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Pelato è bello

Rockstar Games unisce le sue sedi per lavorare su uno dei franchise action più celebri della scorsa decade, con l'obiettivo di renderlo attuale e conferirgli l'inconfondibile stile della casa

Ci sono tanti modi per reagire alla perdita dei propri cari. Nel caso di Max Payne, il brutale omicidio di sua moglie e sua figlia hanno trasformato un poliziotto onesto e ligio alle regole in una sorta di psicotico giustiziere della notte, una forza della natura in cappotto di pelle capace di trovare conforto solo piazzando qualche pallottola in testa a criminali come quelli che gli hanno distrutto la famiglia. Col passare degli anni però, anche il fuoco più ardente finisce per spegnersi, subentra la rassegnazione ed è appunto un Max Payne rassegnato quello di cui facciamo la conoscenza nell'atteso terzo episodio della serie, sviluppato da Rockstar Studios anziché da Remedy. Un passaggio di testimone che implica cambiamenti profondi nella natura del prodotto, trovatosi a doversi conformare allo "stile Rockstar" pur senza perdere la propria natura di shooter in terza persona estremamente spettacolare e con un alto tasso di adrenalina.

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Dicevamo della rassegnazione: Max la conosce bene e ormai la sua vita è una sorta di limbo in cui si perde la cognizione del tempo, con le serate che si susseguono, scandite dall'alcol e dalle pillole. Le cose non cambiano quando Passos, presunto vecchio compagno d'accademia di Payne, lo trova in un bar del New Jersey e lo convince, seppure al termine di alcune fasi piuttosto concitate, che lasciano poco spazio per decidere a mente fredda, a lavorare insieme a lui come guardia del corpo per gente ricca e famosa, in particolare per l'importante famiglia Branco, che cura i propri affari in giro per San Paolo, in Brasile.

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Scenario differente ma situazione di fondo identica, e così Max non fa che svolgere il proprio lavoro completamente sbronzo, per poi finire l'opera una volta tornato nel proprio appartamento, tenendo in mano la foto della sua defunta moglie mentre trangugia whisky fino a perdere i sensi e trovare, alfine, il tanto anelato abbraccio di Morfeo. La decadenza del protagonista sarà via via crescente e ben rappresentata grazie a una narrativa fatta di costanti flashback e flashforward, in cui ci troveremo a rivivere e giocare periodi antecedenti l'incarico in Brasile ma sempre successivi a quanto raccontato nei primi due Max Payne, con soltanto pochi richiami al travagliato passato del protagonista, così da non inibire il coinvolgimento di chi magari non conosce le origini della serie. E in questo continuo gioco di rimandi è la figura del nostro vendicatore a bucare letteralmente lo schermo, grazie a un carisma invidiabile e a una vera e propria progressione estetica, in grado di rappresentare alla perfezione la disperazione di una figura umana estremamente combattuta interiormente perché in grado, all'apparenza, di portare soltanto morte e distruzione.

Armato e ubriaco

Occuparsi della sicurezza per una famiglia facoltosa in uno scenario come quello di San Paolo, dove la linea di demarcazione fra ricchi è poveri è incredibilmente netta, non è un'impresa semplice come Passos voleva farci credere. E ben presto la situazione comincia a precipitare: appare chiaro che qualcuno ha preso di mira i tre fratelli Branco e la moglie di quello maggiore; e non si tratta di banditucoli delle favelas, bensì di gente ben organizzata, armata fino ai denti e con le spalle coperte.

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La perenne ubriachezza di Max finisce per svolgere un preciso ruolo nel quadro della direzione artistica del gioco, assolutamente eccellente, con le immagini che sovente si sdoppiano per qualche istante e ci danno l'idea di come questo personaggio, distrutto dagli eventi personali, dalla guerra con le gang e dall'avanzare dell'età, si trascini nonostante tutto e sia ancora capace di dare del filo da torcere a un piccolo esercito di guerriglieri incappucciati. Il bullet time è sempre lì, vero e proprio marchio di fabbrica della serie, ed è a nostra disposizione con il classico indicatore dell'adrenalina che si riempie col passare dei secondi, rimanendo in copertura se sottoposti al fuoco nemico e uccidendo gli avversari. Si attiva manualmente con la pressione dell'analogico destro nella configurazione di default, oppure in automatico attivando il cosiddetto shootdodge, ovvero facendo tuffare Max in qualche direzione con la pressione del dorsale destro. Si entra nel bullet time anche subendo un colpo mortale ma avendo a disposizione ancora almeno un antidolorifico: in questa situazione avremo pochissimi secondi per colpire chi ci ha ferito a morte e, se dovessimo riuscirci, Max assumerà in automatico un painkiller per ritornare al centro dell'azione come se nulla fosse. Spesso e volentieri, comunque, sono gli eventi stessi a innescare il ralenti, grazie a uno scripting in grado di proporci sequenze fra le più spettacolari che si siano mai viste in un action game, che non finiscono mai per essere banalizzate come accadeva talvolta negli episodi curati da Remedy. Il differente spessore della produzione, ora passata nelle mani di Rockstar, si nota anche in questi frangenti.

