Per i nati e cresciuti tra gli anni '80 e '90, l'infanzia cinematografica è stata strepitosa: la saghe di Star Wars, Ritorno al Futuro e Indiana Jones hanno creato un immaginario fatto di avventura e curiosità per l'ignoto, i cui protagonisti, da Marty McFly (Michael J. Fox) ad Han Solo (Harrison Ford), sono diventati i miti di un'intera generazione grazie alla loro autoironia tramite cui si sono avvicinati al pubblico, che li ha percepiti quasi come amici di vecchia data. Proprio Harrison Ford, volto di tre dei ruoli più iconici della storia del cinema, ovvero i già citati Han Solo e Indiana Jones e il Rick Deckard di Blade Runner, può essere considerato il re degli eroi d'avventura anni '80, grazie alla sua faccia da schiaffi irresistibile e all'umorismo che ne stempera l'aura di divo hollywoodiano. Per una bambina cresciuta con un idolo del genere, era inevitabile dire: "Da grande voglio essere Indiana Jones!" per sentirsi rispondere: "Sei femmina, non puoi essere Indiana Jones!".
L'importanza di chiamarsi Lara
Per fortuna, oltre alla principessa Leia di Carrie Fisher, altre due saghe dello stesso periodo, quelle di Alien e Terminator, hanno abbracciato una rivoluzione (arrivata fino alla Sposa di Kill Bill, interpretata da Uma Thurman e creata da Tarantino, e alla recente Wonder Woman di Gal Gadot), mettendo al centro delle proprie avventure le granitiche Ellen Ripley e Sarah Connor, con i volti rispettivamente di Sigourney Weaver e Linda Hamilton. Quando dunque, nel 1996, Core Design ed Eidos Interactive lanciarono Tomb Raider, videogioco con protagonista Lara Croft, ereditiera e archeologa, un incrocio tra Bruce Wayne, James Bond e Indiana Jones, intelligente, colta, atletica, coraggiosa e bella, fu un cambiamento epocale. Se il pubblico maschile rimase ipnotizzato da quelle forme pronunciate (leggenda vuole che, in fase di sviluppo, il creatore di Lara, Toby Gard, fu convinto dal suo team a lasciare di misura prorompente le ghiandole mammarie della protagonista, ingrandite per errore del 150% rispetto alle intenzioni iniziali), quello femminile aveva invece finalmente trovato la sua icona: non più una principessa da salvare come la Peach di Super Mario, ma una donna sicura di sé e indipendente, anche pronta a sporcarsi le mani e a uccidere se necessario.
L'impatto di Lara Croft sulla cultura pop è stato tale da farle guadagnare non solo una stella sulla Walk of Fame, ma anche ben tre trasposizioni cinematografiche. La prima, datata 2001, è Lara Croft: Tomb Raider, con protagonista una statuaria Angelina Jolie, al culmine della sua carriera (aveva appena vinto l'Oscar alla migliore attrice non protagonista per la sua prova in Ragazze Interrotte) e della bellezza. Diretto da Simon West, il film è praticamente uno spot alla sensualità della Jolie, mettendo in risalto l'aspetto fisico e spericolato del personaggio, senza approfondirne la psicologia. Stessa cosa vale per il sequel, La culla della vita (2003). Con il passare degli anni, i tempi sono cambiati e Lara ha subito una trasformazione totale: il reboot del videogioco uscito nel 2013, realizzato da Crystal Dynamics, mostra una Lara più giovane e insicura, umana e con un problema non risolto con la figura paterna. Scritta da Rhianna Pratchett, questa nuova eroina è meno bomba sexy e più sfaccettata.
Una trasposizione che funziona
Proprio questa versione è alla base del nuovo film dedicato all'archeologa avventuriera: nelle sale italiane dal 15 marzo, Tomb Raider, diretto da Roar Uthaug, è una origin story, con una Lara 21enne che sfreccia in bici per le strade di Londra facendo consegne, lavoro con cui riesce a malapena a pagare l'affitto e l'abbonamento della palestra, dove sul ring sfoga la rabbia per la perdita del padre, Richard Croft (Dominic West), scomparso sette anni prima mentre era alla ricerca della tomba di Himiko, regina giapponese avvolta dal mistero. Rifiutatasi di accettare l'eredità paterna, perché avrebbe voluto dire ammetterne la morte, proprio mentre è sul punto di cambiare vita, Lara trova un indizio del genitore che le fa intuire dove potrebbe essere andato e decide quindi di partire per capire cosa gli sia successo. Si è discusso molto sulla scelta della nuova protagonista di Tomb Raider, Alicia Vikander (anche lei neo premio Oscar, per il suo ruolo in The Danish Girl, al momento dell'ingaggio), molto distante dalla fisicità di Angelina Jolie e della Lara del primo videogioco. Eppure, anche i più ostinati detrattori, dovranno ricredersi: più che per regia e sceneggiatura (il film ricalca molte delle trovate di Indiana Jones e l'ultima Crociata, senza avere però la stessa forza della pellicola culto), il nuovo Tomb Raider funziona soprattutto grazie all'attrice svedese, determinata e totalmente al servizio del personaggio.
Non avrà una taglia abbondante di reggiseno, ma la Vikander è un'attrice di talento, in grado di lavorare sul suo corpo, allenato da anni di danza classica, e sull'intensità della propria interpretazione, che ci regala un personaggio moderno, consapevole dei propri limiti e per questo pronta a compensare le sue mancanze grazie all'intelletto. In un mondo molto meno magico e più pratico (meraviglioso il fatto che la protagonista guardi con diffidenza chi le parla di maledizioni e si concentri molto di più a salvare se stessa e la situazione), questa giovane donna è un inno alla sopravvivenza (non a caso la nave su cui si imbarca si chiama Endurance), al rialzarsi più determinati di prima a ogni caduta e a ogni colpo, non mollando mai, con un'ostinazione infinita, propria di chi non si fa abbattere dalla tragicità della vita. Se Lara non vuole sconti, sono gli stessi autori a non concederli: Vikander viene colpita e atterrata mille volte, ferita, sporcata, insanguinata, ingannata, tradita, e comunque si rialza in piedi, nonostante tutto, perfino un antagonista (Mathias Vogel) che, pur potendo contare sul carisma e sulla bravura di Walton Goggins, non è mai minaccioso quanto i fantasmi personali di Lara e il suo senso di vuoto e di incompletezza dato dall'assenza del padre.
Conclusioni
Multiplayer.it
6.5
Tomb Raider scorre via con grande piacere e si affianca alla perfezione al recente reboot della serie videoludica. Risulta coerente e perfettamente in linea con la nuova visione che Square Enix ha voluto dare all'iconico personaggio. Ma dove davvero la pellicola risplende è nella sua nuova protagonista. La Vikander è semplicemente perfetta in questo ruolo e anche se per treccia e pistole dovremo aspettare del tempo e un nuovo capitolo, quando questo vedrà la luce, sarà proprio grazie a questa svedese atipica, minuta e bruna, in grado di sollevare montagne come il più nerboruto dei guerrieri.
PRO
- Alicia Vikander è una Lara determinata ed energica, totalmente al servizio del personaggio
- I ruoli secondari sono interpretati da attori di primo livello
- Lo spirito più pratico e meno magico della storia dà vita a un personaggio moderno
CONTRO
- Nonostante sia interpretato da Goggins, l'antagonista non è all'altezza
- La parte di avventura ricorda altri film dello stesso genere, risultando poco incisiva