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Tutti indossiamo una maschera

Figlio di uno sviluppo quantomeno travagliato, il reboot di Splatterhouse ha l'ingrato compito di rendere omaggio all'originale arcade del 1988 e adattarne le meccaniche ai giorni nostri

RECENSIONE di Tommaso Pugliese   —   25/11/2010

Versione testata: PlayStation 3

Quando Namco ha dato vita all'originale Splatterhouse, sul finire degli anni '80, gli sviluppatori giapponesi (come tutti, del resto) erano particolarmente affascinati dalle icone cinematografiche statunitensi, specie quelle provenienti dai film horror. È da imputare a questo la straordinaria somiglianza fra il protagonista del gioco e il terribile Jason Voorhees della serie "Venerdì 13", nonché i palesi riferimenti alla trama de "La Casa" ("The Evil Dead") di Sam Raimi. Rick e Jennifer, una giovane coppia di studenti universitari, durante una tempesta trovano rifugio nella West Mansion, una magione soprannominata dalla gente "Splatterhouse" per via dei folli esperimenti che venivano condotti fra le sue mura dall'antico proprietario, il Dottor West. Dentro la casa, i due ragazzi vengono aggrediti da creature demoniache che portano via Jennifer e lasciano Rick in fin di vita.

Tutti indossiamo una maschera

Il sangue delle sue ferite, venuto a contatto con un'antica maschera Maya, risveglia una forza oscura e potente che si impossessa del suo corpo, donandogli una forza sovrumana ma divorando al contempo la sua anima. Se ciò servirà per salvare la sua ragazza, tuttavia, Rick è disposto a pagarne il prezzo. Per la realizzazione del remake, la trama è stata per molti versi arricchita: Jennifer deve intervistare il Dottor West per il giornale scolastico e viene accompagnata all'appuntamento da Rick, il suo ragazzo. L'invito alla West Mansion si rivela però una trappola: il dottore ha stretto un patto con gli antichi dei descritti da Lovecraft nei suoi scritti, sta segretamente raccogliendo vittime sacrificali per riportare in vita la moglie defunta e il corpo di Jen sarà il contenitore perfetto per la sua anima ritrovata. Rick viene ferito a morte da alcune creature, ma il suo sangue risveglia il potere di una maschera Maya senziente, che con lui stringe un patto: indossandola, il ragazzo tornerà in vita più forte che mai e avrà il potere per salvare Jen, ma si impegnerà in cambio a soddisfare la sete di sangue del demone. E di sangue, in Splatterhouse, ne scorrerà davvero a fiumi.

Ffffffffpumeggiante!

Dopo una prima fase di sviluppo controversa ad opera di BottleRocket, il gioco è stato affidato da Namco Bandai al team interno già responsabile del discreto Afro Samurai, che per completare i lavori si è avvalso della collaborazione di alcuni dei programmatori precedentemente sollevati dall'incarico. Il risultato è un titolo capace di prenderci alla sprovvista, che si muove fra gli alti e i bassi di un game design talvolta folle pur vantando un gran numero di elementi pregevoli.

Tutti indossiamo una maschera

La direzione artistica è ottima, e riesce a dire la propria nonostante gli scenari siano pieni di percorsi predeterminati e barriere invisibili. Una volta indossata la maschera, il protagonista viene trasformato (in modo violento) in un mostro nerboruto e strapieno di muscoli, perennemente costretto a convivere con il dolore e capace di guarire dalle ferite nutrendosi del sangue dei suoi nemici. Il modello poligonale di Rick è davvero ben fatto, dispone di un ottimo set di animazioni e soprattutto risulta "smontabile" su più livelli: alcuni avversari possono strappargli via la carne ed esporne le ossa, altri sono in grado addirittura di staccargli le braccia, con conseguenze evidenti anche a livello pratico. Per fortuna, oltre alla classica barra dell'energia il personaggio dispone di un indicatore supplementare che va riempito con il sangue delle sue vittime, e che gli permette in prima istanza di recuperare le forze anche quando versa in condizioni disperate, nonché di attingere a tale fonte di potere per eseguire una serie di manovre d'attacco tanto spettacolari quanto efficaci. Quando la misura è colma, inoltre, tramite la pressione del tasto dorsale L2 si può assistere a una trasformazione supplementare di Rick, che poi è del tutto simile a quella vista nel terzo episodio della serie originale: il ragazzo diventa ancora più grosso e le sue ossa si espandono, fuoriuscendo dalla carne come lame acuminate. In tale condizione, che dura non più di una manciata di secondi, il protagonista può avere virtualmente ragione di qualsiasi avversario, senza peraltro accusarne i colpi.

