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A volte ritornano... - JRPG

Torniamo a parlare di vecchi JRPG che vorremmo rivedere, anche rimasterizzati... e sì, questa volta c'è anche "quello"!

RUBRICA di Christian Colli   —   11/09/2015

Bentornati ad A volte ritornano, la rubrica aperiodica che ricorda cinque glorie del passato e immagina come potrebbero diventare se qualche buon sviluppatore le prendesse e le rimasterizzasse o le rifacesse da zero. L'ultima volta vi abbiamo parlato di picchiaduro a incontri, ma il nostro primo appuntamento aveva parlato di RPG nipponici e i nostri lettori avevano chiesto a gran voce di un gioco in particolare, quel The Legend of Dragoon che a volte ci sembra persino più amato di Final Fantasy VII. Lo abbiamo ricordato in questa occasione, insieme a due altri giochi dell'epoca PlayStation e a due capolavori dell'era 16-bit: uno in Occidente ci è arrivato, e l'altro no. Avete già indovinato quali sono?

Ecco altri cinque JRPG che vorremmo rigiocare, e c'è anche l'amatissimo The Legend of Dragoon!

The Legend of Dragoon

Uscito nel lontano 1999, quando l'era della prima console PlayStation volgeva ormai al tramonto, il JRPG sviluppato da SCEI conquistò subito il pubblico e la critica per parecchi motivi: la grafica straordinaria, la colonna sonora epocale, la trama avvincente e il gameplay innovativo. Non che fosse un titolo perfetto, quel The Legend of Dragoon. I suoi difettucci li aveva. Per esempio, sì, la grafica era veramente bella, ma lo erano soprattutto gli sfondi prerenderizzati, su cui si muovevano modelli poligonali non molto dettagliati. E sì, il gameplay era innovativo, ma la meccanica delle Addition - le combo che alcuni personaggi potevano sparare in faccia ai nemici - era un po' frustrante a lungo andare, e la trasformazione in Dragoon, quando i personaggi "indossavano" le loro armature alate, era spettacolare ma alla fine diventava praticamente un passaggio obbligatorio, per nulla strategico.

A volte ritornano... - JRPG

E poi c'era quel doppiaggio in italiano... uno dei più brutti che abbiamo mai avuto la sfortuna di sentire. E quindi, come migliorare quello che, nonostante le suddette critiche, era un RPG talmente coinvolgente da eclissare i rinomati Final Fantasy dello stesso periodo? Ebbene, intanto preferiremmo un remaster fatto bene, e non una cosa alla Final Fantasy VII, coi modelli poligonali in alta risoluzione sui fondali sgranatissimi. Via la traccia italiana, tanto non si poteva sentire, e largo al dual audio: doppiaggio americano e giapponese, a scelta. Via anche i combattimenti casuali, erano troppi: implementiamo un bel sistema alla Bravely Default, in modo che il giocatore possa scegliere con quale frequenza affrontare i nemici, oppure se non affrontarli affatto. Fatti suoi se poi il boss di turno lo rivolta come un calzino! Il sistema delle Addition era caratteristico e dovrebbe restare, ma andrebbe rivisto in modo da non far venire l'esaurimento nervoso, magari proponendo il "quick time event" un po' più lentamente e senza penalizzare troppo l'efficacia dell'attacco. Infine, la trasformazione in Dragoon: questa feature sarebbe la più rognosa da modificare, ma si potrebbe implementare una serie di situazioni che obblighino il giocatore a trasformarsi solo in determinati momenti dello scontro. Se poi ci volessero graziare proprio col sequel mai sviluppato, magari direttamente su PlayStation 4 con un motore grafico di ultima generazione, non saremmo certo noi a dire di no...

