L'avventura cominciò nel 1933, quando James Hilton pubblicò il romanzo Lost Horizon, del quale Frank Capra girò poi l'omonima pellicola del 1937. Non è finita: nel 1973 Charles Jarrott decise di girarne il remake e ora, nel 2010, Deep Silver rende omaggio a questa gloriosa eredità con un videogioco che altro non poteva essere se non un'avventura grafica. Il tema è talmente classico da essere diventato un cliché, ma gli sviluppatori dimostrano di esserne coscienti. Così, anziché un minestrone riscaldato più dell'olio nella friggitrice di McDonald's, il risultato è un valido tributo al cinema d'avventura. Lo stesso protagonista, Paddock Fenton, ex soldato di Sua Maestà un po' eroe un po' furfante, somiglia inevitabilmente al professor Jones, anche se il gioco approfitta della prima frusta a portata di mano per scherzarci sopra ed esoricizzare il confronto. D'altronde Paddock è il tipico individuo che attira guai e disastri e che ricorre all'ironia per prendere le distanze da quanto avviene intorno a lui, anche se dietro l'aria scanzonata c'è un passato traumatico che ci permette di apprezzarlo come personaggio meno caricaturale.
Comunque è meglio abituarsi al suo umorismo irriverente, perché passeremo molto tempo in sua compagnia. Paddock infatti è costretto ad abbandonare la vita da contrabbandiere della domenica che conduceva a Hong Kong, su richiesta del governatore inglese, il quale non ha più notizie del figlio Richard, partito per una spedizione in Tibet. Paddock accetta solo perché Richard è un amico intimo che ha vissuto insieme a lui esperienze drammatiche. Inizia così un'avventura lunga e intensa, un vero giro del mondo che ci porterà fino a Shambala, luogo leggendario che nasconde un potere troppo grande e pericoloso per l'umanità. Di tutti i poteri troppo grandi e pericolosi per l'umanità, dobbiamo ammettere che quello di Shambala è uno dei più suggestivi e credibili che abbiamo sentito. Purtroppo, come da copione, a metterci i bastoni tra le ruota ci pensano loro, i nemici con meno senso dell'umorismo che la Storia abbia conosciuto: i Nazi.
In tutti i luoghi e in tutti i laghi
Lost Horizon è soprattutto una bella storia raccontata bene, merito della penna di Claudia Kern, romanziera che potrà ben dire di aver dato un contributo cruciale al successo del gioco. Dopo pochi minuti si entra nel vivo dell'azione, con Paddock chiuso in una cassa di legno gettata sul fondo marino dagli sgherri della Triade. Da qui comincia l'avventura, lunga e articolata, mai noiosa, che gioca a ristabilire l'equilibrio per poi romperlo subito con un colpo di scena, in un crescendo di minacce che culmineranno ovviamente nel confronto finale. Pur con tutti gli elementi classici del cinema d'avventura, Lost Horizon è un viaggio così convincente nei temi esotici del colonialismo da risvegliare il senso della scoperta, qualcosa che noi uomini abituati a Google Earth possiamo solo immaginare.
La curiosità di sapere dopo Berlino e l'Himalaya quale sarà la nostra prossima tappa e quali sorprese ci aspettano invoglia a tornare nel mondo di Paddock. Naturalmente non si tratta solo di lui: ci sono comprimari ben delineati, come Kim, che nel carattere ricorda molto Nina di Secret Files, o il governatore di Hong Kong, o ancora la fredda e calcolatrice scienziata nazista. Ma sono soprattutto i personaggi minori a lasciare il segno, abitanti autoctoni o immigrati delle tante terre che visiteremo, bizzarri e ineffabili comparse che sembrano divertirsi nel farsi beffe dell'eroe. Purtroppo i dialoghi sono spesso fiumi in piena, fin troppo ricchi di informazioni. Se da un lato ci fanno conoscere a fondo tutti i dettagli della storia, dall'altro non sono abbastanza brillanti da potersi permettere tali lungaggini. Inoltre si svolgono per lo più in maniera automatica, fatta eccezione per alcune occasioni in cui possiamo scegliere la risposta da dare, senza che questo influisca comunque sulla storia.
In viaggio con il gps
Se avete giocato alla serie Secret Files riconoscerete molti elementi dell'interfaccia, che resta un esempio di tradizione. Oltre ai puzzle classici Lost Horizon offre qualche diversivo, che però rimane inspiegabilmente confinato alle prime fasi di gioco, proprio quelle contenute nella demo. Nel primo capitolo possiamo divertirci a fuggire da una cassa gettata sott'acqua, a seminare i nostri inseguitori in una scena d'azione, e a collaborare con un comprimario. Quest'ultima possibilità a dire il vero c'è anche nella fase finale del gioco, ma in quell'occasione non si possono scambiare gli oggetti tra i personaggi. Come mai le meccaniche migliori si concentrino tutte all'inizio rimane un mistero.