La maschera del diavolo

Dicevamo poc'anzi che Splatterhouse è un titolo capace di prenderci alla sprovvista, e il perché è presto detto: giocando al livello di difficoltà intermedio molto probabilmente non riuscirete a superare indenni il primo scontro con le creature agli ordini del Dottor West. I nostri avversari riescono a infliggerci dei danni enormi infatti, e bisogna imparare rapidamente a utilizzare la parata e la schivata (piazzate di default sul dorsale R2, una scelta quantomeno discutibile) per sopravvivere ai loro furiosi assalti. Si sente molto la mancanza di combo efficaci: la classica sequenza "attacco veloce, attacco veloce e attacco lento" di fatto non esiste, e i modi per buttare a terra i nemici o allontanarli sono molto pochi. Ne consegue un assedio continuo, da cui urge sottrarsi alla svelta per portare poi i propri attacchi in maniera lucida. Premendo il tasto Select si accede a un menu di potenziamento che ci permette, tramite l'utilizzo dei punti esperienza guadagnati, di acquistare nuove mosse, nuove combo, l'importantissimo miglioramento per la barra dell'energia e la possibilità di far durare le armi fino al 50% del tempo in più del normale.

Tutti indossiamo una maschera

Le armi, appunto: Rick troverà assi chiodate, mannaie, motoseghe, tubi e persino fucili a pompa lungo la sua strada, tutti strumenti dall'impatto devastante e curiosamente realistico: i mostri verranno letteralmente affettati dai nostri colpi, continuando a trascinarsi a terra fino a spegnersi in una pozza di sangue. E di sangue, come abbiamo detto, in Splatterhouse ce n'è una quantità industriale: le "fatality" che possiamo eseguire sui nemici indeboliti, secondo le regole classiche dei quick time event, vedono Rick strappare braccia, schiacciare teste o addirittura effettuare un'asportazione manuale dell'intestino retto, con sommo divertimento del demone insito nella sua maschera. Nei dodici stage che compongono la storia incontreremo ogni sorta di orribile creatura, dovremo risolvere semplici enigmi basati sull'attivazione di interruttori e confrontarci con avversari differenti per forza fisica, resistenza e capacità offensive. Non mancheranno inoltre i riferimenti al gioco originale del 1988, sotto forma di sezioni bidimensionali che si distinguono per la terribile frustrazione che sono in grado di innescare, con le loro "morti improvvise" e la presenza di scelte quantomeno scellerate da parte degli sviluppatori. Nella sua versione per PlayStation 3, Splatterhouse non necessita di installazione, ma avremmo davvero preferito diversamente a fronte dei tempi di caricamento: vi capiterà, in alcuni frangenti particolarmente complicati, di giocare solo per pochi secondi prima di incorrere in uno spietato game over. Ebbene, per continuare la partita serviranno dai sedici ai ventidue secondi... oltre al danno, la beffa. Sarebbe interessante capire come il gioco si comporta su Xbox 360, specie una volta installato su hard disk.

