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La recensione di Into the Breach

Dai creatori di FTL arriva uno strategico a turni di incredibile intelligenza, che vi metterà a dura prova.

RECENSIONE di Aligi Comandini   —   04/03/2018

Lo abbiamo detto fino allo sfinimento: il mercato dei videogiochi è mostruosamente competitivo, imprevedibile e cannibalistico; risulta pertanto spaventosamente difficile riuscire a farsi notare, o a proporre prodotti di qualità tale da distinguersi dalla massa e competere con sviluppatori dotati di enormi risorse. Eppure - diversamente da altri campi dove i colossi hanno schiacciato i rivenditori più piccoli con la loro gargantuesca mole - qui il mondo indipendente sopravvive, arrivando addirittura a macinare numeri più che lodevoli ogni santo anno. La motivazione è presto detta: nel multiforme campo dei videogiochi ogni prodotto è una mescolanza di competenze tecniche e talento puro, dove la creatività risulta spesso più importante del vil denaro. Alla mancanza di soldi dunque si sopperisce con la genialità, e sono pertanto nati numerosi team minuscoli pronti a sperimentare in ogni campo, spesso con risultati straordinari. FTL, dei Subset Games, era esattamente uno di questi brillanti esperimenti: una curiosa mescolanza tra strategico e gestionale, con elementi procedurali che rendevano ogni partita unica e una difficoltà elevatissima capace di preoccupare anche i veterani del genere. Non dovrebbe quindi stupire che il secondo titolo del duo fosse atteso come una seconda venuta del messia da molti fan del gioco; d'altro canto le probabilità di un nuovo centro quasi perfetto c'erano tutte. Ah, noi chiaramente siamo sempre stati tra i "fedeli", ma diversamente da chi credeva ciecamente nel titolo avevamo parecchie preoccupazioni, derivanti dall'esperienza comunque limitata della software house. Dopo averlo provato a fondo, però, ci siamo convertiti del tutto e preparati a spargere il sacro verbo, perché Into the Breach non è solo un secondo centro, bensì uno dei migliori strategici a cui abbiamo mai giocato. E non stiamo esagerando.

Pacific Rim, ma intelligente

Into the Breach è un titolo che fa della semplicità e della chiarezza i suoi principali punti di forza. Detto di uno strategico a turni potrebbe sembrare una follia, ma vi assicuriamo che in questo caso siamo davanti a un prodotto molto dissimile da ciò a cui il genere ci ha abituati. Questa concretezza la si nota fin dai primi istanti, dove con qualche breve frase un pilota saluta una terra distrutta da un'invasione aliena, e si prepara a raggiungere una nuova linea temporale per cercare di non ripetere il fallimento della sua missione. Ed è proprio tutto qui il concept fondamentale del gioco: voi siete dei viaggiatori del tempo impegnati a salvare la terra da una razza di insettoidi nota col nome di Vek, eternamente intrappolati dalle spire del destino e pronti anche a morire per favorire la sconfitta del nemico (L'ispirazione da roba come All you Need is Kill è evidente, ma tutto è rigirato in chiave strategica).

La recensione di Into the Breach

Si tratta di una narrativa che ben si sposa alla natura "roguelike" del gioco: ogni volta che si finisce di affrontare i Vek tutto viene resettato nella linea temporale successiva, come accadeva in FTL ad ogni nuova partita. Solo che qui si può portare con sé un singolo pilota tra i tre utilizzabili, e quindi si mantiene sempre qualcosa dalla prova precedente. Tra i vari piloti, ovviamente, è possibile ottenere degli specialisti dotati di abilità uniche e già livellati al massimo delle capacità, eppure non è nello sviluppo del vostro agente migliore che risiede lo splendore di questo titolo (in fondo i piloti possono salire solo di due livelli ciascuno), poiché sono le sue meccaniche a renderlo un piccolo capolavoro di tattica e design. All'apice del sistema, in particolare, c'è la gestione degli scontri, dove posizionamento e uso oculato delle armi delle varie unità disponibili sono fondamentali per non soccombere.

La recensione di Into the Breach

Mech and cheese

Entriamo nel dettaglio: Into the Breach è uno strategico a turni con spostamento a griglia, e le sue mappe sono enormemente più piccole rispetto a quelle di altri esponenti del genere, ma proprio per le loro minute dimensioni risultano spesso fin troppo piene di minacce e di elementi da proteggere a tutti i costi. I Vek li si combatte su quattro diverse isole con l'ausilio di mech di classe variabile, dotati di una propria barra dei punti vita e della possibilità di eseguire un movimento e un'azione per turno (salvo non siano pilotati da qualcuno in grado di rompere questa regola), laddove invece la "vita" del giocatore è indicata da una barra energetica che si abbassa ogni volta che i Vek colpiscono un edificio contenente una fonte di elettricità. Alla fine di ogni scontro la vita dei mech si rigenera completamente, rendendo la loro difesa parzialmente sacrificabile, ma la barra dell'energia no: l'unico modo di recuperarla è completare una delle zone in cui le isole sono divise, a patto che questa indichi tra le ricompense finali proprio un punto extra di energia.

