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Let it die, recensione

Let It Die è folle, violento, ma soprattutto gratuito: ecco la recensione della nuova fatica del team di Suda51

RECENSIONE di Rosario Salatiello   —   19/12/2016

Tra le sorprese del PlayStation Experience 2016 i fan di Goichi Suda non si saranno di certo lasciati scappare Let It Die. Anche se attesa da diversi mesi più o meno per questo periodo, l'uscita del gioco non era stata anticipata da nessuna notizia, lasciando quindi al palcoscenico dell'evento Sony la rampa di lancio per il titolo targato Grasshopper Manufacture che avevamo avuto modo di provare qualche mese fa. Pur contando su un minor coinvolgimento diretto da parte di Suda51, Let It Die porta con sé diversi elementi cari al game designer nipponico, sicuramente tra i più talentuosi in circolazione quanto a originalità. A una buonissima dose di violenza e follia, nel caso di Let It Die si accompagna anche una natura free-to-play, interessante prima di tutto perché permette a chiunque voglia provare questo titolo di procedere direttamente col download, e in secondo luogo per scoprire come Goichi Suda e il game director Hideyuki Shin abbiano integrato le dinamiche a pagamento in un titolo più volte paragonato alla serie Dark Souls. A torto o a ragione? Scopriamolo insieme.

Follia e originalità sono la base della buona atmosfera di Let It Die, che però non è esente da difetti

Folle scalata

Al di là di quelli che sono i numerosi elementi di contorno, il concetto alla base di Let It Die è abbastanza semplice. Nei panni di un lottatore ci ritroviamo infatti a dover scalare la Torre di Barb, un'enorme struttura nata spontaneamente dopo una serie di terremoti che hanno sconquassato la Terra.

Let it die, recensione
Let it die, recensione

Il viaggio presenta sin da subito la sua eccentrica natura, facendoci scegliere il nostro eroe tra una serie di persone intubate nel vagone di una metropolitana, prima di arrivare alla fermata dove troviamo il buon Zio Morte ad attenderci. È questa versione "cool" del Tristo Mietitore, dotata di occhiali ipnotici e skateboard, ad accompagnarci nel corso di tutta la scalata, impostando il tono grottescamente violento della nostra impresa mentre trascorrono le prime ore in compagnia di Let It Die e delle spiegazioni di questa strana guida. Traendo ispirazione dall'universo dei roguelike la Torre di Barb non è sempre uguale, ma presenta nei suoi livelli un insieme di stanze e corridoi ricreato ogni volta che il giocatore si ritrova a percorrerli. I vari luoghi sono ovviamente popolati da nemici di vario tipo, prevalentemente umano (o più o meno simile) senza disdegnare qualche puntatina nel campo della robotica. Sconfiggere i nemici non è solo l'unico modo per andare avanti, ma anche una necessità per fare in modo che il nostro personaggio abbia qualcosa da mettersi addosso, visto che in partenza egli si ritrova praticamente in mutande. La raccolta dei bottini che via via gli avversari lasciano per terra è parte integrante dell'esperienza di Let It Die, e riassume alla perfezione il concetto di volatilità alla base di questo gioco: mazze, caschi e altri oggetti hanno una durata spesso brevissima e non sono riparabili, il che mette il giocatore nella condizione di dover cercare costantemente nuovi equipaggiamenti con cui proseguire la propria scalata. Per fortuna, nel proprio quartier generale è possibile trovare un venditore di oggetti, che si occupa anche di trasformare in pezzi reali i progetti che ritroviamo nel corso della nostra esplorazione. Parlando di armi, il set di oggetti messo a nostra disposizione da Grasshopper Manufacture è piuttosto variopinto: in cima alle nostre preferenze si è collocato il ferro da stiro, sorprendentemente letale, ma per i più tradizionalisti non mancano mazze di vario tipo e armi da taglio. Un posto come la Torre di Bard nasconde anche altre cose, come dei funghi che a seconda della loro specie permettono un uso specifico. Si va dal classico recupero di energia vitale a situazioni più particolari, in cui lanciare il micetto di turno per ottenere una vera e propria bomba esplosiva, un effetto sonnifero o una nuvola tossica ai danni dei nemici. In modo simile, è possibile raccogliere anche animali quali ratti, rospi giganti e scorpioni, da assaggiare con appetito per recuperare punti vita tra uno scontro e un altro.

