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Un mix letale

La resa dei conti con il discusso nuovo gioco di Itagaki

RECENSIONE di Fabio Palmisano   —   26/08/2015

Dopo aver passato un lungo tempo nel dimenticatoio, complice soprattutto la carenza di informazioni che lo riguardassero e la sua assenza da tutte le principali fiere del settore, il nome di Devil's Third è tornato in auge negli ultimi mesi, quando finalmente il gioco ha cominciato a mostrarsi nella sua versione finale in qualità di esclusiva Wii U. Non si può certo dire che l'accoglienza riservata al debutto di Valhalla Game Studios sia stata delle migliori, con i primi hands-on (compreso il nostro) che mettevano in evidenza seri dubbi su quello che sarebbe potuto essere il valore del prodotto. Ciò nonostante, in molti continuavano ad avere fiducia nel progetto, certi che dal creatore di Ninja Gaiden dovesse per forza di cose uscire qualcosa di buono: il nostro compito, in questa recensione, è cercare di spiegare come purtroppo non sia andata così...

Poche idee ma ben confuse

Se è vero quanto sempre sostenuto da Itagaki, ovvero che ci sono voluti due anni solo per elaborare il concept alla base di Devil's Third, allora ci sentiremmo davvero di consigliare al designer giapponese un migliore utilizzo del proprio tempo. È infatti da qui che partono i primi gravi problemi del titolo, a cominciare da un setting che pasticcia in maniera quasi infantile con gli elementi che lo compongono, pur potendo contare su delle intuizioni di fondo tutt'altro che disprezzabili.

Un mix letale
Un mix letale

La storia alla base del gioco narra infatti di un gruppo terroristico filo-sovietico che decide di mettere in atto la cosiddetta sindrome di Kessler, distruggendo con una reazione a catena tutti i satelliti che orbitano attorno alla Terra, mettendo così fuori gioco il network di comunicazione e i sistemi di armamento delle principali potenze occidentali. Non sapendo che altro fare, il governo degli Stati Uniti decide di appellarsi a Ivan, un ex membro dell'organizzazione criminale autrice del piano, condannato a scontare una pena di 850 anni di reclusione nel carcere di massima sicurezza di Guantanamo: nei (pochi) panni di questo eroe tutto muscoli e tatuaggi, il giocatore dovrà dunque affrontare i suoi vecchi compagni nel tentativo di salvare la civiltà dai loro folli propositi di un nuovo ordine mondiale. Lo svolgimento della trama è narrato con una superficialità e una mancanza di cura che lascia letteralmente stupefatti: personaggi infarciti di cliché entrano ed escono di scena senza un minimo di introduzione o approfondimento e gli eventi non sono nient'altro che un dozzinale copia-incolla di situazioni da film di serie B (ci sono le arti marziali, gli esperimenti genetici, gli intrighi politici, le operazioni militari, tutto frullato in un mix di cui si fatica letteralmente a trovare il senso), in un quadro reso ancora più triste da quanto il gioco si prenda tremendamente sul serio, convinto di raccontare una storia davvero degna di questo nome. Si dirà che la componente narrativa ha un'importanza relativa in un action game: vero, peccato però che sotto il profilo del gameplay Devil's Third riesca addirittura a peggiorare la situazione, arrivando a toccare livelli di bassezza videoludica che raramente ci è capitato di riscontrare in un prodotto destinato agli scaffali dei negozi. L'intenzione di Valhalla Game Studios di combinare le meccaniche di uno sparatutto in prima persona e di uno slasher in terza persona ha portato alla sconfortante realtà di un titolo che interpreta malissimo entrambi i ruoli, mettendo in evidenza macroscopiche lacune di design e imbarazzanti magagne tecniche.

Costantemente afflitto da enormi lacune tecniche e di design, Devil's Third è un pessimo action game

C’era una volta Ninja Gaiden

Devil's Third non è certamente il primo gioco a offrire un sistema di combattimento che fonde l'utilizzo delle armi da fuoco con quello degli strumenti corpo a corpo: ciò nonostante, Itagaki e compagni hanno realizzato un prodotto che sembra provenire da un'era geologica passata, da quanto sono primitivi gli elementi che ne compongono il gameplay.