Brave Fencer Musashi

Pubblicato da Square nel 1998, Brave Fencer Musashi non era un vero e proprio RPG, ma una specie di action-adventure alla The Legend of Zelda. Nonostante ciò, era così buffo e spassoso che ci è rimasto nel cuore, e abbiamo deciso di barare e inserirlo in questa lista. È anche un modo per esorcizzare il sequel/spin-off uscito anni dopo per PlayStation 2, che menzioniamo adesso per non farlo mai più. Tornando a quel Brave Fencer Musashi... che dire? A cominciare dal character design super deformed, passando per le situazioni al limite del ridicolo o i nomi dei vari personaggi che richiamavano quelli di popolari bevande gassose occidentali (alcolici, nell'edizione nipponica) Brave Fencer Musashi raccontava una versione demenziale della leggenda del mitico spadaccino errante.

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La principessa Fillet aveva evocato il giovane Musashi per salvare il suo regno, e lui all'inizio si era pure rifiutato, ma poi era stato... convinto, per così dire, a trovare le sacre spade Fusion e Lumina per dare battaglia all'impero di Thirstquencher. Numerose le gag memorabili: Fillet nelle mani dei cattivi che si lamenta perché puzzano, Kojiro che la pianta in asso dopo essere stato evocato per correre a cercare Musashi e vendicarsi... Il remake che vorremmo dovrebbe impiegare il motore grafico del futuro Kingdom Hearts III, e non sarebbe un caso visto che Brave Fencer Musashi per certi versi è stato un prototipo del crossover Square/Disney, tant'è che ci lavorò anche Tetsuya Nomura. Una ritoccata al sistema di controllo basterebbe a migliorarne il gameplay, fondato sull'utilizzo delle due spade magiche che potevano assorbire i poteri elementali e le abilità dei nemici, conferendoli a Musashi. Se il gioco diventasse un bel free roaming sarebbe anche meglio, dato che già l'originale era diviso in macro-sezioni separate da caricamenti che si appoggiavano comunque a un importante ciclo giorno/notte che obbligava i giocatori a tenere il conto della stanchezza di Musashi per farlo dormire quando necessario. Brave Fencer Musashi è ancora oggi un gioco decisamente moderno, minato solo dai limiti dell'hardware PlayStation e da qualche ingenuità di troppo: un sistema di combattimento più frenetico e qualche revisione in termini di gameplay basterebbero ad attualizzarlo e a rendergli la giustizia e la fama che avrebbe meritato già all'epoca.

Wild Arms 3

Abbiamo scelto il terzo episodio della saga per un paio di ragioni. Innanzitutto, il primo Wild Arms è stato già rifatto con risultati più che discreti all'epoca di PlayStation 2, e per quanto iconico due remake ci sembrano un po' troppi. Il secondo Wild Arms è bruttissimo - no, seriamente, è terribile - mentre il quarto e il quinto non ci coinvolsero come il terzo episodio: quest'ultimo, infatti, prendeva le distanze dal resto della serie sia in termini grafici, grazie a un bellissimo cel shading e alle texture pastello, sia in termini di narrativa, dato che aveva per protagonista principale una giovane pistolera, Virginia Maxwell, in un periodo in cui i protagonisti dei JRPG erano tutti maschi e complessati.

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Virginia era coraggiosa, intensa e ribelle, e la accompagnavano tre comprimari altrettanto interessanti. All'epoca, Wild Arms era infatti una serie ancora molto originale, con la sua ambientazione a metà tra il western e il fantasy, le tematiche ecologiste e la colonna sonora che scimmiottava Sergio Leone. Il brand oggi è praticamente defunto, purtroppo, ma non ci dispiacerebbe vedere una bella versione remasterizzata di Wild Arms 3: dal prologo all'introduzione animata, che cambiava ben tre volte nel corso dell'avventura per rispecchiare l'evoluzione della storia quasi come fosse un anime televisivo, c'erano troppi tocchi di classe perché le nuove generazioni restino a bocca asciutta. Il gameplay funzionava a meraviglia, anche. Non era originalissimo, ma neppure scontato, e concedeva una discreta libertà nell'accoppiamento dei vari personaggi con gli spiriti guardiani elementali che conferivano loro poteri e abilità diverse. I dungeon, inoltre, proponevano un discreto mix di rompicapi e sequenze pseudo-platform, in cui bisognava usare il key item giusto per risolvere l'enigma e proseguire; fortunatamente, un ingegnoso indicatore permetteva di affrontare un certo numero di incontri casuali per poi non essere più disturbati, limitando le frustrazioni anche su quel versante. Wild Arms 3 non era un JRPG perfetto, intendiamoci, ma resta ancora oggi uno dei più originali e avvincenti che abbiamo giocato: meriterebbe davvero una seconda chance. Cioè... ma guardate e sentite l'intro a cartoni, che bella che era!

