Il miglior capodanno della mia vita videoludica risale al 1998. Precisamente dicembre 1998. Il primo anno da maggiorenne volgeva al termine e sotto la mia TV, come in quasi tutte le case, lavorava duro la prima PlayStation. Grigia, leggera, sempre pronta a finire in uno zaino per essere portata a casa di questo o di quello, spesso da Erika che ai tempi era la più disgraziata e organizzava serate molto divertenti, in assenza dei suoi genitori. Durante quelle serate, tutti insieme, sdraiati tra tappeti e divani, scoprivamo film, Shining e L'Armata Brancaleone, oppure si organizzava giocate ai videogiochi corali: quante partite a Bust-a-Grove, Point Blank, TimeBokan Yattaman.
Subito, ora, adesso
Il mondo procedeva ancora con ritmi analogici ma l'avvento del digitale stava già trasformando la moda, la musica e pian piano, di riflesso, le nostre vite. La tecnologia portava soltanto ottimismo, mentre negli ultimi anni i risvolti più cupi e minacciosi si sono fatti quasi predominanti. Eravamo lanciati nel futuro, senza paura e affamati di nuovo. Soprattutto eravamo giovani, chissà davvero quanto diversi dai giovani di oggi. Sicuramente avevamo un altro modo di fruire i videogiochi: quelli erano gli anni della pirateria imperante e dei negozi specializzati in importazione parallela.
Gli appassionati facevano a gara ad avere l'ultimo gioco il prima possibile, e qualche negoziante riusciva anche a rimediarteli in due giorni dal lancio giapponese. Parliamo soprattutto di giochi originali ma nel 1998, con Internet sempre più popolare, potevi avere una copia di un titolo appena uscito praticamente la sera stessa. Più o meno andò così con la mia copia di Tekken 3, preso lo stesso giorno della patente (pensate che giornata epica), e più o meno andò così con la mia copia giapponese di Ridge Racer Type 4.
Cher Effect
Cher cantava alla radio, in qualsiasi radio perché la sua Believe fece un botto assurdo, portando per la prima volta alla ribalta l'oramai famoso auto-tune che per molti anni continuò ad essere chiamato proprio lo Cher Effect. Le Spice Girls macinavano ancora numeri con Viva Forever e Too Much mentre sul fronte più rockeggiante Courtney Love sfondava con le Hole, gli Offspring cazzeggiavano come nessuno mai e i Massive Attack davano in pasto al pubblico il bellissimo Mezzanine. Do the Evolution dei Pearl Jam è probabilmente l'ultima canzone ascoltata in macchina poco prima di lanciarmi per le scale, salutare mamma e ficcare l'ultimo Ridge Racer nella PlayStation.
La console se non sbaglio era collegata in quel periodo ad un gigantesco televisore Nokia 16:9, dotato di un bel po' di caratteristiche piuttosto rare all'epoca: S-Video, compatibilità con i formati NTSC e altre cosette che mi furono molto utili (ringraziamo la passione per il cinema di mia madre). Informazione aggiuntiva: spostarlo richiedeva due persone abbastanza forti, inoltre l'enorme peso era totalmente sbilanciato verso lo schermo, ed è lì che una terza persona doveva intervenire per rendere il trasporto più sicuro.
Quel che contava
I videogiochi me li sono sempre goduti molto, molto lentamente. Con Ridge Racer Type 4 fu lo stesso e quando finalmente arrivai alla gara finale, senza sapere a cosa sarei andato incontro, il mese era oramai agli sgoccioli e il capodanno alle porte. Anche se non ricordo quando e come avvenne, ricordo per certo di aver assaporato delle emozioni che oggi, dopo così tanto tempo, ancora non dimentico. Intanto ricordiamo quanto fosse bello Type 4: realismo zero, fisica totalmente reinventata, macchine di fantasia. Ridge Racer era l'esatto contrario del gioco di guida moderno: perfettino ma divertente come un calcio nel sedere.
Coi poligoni faceva casini inenarrabili, ma PlayStation nonostante fosse in giro da oramai tre anni continuava ad alzare l'asticella di quel che si poteva ottenere dal suo hardware. Type 4 era graficamente fenomenale, tecnicamente prodigioso, soprattutto era dotato di uno stile che ti faceva impazzire: ero lo stato dell'arte dell'intrattenimento. Ridge Racer Type 4 non era semplicemente un gioco di guida: era in primis un generatore di emozioni un po' come lo fu anni prima quel capolavoro di Outrun. Sinestesia pura fatta di gameplay, grafica e naturalmente sonoro.
Quando s'accende Shooting Hoops
Potremmo dedicare uno speciale a parte alla colonna sonora di Ridge Racer Type 4. Le musiche del gioco sono infatti composte specificatamente per enfatizzare le emozioni di ciascuna gara, la loro durata è praticamente quella dei tre giri obbligatori e per questo presentano un crescendo che esplode orgasmatico al taglio del traguardo. Questa particolare sinergia tra i diversi componenti che danno vita a Type 4 raggiunge il culmine con l'ultima gara del gioco, ambientata proprio la sera di capodanno.
La prima volta che la fai non dai peso all'informazione, comunicata poco prima dell'inizio della gara stessa; te ne ricordi all'ultimo giro quando allo scoccare della mezzanotte il cielo americano di Shooting Hoops s'accende di fuochi d'artificio e dalle casse esplode Movin' in Circle che al suo minuto finale è un vero e proprio sovraccarico di emozioni. La cavalcata acid jazz composta dai musicisti Namco e cantata dalla vocalist Kimara Lovelace si chiude nel silenzio, del gioco e del giocatore ancora stordito da quel che ha provato, magari da un primo posto al fulmicotone e da batticuore. E poi i titoli di coda, che allora mi trascinarono carichi di speranza tra le braccia del 1999 di Matrix e Blair Witch Project, di Shenmue e Outcast, dell'Euro e di Columbine.
Ecco quel che non dimentico. Dopo quell'ultimo giro e quell'inatteso capodanno vissuto anticipatamente spensi PlayStation, tirai le tende, mi stesi a letto e pensai: andrà tutto bene.