mezzo di questo lungo travaglio Ueda si perde, o perlomeno parte del suo cammino si rompe, si degrada, lo porta a cambiare direzione, fonda un suo studio con pezzi del TeamICO, si mette di lato come consulente. Cambia qualcosa di enorme nel suo rapporto con lo sviluppo di videogiochi tradizionale.

Oggi vogliamo parlare di Fumito Ueda, raccontarlo, riportarlo per un attimo sotto ai riflettori, dargli ancora una volta un po' di meritata luce perché, di fatto, le sue tracce si sono più o meno dissolte nella sabbia proprio da fine del 2016 ma il suono dei suoi passi riporta continuamente alla mente tutto l'impatto emotivo delle opere che ne portano la firma.

La fiaba di Ueda

Ueda, lo dicevamo, è un personaggio schivo, un visionario di difficile lettura che mal sopporta chi gli domanda delle sue ispirazioni. Vuole parlare poco dei suoi giochi, forse per non tingerli di troppa realtà, forse per lasciarli incastonati in quelle eterne aure eteree, bianco cotone. Ueda adora le fiabe, apprezza il parlare di game design, ha una visione del level design piuttosto minimale, ma trasversale, una visione in cui il concetto di protagonista è cangiante, è quasi soggettivo.

Un giovane Ueda intento a raccontare Shadow of the Colossus
Un giovane Ueda intento a raccontare Shadow of the Colossus

Ueda è cresciuto con l'Amiga, si è evoluto con Flashback e Another World, ha lavorato con il fu Kenji Eno; chissà che magari anche Ueda, come Eno, non abbia contribuito a ideare l'immagine del Dreamcast, il suo logo, quella meravigliosa spirale, infinita come i sogni. Può anche essere, in fondo di Ueda si trova così poco materiale che spesso bisogna anche immaginarseli, i puntini del suo percorso.

Sicuramente Ueda adora gli animali, sin da piccolo quando era solito rincorrerli e coccolarli, vederli muovere lo esalta, ma probabilmente lo sapevate già. Sapete quale è stato uno dei giochi che ha più emozionato Ueda? Lemmings, su Amiga, perché per la prima volta il giapponese ci percepisce della vita, degli schemi vitali, degli obiettivi di avanzamento quasi animaleschi. Ma unendo tutti questi tratti, che personaggio è Ueda?

I Lemmings dell'era Amiga hanno influenzato profondamente il pensiero di Ueda
I Lemmings dell'era Amiga hanno influenzato profondamente il pensiero di Ueda

Fumito Ueda è, prima di tutto ciò che potremmo dire, uno sviluppatore e un produttore di videogiochi. I videogiochi sono realmente la sua passione enorme, la sua valvola di sfogo, il suo finestrino verso il mondo dei riflettori, un mondo che, come detto, non lo esalta e questo si percepisce dalle sue opere. ICO non è stato un campione di vendite, ma fu un cult, un titolo che Sony decise di finanziare sulla base di un pitch in computer grafica e solo perché a fine millennio era in evidente stato di grazia produttiva per merito della prima PlayStation. Se Ueda fosse nato dieci anni dopo, probabilmente non avrebbe mai incontrato quella Sony lì, quella casa 100% giapponese, la Sony che adorava sperimentare, andare controcorrente, la Sony che voleva a ogni costo un catalogo estremamente variegato, colorato, multiforme: Ueda riesce a inserirsi bene, per fortuna, riesce a produrre ICO. Ve lo ricordate? Quanti qui in mezzo alzano la mano se chiediamo "Chi possiede l'originale per PlayStation 2?"

Potremmo parlarne a lungo, ma quella fiaba raccontava altre fiabe: raccontava di occidente, di oriente, di Europa e di fratelli Grimm, di Disney e di amor cortese, raccontava di un ragazzo e una ragazza, dell'affetto e dell'amore. Quattro anni dopo arriva Shadow of the Colossus, da molti ritenuta la sua opera magna per completezza, per coerenza, per capacità di avvolgerci tra idee, gameplay, sonoro e atmosfera.

Le atmosfere, l'utilizzo del bloom, l'aura del primo periodo di Ueda formano una cornica eterna e leggendaria
Le atmosfere, l'utilizzo del bloom, l'aura del primo periodo di Ueda formano una cornica eterna e leggendaria

Su PlayStation 2 arriva a toccare i 15 fotogrammi, ma veramente importa a qualcuno? Abbiamo Agro, abbiamo lande desolate, abbiamo tra le mani una sfida impari, un sogno nel cassetto, la voglia di affrontare l'oscurità per salvare chi si ama. Ripensandoci, sembra esserci anche un po' di Miura, vero? Questo Ueda è corpo e anima lì, entrambi i piedi fermamente dentro Sony Japan, è mentalmente e operativamente coinvolto in ogni passaggio, è pensare-dire-fare, è un leader che guida il suo team, quel Production Studio 1 delle meraviglie, passato da 5 membri a 20 a chissà quanti. Correre tra quelle battaglie uniche e unicamente proposte ci trasmette bene l'idea di uno Ueda che cresce rapidamente, prende la patente e inizia a correre veloce su sentieri ben delineati, senza dubbi o ripensamenti. Il rapporto con Agro è veicolato magnificamente, le note di Kow Otani ci lanciano leggiadri tra evoluzioni, salti e - ahimé - colpi di spada dei quali molti di noi si sono anche pentiti, umanamente ed eticamente, effettuati per un bene superiore.