Un mix letale

Ai comandi di Ivan, il giocatore è chiamato ad affrontare nove livelli estremamente lineari, caratterizzati da un design che raramente va oltre alla reiterazione dell'antidiluviano schema composto da grandi aree piene di nemici collegate da corridoi vuoti. Imbracciando una delle due armi da fuoco che il protagonista può portare con sé, il gioco si dimostra uno sparatutto in cui praticamente nulla funziona come dovrebbe, a cominciare dal puntamento: si può sparare direttamente dalla visuale di default in terza persona dovendo però fare i conti con una scarsissima precisione, oppure si può premere il grilletto destro per passare al punto di vista di Ivan usando il mirino del fucile, soluzione che riduce drammaticamente la mobilità e si rivela totalmente incapace di fornire un feeling anche  lontanamente paragonabile a quello di uno sparatutto degno di questo nome. E si tratta solo della punta di un iceberg di problemi strutturali relativi agli scontri a fuoco che oscillano tra il molto grave e il disastroso: il sistema di copertura automatico è del tutto inaffidabile e capita spesso di venire colpiti anche quando ci si trova dietro un muro di cemento armato; l'efficacia delle varie armi è totalmente sbilanciata in favore dei fucili d'assalto, rendendo fondamentalmente inutile il 90% degli altri strumenti recuperabili sul campo; dulcis in fundo, i nemici sono dotati di un'intelligenza artificiale ridicola che gli preclude i pattern comportamentali più elementari quali mettersi al riparo in maniera sensata o scansarsi se si ritrovano una granata in mezzo ai piedi. Se sparare in Devil's Third non regala soddisfazioni (tanto per usare un eufemismo), passare alle armi bianche si dimostra un'esperienza addirittura sconfortante, sopratutto se si pensa che dalle mani di Itagaki è uscito un certo Ninja Gaiden. Ivan può usare la sua katana d'ordinanza o raccogliere una varietà di oggetti (dai tubi di piombo alle asce da pompiere fino ai tomahawk) per attaccare i nemici usando due tasti del GamePad deputati rispettivamente ai colpi veloci e a quelli potenti: non vi è alcuna parvenza di tecnica nei combattimenti corpo a corpo, che si rivelano legnosi e penalizzati non solo dalla già citata incapacità dei nemici, ma anche da un set di mosse incredibilmente limitato che li rende monotoni già dalle primissime battute di gioco. Ad affossare ulteriormente la situazione interviene poi un corposo bagaglio di deficienze tecniche, che vanno dalla pessima implementazione del sistema di parata e schivata, alla totale assenza di un meccanismo di lock-on fino alla completa anarchia della telecamera, che soprattutto negli scontri con più di un avversario tende ad assumere sempre il peggior posizionamento possibile. Con questi presupposti, sembra quasi superfluo affermare come la campagna in single player di Devil's Third sia un susseguirsi di brutture senza appello, un'avventura tanto noiosa quanto frustrante per la sua incapacità di offrire il minimo spiraglio di qualità o spettacolarità, nemmeno nelle sequenze a bordo di veicoli o postazioni fisse (alcune talmente insulse da far quasi rimpiangere la normale azione di gioco), per non parlare delle battaglie coi boss, capaci di suscitare un'involontaria ilarità per quanto sono concepite male.

Mai una gioia

Le pur flebili speranze che Devil's Third potesse riscattarsi grazie alla sua modalità online vengono spazzate via dall'ennesimo carico di assurde scelte di design e realizzazione tecnica antiquata, due vere e proprie costanti dell'ultimo lavoro di Itagaki. Va dato il merito a Valhalla Game Studios di aver profuso dell'evidente impegno nell'elaborazione di una componente multiplayer per certi versi originale e dotata di alcuni spunti innovativi, carica insomma di buone intenzioni che purtroppo lasciano il tempo che trovano.

Un mix letale
Un mix letale

Collegandosi a internet, è possibile creare un proprio alter ego digitale, acquistare armi ed equipaggiamento e partecipare a partite libere selezionando tra dieci diverse modalità (descritte nel dettaglio nel nostro ultimo provato) oppure lanciarsi nella cosiddetta sezione Siege, ovvero uno scenario di guerra persistente nel quale ogni giocatore può decidere di unirsi a un clan o combattere come mercenario difendendo la fortezza del proprio team e attaccando quelle altrui. Sulla carta, si tratta di una prospettiva piuttosto allettante e condita di sfumature potenzialmente molto intriganti: è possibile intrecciare varie relazioni diplomatiche con gli altri clan (stringendo alleanze o patti di non belligeranza), espandere e potenziare la roccaforte tramite un apposito editor e persino elaborare e costruire le armi speciali da richiamare durante le battaglie. Peccato che gli sviluppatori abbiano fatto veramente del loro meglio per rendere il tutto il più intricato e macchinoso possibile, con una sovrabbondanza di menu ridondanti e poco chiari che da soli basterebbero a far passare la voglia di approfondire i contenuti della modalità. La spallata definitiva che spinge anche questo elemento di Devil's Third verso il baratro arriva però - come è facile intuire - da un gameplay che si porta dietro tutti i macroscopici difetti che abbiamo elencato relativamente al single player, e che anzi si dimostrano amplificati quando si affrontano altri avversari umani. Giocare online a Devil's Third significa dover scendere a patti con un sistema di puntamento spaventoso, un bilanciamento delle armi totalmente campato per aria e dei combattimenti corpo a corpo che qui diventano confusionari a livelli improponibili. Difetti che ammazzano sul nascere qualunque tentativo di valorizzare l'effettiva creatività di alcune soluzioni proposte dalla componente multiplayer, che crollano come castelli di carta di fronte a un'azione di gioco a dir poco insoddisfacente. Per non farsi mancare niente, poi, Devil's Third mette nel computo delle negatività della sua struttura online anche delle odiose microtransazioni, relative a delle uova d'oro che possono essere acquistate per avere acceso rapidamente agli articoli più esotici del catalogo del negozio.

