Non abbiamo fatto in tempo a riprendere fiato dopo la rocambolesca fuga da Raccoon City con Resident Evil 3 che l'industria videoludica ci ha messo sul primo treno, letteralmente, per un viaggio di sola andata verso Midgar. Final Fantasy VII Remake è realtà e tanto basta a far capire la bizzarra linea temporale che stiamo vivendo, dove i videogiochi dati per certi vengono rimandati a causa della contingente situazione d'emergenza mentre quelli sui quali si continuava ad avere dubbi sono sopraggiunti sul mercato con la tranquillità del divo che calca la scena dopo essersi fatto attendere a lungo (vero, Half-Life: Alyx?). Nulla però ci impedisce di poggiare per un momento la Buster Sword e fare un passo indietro, tornare tra virologia e apocalisse zombi per ricapitolare la situazione di casa Capcom ma soprattutto chiarire un punto nodale: non abbiamo bisogno di un remake di Resident Evil 4. Una posizione netta ma c'è una ragione in particolare per cui crediamo che non sia una strada da percorrere: la rinascita di Resident Evil 2 e Resident Evil 3, la fama raggiunta grazie a una reinterpretazione in chiave moderna di due classici del genere survival horror, si devono proprio a Resident Evil 4.
La definizione di un'era
Con il suo debutto nel 2005, Resident Evil 4 ha dato uno scossone al genere del survival horror spostando il focus più sull'azione che sull'orrore vero e proprio, mantenendo comunque inalterato il senso di tensione e terrore di cui la serie si è sempre fregiata. Ha premuto con decisione l'acceleratore, sbarazzandosi della telecamera fissa per portare la visuale sopra la spalla, ed è quasi incredibile pensare come solamente cinque anni lo separino da Code: Veronica che per primo ha mosso un timido passo verso la gestione autonoma delle armi da fuoco durante la scontro con Nosferatu, quando ci è stata data la possibilità di utilizzare il fucile da cecchino. Resident Evil 4 ha definito un'era come nessun altro del suo genere prima, influenzando altri giochi oltre alla serie madre, tanto che ancora adesso risulta perfettamente godibile - salvo alcune legnosità cui potremmo non essere più abituati, ad esempio il fatto che Leon si limiti a ruotare sul proprio asse mentre prende la mira senza potersi spostare.
Insomma, ha lasciato un'eredità che i seguiti non sono stati in grado di raccogliere appieno, mossi dalla convinzione che il suo enorme successo fosse dovuto alla deriva action e quindi adattandosi di conseguenza, ma tutt'oggi è un punto fermo quando si guarda ai giochi che hanno fatto la storia. Laddove Resident Evil 2 e 3 hanno beneficiato di un remake anzitutto sotto l'aspetto visivo (cui il quarto capitolo ovvia con una recente riproposizione in alta definizione), lo sviluppo era più che altro legato a permettere loro il salto generazionale passando all'era post-RE4, dotandoli di controlli più comodi e una telecamera flessibile. Resident Evil 4 non ne ha bisogno perché, molto semplicemente, è stato il primo ad averli.
Tempo e luogo per ogni cosa
Sicuramente arriverà il momento in cui il survival horror prenderà un'altra svolta, troverà una nuova pietra miliare verso la quale guardare per il suo sviluppo e dunque anche Resident Evil 4 potrà godere di un glorioso ritorno sulle console del futuro, tuttavia non è certo oggi: secondo e terzo capitolo appartengono a un'epoca diversa, di cui ogni tanto si percepiscono gli echi, ma a distanza di vent'anni i rispettivi remake si distaccano in modo netto al punto tale da essere giochi uguali e al contempo profondamente differenti. Potremmo davvero dire lo stesso di RE4? Ora come ora, qualunque remake non sarebbe altro che superficiale rimpiazzo di un'esperienza consolidata. Potrebbero renderlo più fluido, ammorbidire i movimenti di Leon durante i QTE e ben poco altro, tutto volto a una revisione più tecnica che non ludica.
Paradossalmente, anzi, potrebbero fare un passo indietro privando il gioco di quell'aspetto sanguinolento che, di nuovo, concorre a farlo brillare: se c'è infatti un dettaglio di cui si è molto sentita la mancanza nei remake, a parità di PEGI, è proprio la mancata "spettacolarità", in un certo senso, che tutte le morti di Leon portavano con loro. Non abbiamo potuto mancare di notare come anche nel recente Resident Evil 3 si tende a celare, con inquadrature nemmeno troppo sapienti, le situazioni in cui Jill viene uccisa dal Nemesis; o, ancora peggio, quando in Resident Evil Resistance a un giocatore viene spappolata la testa da Mr. X e tuttavia la vediamo perfettamente attaccata al cadavere appena il Tyrant lo getta via - a sporcare la scena, giusto un poco di sangue. Il bello di Resident Evil 4 era anche questo, affidarsi a una estetica cinematografica horror e smaccatamente b-movie per imprimere a fuoco nella nostra mente le conseguenze di ogni sbaglio. L'idea di perdere la testa per non essersi accorti in tempo del ganado armato di motosega, o l'ansia che ci prendeva quando dovevamo mirare ai punti deboli dell'Iron Maiden prima di essere raggiunti non avrebbero lo stesso valore oggi, senza quella componente "gore" che li ha distinti a loro tempo. Sapere di morire genera sempre tensione ma la cognizione di morire male coinvolge molto di più.
Non si parla affatto dell'impossibilità di perfezionare la perfezione, perché Resident Evil 4 non è un gioco esente da difetti, quanto piuttosto del fatto che allo stato attuale un remake probabilmente metterebbe in luce proprio quelle imperfezioni. Che sono tra l'altro anch'esse alla base del suo fascino.