Ieri abbiamo riportato l'annuncio di Pride Run, titolo sviluppato in Italia da IV Productions, incentrato sui Gay Pride, le manifestazioni che portano da anni in piazza la cultura omosessuale. Com'era prevedibile, alcuni dei commenti non sono stati proprio gentili. Senza citare nomi, c'è stato chi ha scritto un delicato "è proprio vero che non cè limite al peggio...", chi gli ha risposto con un raffinato e intelligentissimo "giusto gli Italiani potevano fare un gioco sui froci", chi ha deciso di esprimere il suo sdegno (non si capisce per cosa) con un "Facepalm.......", e chi l'ha buttata sul bon ton con un "ma che é sta cafonata!". C'è anche chi ha provato ad articolare meglio le sue argomentazioni, affermando che un gioco del genere è sbagliato perché incentrato su degli stereotipi che danneggiano anche i gay e la loro cultura, come se tutto il resto della produzione videoludica non sfruttasse ampiamente stereotipi di ogni tipo, a partire dal machismo militarista dei vari sparatutto in prima persona, per arrivare al gangsterismo da McDonald di un Grand Theft Auto qualsiasi.
La domanda che vogliamo porvi però è un'altra: ma davvero in un panorama videoludico così variegato un titolo come Pride Run non può avere il suo spazio e ne deve essere messa in discussione l'esistenza stessa? Ossia: perché far nascere dibattiti culturali solo di fronte a videogiochi con tematiche omosessuali, mentre quando si tratta di qualsiasi altra produzione non si sente la necessità di entrare così nello specifico? Davvero qualcuno pensa ancora che il medium videoludico sia o debba essere culturalmente neutro?
Su store come Steam, Google Play, PlayStation Store, Xbox Store, App Store e chi più ne ha più ne metta, escono giornalmente decine di titoli, quando non centinaia (sommandoli tutti), perché certe reazioni le causano solo gli sparuti giochi dichiaratamente ispirati alla cultura omosessuale? Quando escono vi viene impedito di ignorarli? Davvero pensate che trame leggere come quelle di Dream Daddy: A Dad Dating Simulator, di Coming Out on Top o di My Ex-Boyfriend the Space Tyrant, tutti titoli che si sono dovuti sorbire la solita morale rabbiosa da masturbazione andata male ultraconservatrice che gira per internet, siano talmente influenti da rischiare di demolire la tanto sbandierata cultura dell'uomo bianco eterosessuale (portata solitamente con fierezza da gente che al massimo legge i cataloghi di Mondo Convenienza, ma non sottilizziamo)?
Siccome certe questioni vengono sollevate solo di fronte a giochi con determinate tematiche, che trasformano tutti in psicologi, sociologi, antropologi ed esperti di comunicazione, è facile tirare la conclusione che il problema a monte sia una banalissima omofobia, che come il male spesso si esprime al suo meglio soprattutto nel senso comune. Forse chi sente l'impulso di scagliarsi con ferocia contro tutto ciò che è culturalmente associabile al mondo omosessuale, dovrebbe fermarsi un attimo a riflettere su cosa significhi davvero quella rabbia.
Invece di chiudere con la classica tirata morale e un invito collettivo alla riflessione, riportiamo un brano tratto dal libro "La follia degli stolti" di Robert Trivers, che magari potrà tornare più utile.
"Si sostiene da tempo che se si negano i propri impulsi omosessuali si finisce per proiettarli sugli altri. È come se scoprissimo un contenuto omosessuale nel mondo immediatamente circostante e, negando la nostra parte, la cercassimo negli altri. Il fatto che il diniego dell'omosessualità possa portare ad aggredire gli omosessuali non stupisce, perché il contenuto omosessuale di qualcun altro può essere una minaccia diretta alla nostra identità nascosta - non è che magari, a dispetto di noi stessi, abbiamo una reazione positiva a un ragazzo attraente che ha un'acconciatura gonfia e un profumo da donna? Ci conviene attaccarlo prima che qualcuno faccia caso alla nostra eccitazione. È un meccanismo di difesa, chiamato "formazione reattiva". Ciò che attrae il sé ma è inaccettabile viene disprezzato e negato in relazione a se stessi, ma attaccato in modo molto aggressivo se visto negli altri. Pertanto, attaccando gli omosessuali un uomo sostiene la propria immagine di eterosessualità.
Uno studio recente conferma questo tipo di dinamica. Negli Stati Uniti, è stato esaminato un gruppo di uomini classificati come eterosessuali A-1 in base alla scala Kinsey - nessun comportamento omosessuale, nessun pensiero o sentimento omosessuale (quantomeno dichiarati). Innanzitutto, i ricercatori hanno classificato i soggetti come relativamente omofobi o relativamente rilassati e indifferenti nei confronti degli omosessuali.
Ciascun soggetto ha poi assistito alla proiezione di tre film erotici della durata di tre minuti - un rapporto sessuale tra un uomo e una donna, tra due donne e tra due uomini - mentre un pletismografo sistemato alla base del suo pene ne misurava la circonferenza in modo molto preciso. Infine, dopo la proiezione, ogni soggetto è stato invitato a descrivere la propria erezione e l'eccitazione sessuale provata. Il risultato emerso è molto interessante. I soggetti dell'una e dell'altra categoria hanno avuto una reazione simile al film eterosessuale e a quello lesbico (una forte eccitazione in entrambi i casi), più intensa però nel primo caso. Solo il film su due uomini omosessuali ha rivelato una divergenza. Negli uomini non omofobici c'è stato un piccolo aumento delle dimensioni del pene, però non significativo, mentre negli uomini omofobici l'aumento è stato costante per tutta la durata del film e ha raggiunto due terzi del livello associato alla reazione di fronte al film lesbico. I colloqui successivi hanno mostrato che tutti i soggetti avevano un'opinione corretta dei gradi di ingrossamento del proprio pene e della propria eccitazione (che erano altamente correlati) fatta eccezione per gli uomini omofobici di fronte allo scenario di omosessualità maschile. Costore negavano del tutto la tumescenza e l'eccitazione. Non sappiamo se ne fossero consapevoli."