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E così Max si lancia da un tetto per colpire al volo un bandito che tiene in ostaggio una persona, oppure sfonda una vetrata per cogliere un manipolo di criminali di sorpresa, o ancora si lancia su di un carrello per centrare una sfilza di avversari appostati nell'edificio di fronte a quello in cui si trova e, come se non bastasse, lo vediamo precipitare da una balaustra in un magazzino, rallentato soltanto da una catena, mentre scarica decine di caricatori sui poveri malcapitati più in basso. Talvolta questi momenti non perdonano, nel senso che non è possibile sbagliare pena il game over. Si tratta certamente di una soluzione che vi porterà a sperimentare nuovi e più articolati modi per citare qualche dinività, ma che a conti fatti si rivela assolutamente in linea con le decisioni prese dagli sviluppatori anche in altri settori. Tra l'altro, molto spesso non c'è neanche il tempo di esplorare liberamente le aree di gioco, ripulite con grande fatica, alla ricerca dei numerosi collezionabili e indizi in grado di dire qualcosa di più sulla storia, visto che sovente ci ritroveremo a inseguire personaggi o a scortare Passos o qualcuno della famiglia Branco, e non proseguire con una certa celerità vorrà dire vedere morto il nostro alleato.

Trofei PlayStation 3

Sono quarantanove i Trofei contenuti in Max Payne 3, e come da tradizione il loro ottenimento implica il completamento di un mix di obiettivi. Alcuni di essi vanno raggiunti per forza di cose e implicano, nella maggior parte dei casi, il completamento dei singoli livelli nonché della campagna in single player nei cinque gradi di sfida disponibili. Altri Trofei si ottengono portando a termine missioni decisamente più complesse, come l'uccisione di un certo numero di nemici con varie armi e modalità, nonché il ritrovamento deglio oggetti oppure, infine, il completamento di stage senza fare mai ricorso ai painkiller.

Un'esperienza hardcore?

Volendo accostare il gunplay dell'originale Max Payne a un'anguilla e quello di Grand Theft Auto IV a un pezzo di legno, possiamo dire che Max Payne 3 mette insieme il meglio delle due esperienze e riesce nell'intento di offrire un gameplay di grandissimo valore, coinvolgente e solido. Il personaggio si controlla molto bene, può utilizzare vari oggetti dello scenario per ripararsi durante gli scontri a fuoco e viene lasciata al giocatore la più completa libertà in termini di regolazione della difficoltà, non solo grazie ai tre differenti gradi di sfida disponibili (con ulteriori due che si sbloccano successivamente) ma anche all'impostazione della mira che può essere automatica, semiautomatica o manuale, e che ovviamente influisce in modo importante su quello che sarà il nostro approccio ai combattimenti. Optare per la mira manuale vuol dire rimanere fedeli all'asperienza della serie, visto che comporta una difficoltà maggiore e la necessità di aggiustare con grande precisione il mirino per poter piazzare qualche headshot durante il bullet time, mentre l'opzione semiautomatica consente di agganciare il bersaglio tramite la sola pressione del grilletto sinistro del controller, per poi aggiustare la mira al volo e beccare l'avversario di turno in mezzo agli occhi. L'importanza di un tiro preciso aumenta man mano che si procede nella storia, con l'ingresso in campo di nuovi nemici dotati di armamenti pesanti e di protezioni che rendono davvero complicato farli fuori con un singolo colpo o una raffica di mitra. Poco più sopra abbiamo citato anche le coperture, che in Max Payne 3 non potevano ovviamente mancare, come in qualsiasi shooter in terza persona che si rispetti. Sono di tipo attivo e permettono ovviamente di sporgersi e prendere la mira con un accenno di relax in più; tuttavia ci sono alcuni elementi nel gioco che di fatto le rendono poco utilizzabili, quasi un contorno all'esperienza action persino ai livelli di difficoltà più elevati.

