"Chi sano di mente potrebbe negare che il XX secolo è stato interamente mio?" Con queste parole uno splendido Al Pacino interpreta Satana nell'"Avvocato del Diavolo", film che tra l'altro vede come protagonista quel Keanu Revees che proprio di recente è diventato un beniamino del mondo videoludico.
E se è vero che negare questa affermazione è quantomeno azzardato, è anche vero che la recensione di Blasphemous, opera seconda degli spagnoli The Game Kitchen, a ben vedere risulta qualcosa di profondamente diverso da un attacco gratuito e fuori luogo alla più importante religione del mondo in termini di numeri. Ad essere sinceri, quando abbiamo approcciato Blasphemous, di cui si è parlato per anni grazie a una campagna kickstarter andata molto bene, speravamo di trovarci di fronte proprio questo titolo, almeno a livello narrativo.
La storia è fatta di miracoli
Cominciamo subito col dire che Blasphemous è un metroidvania atipico. Per chi come il sottoscritto divora il genere, sarà addirittura difficile trovarne alcuni degli stilemi principali in termini di progressione. Questo non esclude che la struttura del level design, la scoperta di zone segrete e la crescita del personaggio non ne facciano un titolo che è possibile racchiudere in questo genere.
D'altronde a fare da collante per tutta l'avventura ci pensano un'ambientazione e un background del mondo talmente curati e dettagliati, da lasciare sbalorditi. La voglia dei ragazzi spagnoli di infarcire ogni singola ambientazione, nemico, oggetto e collezionabile di riferimenti ad una religione tanto seguita quanto controversa, rappresenta il biglietto da visita di un approfondimento da manuale, che poco ha da spartire con la blasfemia, ma che punta più alla suggestione e alla critica verso l'estremismo religioso. Questo modo di narrare è talmente instillato nel sottobosco dell'universo di appartenenza, da risultare probabilmente il migliore derivato di un souls-like. Ci rendiamo conto che questo termine ormai risulti il più abusato dell'ultima decade, ma è difficile giocare a Blasphemous e non notare una serie di profonde somiglianze. Come detto, questo vale soprattutto per l'ambito narrativo ed è lì che l'opera raccoglie i maggiori consensi. La storia che racconta prende il via dalla volontà di mettere sul piatto la tragedia e le considerazioni radicali di una religione lontanissima dagli stessi precetti che impone. Non a caso la nostra ricerca, in quanto facenti parte della confraternita dei lamenti silenziosi, è quella di fare ordine in un mondo devastato dalla carestia, e invaso da creature scaturite dal "Primo Miracolo", effettuato dal Sommo Pontefice. La certezza da parte di alcune alte sfere del clero, che la sofferenza e l'afflizione fossero l'unica via per la penitenza, hanno invero generato la reale rovina del mondo, senza più via di scampo. Il modo in cui sono raccontate le persone ormai vittime di un tempo che li sta logorando, ma che ancora sperano in quegli stessi precetti che li hanno ridotti alla fame e alla malattia, ricorda così tanto il periodo dell'inquisizione spagnola, da riuscire a mettere insieme storia e fantasia.
Tutto questo viene impreziosito da una cura estetica maniacale, che non lascia nulla al caso e che disegna ambientazioni straordinarie con l'ausilio di una pixel art pulita e comprensibile. Questo è un dettaglio non da poco per un metodo artistico quasi abusato in questi anni ma che trova nei tanti luoghi di Blasphemous un ulteriore punto cardine. Stesso discorso per gli sprite e le animazioni di protagonista e comprimari, nonché nemici e boss, i quali raggiungono vette di ispirazione difficilmente riscontrabili in progetti della stessa portata produttiva. Tutto in Blasphemous è narrativamente e visivamente accattivante, in grado di rapire e di spingere verso la successiva scoperta. Se poi sarete così attenti e maniacali da leggere e analizzare ogni racconto e descrizione inseriti nel gioco, per di più adattati splendidamente in italiano, non potrete che restare sorpresi dal progetto.
Gameplay: alcuni tasti dolenti
Come detto Blasphemous è un metroidvania atipico. Diviso in macro zone, tutte collegate su di una mappa liberamente analizzabile, riuscirà a portarvi via tranquillamente una quindicina di ore per un primo passaggio, senza stare neanche troppo attenti a controllare e analizzare tutto a fondo. Si tratta di un titolo che presenta più contenuti di quanti si possa credere, ma che purtroppo non li differenzia a sufficienza, finendo per andare incontro a una mancanza di progressione nel gameplay che è quanto di peggio possa accadere a un titolo appartenente a questo genere.
La criptica volontà di mantenere fumosa la trama e i suoi risvolti, si ripercuote su un andamento del gameplay anch'esso troppo frammentato, fatto di pochissimi upgrade, nessuno dei quali indispensabile per la prosecuzione del viaggio. Non bastano una serie di elementi RPG a risolvere questa problematica. L'avere una singola spada, la Mea Culpa, non si traduce automaticamente in un problema in quanto unico mezzo di morte, quanto per una serie di implementazioni che cambiano poco o niente l'esperienza nel suo insieme.
