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Isaac, John e l'origine degli incubi

Siamo giunti, infine, alla prova della versione definitiva e completa di Dead Space 3, un nuovo incubo spaziale targato Visceral Games. Le novità apportate hanno migliorato il gioco o l'hanno snaturato? Scopriamolo nella recensione.

RECENSIONE di Giorgio Melani   —   04/02/2013

L'appassionato di Dead Space avrà probabilmente seguito l'evolversi della serie con una certa preoccupazione, in particolare per quanto riguarda questo terzo capitolo. Per un titolo che basa buona parte della sua instabile formula alchemica sulle atmosfere non è facile riuscire a riconfermarsi, in più la sua granitica struttura da survival horror classico tende a stridere fortemente con le esigenze attuali del mercato, sempre più appiattite su una standardizzazione dello sparatutto in terza persona.

Isaac, John e l'origine degli incubi

Anche durante l'avvicinamento al secondo capitolo le parole delle alte sfere di Electronic Arts, che spingevano per fare della serie Visceral un blockbuster da milioni di copie, avevano messo in allarme la schiera di appassionati, che temevano di smarrire l'elitario livello di difficoltà e di tensione che caratterizzava il primo capitolo, ma il massimo della diffidenza si è raggiunto probabilmente con la presentazione di Dead Space 3, che con la sua ambientazione aperta e innevata e la presenza del multiplayer cooperativo a due personaggi pareva condannare definitivamente all'oblio l'esperienza straordinaria dei primi due capitoli e da questo punto di vista, anche la demo rilasciata qualche giorno fa ha portato più dubbi che rassicurazioni. Colpo di grazia per le aspettative dei fan, infine, è stata la conferma delle micro-transazioni e il rilascio di ben 11 DLC al lancio.

Isaac, John e l'origine degli incubi

Solo che poi, alla prova dei fatti, l'impianto accusatorio messo su in onore della fedeltà allo spirito originale di Dead Space e, perché no, ad un modo di concepire il videogioco più in linea con i dettami dell'hardcore gaming, in buona parte si sgretola. Come accaduto già nel secondo capitolo, le cui variazioni sul tema iniziale restano comunque probabilmente più sensibili e azzeccate rispetto a quelle presenti in questa terza parte, i Visceral sono riusciti ad introdurre anche in questo caso una serie di novità perfettamente integrate nel tessuto del gioco, lasciando intatta la forte identità specifica di Dead Space ma variandone l'esperienza quel tanto che basta per superare la soglia del mero more of the same contenutistico, modificando parzialmente la struttura ludica senza snaturarla. La stessa ambientazione nuova e aperta, che nei materiali di presentazione sembrava dominare per quasi tutto il gioco, in verità occupa circa metà della storia, dopo una prima parte perfettamente in linea con le atmosfere da horror spaziale caratteristiche dei primi capitoli e riesce a creare un punto di rottura e una variazione scenografica che mantiene alto l'interesse anche nelle fasi più avanzate, quando la quantità di ore accumulate potrebbe aprire la strada alla monotonia.

Un conto in sospeso, per due

Isaac Clarke non è propriamente un tipo fortunato, ed era chiaro che la sua lotta contro Unitology e i marker non si sarebbe fermata alla fine del secondo capitolo. E così, suo malgrado, l'ingegnere dello spazio si ritrova ancora una volta coinvolto in un nuovo viaggio infernale, nel tentativo di distruggere i marker una volta per tutte e porre fine all'orrore dei necromorfi. Un "brusco risveglio" ci restituisce un Isaac ancora solo, combattuto e sostanzialmente costretto a prendere parte alla disperata missione di rivolta contro i marker ed il culto ad essi collegato, in un lungo viaggio che ci porta fino alle lande ghiacciate di Tau Volantis. L'evoluzione del protagonista compie un ulteriore passo: dal freddo e silenzioso automa da battaglia del primo capitolo al mentalmente fragile ma volitivo personaggio del secondo, Isaac in Dead Space 3 è un combattente navigato e l'unica speranza di un'umanità ormai in ginocchio.

