Le conferenze alla GDC relative al Game Design sono sempre tra le migliori. L'associazione degli scrittori si distingue per avere una buona capacità di organizzazione interna e per riuscire, in qualche modo, a tenersi in contatto e far sì che a ogni appuntamento relatori e argomenti siano chiari, concisi e quasi sempre significativi, in grado di sottolineare aspetti della creazione di un gioco a cui magari si aveva pensato, ma che non si erano mai riusciti a mettere a fuoco.
È successo anche oggi grazie a Fasih Sayin, produttore e game system designer di Crytek, che ha voluto condividere i risultati di una ricerca molto interessante svolta dalla software house tedesca su un campione di più di seicento giocatori nell'arco di quattro anni. A questi ragazzi e ragazze sono stati fatti giocare tutti titoli caratterizzati dalla possibilità di compiere delle scelte, che sono state registrate così da determinare tre profili di utenti dalle caratteristiche accomunabili. Le premesse ci avevano lasciati un po' perplessi, visto che in effetti i giochi Crytek non si può certo dire che brillino per profondità narrativa o per la libertà di scelta che lasciano ai giocatori, ma per fortuna ci siamo voluti fidare del tema della conferenza così da potervene raccontare i contenuti.
Note Bene: questo articolo contiene spoiler su giochi come Gone Home, Beyond: Due Anime, BioShock e The Witcher.
Il cervello umano, la sua capacità di immaginare e le scelte nei videogiochi: la GDC parte davvero bene!
Come funziona il cervello?
Linda ha 31 anni; è una donna single, di ampie vedute e ha un atteggiamento molto positivo verso la vita. Da giovane ha studiato filosofia, sociologia ed è stata attivista politica, sempre in lotta contro ogni tipo di atteggiamento discriminatorio. Com'è Linda, adesso? Facendo questa domanda al campione di giocatori poco sopra menzionato, l'86% dei soggetti ha pensato che Linda potesse essere una cassiera di banca e convinta femminista. Solo il 14% ha scelto la possibilità che fosse una cassiera e basta.
La scelta si basa sull'analisi di elementi tipici della nostra società, su concetti derivati da precedenti esperienze, che portano il cervello ad aspettarsi una cosa piuttosto che un'altra. È un sistema di logica molto complesso e velocissimo che funziona anche negli scacchi. Come faceva Kasparov a vincere sempre giocando contro anche i più potenti computer? Perché al contrario dei processori, il cervello umano ha un sistema di analisi e di logica che gli consente di pensare e risolvere situazioni più complesse di quelle di un operatore. Se pensiamo ai predatori ci vengono in mente lo squalo, che ha denti aguzzi e può sentire il sangue a metri di distanza, o l'aquila che ha artigli affilati e può scendere in picchiata come un razzo sulle sue prede. Ma qual è il predatore più feroce, quello che sta in cima alla catena alimentare? È l'uomo, che non ha artigli, non ha sensi sviluppati, non è particolarmente veloce, ma ha la capacità di predire il futuro analizzando i comportamenti degli altri animali e gli elementi dell'ambiente che lo circondano. Come per Linda, che però è solo una cassiera, per niente femminista. Perché le previsioni del cervello umano possono essere sbagliate, ottenute come sono dall'analisi e dalla raccolta di elementi pregressi. Il cervello ha quindi questa tendenza a riempire gli spazi vuoti, a connettere tra loro i puntini di un disegno non ben delineato. I giochi - quelli buoni - a livello narrativo possono sfruttare questa capacità come nel caso di Dear Esther, che quasi non ha una storia ma che ti lascia riempire i vuoti con l'immaginazione, dandoti lo spazio per creare la tua, di storia. O prendendo un prodotto come Gone Home, che ha un livello ambientato in una cantina completamente buia: cosa accade al buio? Ogni persona ci metterà i pericoli più diversi a seconda di come funziona il proprio cervello.
Narrazione interattiva
Cos'è dunque la narrazione interattiva? Cosa significa implementarla nei giochi? Significa mettere il giocatore di fronte a una serie di scelte seguendo e tenendo presenti almeno tre punti fondamentali, che il nostro chiama immersion (immersività, diremmo), agency e transformation. L'immersività è quella tipica di ogni buona fiction, che consente allo spettatore di immedesimarsi nel mondo del gioco e di far parte del setting e di quel che accade.
Transformation è quando il giocatore sente che, a ogni partita, il mondo cambia, così come cambia il proprio personaggio, che sia fisicamente oppure sotto il profilo psicologico. Agency è quel fattore che interviene quando il giocatore sente che le sue azioni sono in grado di cambiare il mondo di gioco o l'evolversi della storia. Il problema è che si tendono a fare giochi lunghissimi, con storie sfilacciate che non aiutano la narrativa. Ci sono esempi positivi, capolavori. BioShock è ottimo sotto il profilo dell'immersività: c'è un disastro aereo, l'eroe arriva a fatica su questo faro, immerso nel buio e avvolto dall'oceano. Entra e trova una siringa che si inietta senza pensarci due volte. Chi mai lo farebbe nella vita? Nessuno, e l'incantesimo un po' si rompe. Amnesia è un esempio ottimo di immersività, ma il giocatore muore di paura e ci si scolla sulla lunga distanza, perché il giocatore sa che è una cosa poco plausibile. The Witcher è un ottimo titolo sotto il profilo della Transformation, visto che ci si rende conto che la fine del gioco è plasmata sulla base delle scelte che si fanno durante tutto il titolo.
Lo stesso può dirsi di The Stanley Parable, che basa quasi tutto sulle decisioni e poco altro. Beyond, nonostante le critiche, va benissimo per capire il discorso di Agency con intere scene che saltano a seconda delle scelte che si fanno: vedi quella del bar con la violenza sessuale che può accadere o essere evitata completamente a seconda di come ci si comporta. The Walking Dead sottolinea ogni azione e sua conseguenza con delle brevi frasi del tipo "Clementine si ricorderà questo", molto importanti proprio per far rendere al conto al giocatore che qualcosa sta cambiando. Stessa cosa dicasi per Mass Effect, che associa un comportamento a colori diversi in base dell'orientamento morale che si vuole tenere e che, per alcune scelte, pone conseguenze radicali. Analizzando le reazioni di fronte a queste scelte, il nostro è arrivato a individuare tre profili con una serie di caratteristiche piuttosto precise:
The Gamist, che vuole vincere, non ama i sistemi di gioco complessi, che desidera un ambientazione giusta in cui le regole siano chiare. Pensa che il realismo non si affatto necessario e ama essere messo alla prova pad alla mano.
The Simulationist, che ama sentirsi diverso da quel che è in realtà, adora la coerenza e il realismo e apprezza i sistemi di gioco complessi. Pensa che la vita non sia giusta di per sé, e non è detto che debba esserlo un gioco, e ritiene sempre che le storie siano campate per aria e quindi se ne possa fare a meno.
The Narrativist, che vuole identificarsi con il protagonista del gioco, pensa che ogni elemento dovrebbe essere al servizio della narrativa e che vede la catarsi come obiettivo primo. La coerenza della narrazione dovrebbe prevalere sul realismo e vorrebbe che a ogni decisione presa seguissero delle conseguenze.
Alla fine l'importante è decidere per quale di questi giocatori si desidera realizzare un gioco, dal momento che farli contenti tutti è impossibile.