Che Washington D.C. fosse un'ambientazione bella sì, ma incapace di ammaliare le persone come fece New York nel primo capitolo lo avevamo intuito più o meno tutti. Che Massive lo sbandierasse così palesemente, forse, lo immaginavamo di meno. Nel lavorare alla recensione di The Division 2: Warlords of New York comunque, abbiamo notato ancora una volta l'amore che traspare per The Division e come questo sia rimasto immutato nel tempo, nonostante gli alti e i bassi del cover shooter targato Ubisoft. Warlords of New York è un punto di svolta, un "mea culpa" evidente rispetto ad alcune scelte passate, ma un monito importante verso altri rivali nel mercato: "abbiamo imparato dai nostri errori e siamo tornati più forti di prima". Vediamo però perché.
New York New York
La neve ha lasciato spazio all'erba incolta, ai mille depositi di rifiuti abbandonati a margine delle strade che accompagnano ogni vostro giro per New York. La città della grande mela è bella, bellissima, mantiene un fascino innegabile forse figlio dei ricordi dei primi momenti di The Division, eppure dopo pochi minuti si capisce che le sensazioni non sono eredità del passato, ma emblema del presente. La conformazione topografica di New York permette di giocare con l'illuminazione tra i palazzi, con i riflessi tra i resti delle macchine oppure con i rumori tra un vicolo e l'altro di qualche gruppo di nemici. Nella sua desolazione, New York è viva, piena di personalità più di quanta ne avesse Washington nella sua immensa storia e cultura tra musei e monumenti.
Tra un raggio di sole e l'altro però, New York mostra il suo lato tetro, putrido, marcio: i Rikers e i Purificatori presidiano le zone e le passeggiate innevate del primo capitolo hanno lasciato il passo a momenti concitati ricchi d'azione. New York è casa certo, ma una casa che abbiamo lasciato da tempo e che non è più la stessa di prima. Il pretesto di un nuovo inizio a Manhattan è dunque il modo perfetto per introdurre indistintamente tra novizi e veterani il nuovo sistema di endgame e di sviluppo narrativo che da qui al futuro condurrà gli anni di supporto del titolo Massive Entertainment. Assieme alla rivoluzione però, il lato artistico e di design non muta, come a rimarcare che la caratterizzazione delle ambientazioni non è un orpello estetico ma un marchio di fabbrica di Ubisoft.
Narrativa e progressione
L'ambientazione è però anche fulcro della narrativa di Warlords of New York, la città è infatti divisa per zone ognuna dedicata a un agente rogue (i Warlords appunto) che dovremo prima scovare e poi affrontare in una caccia all'uomo che ci condurrà nelle braccia del caro e vecchio Aaron Keener. Il capitolo finale della trama legata a Aaron Keener è gestito in maniera sapiente proprio grazie alle possibilità offerte da New York e dai suoi quartieri così caratteristici. Ogni Warlords ha poi una peculiarità ben definita che sfrutta appieno all'interno di uno scenario ad hoc e riesce a creare diversi momenti memorabili. Purtroppo però, questi frangenti risultano localizzati solo nella parte finale di ogni sezione con gli agenti traditori, ovvero le missioni che conducono agli scontri. Ogni fase preliminare, invece, soffre di un certo annacquamento che purtroppo in titoli di questo genere può sopraggiungere.
La sensazione ci è sembrata quella di una storia ben orchestrata e pensata in maniera sapiente nei suoi punti chiave ma che sì perde ogni tanto nella messa in pratica, a causa di un sistema, quello dei documenti narrativi in-game, che ad oggi è forse troppo frastagliato e poco intuitivo. Gli approfondimenti sulle figure dei Warlords ci sono, ma risulteranno ai più un'aggiunta opzionale e completamente di contorno essendo legata alle registrazioni e agli ECHO. A trarre vantaggio da questa situazione è proprio la figura di Keener che ad oggi forse è una delle meglio riuscite di tutto il franchise di The Division.