Indietro nel tempo

Con Devil's Third, Itagaki ha fatto un vero e proprio en plein, portando sul mercato un titolo assolutamente deprecabile dal punto di vista della narrativa, della struttura ludica e anche della realizzazione tecnica. Se si escludono i validi modelli poligonali dei protagonisti principali, non c'è nulla che si salvi nel lavoro di Valhalla Game Studios, capace di riportare sullo schermo gli spettri di sgradevolezze estetiche che consideravamo sepolte da anni. Le ambientazioni sono spoglie, rivestite da texture che si caricano quasi sempre in ritardo e anche quando lo fanno appaiono terribilmente poco definite, l'interazione con gli elementi dello scenario è quasi nulla, la palette di colori utilizzata va raramente al di là delle sfumature di grigio e marrone (geniale in tal senso una mappa multiplayer in notturna nella quale l'asfalto e l'acqua condividono una tonalità che le rende praticamente indistinguibili) e gli effetti di luce e le esplosioni sembrano usciti da un titolo per Nintendo 64.

Un mix letale

Non va meglio quando si guarda ai personaggi su schermo: le tipologie di nemici si contano sulle dita di una mano e il loro design è quanto di più anonimo si possa immaginare, e come se non bastasse questi tristi figuri vengono privati persino del diritto di morire con dignità, dato che i loro arti colpiti dagli attacchi di Ivan si staccano come se fossero dei pezzi di LEGO. Non che il nostro eroe sia uno spettacolo da vedersi in azione, con le sue animazioni legnose e slegate tra loro e la sua tendenza a prodursi in compenetrazioni con qualunque elemento dello scenario gli capiti a tiro. Nonostante questa sconcertante povertà, Devil's Third non riesce nemmeno a garantire un frame rate stabile a 30 fotogrammi al secondo, mostrando il fianco a rallentamenti anche notevoli che non si verificano soltanto nelle situazioni più concitate, ma che anzi talvolta coinvolgono persino le cutscene. A proposito di queste ultime, da segnalare non solo la regia dozzinale con cui sono rappresentate, ma anche il doppiaggio in inglese che in più occasioni dà l'impressione di essere il frutto di un lavoro amatoriale. Devil's Third può vantarsi infine di essere probabilmente il titolo capace di sfruttare nel peggiore dei modi il touch screen del GamePad: durante il single player il display rimane completamente nero, disponibile soltanto a ospitare l'azione di gioco qualora la TV fosse occupata, mentre in multiplayer c'è spazio solo per alcune funzioni accessorie di lobby, come ad esempio una (pessima) chat testuale o la visualizzazione di avvisi e statistiche.

Conclusioni

Multiplayer.it
4.0
Lettori (41)
5.9
Il tuo voto

Inutile girarci troppo attorno: Devil's Third è un brutto gioco, sotto ogni aspetto immaginabile. Nulla si salva dall'autentico disastro in cui è naufragata la tanto attesa opera prima del team formato da Tomonobu Itagaki dopo la sua dipartita da Tecmo: graficamente primitivo, dotato di un gameplay fallato in ogni sua componente, composto da una campagna in single player insulsa e da una modalità multiplayer che getta malamente alle ortiche alcune pur valide intuizioni, Devil's Third è un titolo così palesemente privo di qualità da candidarsi seriamente come una delle più infelici esclusive Wii U nella storia della console Nintendo.

PRO

  • Alcune idee di base sono valide
  • In multiplayer ci sono alcuni spunti originali

CONTRO

  • Game design da incubo
  • Struttura ludica piena zeppa di problemi
  • Realizzazione tecnica sconfortante