La vera nota dolente comunque sono gli enigmi. Sono così facili che di rado ci siamo fermati qualche minuto a riflettere, perfino di fronte a quelli meno logici. Paddock se la cava spesso dicendo "non so perché lo sto facendo, ma lo faccio comunque". E in ogni caso è sufficiente provare combinazioni diverse tra gli oggetti dell'inventario per trovare la strada giusta. Questo aspetto è soggettivo, c'è sempre chi trova gli enigmi più difficili, ma chi ha giocato a molte avventure grafiche finirà Lost Horizon senza sforzi. Anche nelle uniche due occasioni in cui il gioco ci chiede se vogliamo tentare la prova a livello difficile, la sfida si rivela comunque risibile. Senza contare poi la sfilza di cavi di ferro, bastoni e grimaldelli con i quali aprire un'infinità di casse e porte, quasi gli sviluppatori avessero esaurito le idee. Nonostante questo ci sono alcune situazioni intriganti, come l'enigma della tigre che minaccia il villaggio, anche se non danno la soddisfazione dovuta. Il punto è proprio questo: terminato un viaggio così emozionante e tortuoso, sarebbe bello poter dire di aver faticato, sentirsi stanchi per la sudata ma orgogliosi di essere arrivati in cima.
Promette bene già dalla locandina
Un altro asso nella manica di Lost Horizon è la cornice visiva. Le schermate sono tantissime, tutte dipinte a mano e impreziosite da splendide animazioni, come le bufere di neve o l'acqua delle cascate. Dettagli cruciali per le avventure grafiche, che spesso soffrono per l'eccessiva rigidità degli ambienti. Alcune immagini in particolare sono bellissime, e tutte le azioni dei personaggi sono rappresentate visivamente, senza chissà quale fluidità ma con realismo sufficiente. I modelli sono solo discreti, ma la direzione artistica ha puntato sullo stile fumettoso, compensando così le carenze tecniche. In particolare la sequenza narrativa che illustra la vicenda dell'Occhio del Drago è stata disegnata con tavole molto accattivanti.
La cura per i particolari si riconosce anche dalla scelta dei font, dal ritratto del personaggio vicino al testo del dialogo, dall'icona di caricamento e dalla schermata dei titoli. Inoltre al termine dell'avventura scopriamo se abbiamo vinto un'onorificienza (non vi sveliamo quale) e possiamo giocare al prototipo di Lost Horizon. Le somiglianze tra Secret Files e Lost Horizon ci hanno fatto venire il sospetto che questa avventura sia scaturita strada facendo dalle vicende di Nina e Max. Questo spiegherebbe perché alcune meccaniche siano presenti solo nelle prime fasi di gioco. Non a caso un puzzle nella voce extra del menù fa da teaser proprio all'uscita di Secret Files 3, forse il titolo più atteso di Deep Silver. Nel frattempo comunque, godiamoci Lost Horizon.
Conclusioni
Lost Horizon risveglia il senso di stupore per l'esotico, qualcosa che si è perso con Internet e i satelliti. E' un'avventura classica, con tutti i cliché del genere, ma proprio per questo attraente come un'epoca gloriosa che tramonta. Il merito è della sceneggiatura scritta da Claudia Kern, che taglia i tempi morti e punta dritto alle porte di Shambala, città leggendaria che custodisce un antico segreto. Forse i saggi di quella città saprebbero dirci anche perché le meccaniche migliori di Lost Horizon si limitino alla porzione di gioco vista nella demo, per poi dileguarsi e lasciare il campo a un punta e clicca dei più tradizionali. Nonostante questo Lost Horizon è lungo e coinvolgente, con schermate che diventano cartoline ricordo dei nostri viaggi virtuali. Un solo consiglio prima di partire: non caricate troppo lo zaino, c'è molta strada da fare.
PRO
- Appassionante dall'inizio alla fine
- Un vero giro del mondo
- Belle schermate dipinte a mano
CONTRO
- Le meccaniche migliori sono tutte all'inizio
- Enigmi troppo facili da risolvere
- Un mondo di logorroici
Requisiti di Sistema PC
Configurazione di Prova
- Processore: Intel Core 2 Quad Q6600
- RAM: 2 GB
- Scheda video: GeForce 8800 GT
- Sistema operativo: Windows Vista
Requisiti minimi
- Sistema Operativo: Windows XP / Vista / 7
- Processore: Pentium IV 2 GHz Single Core o CPU compatibile
- RAM: 512 MB
- Scheda video: 64 MB AGP o PCI compatibile DirectX 9
- DirectX: versione 9.0 o superiore
- Scheda audio: compatibile con DirectX 9