La recensione di Into the Breach

Se però scegliete di puntare alla rigenerazione dell'energia, rischiate di perdere preziosi punti reputazione, che una volta completata l'isola permettono di potenziare i vostri mech con reattori energetici supplementari, acquistare armi aggiuntive, o possono venir semplicemente spesi per recuperare l'energia persa in partenza. In parole povere, dovete essere tattici persino nella scelta dei settori da salvare, anche perché nelle isole le ultime tre zone vengono sempre distrutte dai Vek, indipendentemente dalle vostre azioni. Sul campo, poi, le cose fanno un balzo di qualità impressionante, e tutto si trasforma in una partita a scacchi con una miriade di variabili. In pratica Into the Breach vi mostra ogni singola informazione del caso: i danni che i Vek faranno, dove attaccheranno e da dove sul terreno spunteranno al turno successivo, con tanto di indicazioni degli effetti atmosferici aggiuntivi e ordine d'attacco. Con tutti questi dati sta quindi solo a voi decidere come agire per superare i turni sacrificando meno risorse possibili, che si tratti di punti vita dei vostri mech, di edifici e vite umane, o degli obiettivi da completare per ottenere le ricompense finali (che di norma sono la parte più importante da tenere d'occhio).

La recensione di Into the Breach

Una scacchiera pericolosa

Funziona tutto a meraviglia, poco altro da dire. Già a difficoltà facile vi ritroverete spesso a spremere le meningi per bloccare lo spawn dei mostri - basta posizionare il mech sopra alla zona di uscita del Vek, a patto di subire un danno il turno dopo, o spostare con un attacco con proprietà di movimento uno dei nemici sopra a un nido, portando i Vek stessi a uccidersi tra loro (funziona anche quando si riposizionano prima di un attacco) - o a sacrificare un punto vita di una vostra unità per fare un danno aggiuntivo a un avversario facendoglielo rimbalzare addosso, o ancora, a posizionarvi a mò di barriera per proteggere un edificio in una situazione particolarmente infame, o addirittura ad affogare gli insettoidi non volanti nelle fonti d'acqua vicine. Le possibilità offerte dal gioco sono tantissime, e si può utilizzare un solo reset del turno per battaglia (anche se il movimento prima di agire è resettabile a piacere), quindi non è davvero il caso di agire di fretta.

La recensione di Into the Breach

Considerate poi che, completando i vari achievements presenti, si sbloccano monete d'oro con cui diventa possibile acquistare altre squadre di mech - ognuno dotato di nuovi poteri e costruito per avere una specifica sinergia con altre unità - al punto da portare a un totale cambio di stile di gioco in base alla scelta della propria squadra (per fare un esempio, un team è totalmente costruito attorno all'immunità al fuoco e alla capacità di dare alle fiamme buona parte del terreno). Tale formula diventa rapidamente una droga, e fa dimenticare la crudele realtà della morte permanente durante la campagna, che specialmente alle altre difficoltà può diventare spaventosamente brutale per via del numero mostruoso di nemici e dell'aggressività dell'intelligenza artificiale. Insomma, Into the Breach è meccanicamente perfetto: la sua formula procedurale non risulta mai infame, ed è calcolata a puntino per massimizzare l'ingegno del giocatore, senza contare che è davvero possibile completarlo con ogni team disponibile a qualunque difficoltà, a patto di non commettere alcun errore. Le sue uniche debolezze forse stanno negli sbilanciamenti tra certe squadre, sensibilmente più ardue da usare rispetto ad altre, e nel comparto tecnico, sempre basilare e "retro" (ma comunque piacevole). Robetta da poco comunque; per cui non è davvero il caso di perdersi questo indie di altissima qualità.

Conclusioni

Multiplayer.it
9.0
Lettori (30)
8.6
Il tuo voto

Into the Breach è droga pura, uno strategico dove al giocatore vengono date tutte le informazioni necessarie e le battaglie si svolgono in mappe minute, ma ogni errore si paga carissimo, i calcoli devono essere sempre perfetti, e nulla viene lasciato al caso nonostante la formula procedurale. Incredibile come i Subset Games siano riusciti ad inserire in un sistema così intuitivo e concentrato un numero spaventoso di possibilità, sinergie tra unità e strategie applicabili. E ancor più incredibile è il divertimento che una progressione comunque lenta e basata quasi esclusivamente sul completamento di specifici achievements riesce a trasmettere. Davvero un piccolo capolavoro di design, che dimostra ancora una volta il talento di questo dinamico duo.

PRO

  • Gameplay intuitivo, ma incredibilmente profondo e brillante
  • Livello di sfida altissimo ma davvero ben calcolato
  • Gran numero di unità utilizzabili, tutte con abilità uniche e sinergie specifiche

CONTRO

  • Non tutti i team di mech sono efficaci allo stesso modo, anche se tutti possono completare il gioco