Isaac, John e l'origine degli incubi

Non è un cambiamento privo di logica, d'altra parte. Dopo due lunghi viaggi all'inferno, il timido e impacciato ingegnere è diventato un'autorità nella lotta ai necromorfi e le informazioni immagazzinate nella sua memoria rappresentano la chiave per la distruzione dei marker. Si è compiuta, insomma, la trasformazione del personaggio in un eroe, che per certi versi sembra anche troppo senza macchia e senza paura. In questo caso, le psicosi e gli squilibri mentali ricadono soprattutto su John Carver, lo scorbutico compagno d'avventura di Isaac che ha evidentemente un conto in sospeso con i marker e che nonostante la formazione militare sembra in certi casi cedere il passo alla follia durante i suoi momenti allucinatori. La presenza di un secondo personaggio principale e di una squadra di supporto rafforza il sostrato narrativo del gioco con una maggiore quantità di dialoghi e scene d'intermezzo, ma il senso di solitudine e l'atmosfera generale, nel caso in cui si giochi in singolo, sono rimaste sostanzialmente invariate dai capitoli precedenti. La scelta di Visceral sull'introduzione del multiplayer cooperativo dimostra una notevole coerenza con lo spirito della serie: invece di piazzare due personaggi su schermo costantemente, anche nel caso in cui si giochi in singolo (come succede per esempio negli ultimi capitoli di Resident Evil), cosa che avrebbe fortemente inficiato l'atmosfera horror, Carver entra in azione soltanto selezionando il multiplayer, altrimenti resta semplicemente sullo sfondo, come altro personaggio secondario nella storia di Isaac.

Isaac, John e l'origine degli incubi

Qual è dunque il temuto impatto dell'introduzione della modalità cooperativa? Alla prova dei fatti, non risulta per niente invasiva: i Visceral hanno avuto un approccio estremamente attento alla tradizione, inserendo un'apertura notevole ai giocatori interessati al multiplayer (utile, peraltro, per facilitare l'inserimento nelle meccaniche dei neofiti e per stemperare il clima horror che potrebbe risultare eccessivo per alcuni) ma tenendola ben separata dal nucleo originale del gameplay, che nel single player rimane praticamente invariato. Ci troviamo sostanzialmente di fronte a due giochi diversi, a seconda che si decida per il singolo singolo o per il multiplayer. Nel primo caso il gioco si presenta fortemente ancorato allo spirito dell'originale, nel secondo invece si assiste ad una classica azione cooperativa, modificando in maniera sensibile l'esperienza tra combattimenti ed enigmi, pur rimanendo all'interno dello stesso level design. La diversa regia che caratterizza entrambe le versioni spinge inoltre a giocare i livelli sia in singolo che in multiplayer, poiché varie scene si presentano diverse in una o nell'altra modalità di gioco, così come alcune missioni facoltative risultano esclusivamente legate al multiplayer cooperativo, tutto materiale che va a vantaggio della longevità e rigiocabilità del titolo che si caratterizza peraltro per una buona durata di base (da chi scrive è stato completato in circa 17 ore, con una certa calma e facendo quasi tutte le missioni facoltative). Da notare anche la possibilità di sbloccare altre 4 modalità di gioco alla conclusione, che propongono livelli di difficoltà superiori e alcune variazioni sul tema, basate sulla diversa distribuzione e quantità di risorse e nemici rispetto alla modalità standard.

