E' passato un anno abbondante dall'uscita di Journey, e ancora oggi se ne parla tantissimo, il terzo titolo dei Thatgamecompany è stato il completamento di un processo di sviluppo che ha portato questo team composto da sole tredici persone ad affermarsi nel panorama videoludico mondiale e guadagnare i soldi necessari per diventare indipendenti e multipiattaforma, senza dimenticare la riconoscenza verso una Sony che ha creduto fermamente finanziando i loro primi titoli.
Il culmine di tutto questo è avvenuto proprio alla GDC 2013, dove Journey ha fatto incetta di premi, dopo i tanti già conquistati nel corso degli ultimi dodici mesi. Jenova Chen si trova a capo di questo piccolo team di sviluppo, e col suo stile peculiare di creare giochi è riuscito a catturare centinaia di migliaia di giocatori. Il modo di esprimere il proprio pensiero e di calcare la mano sull'importanza di suscitare emozioni mentre si gioca gli hanno regalato addirittura una standing ovation al termine della conferenza che lo ha visto protagonista durante la GDC di San Francisco; invero un po' ricercata, ma non per questo immeritata, dopo aver letto gli attestati di stima enormi ricevuti via mail dopo aver rilasciato il gioco. La conferenza si è incentrata sullo sviluppo di Journey, con diversi spunti interessanti compresi quelli che abbiamo già accennato nelle prime righe di questo articolo. Thatgamecompany è stata fondata nel 2006 e dopo aver dato la nascita Flow e Flower si è dedicata, dal 2009 al 2012, a quello che è stato il titolo di maggiore successo e maggiormente ispirato.
Eliminare le distrazioni
Di problemi ce ne sono stati, e ci torneremo più avanti, in realtà già nel 2006 Jenova Chan stava maturando l'idea di un gioco del genere; a quei tempi era costantemente su World of Warcraft, titolo che inizialmente pensava avesse una forte componente sociale, e lo facesse sentire meno solo. Col passare del tempo si è accorto che in realtà la possibilità di scambiare emozioni e attenzioni veniva soverchiata da altre cose che il gioco offriva, il loot, il desiderio di rivaleggiare in combattimento, il divertimento procurato. Alla stessa maniera alcuni giochi sociali come Farmville o un Zynga poker sono in realtà solo freddi numeri e scambio di risorse. The Sims è stato il primo gioco che ha cominciato a dargli la sensazione dell'esistenza di una socializzazione, di una connessione tra cose e persone, e l'essersi fatto le ossa su Flow e Flower ha permesso infine con Journey di realizzare la propria visione. Per spiegarla Jenova Chen si è rifatto ad un aneddoto, il suo incontro con Charles F. Bolden, astronauta che ha avuto la fortuna di vedere la Terra e la Luna dallo spazio, così piccole che lo hanno segnato e portato ad acquisire un nuovo tipo di spiritualità, un'emozione fortissima che l'ha cambiato. Una persona che si è sentita "piccola" rispetto alla Luna e al mondo in lontananza, che è rimasta ore ferma a pensare, che si è sentita sola in un contesto enorme.
In tanti videogiochi ci sono poteri e derivati che aiutano ad avere il controllo di quello che accade attorno a loro, in quelli online c'è sempre competizione e poca reale connessione, c'era bisogno quindi di ribilanciare il rapporto degli uomini con il mondo, ridisegnare l'esperienza sociale e lasciare sempre il gioco focalizzato sul giocatore. Creare un titolo che ti fa sentire talvolta piccolo, talvolta solo, ma sempre in grado di farti avvertire il senso del mondo circostante. Per Jenova Chen solo Myst e Shadow of the Colossus ci hanno provato, e Journey ha voluto seguire queste linee guida.
Nell'idea iniziale il gioco doveva essere in cooperativa, ma in seguito al fatto che poi le meccaniche implementate non avrebbero funzionato in singolo e alla valutazione da parte di Sony che un gioco unicamente in multigiocatore non avrebbe venduto, gli sviluppatori hanno creato più volte il prototipo dal quale partire, fino a quello che ha dato il via alla creazione del gioco vero e proprio. Thatgamecompany ha sempre creduto che anche il comparto tecnico è gameplay. Per questo motivo ha curato tantissimo questo aspetto, regalando momenti memorabili sia dal punto di vista visivo che musicale, tanto da meritarsi una nomination ai Grammy Awards. Per realizzare la propria visione di lasciare al giocatore delle emozioni, è bene però eliminare tutte le distrazioni che potrebbero minarle. A partire da quelle proprio emozionali: via quindi armi, nemici, poteri e tutto quanto può minare il rapporto del giocatore con la grandiosità del mondo circostante.
Eliminare le distrazioni online, come i nomi sui personaggi, le statistiche, la chat testuale e quella audio: nel vivere la propria esperienza di socializzazione non si vuole mica sentire il cane di un'altra persona abbaiare. Durante la fase di produzione gli sviluppatori hanno deciso di eliminare anche la possibilità di invitare amici a condividere l'avventura; in questo caso l'assenza di qualsiasi strumento di interazione avrebbe cozzato col fatto che, appunto, si sta giocando con amici con i quali fa piacere interagire. Nessuna concessione quindi, solo alla fine dell'avventura il titolo mostra con chi avete giocato durante l'arco dell'avventura.
Un altro momento interessante della conferenza è stato quello dove Jenova ha discusso della scelta di consentire al massimo due giocatori in contemporanea su schermo: con tre o più c'è il rischio che le connessioni sociali possano rovinarsi, magari due fanno "comunella" ignorando il terzo, che a questo punto si sente isolato ma comunque con la costrizione di non poter decidere.
Se la connessione è tra sole due persone, il libero arbitrio tra il rimanere o andare via è la formula grazie alla quale la cooperativa può funzionare.
E ancora, se nel gioco inserisci degli oggetti da guadagnare, la connessione di cui sopra può essere a rischio perché c'è la corsa al loot e all'invidia reciproca, se invece ad uno dei due personaggi si danno delle risorse delle quali l'altro può beneficiare, ecco che il primo potrebbe additare il secondo di essere parassita.
Dulcis in fundo, evitare distrazioni fisiche. Se i due personaggi possono aiutarsi, allora possono pure danneggiarsi, è anche più divertente spingersi o buttare giù un'altra persona da un dirupo o contro un oggetto contundente, secondo uno studio psicologico citato da Jenova Chen le persone che si proiettano in un mondo virtuale sono come dei bambini che provano tutto e che annullano la propria morale ben radicata nel mondo reale, preferendo le cose più divertenti o di maggiore impatto estetico. Risultato? In Journey non ci sono collisioni.
Solo dopo diverse prove e aver rimandato il gioco per due anni gli sviluppatori sono riusciti a trovare il bandolo della matassa. Il finale era troppo debole, non c'era il senso di avvicinamento alla montagna auspicato e lo stacco tra le varie sezioni non era evidente.
Alla fine Thatgamecompany è riuscita creare il Journey che tutti noi abbiamo giocato e apprezzato, la conferenza si è avviata verso la fine e, come scritto all'inizio dell'articolo, tutti in piedi ad applaudire il talentuoso Jenova Chen, con la curiosità di sapere cosa ci proporrà in futuro.