Se avete letto la recensione di Resident Evil 7 biohazard per PlayStation 4, a questo punto vi sarete fatti più di un'idea su quelli che sono gli elementi cardine dell'avventura, e in generale su quelli che sono, a livello di meccaniche e non solo, pregi e difetti dell'atteso ritorno della serie. Chiaro quindi che resta proprio quell'articolo il punto di riferimento per tutto coloro che vogliono eventualmente approfondire determinati aspetti del gioco in termini di giocabilità o longevità, visto che in tal senso, se escludiamo alcune caratteristiche tecniche come il supporto al visore PlayStation VR, le due versioni sono identiche. In questa recensione, quindi, oltre ad offrire un secondo punto di vista sul gioco, ci concentreremo su quelli che sono poi gli eventuali aspetti peculiari dell'edizione Xbox One.
Resident Evil 7 biohazard riporta la serie alle origini del survival horror
Alle radici della paura: vecchio e nuovo che si incontrano
A qualche anno dall'ultima apparizione come serie principale, Resident Evil è molto cambiato: quella che abbiamo provato in tante ore di gioco è infatti un'esperienza differente rispetto a quella a cui ci aveva abituato la saga, anche se per certi versi, come vedremo tra poco, resta idealmente simile a quella dei suoi capitoli storici. Da un punto di vista stilistico è innegabile che Resident Evil 7 biohazard sembri quasi un reboot, non solo perché devia in parte temi e storie raccontate da quelle tradizionali (ma tranquilli, i legami ci sono), ma anche perché, pur mantenendo a livello concettuale parecchi degli elementi classici del gameplay della serie, cambia radicalmente l'impostazione, passando dalla visuale tipica di un'avventura in terza persona a quella in prima, per realizzare un'esperienza dove la visuale in soggettiva, ma anche la scenografia, dotata di una certa potenza evocativa, hanno un'importanza quantomeno paritaria rispetto all'attenta pianificazione dei propri movimenti da un angolo buio della casa all'altro, o alla risoluzione di enigmi.
Lo scenario della Louisiana, con le sue ampie zone paludose e il gigantesco intrico di canali che trasformano le aree nebbiose in zone isolate dove la realtà sembra sospesa nel tempo e nello spazio, è in tal senso perfetta per lo scopo, e sembra venir fuori da una delle fiabe nere dei fratelli Grimm. Resident Evil 7 biohazard ha infatti un'ambientazione oscura e tenebrosa, fatta di fitte foreste di palme e cipressi popolate da creature malsane e mostri deformi al posto delle tradizionali figure di lupi, streghe e troll, e aree domestiche in cui accadono terribili fatti di sangue. L'ambiente perfetto per mettere in scena un racconto che vede per protagonista un uomo comune, Ethan Winters, che alla ricerca della moglie scomparsa si ritrova catapultato in un incubo ad occhi aperti, costretto a lottare passo dopo passo per cercare di sopravvivere in uno scenario che rende omaggio a pellicole quali Non aprite quella porta, Wrong Turn e, in un paio di spunti, ad American Horror Story: Roanoke. Una storia forse non originalissima, quindi, e che proprio per questo sfrutta alcuni dei cliché tipici di decine di pellicole di genere, ma che comunque funziona al servizio della giocabilità e della messa in scena di una vicenda in grado di restituire un'atmosfera e un coinvolgimento come pochi. Il videogiocatore si ritrova così in una situazione disperata e senza via di fuga, costretto ad approcciare ogni fase in maniera differente, perfino nascondendosi e fuggendo quando serve, vista anche la presenza di nemici che non sempre possono essere abbattuti, almeno in maniera convenzionale. Con in più una pesante sensazione di solitudine estrema e di pericolo costante ottimamente amplificata perfino dai particolari quali i pochi oggetti curativi, la scarsità dei proiettili e la necessità di ottimizzare le risorse in proprio possesso per sopravvivere. Che poi, se ci pensate un attimo, sono proprio alcuni di quegli aspetti che caratterizzavano a livello di concept, come abbiamo scritto prima, i primi capitoli della saga. In fondo quando Shinji Mikami si "inventò" il primo Resident Evil partì proprio da questi presupposti: come vi abbiamo raccontato in un vecchio articolo sull'argomento, il game designer diede forma a un "suo" personale mondo di terrore, dove la paura sarebbe stata sempre dietro l'angolo buio di un corridoio o ai vetri sporchi delle finestre di una stanza, e il gameplay avrebbe riposto una certa enfasi sul concetto di sopravvivenza attraverso elementi di gioco quali i pochi mezzi coi quali difendersi dai nemici, l'inventario dagli spazi limitati da gestire, gli enigmi da risolvere o l'uso di appunti sparsi qua e là quale "ingrediente" supplementare alla narrazione canonica che avveniva via dialoghi o scene di intermezzo. Tutti elementi che, guarda caso, sono presenti in questo Resident Evil 7 biohazard, e che lo rendono uguale ai primi capitoli pur nella sua "diversità". A ulteriore conferma di quanto vi abbiamo appena descritto, c'è anche il ritorno di un vecchio elemento della serie, il baule, che porta con sé come conseguenza una gestione strategica delle risorse e degli oggetti da portare in giro, con la necessità di dover fare più viaggi nel caso ci si trovi alle strette con gli spazi a disposizione. E quello del sistema di salvataggio a checkpoint prestabiliti, stavolta però sfruttabile attraverso l'uso dei registratori al posto delle tradizionali macchine da scrivere.