Vecchi e nuovi incubi

Il sistema di combattimento e parte degli enigmi derivano direttamente da idee presenti già nei primi due capitoli, con alcune introduzioni più o meno ingombranti. Permane la necessità di colpire i nemici con un certo criterio, in particolare puntando ad elementi sensibili come gli arti o le zone "gialle", vera e propria cifra stilistica della serie e valida base per arricchire una meccanica shooter che, non potendo contare su un grande dinamismo vista la relativa lentezza del protagonista, punta soprattutto sulla mira, i nervi saldi e la capacità di gestire l'arsenale. Ad arricchire il sistema con integrazioni strategiche vi sono le solite abilità speciali date dalle tute da combattimento, ovvero Stasis (possibilità di rallentare o bloccare elementi in movimento) e Kinesis (controllo di oggetti a distanza).

Isaac, John e l'origine degli incubi

Tutte cose che i veterani della serie conoscono a menadito, ma in Dead Space 3 troviamo anche delle novità, più o meno riuscite. A fronte di una sostanziale costanza nella struttura del combattimento contro i necromorfi, le cui nuove tipologie si sovrappongono con quelle solite degli altri capitoli, tranne alcune varianti che compaiono verso la parte finale del gioco, una novità assoluta è rappresentata dallo scontro con soldati umani. Si tratta di un'introduzione in verità piuttosto debole, unita alla possibilità di utilizzare coperture contestuali attraverso la nuova capacità di abbassarsi, un avvicinamento appena accennato al trend imperante degli sparatutto in terza persona ma decisamente poco e male sviluppato. Presi come semplici varianti del normale iter di gioco, questi scontri a fuoco possono offrire diversioni e anche momenti di respiro rispetto al confronto continuo e stressante con incubi ed aberrazioni varie, ma è chiaro che la meccanica shooter di Dead Space non si associa bene, così com'è, allo scontro a fuoco tra combattenti umani. Le cose cambiano quando irrompono i necromorfi e si creano tre fazioni in lotta contemporaneamente, con tanto di fusioni tra una e l'altra, caso in cui la sfida torna sui soliti, ottimi livelli, ma l'introduzione dei soldati umani appare accessoria e alquanto rivedibile.

L'affaire micro-transazioni e DLC

Oltre alla diffidenza per la modalità cooperativa, EA si è facilmente inimicata un'ampia schiera di pubblico con alcune scelte di marketing che non sono suonate per nulla bene ai videogiocatori di stampo classico: la presenza di numerosi DLC e le conseguenti micro-transazioni, che sono poi due facce di uno stesso fenomeno. Pur riconoscendo la liceità d'inalberarsi nei confronti di questi modi di intendere il videogioco tradizionale, bisogna dire che la presenza delle micro-transazioni nel gioco non è per nulla invasiva. Queste consentono (almeno quelle presenti finora) di ottenere materiali o armi già costruite in cambio di un esborso di moneta reale, cosa che bypassa tutto il lavoro di eliminazione di nemici e raccolta di materiali necessario per raggiungere i medesimi risultati. Ovviamente è una scelta che toglie il gusto di progredire con le proprie forze e scoprire le possibili combinazioni offerte dal crafting, in un'ottica "casual" che in questo caso pare più autolesionista che altro. Vengono dunque proposte scorciatoie per contenuti comunque raggiungibili anche senza spendere ulteriori soldi e non essendoci un multiplayer competitivo non c'è nemmeno il rischio di uno sbilanciamento del gioco verso il famigerato "pay-to-win", dunque possiamo interrogarci sul senso di un'introduzione del genere, ma senza considerarla necessariamente un punto negativo nell'esperienza del gioco, poiché, volendo, è totalmente trascurabile.

Ingegnere all'opera

Decisamente più convincente appare invece l'altra novità che caratterizza il gameplay di questo terzo capitolo, ovvero la raccolta dei materiali da costruzione, il crafting di oggetti e armi e la presenza di munizioni universali, tre aspetti di una stessa, nuova concezione della gestione delle armi. Anche questa novità non è stata accolta nel migliore dei modi e la prova della demo non aveva convinto in pieno su questo fronte, ma all'interno dell'intero corso del gioco si riesce ad apprezzarne la meccanica che effettivamente fornisce un arricchimento alla struttura generale.