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In primis c'è un'intelligenza artificiale molto aggressiva, che cercherà sempre di sfruttare il grande numero di nemici contemporanei che ci troveremo ad affrontare in ogni conflitto a fuoco per aggirarci e stanarci; inoltre gran parte dei ripari sono distruttibili quando sottoposti a sollecitazioni ripetute. Ma più di tutto è l'indole di Max a stimolarci ad andare avanti ad armi spianate, quasi in controtendenza rispetto a quanto ci hanno abituato gli shooter di questa generazione. L'ex poliziotto è in fondo un tamarro degno dei migliori Die Hard, che non potrà mai essere buttato a terra con un paio di proiettili e per questo motivo il gioco ci stimola a lanciarci nel centro dell'azione, armati di bullet time e magari con una pistola e una mitraglietta imbracciate insieme, per seminare morte e distruzione nel centro di un ufficio o tra le baracche abbandonate di San Paolo. Ammirare a posteriori la scena di devastazione creata con la nostra furia di piombo produrrà una grandissima soddisfazione.

Duro ma giusto

Un altro importante passo fatto da Rockstar Studios nella direzione del bilanciamento più appropriato riguarda la gestione delle munizioni e dei famosi painkiller che Max deve assumere per ripristinare la propria salute. Entrambi gli elementi sono tutt'altro che frequenti nel gioco, ponendosi in antitesi rispetto a produzioni in cui non si rimane mai senza colpi nel caricatore oppure non si rigioca mai una determinata sequenza per l'incorrere di ripetuti game over. In Max Payne 3 si muore eccome, estremamente più di frequente di quanto vi possiate aspettare: ci sono momenti che dovrete affrontare più e più volte prima di riuscire a superarli con successo, ma al contempo la presenza di checkpoint relativamente numerosi (anche se in qualche situazione abbiamo notato una distanza eccessiva dal punto di salvataggio) riesce a indorare la pillola quel tanto che basta per evitare di bollare il gioco come "frustrante".

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L'organizzazione dell'arsenale è anch'essa molto convincente e plausibile, con il personaggio che tiene una pistola nella fondina e una seconda pistola (o una mitragliatrice di piccolo calibro) nella mano destra, mentre con l'altra mano regge un fucile d'assalto o un fucile a pompa. È possibile impugnare due armi leggere contemporaneamente, ad esempio due pistole oppure una pistola e un uzi, ma tale scelta implica l'abbandono dell'arma pesante. Tutto si verifica sotto i nostri occhi, consentendoci di controllare con uno sguardo l'attuale composizione dell'equipaggiamento, mentre un indicatore posto accanto a quello dell'energia vitale ci informa dei colpi in canna e delle munizioni totali per l'arma che stiamo utilizzando. Sia chiaro, non manca qualche spigolo a ricordarci che anche la produzione videoludica più curata può mostrare il fianco a delle disattenzioni, e in questo caso specifico accade talvolta che al termine di una sequenza, o dopo un caricamento, il gioco ci rimetta in mano la pistola, magari scarica, invece del mitra che impugnavamo fino a un secondo prima (impagabile l'atto di lanciarsi in aria, bullet time attivato, inquadrare perfettamente la fronte del nemico, premere il grilletto e sentire l'inconfondibile rumore dell'arma scarica), cosa che può darci qualche grattacapo se finiamo subito al centro di una nuova sparatoria.

Le cricche

Vero e proprio elemento di interconnessione tra Max Payne 3 e i futuri titoli Rockstar, tra cui Grand Theft Auto V, le "Cricche" altro non sono che la rivisitazione delle gilde di un qualsiasi MMO che si rispetti ad opera dello sviluppatore americano. Creabili e personalizzabili attraverso il Rockstar Social Club, questi particolari gruppi permettono di unire amici e conoscenti stimolando il gioco di squadra verso il fine ultimo di far crescere la propria crew in termini di esperienza e farla salire nelle classifiche mondiali. Il sistema è completamente automatico: finendo in una partita dove c'è già un membro del nostro gruppo verremo automaticamente messi in squadra con lui e inizieremo a guadagnare bonus extra collaborando nelle uccisioni e nel raggiungimento degli obiettivi. Inoltre con il passare del tempo si inizieranno a creare delle vere e proprie faide tra cricche, che stimoleranno i giocatori a uccidere avversari appartenenti al gruppo nemico. Il tutto in una sorta di meta-game che va oltre il singolo videogioco, i server o le modalità.