Trofei PlayStation 4

Let It Die presenta un totale di tredici Trofei, dei quali uno oro, tre argento e nove bronzo. La maggior parte di essi è naturalmente legata alla scalata della Torre di Barb e alla sconfitta di alcuni nemici in particolare, ma anche alla raccolta dei collezionabili disseminati lungo il percorso. Non mancano premi anche per le prestazioni in Tokyo Death Metro, la modalità multiplayer del gioco.

Vuoi che muoro?

Per le sue fasi di combattimento, Let It Die è stato più volte paragonato in passato alla serie Dark Souls. Rispetto a quest'ultima, tuttavia, il titolo di Grasshopper Manufacture presenta alcune differenze che i fan del lavoro di From Software devono tenere presente. In primo luogo il tutto risulta meno rifinito, mettendo il giocatore alle prese con un sistema di mira ai limiti della crisi di nervi e capriole che non sembrano mai voler rispondere alla prima. Gli attacchi dei nemici sono piuttosto violenti, ma soprattutto una volta avviati in serie lasciano raramente scampo al nostro personaggio. In una situazione del genere, è molto meglio affrontare Let It Die come un hack and slash in cui votare la propria esperienza all'attacco, invece di procedere tra schivate e fasi più riflessive. Il sistema di controllo presenta qualche scelta abbastanza discutibile, come quella di far selezionare funghi e animali con il touch pad del controller DualShock 4: scorrendo col dito è possibile passare da un oggetto all'altro, accorgendosi ben presto di quanto sia possibile sbagliare nei momenti più concitati.

Let it die, recensione

Mangiare un fungo esplosivo invece di uno curativo è questione di un attimo, passato il quale ci si ritrova morti stecchiti. È questo uno dei punti in cui entrano in gioco le dinamiche free-to-play di Let It Die, visto che spendendo un Death Metal (la moneta ottenibile a pagamento) è possibile far tornare immediatamente in vita il proprio personaggio. In alternativa si può scegliere di pagare in Kill Coin (la valuta di base) una volta tornati alla base, facendo così tornare il personaggio morto all'interno del freezer destinato a contenere i nostri eroi. Su questo aspetto torneremo dopo aver esplorato l'ultima possibilità dopo essere morti: lasciare che il nostro alter ego defunto diventi un cosiddetto Hater, infestando le partite nostre e degli altri sotto forma di nemico controllato dalla CPU. Cambiare personaggio e lasciare che quelli precedenti muoiano è dunque parte integrante dell'esperienza offerta da Let It Die, all'interno della quale comunque ci sono elementi destinati a restare legati al nostro profilo giocatore. A differenza degli attributi del personaggio come forza e resistenza, per esempio, l'esperienza con le armi non riparte da zero. Come suggerisce il titolo Let It Die, si tratta di un gioco in cui è bene non affezionarsi a nulla, soprattutto al proprio alter ego: la scelta di farlo prelevare tra una serie di manichini inanimati è di certo indicativa.

Tokyo Death Metro

Abbiamo già accennato al quartier generale di Let It Die, ma vale la pena tornare sull'argomento. Oltre alla gestione del nostro personaggio, la sala d'attesa rappresenta infatti il punto di lancio per Tokyo Death Metro, la modalità multigiocatore asincrona di Let It Die.

Let it die, recensione

In modo simile ad altri giochi free-to-play, questo titolo permette infatti di lanciare attacchi nei confronti delle basi degli altri giocatori; come da tradizione ognuno può allestire delle difese, che nel titolo targato Grasshopper Manufacture sono rappresentate dai combattenti congelati nel freezer. In caso di successo, una scorribanda nella base altrui può portare il giocatore a guadagnare discrete somme, ma non solo: sconfiggendo un personaggio nemico è possibile portarselo via, inserendolo tra quelli presenti nel freezer della propria base. Si tratta dunque in tutto e per tutto di un'esperienza simile a quelle dei free-to-play per cellulari, in cui per la verità dare il via a una serie di attacchi può scatenare una vera e propria escalation in grado di distrarre dall'obiettivo reale di Let It Die. La sala d'attesa è inoltre l'unico luogo dal quale è possibile uscire dal gioco senza perdere la vita, ma anche andare a fare un giro nella sala giochi di Tokyo in cui in realtà ci troviamo: il mondo bizzarro di Let It Die ce lo presenta infatti come un meta-gioco che rompe la cosiddetta quarta parete, proponendoci una situazione in cui il nostro alter ego non è in realtà quello che scala la Torre di Barb ma un giocatore che se ne sta comodamente seduto davanti a un videogame dell'Hated Arcade. A fargli compagnia troviamo lo stesso Zio Morte, una barista dispensatrice di missioni e un altro avventore del locale, dal quale arrivano preziosi consigli. Uno di questi, come ricaricare le armi (L2+X per l'arma sinistra e R2+X per quella destra), arriva in modo piuttosto tardivo.