Isaac, John e l'origine degli incubi

La raccolta di materiali consente la creazione di nuove armi e il loro upgrade attraverso l'applicazione di nuovi componenti, abbandonando il classico sistema dei nodi e aprendo la strada a numerose possibilità di customizzazione dell'arsenale, cosa che ha reso tecnicamente obbligata la scelta delle munizioni universali, per la difficoltà di associare le giuste scorte alle nuove armi create e per consentire un cambio più frequente tra le diverse soluzioni. Particolare anche l'upgrade, che senza la gestione dei nodi si affida all'applicazione di vari circuiti all'interno di slot (di numero fisso a seconda della tipologia di arma), in grado di modificare le statistiche nei campi potenza, rateo di fuoco, velocità di ricarica e capacità del caricatore, combinabili tra loro. La presenza di un numero limitato di slot altera le possibilità di evoluzione delle armi, cercando in questo modo di evitare sbilanciamenti eccessivi. Questa nuova concezione si basa sulla volontà, da parte degli sviluppatori, di fornire più soluzioni di fuoco personalizzate, visto che in base alle rilevazioni effettuate era emerso che gli utenti tendevano ad utilizzare per la maggior parte del tempo solo due o tre delle armi precostituite, nei precedenti capitoli.

Isaac, John e l'origine degli incubi

L'idea è lodevole e la realizzazione ben bilanciata, considerando anche la relativa difficoltà nel raccogliere enormi quantità di materiali e il crafting aggiunge effettivamente qualcosa di nuovo e interessante al gameplay, anche se bisogna dire che non determina necessariamente una maggiore rotazione tra le armi, visto che è probabile che gli appassionati continuino ad utilizzare le armi preferite degli altri capitoli, magari con alcune variazioni applicate. Risulta comunque divertente anche il solo sperimentare le associazioni tra le diverse componenti e l'applicazione dei vari modificatori in grado di variare effetti e potenza delle armi. Allo stesso modo, i materiali raccolti per i livelli possono essere utilizzati anche per potenziare la tuta e per creare oggetti di supporto come kit medici e munizioni, cosa che tende a creare una certa abbondanza di questi ultimi, al contrario di quanto accadeva nei capitoli precedenti. È difficile rimanere completamente a secco di proiettili e ricariche di energia, ma la cosa è anche controbilanciata da una maggiore quantità di nemici e da scontri più lunghi e serrati, dunque la tensione resta comunque alta.

Obiettivi Xbox 360

Il bottino proposto dal gioco ai cacciatori di achievement è composto dai soliti 50 obiettivi per 1000 punti. Gli obiettivi legati alla progressione nella storia si sbloccano in concomitanza con eventi particolari, più che in corrispondenza dei livelli, mentre molti altri sono collegati all'esplorazione, alla scoperta di segreti e al raggiungimento di determinate performance in combattimento o nella raccolta di oggetti. In linea di massima, la conquista di un alto punteggio è una sfida piuttosto impegnativa.

La giostra degli orrori

Dead Space 3 riprende l'ottimo ritmo di gioco raggiunto nel secondo capitolo, in evoluzione rispetto al capostipite, presentando una notevole progressione degli eventi e varietà di situazioni. Il viaggio di Isaac e compagni fino a Tau Volantis si caratterizza per cambi di ambientazione più marcati di quelli visti in passato, punteggiato da momenti estremamente spettacolari e culminante nell'inedita ambientazione ghiacciata del pianeta alieno, senza registrare cali di tensione evidenti. All'interno di tutto questo troviamo esplorazioni di relitti spaziali, voli liberi nello spazio a gravità zero, scontri con vari boss proposti anche a più riprese, scalate su pareti ghiacciate e diverse altre situazioni che aprono maggiormente le prospettive del gameplay e dicono definitivamente addio a quel back-tracking che tanto aveva afflitto il primo capitolo e che ha iniziato a sparire già dal secondo. C'è da dire che lo stacco, in questi termini, è meno evidente dal capitolo precedente rispetto a quello che caratterizzava il passaggio dal primo Dead Space al secondo, visto l'ottimo livello del level design che caratterizzava già quest'ultimo, a cui Dead Space 3 deve probabilmente tutti i suoi aspetti positivi, ma è un bene registrare il prosieguo sulla buona strada. Dal punto di vista grafico, tale varietà di ambientazioni si riflette nella capacità del gioco di mantenere sempre alto l'interesse anche per la semplice esplorazione delle location, con il maggiore elemento di rottura rappresentato ovviamente dalla famosa ambientazione aperta di Tau Volantis.

