Fa un po' impressione pensarci, ma questa recensione di Machinarium arriva a quasi dieci anni di distanza da quando abbiamo visto il gioco per la prima volta su PC. Da allora di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia, con l'esplosione del panorama indie che anche su console ha portato a un'invasione di giochi che vengono considerati comunemente "artistici", o comunque soluzioni ibride ed esperienze narrative varie che sono diventate sempre meno alternative, nel senso della loro posizione rispetto alla normalità del panorama videoludico. Questo perché nel frattempo il panorama in questione ha subito importanti cambiamenti nel sistema di riferimento, proprio grazie all'ondata di produzioni indipendenti. Eppure, nonostante si sia sicuramente più abituati ora ad approcci originali e anche bizzarri in termini di narrazione e interfaccia, Machinarium mantiene intatto il suo fascino originale, grazie soprattutto allo straordinario talento di Amanita Design.
D'altra parte, Samorost è stata probabilmente una delle prime avventure grafiche sperimentali ad avere successo planetario, con quella che si potrebbe definire una narrazione emergente e un gameplay tutto basato sul mistero e sui tentativi di capire come lo scenario possa reagire alle interazioni; sulla necessità di entrare in una mentalità che ha molto a che fare con la logica ma ben poco con il luogo comune. Allo stesso modo, Machinarium scardina la struttura classica dell'avventura grafica eliminando qualsiasi tipo di narrazione esplicita e costruendo l'intero puzzle design su rimandi ermetici, simbologie, meccanismi logici e un bel po' di umorismo, senza però mai scadere nell'assurdo. Al di là di quanto sia godibile come avventura grafica, Machinarium ha dunque anche un'importanza specifica nell'aver proposto una sua interpretazione artistica del genere che riesce ad essere anche funzionale in termini di gioco, ovvero divertente. Non è poco, per un videogioco.
La storia di un robot
Machinarium è a tutti gli effetti un'avventura grafica classica, di quelle in stile punta e clicca, ma la sua particolarità sta nell'assenza di parlato o testo scritto, nella necessità di dover capire, semplicemente osservando, quello che è necessario fare per risolvere gli enigmi sparsi tra le affascinanti schermate dipinte a mano che costituiscono il favoloso mondo del robottino Josef. Lanciato come spazzatura in una discarica, da qui il piccolo automa si ritroverà ad essere protagonista di una vera e propria epopea che lo porterà a riscattarsi nei confronti di una serie di bulli che gli hanno reso la vita particolarmente difficile e forse anche salvare l'intero mondo meccanico da una possibile minaccia, contando sull'ingegno e sulla sua capacità specifica di allungarsi e rimpicciolirsi all'occorrenza, oltre alla possibilità di trasportare vari oggetti infilandoseli semplicemente in bocca. Tutto questo non viene spiegato in maniera esplicita, ma illustrato con spassose scenette a fumetti che fanno da flashback sulla storia del protagonista o semplicemente dedotto da quello che accade sullo schermo, perché non esistono dialoghi in questo mondo meccanico, come non esistono parole scritte.
Chiaramente, la necessità di intendere tutto attraverso disegni e schemi fa parte della sfida, ma proprio come in un meccanismo perfetto tutto rientra in una certa logica, per cui è vero che spesso c'è da andare a tentativi ma risulta anche chiaro come la soluzione dei diversi enigmi non sia mai aleatoria, al di là dei casi in cui gli oggetti con cui interagire non siano subito chiari ed evidenti all'interno della ricchezza che caratterizza gli scenari. L'interfaccia è estremamente semplice, con il cursore che consente di muoversi, interagire con gli elementi dello scenario in maniera contestuale e la possibilità di combinare gli oggetti dell'inventario semplicemente trascinandoli uno sull'altro. La versione Nintendo Switch supporta sia il sistema di controllo delle versioni console, con il cursore semovibile attraverso lo stick analogico destro e un tasto per l'azione, sia l'interfaccia touch screen delle versioni mobile, particolarmente funzionale anche se più adatta agli schermi ampi dei tablet.
Meccanismo perfetto
Non è proprio la storia quello che ci fa proseguire nel mondo di Machinarium, anche se il percorso di riscatto del piccolo protagonista è certamente un cliché che riesce sempre a far presa, specialmente quando il personaggio in questione risulta così carismatico pur nella sua estrema semplicità. Il segreto del gioco si trova piuttosto nel composito insieme dato dall'atmosfera, dall'ironia e tenerezza che lo pervade e dall'ottima costruzione dei puzzle che, sfruttando in maniera creativa e intelligente l'assenza di testo e l'ambientazione meccanica, propongono delle sfide impegnative ma anche stimolanti, originali senza andare troppo sull'astruso. C'è un notevole senso della misura in Machinarium, che si riflette nella coerenza della sua visione d'insieme, derivata da una direzione artistica veramente di alto profilo.
Il fatto che Amanita Design sia un team emerso più dall'ambito artistico e grafico, partendo dall'illustrazione e dall'animazione per approdare al videogioco, ha determinato un effetto positivo che si intravedeva nei primi Samorost ma risulta ben evidente in Machinarium: l'essersi formati all'esterno di questo ambiente ha portato il team ad avere un approccio diverso dallo standard, rimanendo al di fuori delle sovrastrutture tipiche dello sviluppo videoludico. Quello che appare è un videogioco che ha poco di tipico in termini di narrazione e puzzle design, almeno visto con lo sguardo che si poteva avere nell'anno in cui è uscito. Il tempo passato e l'avanzare della new wave indie ha eroso la forza dirompente di questo titolo, che si trova ora ad essere necessariamente accomunato a diverse altre avventure grafiche atipiche, venute fuori tra l'ambito PC e quello mobile. Ovviamente questo non toglie nulla al valore originale di Machinarium, ma effettuando una valutazione contestualizzata al periodo storico, questa differenza nei confronti del lancio originale emerge in maniera piuttosto chiara.
Conclusioni
Cominciamo col dire che Machinarium è un indie diventato classico e la sua magia è rimasta intatta: caratterizzazione grafica, particolare narrazione e costruzione degli enigmi sono elementi che hanno mantenuto una notevole forza, nonostante il tempo passato. D'altra parte, dovendo valutare un gioco che viene riproposto sostanzialmente invariato a oltre nove anni di distanza dalla sua uscita originale, un minimo di contestualizzazione va fatta. Oggi il panorama delle avventure grafiche è tornato a essere molto più ricco e variegato, anche con il ritorno di autori storici, inoltre le piattaforme su cui Machinarium risulta maggiormente godibile restano probabilmente il PC con un mouse o i tablet con il touch screen. Considerando anche la sua rigiocabilità praticamente nulla, la versione Nintendo Switch di Machinarium è dunque dedicata a chi non ha avuto ancora la possibilità di giocare Machinarium altrove.
PRO
- Bello da vedere e da ascoltare
- Enigmi ben congegnati
- Narrazione "muta" di grande fascino
CONTRO
- Fin troppo "ermetico" in alcuni casi
- Arriva su Switch con gran ritardo e senza particolari aggiunte