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Resident Evil Requiem e Silent Hill f sono ancora veri Resident Evil e Silent Hill?

I nuovi capitoli di Resident Evil e Silent Hill dividono i fan, che a volte non li considerano dei veri esponenti delle loro serie. Ma se il cambiamento fosse quello di cui avevano bisogno?

SPECIALE di Fabio Di Felice   —   12/09/2025
Resident Evil Requiem è ancora un Resident Evil?
Silent Hill f
Silent Hill f
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Uno compirà 30 anni a breve, l'altro ne ha appena festeggiati 26. Parliamo di Resident Evil e Silent Hill, due serie storiche del mondo dei videogiochi che hanno attraversato praticamente tutte le generazioni successive all'arrivo delle tre dimensioni, trasformandosi profondamente nel tempo. Con l'arrivo dei nuovi capitoli i due brand si affacciano sul mercato in una forma del tutto nuova: Resident Evil Requiem prosegue la rivoluzione iniziata nel 2017 con Resident Evil 7, che aveva modificato radicalmente la formula spostando la visuale in prima persona, eliminando gli zombie classici e riducendo al minimo i riferimenti ai personaggi storici. Silent Hill f, invece, arriva dopo oltre dieci anni di silenzio assoluto, con un capitolo che cambia completamente le carte in tavola: si sposta geograficamente di circa 10000 km a est, e sembra non avere alcun personaggio o luogo familiare a fare da collante. Entrambi hanno però almeno due cose in comune: sono capitoli cruciali per definire il futuro delle rispettive IP, e stanno già affrontando un certo astio da parte di una frangia di fan storici, delusi dai numerosi cambiamenti.

Rompere con la tradizione è sempre una mossa azzardata, che gli sviluppatori spesso evitano proprio per non stuzzicare una fanbase capricciosa e difficile da accontentare. Requiem, per ciò che abbiamo visto e provato fino a questo momento (qui il nostro ultimo provato dalla Gamescom), sembra essere un horror più d'atmosfera rispetto al passato: la protagonista, Grace, non può difendersi dagli attacchi dei mostri e deve cercare di superarli con l'astuzia. Il che è raro in una saga che ha fatto dei bazooka passati al volo e dei fucili a pompa il proprio marchio di fabbrica. Silent Hill f abbandona persino Silent Hill come città, spostandosi in Giappone. In entrambi i casi, i commenti che si leggono online si possono riassumere in una sola frase: "Questo non è un vero Silent Hill" o "Questo non è un vero Resident Evil".

Con un approccio meno action, Resident Evil Requiem cambia decisamente tono rispetto ai capitoli precedenti
Con un approccio meno action, Resident Evil Requiem cambia decisamente tono rispetto ai capitoli precedenti

Cosa significa quindi essere un vero esponente di una saga o di una serie? Bisogna partire forse dalla definizione più stretta dei termini. Una saga ha una trama che si evolve, una progressione lineare che ha forti collegamenti tra i diversi capitoli. Quella di Harry Potter, per esempio, e anche quella di Resident Evil. C'è una cronologia ufficiale e richiami tra i titoli che possono riguardare i personaggi, gli antagonisti, o magari gli avvenimenti dei capitoli precedenti. Una serie funziona invece a episodi che possono essere anche autonomi. Può esserci qualcosa che li lega, ma non sono consequenziali. Quella di Final Fantasy è una serie. Quella di Silent Hill è un discorso particolare: si tratta sicuramente di una serie con capitoli autoconclusivi, che però al suo interno ha delle mini-saghe per via di alcune figure ricorrenti. Usciti dalla definizione stretta - e come abbiamo visto ricca di sfumature - c'è però ancora spazio per cercare di capire se Resident Evil Requiem e Silent Hill f possono essere considerati dei veri esponenti del brand a cui appartengono.

Ogni capitolo è un tradimento

Affrontiamo l'argomento da un altro punto di vista: Silent Hill e Resident Evil non sono serie videoludiche scritte e dirette da un unico autore, come successo per esempio con Metal Gear (fino a ora!). Non è quindi l'autorialità a tenere insieme i singoli capitoli. Anzi: entrambi i survival horror sono cresciuti attraverso team differenti, sensibilità diverse, perfino in epoche di sviluppo lontanissime. I capitoli successivi ai rispettivi capostipiti (diretti da Keiichiro Toyama e Shinji Mikami) hanno più volte tradito le basi narrative e concettuali su cui erano stati fondati.

Silent Hill 2, per esempio, ha poco a che fare con il primo capitolo. Sposta tutto sul piano psicologico, elimina la componente esoterica, rende l'esperienza molto più personale e incentrata sui protagonisti rispetto al racconto originale. Questo perché Masashi Tsuboyama e Takayoshi Sato avevano preso a modello non più la narrativa horror americana di Stephen King, ma Delitto e Castigo di Fedor Dostoevskij.