Quando troppa ambizione danneggia l'arte

Siamo nel 2005, Ueda è al suo massimo, ma The Last Guardian non nasce per spingere le adozioni di animali, nasce perché Ueda, attento ai feedback dell'utenza, capisce che il rapporto tra protagonista e cavallo ha lasciato un segno ben più nitido di quanto immaginava. Trico nasce dall'unione di animali casalinghi o quasi, cane, gatto, uccellini, nasce per replicare, con quegli occhi, il cane che abbiamo in casa, o il gatto che dorme sul cuscino, o il canarino che ci fa compagnia.

Il legame che si forma tra protagonista e animale in The Last Guardian rappresenta tutta l'ambizione artistica di Fumito Ueda
Il legame che si forma tra protagonista e animale in The Last Guardian rappresenta tutta l'ambizione artistica di Fumito Ueda

Tutto sembra corretto, come tempi e come impatto: quel trailer del 2009, promesso su una PlayStation 3 che si avvia verso metà ciclo, dà l'idea che tutto sia sotto controllo e che il prossimo gioco di Ueda sia in arrivo. Dai, ci sarà da aspettare un annetto, toh massimo due, ma il gioco c'è e sembra eccezionale, anche come messaggio.

In quel momento, probabilmente e paradossalmente, quasi quindici anni fa, lo Ueda che conoscevamo entra in un abisso inaspettato. Due anni dopo lascerà il suo adorato Team ICO, si unirà come consulente, fonderà Gendesign, saluterà la pubblicazione di The Last Guardian nel 2016, undici anni dopo la sua opera migliore. Il racconto di Trico è splendido, ma non esente da difetti, pubblicato in un'era in cui il naso del consumatore è molto più sopraffino, conta i pixel e i fotogrammi, analizza gli enigmi e le idee proposte. Se dei fotogrammi di Wander così poco ce ne importava nel 2005, i limiti della terza produzione di Ueda sono più definiti; non criticabili, magari, ma sicuramente più evidenti.

Nonostante i limiti, il rapporto simbiotico col proprio 'cucciolo' è il cuore pulsante di The Last Guardian
Nonostante i limiti, il rapporto simbiotico col proprio "cucciolo" è il cuore pulsante di The Last Guardian

Il gioco è splendido, l'ambizione è infinita, è calda, palpabile, Trico ci fa emozionare, ma ludicamente... a livello di gameplay e di portata, The Last Guardian lascia un solco meno profondo rispetto al passato. E questo, d'altronde, accadeva ben 8 anni fa. Da allora Fumito Ueda, oggi 54enne, ha fornito pochissimi aggiornamenti. Sapevamo, tra i buoni propositi che le riviste giapponesi raccolgono ogni fine anno, che il suo nuovo gioco doveva essere mostrato lo scorso anno, così non è stato. Questo 2024 sta volgendo a sua volta al termine e del suo gioco non c'è traccia.

Arrivederci al... 2025?

Ueda, probabilmente, è un essere strano e affascinante tanto quanto Trico e come tale va interpretato, ma rimane incredibile studiare in che modo paradossale si sia evoluta la sua carriera e le tempistiche delle sue produzioni. Non sappiamo se sia stata l'alta definizione, o il Cell di PlayStation 3, o la presidenza di Hirai, o l'aumento di dimensioni del team, o l'ambizione di donare a Trico sentimenti animali che fossero accostabili a ovvie necessità di gameplay, nessuno sa cosa sia successo a Ueda se non Ueda stesso.

Questa immagine rimarrà per sempre indicativa del tatto e del tocco di Ueda nell'esprimere i migliori sentimenti umani
Questa immagine rimarrà per sempre indicativa del tatto e del tocco di Ueda nell'esprimere i migliori sentimenti umani

Rimane, però, un forte amaro in bocca per la dispersione di carriera che è avvenuta con questo talentuoso narratore di fiabe oniriche, partito bene, salito sulla cima del monte e poi sceso bruscamente verso valle, luogo in cui ne abbiamo praticamente perso le tracce.

La parabola di Ueda è assimilabile alla parabola irrazionale di buona parte del modello di sviluppo a budget incrementale di parecchi publisher attuali, o delle aspettative irreali di vendita che si scatenano quando i tempi si dilatano, o ai nuovi dirigenti che spesso così poco hanno a che fare con i videogiochi e così tanto sono legati al denaro. Ma quando un autore poetico del genere si perde nei meandri dell'industria, tutti ce ne dovremmo profondamente dispiacere, tutti dovremmo farci sentire forte nel chiedere perché sia stato permesso a un'eccellenza videoludica e artistica come Ueda di disperdersi nelle pieghe del tempo. Jim Ryan, prima del deprimente showcase di maggio 2023, chiese al suo team marketing di fare rumore... beh, se quello è rumore della Sony odierna, qualcuno ci restituisca il silenzio magico e onirico delle opere di Ueda.