Non solo single player

Una volta completati i quattordici capitoli che compongono la campagna single player, e che difficilmente vi terranno impegnati per meno di dieci ore, Max Payne 3 rimane in grado di offrire un'altra bella manciata di contenuti. Per cominciare ci sono due modalità arcade che permettono di ripercorrere i livelli e gli eventi narrati nello story mode con due variazioni sul tema: da un lato il classico Sfida a Punti, che consente di guadagnare punti e sbloccare moltiplicatori via via crescenti in base al tipo di colpi inflitti al nemico e l'ammontare di danni incassati;

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dall'altro il titolato Ultimo Respiro, una vera e propria corsa contro il tempo dove ci viene concesso un solo minuto per completare i vari capitoli del gioco ma uccidendo gli avversari possiamo guadagnare preziosi secondi. Ovviamente entrambe queste modalità puntano tutto sulla sfida con i propri amici e con il mondo intero, e infatti a farla da padrone sono le varie classifiche, che possono essere immediatamente consultabili al termine del match, nonché una serie di sovrimpressioni in gioco che ci mostrano a colpo d'occhio come è andato il migliore in classifica. Non manca anche una modalità multiplayer a tutti gli effetti, che arriva prontamente a smentire il luogo comune dell'inutilità di tale feature in un titolo così spiccatamente storico-centrico. Anche se fuori da ogni dubbio il piatto forte di Max Payne 3 è la sua campagna in single player, bisogna riconoscere che Rockstar ha saputo dare moltissima sostanza ai risvolti online dell'offerta videoludica. Il titolo offre infatti quattro diverse modalità per un massimo di sedici giocatori contemporaneamente. Lasciando da parte gli immancabili deathmatch tutti contro tutti o a squadre, troviamo Payne Killers e Gang Wars. La prima ricalca l'apprezzato Dead Man Walking, già visto nel secondo gioco della serie, e vede due giocatori prendere le fattezze di Max e Passos nel difficilissimo ed estremo tentativo di far fuori più giocatori avversari possibili. Essere uno dei due protagonisti porta ovviamente in dote una serie di abilità e potenziamenti aggiuntivi, ma basta che soltanto uno muoia per far passare il testimone ad altri due sfidanti, scelti in base alla quantità di danno portati ai due anti-eroi.

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La modalità è molto interessante perché sotto alcuni aspetti può rappresentare l'incrocio perfetto tra una cooperative e un deathmatch a squadre, con questi 14 giocatori uniti nell'obiettivo comune di far fuori i due protagonisti, a loro volta tenuti assieme da un legame di vita e di morte che di fatto li obbliga a coordinarsi al massimo delle loro possibilità. È però Gang Wars la vera punta di diamante dell'intero pacchetto, perché in grado di collegarsi direttamente alla campagna single player per offrire una serie di partite a obiettivi variabili che vanno a intersecarsi con la trama del gioco con tanto di sequenze narrative, parlato di Max sullo sfondo e, naturalmente, porzioni dei livelli già visti nel singolo. La stessa modalità di gioco dello scontro si modifica in modo dinamico in base ai risultati del match precedente e costituisce un elemento di sorpresa in grado di far schizzare verso l'alto la longevità. Ovviamente in un multiplayer di questo spessore non poteva mancare la classica personalizzazione del proprio avatar, che tra elementi grafici, soprannomi, armi e abilità di varia natura è in grado di offrire tantissimi sbloccabili che si poggiano su un sistema a livelli di esperienza. È tra l'altro possibile configurare il loadout del proprio personaggio scegliendo le tre armi da portarsi dietro e un cosiddetto burst, un'abilità speciale che determina in modo netto lo stile di gioco. Qui in mezzo troviamo il bullet time, tra le altre cose, ma anche alcune skill più sociali, in grado di potenziare l'intero team di squadra.

Tutta la bellezza di un uomo distrutto

Max Payne 3 stupisce non solo dal punto di vista artistico, con alcune scelte visive di grande impatto e in grado di ricreare alla perfezione il caos mentale di un anti-eroe ubriaco e costantemente ferito nel corpo e nella psiche, ma anche e soprattutto in termini tecnici. Il Rage engine che potenzia il gioco ha subito enormi passi in avanti anche rispetto a quanto visto in Red Dead Redemption, complice ovviamente un'area di gioco molto più ristretta e irrigidita in termini di libertà di azione.

