144

Elden Ring, l’open world è rivoluzionario? No, riprende delle forme classiche, dimenticate da molti

Molti considerano l'open world di Elden Ring rivoluzionario, quando in realtà va semplicemente a riprendere delle forme ludiche che abbiamo dimenticato.

NOTIZIA di Simone Tagliaferri   —   07/03/2022

Molti considerano l'open world di Elden Ring come rivoluzionario, ma la realtà è ben diversa. Più semplicemente il titolo di FromSoftware va a riprendere delle forme videoludiche antiche e ormai dimenticate dal mercato di massa, o più semplicemente marginalizzate per un motivo semplicissimo: il videogiocatore medio è un poveretto che se non viene guidato per mano dall'inizio alla fine del gioco lo abbandona alla prima difficoltà (sarà interessante conoscere i numeri di Elden Ring, ossia quanti dei suoi milioni di acquirenti riusciranno a finirlo, quanto andranno oltre un certo punto dell'avventura e quanti si scoraggeranno subito).

Alcuni modi di concepire i mondi aperti sono stati semplicemente derubricati alla voce "cattivo design", lì dove per cattivo si intende non necessariamente sbagliato, ma più lateralmente "non adatto al pubblico ampliato" cui ogni titolo con un certo budget deve mirare. Quello di FromSoftware è un mondo aperto silenzioso, in cui il rumore di mappe, icone e indicatori è stato spento, lasciando al giocatore l'onere dell'esplorazione, che è poi più o meno quello che avveniva nella maggior parte dei giochi di ruolo classici delle origini, in cui il giocatore doveva aiutarsi prendendo appunti e facendo attenzione a ciò che dicevano i PNG, per ottenere informazioni utili a decidere la prossima destinazione.

Il rapporto tra il giocatore e la geografia dei giochi non era solo scenografico, come avviene ad esempio nel classico open world Ubisoft (ma vale lo stesso anche per quelli di Rockstar e per la maggior parte degli altri), ma profondamente ludico / immaginativo, nel senso che il giocatore esplorava effettivamente dei luoghi da cui non sapeva cosa aspettarsi e non li percorreva incoscientemente solo per andare da un punto d'interesse all'altro. Le mappe erano distese selvagge e inizialmente sconosciute da cui ci si poteva aspettare di tutto. Il viaggio era parte dell'esperienza, lì dove nell'open world moderno è solo una specie di misuratore del tempo che intercorre tra un'attività e la successiva.

La differenza tra open world classico e open world moderno sarebbe ampia e interessante da trattare, non solo dal punto di vista meccanico, ma anche da quello filosofico, ma non è questo il contesto giusto per farlo. Qui abbiamo voluto solo sottolineare come la bellezza dell'open world di Elden Ring non sia il frutto di chissà quale miracolosa alchimia, ma solo della ripresa di alcuni concetti classici, calati in un contesto più moderno e adeguati al genere dei soulslike. C'è da dire che molti giocatori hanno digerito questo approccio perché fondamentalmente stiamo parlando di un gioco di FromSoftware e le loro aspettative erano regolate in modo tale da renderli più tolleranti verso certe scelte radicali. È probabile che se altre software house tentassero soluzioni simili non avrebbero la stessa fortuna. Del resto il divertimento nasce anche dall'aspettativa, quindi è naturale che sia così. Ma questa, come si suol dire, è un'altra storia.