Quello che invece non ci ha convinto è la scelta di riproporre questa formula anche dopo la fine dell'arco narrativo di Keener. Senza troppi spoiler, una volta conclusa la vostra missione a New York avrete da affrontare quella che formalmente è la Stagione 1 di The Division 2, che proprio come altri colleghi nel recente passato ha deciso di optare per una formula stagionale del supporto post lancio. Vista dunque questa volontà, è fondamentale caratterizzare ogni stagione, e riproporre la formula dei "quattro mini boss per arrivare al super boss finale" due volte di fila non è forse la giusta scelta.
Se dunque narrativamente e artisticamente Warlords of New York è una bella realtà, a rendere davvero corposa questa espansione è la rivoluzione messa in atto da Massive Entertainment a livello di gameplay. Partiamo dall'inizio: il Level Cap è stato incrementato di dieci punti e dunque la campagna da circa otto ore vi permetterà di passare dal livello 30 al livello 40 senza difficoltà, sia che abbiate scelto di portarvi dietro il vostro personaggio, sia che abbiate deciso di iniziare direttamente da questa campagna con un personaggio predefinito di livello 30.
La trama avrà poi l'obiettivo di farvi conquistare quattro nuove abilità, ottenibili dai quattro Warlords, che però non vogliamo anticiparvi. Queste abilità vanno a inserirsi appieno nella rivalutazione dell'ecosistema di loot e di progressione che ora vi permetterà una maggiore varietà in termini di specializzazioni. La progressione dal livello 30 al livello 40 risulta invariata, si guadagna EXP, si cerca loot di rarità ed efficacia sempre maggiore e si raggiunge il cap. Qui però tutto cambia e i giocatori possono decidere di concentrarsi su diversi aspetti scegliendo dunque tra build finalmente efficaci grazie ad armi e armature scelte al fine di massimizzare le statistiche e abilità elevate a livelli di danno e utilità che definire "divine" forse sarebbe sminuente. Chiaramente, in tutto questo resta presente la superiore supremazia dell'equipaggiamento esotico, ma ovviamente si tratta di eccezioni elitarie da inserire in un contesto che ora assume un contorno strategico decisamente più marcato. Infine i livelli SHADE, introdotti in maniera intelligente e contestualizzata (anche a livello narrativo hanno un loro perché) servono da ulteriore mezzo di specializzazione visto che permetteranno di spendere ulteriori punti extra per potenziare le abilità e dare una profondità maggiore alle specializzazioni.
Conclusioni
Trovandoci dunque a valutare quello che è l'inizio di una nuova era per The Division 2, non possiamo che essere soddisfatti: innanzitutto per la rivalutazione dell'endgame ora coeso alle caratteristiche intrinseche delle armi e della stratificazione delle build legata alle scelte di potenziamento del giocatore (scegliere di concentrarsi sul potenziamento delle abilità ad esempio risulterà in un differente approccio al battle system), ma anche per la maggiore importanza del loot e per le scelte narrative che dovrebbero arrivare con il passaggio alla formula stagionale. Nonostante questo, c'è ancora da lavorare sulla diversificazione delle missioni, sulla corposità degli approfondimenti della lore in-game e sul perfezionamento di alcuni aspetti ludici. Che siate dei cacciatori solitari o degli squadroni della morte The Division 2: Warlords of New York può offrire tanto divertimento agli amanti dei looter shooter, più di quanto ci si potesse aspettare dopo l'inizio travagliato del titolo ormai un anno fa.
PRO
- New York è bellissima e artisticamente ancora ispiratissima
- Le sezioni finali coi Warlords sono complesse e stimolanti
- La progressione ora ha senso ed è stratificata
- Le build ora acquisiscono maggiore importanza
CONTRO
- Ancora troppa ripetitività di alcune missioni
- Il sistema di approfondimento in-game della narrativa e di collezionabili andrebbe rivisitato