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Ecco quindi che nel corso della campagna vedremo una enorme varietà di ambienti, tutti ricreati con cura maniacale sia negli esterni che nelle elaborate architetture interne, che immancabilmente possono essere fatte a pezzi a colpi di armi da fuoco grazie a una grande abbondanza di elementi e suppellettili distruttibili. È ottimo quindi il particellare che gestisce il tutto, ma soprattutto è incredibile la fisica, in grado di gestire i proiettili che a lungo Rockstar ci ha decantato in molti dei filmati promozionali del gioco. Tale feature riesce a fare effettivamente la differenza quando ci muoviamo in bullet time attraverso decine di scie e bossoli, che vediamo sfrecciare in ogni direzione. Assistere aqueste scene al rallentatore, con nemici colpiti sulle gambe, nelle parti intime, in testa, il tutto in modo assolutamente credibile, riesce allo stesso tempo a esaltare e a stupire il giocatore. Ovviamente sono eccezionali anche le animazioni dei corpi e dei visi, nonché gran parte dei modelli, benché immancabilmente i nemici siano un po' ripetitivi nell'aspetto. È tuttavia soprattutto la fluidità della narrativa a coinvolgere, con uno stile che per molti aspetti ricorda da vicino quanto fatto da Naughty Dog per la serie Uncharted: anche la storia di Max Payne 3 viene raccontata con un susseguirsi di gameplay e cutscene senza alcuna soluzione di continuità, in un passaggio costante tra sequenze narrate ed esplorazione o sparatorie furiose, dove non risulta mai delimitato in modo netto quando si sta giocando e quando invece si sta seguendo un filmato pre-renderizzato.

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È questo il punto di svolta cinematografico che stavamo cercando da tempo in un action game, e Rockstar sembra averlo finalmente trovato. Non mancano alcuni difetti estetici, con talvolta un po' troppo aliasing su schermo e, soprattutto, un frame rate su PlayStation 3 spesso ballerino nelle situazioni più concitate, con degli evidenti cali soprattutto al passaggio tra cutscene e azione comandata in prima persona. Soltanto belle parole infine per la splendida colonna sonora, che se da un lato ricalca il famoso tema della serie, dall'altro riesce a innovare con musiche di sottofondo di qualità elevatissima e dal grande dinamismo, in grado di evidenziare ancora di più i momenti più concitati dell'azione, sottolineando allo stesso tempo le fasi più intimiste della storia. Lo stesso vale per il doppiaggio di Max Payne 3, con l'attore che presta volto e voce, James McCaffrey, perfettamente in linea con il suo avatar. Peccato soltanto che, come da tradizione Rockstar, l'inglese sia l'unica lingua parlata e noi italiani ci si debba accontentare dei sottotitoli che, tra l'altro, sono scritti in un font veramente microscopico, senza alcuna possibilità di personalizzazione in termini di grandezza o colore.

La versione Xbox 360

Abbiamo avuto modo di provare anche la versione Xbox 360 del gioco, che presenta alcune differenze rispetto alla controparte su console Sony. La prima, ormai ben nota, riguarda la distribuzione del gioco su due dischi, per ovvi motivi di spazio. Arrivati a due terzi della campagna in single player si viene dunque invitati a inserire il secondo DVD, il che non risulta assolutamente invasiva come soluzione. Peccato che però si debba giostrare fra primo e secondo disco anche per cimentarsi con la modalità arcade, visto che determinati livelli risiedono appunto sull'uno o sull'altro supporto. A bilanciare questa mancanza abbiamo però notato una tendenza decisamente inferiore del motore grafico a mostrare il fianco a cali nel frame rate, ovvero su Xbox 360 i rallentamenti sono meno numerosi e meno vistosi che su PlayStation 3, e ne risulta un'esperienza più fluida.

Conclusioni

Versioni testate: PlayStation 3 e Xbox 360
Multiplayer.it
9.4
Lettori (581)
9.1
Il tuo voto

Max Payne 3 rappresenta un coinvolgente passo in avanti nel genere degli action in terza persona, in particolare per quanto riguarda la commistione tra gameplay e sequenze non interattive. È infatti la narrativa di una storia così curata nei particolari a dare quel valore aggiunto a un gameplay adrenalinico, ricco di spessore e fisicità, dove il giocatore riesce veramente a esaltarsi dopo una lunga sequenze in bullet time tra soldati colpiti a morte, vetri in frantumi e una colonna sonora che scandisce il ritmo dell'azione. A chiudere il cerchio dell'offerta contenutistica ci sono poi un paio di modalità extra per il singolo e soprattutto un comparto multiplayer profondo e ricco di sfaccettature che, pur non puntando al vertice del genere, riesce a offrire un piacevole valore aggiunto. In poche parole, un ottimo ritorno per un Max Payne più in forma che mai.

PRO

  • Eccellente lo stile narrativo, senza soluzione di continuità fra cutscene e gameplay vero e proprio
  • Tecnicamente ottimo, grazie alla fisica dei personaggi e dei proiettili
  • Sa essere difficile e offrire un grado di sfida molto intenso

CONTRO

  • Alcuni automatismi non funzionano correttamente, come l'arma scarica che viene selezionata di default
  • Manca la possibilità di ingrandire i sottotitoli, spesso quasi illeggibili
  • Il frame rate è talvolta ballerino su PS3