Trip anni ‘80

La Torre di Barb e i suoi segreti esistono davvero o sono davvero solo un gioco? Cosa si nasconde dietro la maschera di Zio Morte? Sono solo alcune delle domande che Let It Die riesce a piantare nella testa del giocatore, ammaliandolo con un'ambientazione decisamente ispirata, sulla quale appare evidente un importante investimento di tempo da parte degli sviluppatori.

Let it die, recensione

Un'atmosfera onirica, anzi da incubo, alimentata da una serie di video ai quali Grasshopper Manufacture ha deciso di demandare l'aspetto narrativo di Let It Die, ottenendo così la possibilità di calare immediatamente il giocatore nella violenza sfrenata che contraddistingue questo titolo. Le contaminazioni sono molteplici al punto che diventa impossibile provare a elencarle tutte, comprese quelle provenienti dai lavori precedenti di Goichi Suda. Nonostante il coinvolgimento del buon Suda51 sia infatti inferiore rispetto ad altri titoli partoriti dal team di Tokyo, la follia e il gore a cui ci ha abituati l'ex becchino non fanno sentire la loro mancanza, fino a toccare momenti in cui la bizzarria di Let It Die può addirittura risultare disturbante. In termini squisitamente tecnici, Let It Die non fa di certo gridare al miracolo col suo dettaglio grafico, anche se bisogna tenere in conto che si sta pur sempre parlando di un gioco free-to-play. L'originalità dello stile riesce comunque a colmare le lacune nel dettaglio, anche se qualcosa in più si sarebbe potuto e dovuto fare per dare ai corridoi e alle stanze della Torre di Barb un minimo di varietà in più. Al sonoro troviamo invece Akira Yamaoka, esperto compositore della serie Silent Hill e quindi una garanzia nel creare e selezionare melodie in grado di trasmettere anche nelle orecchie del giocatore la natura disturbata di Let It Die. Per farlo, Yamaoka si è affidato a un discreto numero di gruppi musicali e solisti, che hanno dato vita a un'ottima colonna sonora che vorrete forse ascoltare anche all'esterno del gioco. Chiudiamo analizzando l'aspetto free-to-play di Let It Die: sebbene non si tratti di un titolo pay-to-win, la fatica di Grasshopper Manufacture incoraggia inevitabilmente il giocatore a spendere per riportare in vita il personaggio morto sotto i colpi di un Hater di alto livello spuntato dal nulla, o per esempio a farlo per accelerare i tempi di ricerca e sviluppo nella sala d'attesa. Scalare la Torre di Barb senza spendere un centesimo resta comunque un'impresa possibile, a patto di dotarsi di una dose di pazienza bella corposa.

Conclusioni

Digital Delivery PlayStation Store
Prezzo Gratis
Multiplayer.it
7.0
Lettori (37)
7.3
Il tuo voto

Dare una valutazione a Let It Die non è un compito semplice. Si tratta infatti di un gioco dall'ambientazione ammaliante, pieno di quella folle violenza che i fan di Suda51 potranno apprezzare fino all'ultimo piano della Torre di Barb, facendosi largo tra i fiotti di sangue dei boss che la popolano. È però impossibile ignorare quelle che sono delle evidenti problematiche strutturali, dovute in parte alla natura del gioco e in parte a quello che è stato forse un pizzico di fretta in chiusura del progetto. Passato il fascino iniziale, alcuni elementi rischiano di causare frustrazione nei giocatori, portando quindi quelli meno pazienti a disinteressarsi della scalata alla Torre di Barb. A ogni modo, trattandosi di un titolo gratuito ognuno può provarlo e giudicarlo da sé, senza costi: è proprio quello che vi consigliamo di fare.

PRO

  • Stile molto affascinante
  • Violenza a ogni angolo
  • Livello di sfida abbastanza elevato
  • Zio Morte

CONTRO

  • Sistema di controllo imperfetto
  • Piuttosto ripetitivo
  • Il free-to-play porta a inevitabili compromessi