Isaac, John e l'origine degli incubi

Qualitativamente non si rilevano stacchi enormi rispetto al livello raggiunto con Dead Space 2, tranne qualche variazione applicata all'illuminazione e una maggiore cura nella realizzazione dei modelli poligonali dei personaggi. L'art direction si ripete qui riproponendo l'ottimo stile squadrato e spigoloso adottato per le componenti meccaniche e tecnologiche che caratterizza tutta la serie. È tuttavia negli scorci del nuovo pianeta alieno che i grafici si sono maggiormente sbizzarriti, proponendo tempeste di neve, crepacci, montagne, caverne innevate e basi incastonate tra le rocce che nascondono, ovviamente, i consueti corridoi e laboratori scientifici. C'è, insomma, poco da rimproverare a Visceral, che con l'aggiunta della nuova ambientazione innevata controbilancia una possibile monotonia degli elementi scenografici, pur rischiando di mettere in discussione la rigorosa atmosfera horror claustrofobica che contraddistingue la serie. Restano alcuni limiti intrinseci dell'impianto grafico come una certa semplicità nella realizzazione dei volti e delle espressioni facciali dei personaggi e la ripetizione degli elementi dello scenario, in particolare nelle fasi all'interno delle navi spaziali, ma sono difetti di importanza secondaria. L'audio si attesa sugli ottimi livelli dei capitoli precedenti, con una colonna sonora originale d'atmosfera e dei dialoghi di pregevole fattura (la versione provata è interamente in inglese, sia per quanto riguarda il doppiaggio che i testi ma quella disponibile sul mercato italiano sarà completamente localizzata nella nostra lingua).

Conclusioni

Versione testata: Xbox 360
Multiplayer.it
9.0
Lettori (374)
8.3
Il tuo voto

Spinti più o meno controvoglia verso un adeguamento agli standard imposti dagli sparatutto in terza persona contemporanei, i Visceral sono riusciti comunque a mantenere intatta l'identità da survival horror di Dead Space anche in questo terzo capitolo. Le buone fondamenta gettate dal primo capitolo e rafforzate in maniera sostanziale dal secondo hanno consentito di aggiungere qualche tocco ad una struttura già solida, azzeccando qualcosa (il crafting e la varietà di situazioni) e qualcos'altro meno (gli scontri con i soldati umani), confermando comunque il posto della serie tra i vertici degli action game attuali. Il chiacchierato multiplayer cooperativo può essere considerato dagli appassionati come un plus in grado di donare ulteriore longevità e soluzioni di gioco, mentre per tutti gli altri può essere un approccio più accessibile all'opprimente mondo di Dead Space, il cui cuore pulsante - ed è questo che conta - resta sempre quello del survival horror di stampo classico.

PRO

  • Permane l'ottima struttura da survival horror
  • Il multiplayer è un plus non invasivo e allunga l'esperienza
  • Ritmo di gioco, varietà di situazioni e ambientazioni
  • Il crafting aggiunge qualcosa di interessante

CONTRO

  • Più raro rimanere a secco di munizioni e kit medici
  • Nemici umani poco convincenti
  • Evidente un certo riciclo di idee e soluzioni di gioco
  • Enigmi non sempre stimolanti