Obiettivi Xbox One
Resident Evil 7 biohazard propone 37 Obiettivi per un totale di 1000 punti. Per ottenerli bisogna completare determinate sfide, come per esempio completare il gioco nei tre livelli di difficoltà previsti, oppure raccogliendo un oggetto specifico o resistendo agli attacchi di un membro della famiglia.
Nelle paludi della Lousiana
A sostenere adeguatamente tutto quello che vi abbiamo descritto fino adesso c'è il RE Engine e, di conseguenza, un comparto tecnico di ottima fattura, che poggia le sue basi su un comparto sonoro degno di una pellicola cinematografica e su una grafica ben definita. Da questo punto di vista, Resident Evil 7 biohazard su Xbox One dovrebbe adottare una risoluzione dinamica che a seconda della complessità o meno della scena, cambierebbe "al volo" appunto la risoluzione fino a un picco massimo di 1080p. Particolare che, di fatto, non possiamo confermare al 100% visto che non lo abbiamo potuto "misurare" e che non si nota a occhio nudo, e che quindi riportiamo solo per completezza di informazione. Ad ogni modo, il frame rate risulta abbastanza stabile a 60 e i caricamenti sono prossimi allo zero. Scriviamo "abbastanza" perché in un paio di circostanze, in realtà, abbiamo notato un leggero calo nelle prestazioni. Roba di poco conto e, lo ribadiamo, sporadiche, che segnaliamo per dovere di cronaca, e che dunque potrebbero essere state casuali, con il titolo che resta assolutamente godibile e qualitativamente bello.
Gli effetti di luce e quelli delle ombre sono infatti quanto di meglio abbiamo avuto modo di vedere in questi ultimi mesi, con una serie di giochi di chiaro/scuro che vanno a rendere più credibili e dunque terrificanti gli scenari in cui l'utente è costretto il più delle volte a muoversi facendo attenzione a non fare troppo rumore e a non attirare l'attenzione non voluta di qualche minaccia. I vari ambienti, sia domestici che esterni, sono curati in ogni minimo dettaglio e particolari come i piatti sporchi di non si capisce bene cosa, il legno consumato e marcio dei mobili, la muffa, il lerciume in ogni angolo, anche all'aperto, contribuiscono notevolmente a incutere un senso di disagio e di opprimente disgusto. Forse qualche texture vista da vicino tradisce una certa semplicità di fondo nella sua struttura, ma se da un lato queste non mostrano un dettaglio particolarmente elevato, dall'altro si fanno apprezzare per una grande varietà, e dunque a conti fatti non c'è nulla che possa pregiudicare più di tanto la qualità generale dal punto di vista estetico. Tra l'altro bene si integrano in tutto ciò i vari effetti particellari che gestiscono la polvere e altri elementi quali la nebbiolina tipica delle aree umide e paludose, che svolgono bene il loro lavoro smorzando l'immobilismo di fondo e rendendo ancora più "particolare" l'atmosfera. Buona anche la modellazione dei personaggi, almeno per quelli "umani", con un apprezzabile sforzo nella recitazione facciale, e la qualità delle animazioni, così come la fisica generale, capace di lasciare a bocca aperta per il modo in cui gestisce in maniera realistica perfino i tagli sulla carne, le ferite d'arma da fuoco e quant'altro in modo dinamico. Unica pecca a nostro parere l'assenza di almeno alcuni dei nemici classici della serie, che a nostro parere sarebbero stati una gradita aggiunta da ogni punto di vista. A chiudere l'aspetto tecnico è ovviamente l'audio. Il gioco è interamente parlato in lingua italiana con una recitazione al doppiaggio piuttosto azzeccata, come del resto le musiche, che non sono da meno, visto che ben si sposano col contesto ambientale e narrativo del gioco e contribuiscono ad aumentare il grado di coinvolgimento con alcune tracce che si attivano nelle situazioni più drammatiche e "horror". Allo stesso modo gli effetti ambientali svolgono adeguatamente il loro compito, accompagnando il giocatore nelle fasi esplorative con tutta una serie di suoni ad hoc, che talvolta non mancano di suscitare una certa ansia: basta infatti il cigolio di una porta che si apre, o il tonfo di un oggetto caduto nella stanza accanto per far crescere la tensione anche senza la comparsa successiva di qualche nemico.
Conclusioni
Diciamocela tutta: il nostro approccio iniziale con Resident Evil 7 biohazard non è stato dei più felici, visto che abbiamo iniziato a giocarlo con un atteggiamento un tantino scettico, preoccupati dall'idea di rimanere delusi da un titolo che aspettavamo da tanto, troppo tempo, ma che da quanto avevamo visto sembrava diverso, molto, dai classici episodi della serie. Fortunatamente però le paure sono svanite in un lampo, lasciando il posto al piacere di giocare con un gioco pauroso, costruito idealmente sull'impalcatura classica del primo Resident Evil, ma reinterpretata per adeguarsi ai tempi. Il prodotto strizza infatti l'occhio al capostipite della serie, mescolando elementi vecchi e nuovi per accontentare sia quei fan che richiedevano un ritorno alle origini a livello di atmosfere, sia coloro che volevano un tipo di esperienza più moderna, come quella legata a titoli quali Alien: Isolation e Outlast. Resident Evil 7 biohazard è quindi meno "diverso" rispetto ai suoi primi predecessori di quanto possa sembrare di primo acchito.
PRO
- Il ritorno alle origini del vero survival horror
- Grande senso di immersione grazie all'ottima atmosfera e all'altrettanto valido comparto audio/visivo
- Gameplay con un buon livello di sfida...
CONTRO
- ...ma frustrante in un paio di situazioni
- Mancano alcuni dei nemici classici della serie, e in generale qualche nemico in più
- Non adatto ai deboli di stomaco