È possibile equipaggiare i cosiddetti grani del Rosario, che altro non sono che semplici perk che modificano le più svariate abilità del vostro alter ego, dalla possibilità di vedere la barra della salute di ogni singolo nemico, fino a quella di avere a disposizione una maggiore resistenza ai danni elementali. A questi si aggiungono le reliquie, veri e propri artefatti che rappresentano quanto più possibile il concetto di abilità care ai metroidvania. Peccato che queste siano troppo poche e troppo poco incisive. Si passa poi alle abilità e ai cuori del Mea Culpa: le prime si dividono in livelli e sono gestite come un classico albero dei talenti da sbloccare mentre si avanza, a patto di aver trovato gli altari necessari a far salire di livello la spada. I secondi sono invece degli specifici oggetti da incastonare sull'elsa dell'arma (uno alla volta) e che vanno a modificare l'utilizzo della stessa. Chiudono il cerchio le preghiere: equiparabili alle magie e per questo in grado di consumare fervore, un indicatore sottostante alla salute che è possibile aumentare permanentemente trovando specifici luoghi nascosti sulla mappa.
A rendere frustrante questo andamento ci pensano una lentezza disarmante nel backtracking, che vive di poche zone facilmente raggiungibili con viaggi rapidi e che soprattutto non vede mai la velocizzazione dell'andamento del protagonista, con la conseguente impossibilità di rendere facile e indolore il girovagare per la mappa. Stesso problema che si riscontra per quanto concerne il platforming, spesso poco preciso o troppo punitivo, portando alla morte più di qualsiasi altro nemico. In questo non aiuta ovviamente l'utilizzo di pad come i joycon, ma resta una mancanza di cura strana e ingiustificata, considerata quella certosina riposta nelle hitbox. La parata, la scivolata e i fendenti sono infatti magistrali e restituiscono un feedback difficilmente riscontrabile in altri titoli del genere. Fortunatamente la morte non risulta punitiva come quella di un qualsiasi souls-like. Nonostante il gioco si basi sul recupero di una risorsa, le lacrime, ascrivibili alle anime della serie di From Software, allo stesso tempo la dipartita non porta alla perdita di queste, quanto alla diminuzione della quantità che è possibile accumulare, così come del totale del fervore, almeno finché non si recupera la "colpa" lasciata sul campo di battaglia.
Chiudiamo questa disamina parlando dei boss, una decina abbondante, che risultano secondo noi emblematici per comprendere Blasphemous nel suo insieme. Alcuni di essi si dimostrano bilanciati, interessanti e magistralmente realizzati dal punto di vista estetico. Tutti gli altri si dividono invece tra una totale mancanza di sfida, e una frustrazione generata da problemi nelle tempistiche di attacco e di risposta ai comandi, che spesso portano a non riuscire a rialzarsi in tempo ed essere così costretti a prendere più colpi in sequenza senza alcun motivo logico.
La versione Switch
Abbiamo avuto modo di provare, seppure per breve tempo, anche la versione PC, facendoci quindi un'idea di quanto fosse ben ottimizzato questo porting sull'ammiraglia Nintendo. Nonostante una serie di titoli non esattamente entusiasmanti nel periodo passato, Blasphemous vive una sorte diametralmente opposta, con un livello tecnico adeguato e che presenta solo il classico fenomeno della patina e qualche micro rallentamento nella versione dock. Nulla da dire invece per la fruizione in modalità portatile, sempre tenendo presenti le limitazioni ergonomiche di un pad non proprio pensato per un gioco di questo tipo.
Conclusioni
Siamo pronti a scommettere che solo per il suo nome, giustamente ben studiato, Blasphemous venderà una certa quantità di copie. In realtà, al contrario di quanto si possa credere, il titolo di The Game Kitchen è meno blasfemo di quanto si possa immaginare, al netto di qualche scelta azzardata nella messa in scena, ma che noi abbiamo apprezzato dal punto di vista estetico. Narrativamente e stilisticamente si tratta di un'opera dal valore altissimo, impreziosita da un tono cupo e un adattamento in italiano come poche altre volte ci è capitato di vedere. Purtroppo il gameplay e la progressione della campagna non rispecchiano allo stesso modo questa bontà, traducendosi in un'offerta ludica poco appagante sul lungo periodo. Il team di sviluppo ha però tutte le carte in regola per crescere e prosperare in futuro.
PRO
- Valori narrativi e artistici incredibili
- Buona longevità
- Tecnicamente ben ottimizzato
CONTRO
- La progressione non rende giustizia all'idea di metroidvania
- Qualche scelta sbagliata nel design di alcune zone