Resident Evil 2, dal canto suo, presenta molta più azione rispetto al primo, perché Hideki Kamiya non amava gli horror e si spaventava facilmente. Il primo è claustrofobico e romeriano; il secondo è più vicino a un film d'azione. I terzi capitoli? Ancora diversi. Resident Evil 3 spinge ancora di più sull'intensità; Silent Hill 3 torna all'esoterismo, ma introduce elementi che smorzano l'orrore lovecraftiano del primo con un ritmo più sostenuto.

In Silent Hill 2 la maledizione della città diventa la maledizione dei personaggi
In Silent Hill 2 la maledizione della città diventa la maledizione dei personaggi

Questo piccolo excursus solo per dire che ogni capitolo di queste serie rappresenta, in fondo, un tradimento della visione originale. Ma non è un tradimento da vedere in chiave negativa, anzi: è ciò che ha permesso a Resident Evil e Silent Hill di arrivare fino a noi, ancora così stimolanti. È stata l'occasione per aderire ad altre visioni, ad altre sensibilità, che hanno contribuito ad allargare il bacino di pubblico. In realtà, sono stati proprio questi cambiamenti la prova della capacità di queste opere di rinnovarsi senza restare intrappolate nel passato.

Chiaro che questi "strappi" - se così possiamo definirli - non sono mai stati indolori per il pubblico. Quando Shinji Mikami mise la firma su Resident Evil 4, decise di cambiare il senso stesso dell'opera: niente più corridoi angusti e bui, con la telecamera fissa, ma un'azione dinamica, con i nemici che arrivavano a orde. Leon poteva mirare con precisione, decidere quale punto colpire. Non era più un survival horror, e anzi, se non fosse stato per alcuni momenti di tensione, con il suo tono camp si farebbe fatica perfino a definirlo un horror. Spaccò il mercato, e divenne però uno dei videogiochi più influenti di sempre. Di lì in poi, si può quasi dire che ogni capitolo è stato una reinterpretazione di tutto ciò che era stato costruito prima, fino al punto di arrivo di Resident Evil 7.

In Resident Evil 7 non ci sono zombie, e molte caratteristiche della serie sono messe in discussione
In Resident Evil 7 non ci sono zombie, e molte caratteristiche della serie sono messe in discussione

Silent Hill stesso ha avuto un percorso simile fatto di grandi cambiamenti e di grandi tradimenti. Silent Hill 4: The Room eliminò alcuni degli elementi tipici della serie, che ne avevano definito la stessa identità, come la radio che gracchiava e la torcia. Entrambi erano nati insieme all'idea stessa della città americana, dal momento che uno dei punti su cui Toyama era irremovibile era proprio il sistema di illuminazione e la sensazione di "buio" che doveva avvolgere il giocatore. Silent Hill 4 non era nemmeno strettamente ambientato a Silent Hill. Ci si arrivava attraverso dei "portali". Di lì in poi è stata una ripida discesa verso qualcosa di differente: la sensibilità è diventata sempre più occidentale, così come i team che si occupavano dei videogiochi, e tutto il fascino del non detto a cui Toyama e Tsuboyama tenevano così tanto, è diventato una rincorsa a spiegare per filo e per segno l'origine della città e della sua maledizione.

Cosa lega questi videogiochi?

È lecito a questo punto domandarsi: nonostante tutte queste profonde differenze, cos'è che tiene insieme questi videogiochi? Sbucciando come una cipolla episodio dopo episodio, forse sarà più facile capire cosa li accomuna. Per esempio non sempre sono i personaggi: in Silent Hill i protagonisti sono diversi, anche se a volte compaiono certe parentele con comprimari di altri capitoli (James Sunderland di Silent Hill 2 e Frank Sunderland di Silent Hill 4). Non sono nemmeno strettamente i luoghi: Resident Evil li cambia continuamente, da magioni nel bel mezzo delle montagne a città che vengono rase al suolo, fino ai bayou della Louisiana. Tantomeno è la sola continuità narrativa: le storie di questi capitoli sono spesso frammentate, incostanti, piene di retcon, di episodi che sembrano what if (come succede per Silent Hill: Shattered Memories).

Cheryl è uno dei pochi personaggi ricorrenti di Silent Hill
Cheryl è uno dei pochi personaggi ricorrenti di Silent Hill

Forse verrebbe da dire che è la presenza di almeno uno di questi elementi? Per Silent Hill è la città stessa; per Resident Evil almeno uno dei vecchi protagonisti, o qualche rimando alla Umbrella. Personalmente, però, penso che sia qualcosa di più profondo: un nucleo tematico che sopravvive alle trasformazioni formali, mantenendo intatta l'essenza.