Tutti indossiamo una maschera

Trofei PlayStation 3

Contando anche il riconoscimento di platino, sono ben cinquantuno i trofei sbloccabili in Splatterhouse. Come al solito, per ottenere i trofei di bronzo bisogna completare i singoli stage o eliminare un certo numero di nemici, mentre per i trofei d'argento si passa alle uccisioni multiple con un determinato attacco. I trofei d'oro si conquistano infine completando il gioco, specie al livello di difficoltà più alto (che a sua volta va sbloccato). Da notare che la versione PS3 include una maschera extra esclusiva.

Involontari donatori di sangue

La modalità "storia" viene accompagnata da sei differenti "arene di sopravvivenza" che, come dice il nome, ci propongono combattimenti infiniti contro ondate sempre più numerose di nemici. Anche in tale frangente è possibile raccogliere oggetti extra, nella fattispecie una serie di frammenti che compongono fotografie sexy di Jennifer e la possibilità di sbloccare i tre episodi originali di Splatterhouse, presenti in versione completa e perfettamente emulati. Nel quadro della realizzazione tecnica spicca senz'altro il comparto sonoro, composto da brani metal piuttosto pompati e coinvolgenti, accompagnati da buoni effetti e da dialoghi in inglese ben recitati (sottotitolati in italiano, seppure non sempre in modo impeccabile).

Tutti indossiamo una maschera

Per quanto riguarda la grafica, oltre all'ottimo lavoro fatto per il modello poligonale di Rick e all'efficace uso del cel shading bisogna dire che il bestiario dei nemici risulta estremamente ricco e fantasioso, con creature raccapriccianti e tutt'altro che anonime: ogni mostro ha un suo perché, tanto dal punto di vista estetico quanto da quello pratico. Ottimi anche gli scenari, che partono dalle atmosfere cupe della West Mansion per poi aprirsi a location apocalittiche (giusto per citare ancora una volta "La Casa" di Raimi, il protagonista di Splatterhouse durante la storia finisce sovente in varchi spazio-temporali), garantendo sempre un'ottima vena artistica. Peccato per le già citate barriere invisibili e per la scarsa interattività, peraltro piuttosto sterile quando proposta: distruggere delle casse per non trovarci nulla dentro restituisce ben poche soddisfazioni. Il motore grafico utilizzato dal gioco sfrutta il buon vecchio Havok, e al di là dell'ottimo dettaglio visivo (vedi i muscoli di Rick, resi davvero molto bene) purtroppo non garantisce un frame rate all'altezza, con cali costanti sotto la soglia dei trenta fotogrammi al secondo (alla stregua di InFamous, per intenderci) in qualche situazione davvero problematica.

Conclusioni

Multiplayer.it
7.5
Lettori (108)
8.1
Il tuo voto

Partiamo subito con una premessa: diffidate da chi, sopraffatto dalla frustrazione e dalla difficoltà, vi dirà che in Splatterhouse non c'è nulla di buono. Il remake sviluppato da Namco Bandai rende omaggio in modo eccellente all'arcade originale, aggiungendo dettagli e sfaccettature "spazio-temporali" a una storia già di per sé coinvolgente (quando ci sono di mezzo mostri, sangue e belle ragazze in difficoltà, del resto, è difficile sbagliare) e abbinandovi un gameplay estremamente crudo e impietoso, che sa farsi odiare per via di alcune scelte francamente discutibili (nelle sezioni 2D, soprattutto) ma che alla fine dei conti ci tiene incollati allo schermo per i dodici livelli della storia, nonostante le mille imprecazioni e gli assurdi tempi di caricamento. Imperdibile per i nostalgici di Splatterhouse, e per chi ha voglia di mettersi alla prova con un action game dall'inaudita violenza.

PRO

  • Storia coinvolgente e ben diretta
  • Probabilmente il gioco più violento di questa generazione
  • Comparto tecnico di grande spessore...

CONTRO

  • ...peccato per il frame rate non all'altezza
  • Gestione scellerata dei caricamenti
  • Sa essere estremamente frustrante