In Resident Evil, per esempio, è l'orrore biologico, il pericolo che deriva dal potere della scienza che sfugge di mano agli esseri umani. È un po' l'archetipo del "mad doctor", vecchio quasi come il genere stesso dal momento che risale a Frankenstein. Se è vero che la parola "biohazard" ha a che fare con il rischio del contagio, quello di Resident Evil è sempre stato l'orrore per il corpo che si deforma, per la non morte, per la paura della fragilità umana di fronte al collasso. Non solo quello biologico, ma anche quello morale.

Resident Evil e i suoi scienziati che perdono il controllo dei loro esperimenti e del loro corpo
Resident Evil e i suoi scienziati che perdono il controllo dei loro esperimenti e del loro corpo

Per Silent Hill è la doppia presenza di un luogo che appartiene tanto alla dimensione del tangibile, della carne, del dolore, quanto a quella mentale, del subconscio, dei segreti inconfessabili e del trauma. Incidentalmente questo posto è sempre coinciso con la stessa cittadina del New England, un'area dove certi fenomeni sono particolarmente forti (un po' come la Twin Peaks di David Lynch, e d'altronde è una fonte d'ispirazione dichiarata): a Silent Hill il confine tra il mondo degli esseri umani e quell'altro mondo è sottile. Ma non è detto che non esistano altri posti simili.

Requiem e f sono veri esponenti delle rispettive serie?

Se è vero che l'identità di una serie - o di una saga - non vive nella ripetizione, quanto piuttosto nella metamorfosi, forse a definirla è proprio quell'elemento tematico che riaffiora. Anche e soprattutto quando le differenze sembrano averlo spazzato via. Quindi, a questo punto, non resta che provare a rispondere alla domanda: Requiem e f sono dei veri Resident Evil e Silent Hill?

Un luogo di mezzo: Ebisugaoka come Silent Hill
Un luogo di mezzo: Ebisugaoka come Silent Hill

Con Silent Hill f abbiamo avuto diversi faccia a faccia nel corso degli ultimi mesi (qui l'ultima anteprima della Gamescom). Possiamo affermare che molti dei nuclei tematici che interessavano i primi capitoli della serie sono rimasti e, in generale, permane l'idea che è alla base del racconto: la coesistenza di due luoghi, uno della carne e uno dell'anima, che ci guidano attraverso il subconscio del protagonista. Nel caso di Silent Hill f, si tratta di Hinako Shimizu, e il suo viaggio, benché geograficamente lontano dalla cittadina del New England, tocca molti dei motivi ricorrenti della serie. L'isolamento, lo scontro intergenerazionale e intragenerazionale, il rapporto con una divinità ostile e con l'esoterismo. C'è una mitologia persistente in Silent Hill che si è stratificata con il passare degli episodi e che si è sempre concentrata su quella porzione di mondo nello specifico, ma non ha mai escluso esplicitamente che possa appartenere anche ad altre città, ad altri spazi.

Di Resident Evil Requiem, invece, sappiamo ancora un po' poco per provare a immaginare come si svilupperanno le cose, e se il nucleo tematico che accomuna tutti i capitoli verrà fuori. Le trasformazioni del corpo sembrano comunque avere un ruolo centrale. Requiem dà l'impressione di voler riscrivere ancora una volta la grammatica dei Resident Evil, questa volta andando in una direzione opposta rispetto a Resident Evil 4 e smorzando la componente d'azione in favore di un'atmosfera opprimente, senza però rinunciare al tema centrale che da sempre ha accompagnato la saga: l'orrore per un corpo che si rivolta contro chi lo abita.

In Requiem saremo inseguiti dall'ennesimo mostro che cercherà di afferrarci
In Requiem saremo inseguiti dall'ennesimo mostro che cercherà di afferrarci

Quello che vorremmo sottolineare, è che queste serie sono entità vive, in continua evoluzione, che fanno proprio del conflitto tra passato e futuro la loro linfa vitale. Quando funzionano, sanno mettersi in discussione. Non è solo la fedeltà formale a rendere un capitolo meritevole di appartenere a una certa narrazione. Non sono definite da una città, o dalla presenza di una recluta al primo giorno di lavoro. Silent Hill f e Resident Evil Requiem non saranno identici ai capitoli che ci ricordiamo, ma potrebbero essere esattamente ciò di cui hanno bisogno le rispettive IP per continuare a vivere, per attrarre un nuovo pubblico, nuovi appassionati, che magari potranno poi riscoprirne le radici. Perché abbiamo visto che una serie che non ha il coraggio di cambiare, alla lunga muore. E l'horror, paradossalmente, ha sempre preferito avere a che fare con ciò che è vivo. O, al massimo, non morto.