Final Fantasy V

Tra i fan più sfegatati - e attempati! - della saga targata Square (Enix), Final Fantasy V è considerato una specie di idolo sacro e intoccabile. Pensate che la community del popolarissimo forum NeoGAF organizza ogni anno una specie di gara chiamata "Four Job Fiesta" durante la quale i partecipanti vengono obbligati, tramite Twitter, a usare solo quattro Job per tutto il gioco, e a battere il boss finale Exdeath con quelli. Final Fantasy V, infatti, è stato l'episodio che ha sdoganato ufficialmente il Job System introdotto in Final Fantasy III, ampliandolo esponenzialmente con un sacco di Job e una profondità che ancora oggi ha dell'incredibile in termini di abilità, incantesimi e sinergie. Nel corso degli anni, Final Fantasy V, originariamente uscito per SNES, è stato convertito per svariate piattaforme, da PlayStation a Game Boy Advance, passando per la versione più recente su iOS e quella imminente per PC. Ognuna di esse ha guadagnato e perso qualcosa nel passaggio generazionale, e i fan duri e puri considerano ancora la versione Game Boy Advance la migliore del lotto. Be', sarebbe ora di cambiare musica! No, non la colonna sonora di Nobuo Uematsu, non scherziamo. Il remake in questione dovrebbe essere affidato a un team dotato di enorme sensibilità, il quale avrebbe il gravoso compito di modernizzare il gioco senza snaturarlo. La versione iOS in un certo senso ci era riuscita, proponendo una grafica bidimensionale in alta risoluzione simile a quella impiegata nella Final Fantasy IV Complete Collection per PSP di alcuni anni fa: il problema era che gli sprite non avevano animazioni, però. Il motore poligonale di Final Fantasy III e Final Fantasy IV per Nintendo DS aveva diviso in due critica e pubblico (nota di colore: a noi piacque tanto) ma siamo abbastanza sicuri che la grafica 2D sarebbe un buon compromesso tra fan vecchi e nuovi. E poi, ovviamente, il gioco dovrebbe restare lo stesso, ma il Job System potrebbe essere ulteriormente ampliato con l'implementazione di qualche nuovo Job, magari tratto da Final Fantasy XI e Final Fantasy XIV, come il Puppeteer e l'Astrologian. Ancora una volta, lo sviluppatore dovrebbe stare attento al bilanciamento generale... ma buttandoci dentro una bella leaderboard online e una specie di modalità Four Job Fiesta, diventerebbe un meta-multiplayer coi controfiocchi.

Seiken Densetsu 3

Uscito nel 1995 per SNES, Seiken Densetsu 3 è, molto semplicemente, uno dei migliori RPG nella storia del genere. Ma tipo Top 5, gente, mica pizza e fichi. È il seguito diretto di Secret of Mana (Seiken Densetsu 2, in Giappone) e già questo è un bonus non indifferente, e migliorava la formula pressoché perfetta dell'originale sotto ogni aspetto. Alla sua uscita, rimasero tutti a bocca aperta perché Square era riuscita a spingere l'hardware Nintendo oltre ogni limite, in un trionfo di grafica e sonoro che faceva impallidire ogni altro gioco. La parte migliore di tutto questo è che Seiken Densetsu 3... non uscì mai nel resto del mondo. Una vera e propria ingiustizia, se si considera che abbiamo potuto giocarlo in inglese solo attraverso patch amatoriali per gli emulatori.

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In fondo, Square aveva sviluppato un bel remake del primo Seiken Densetsu, intitolato Sword of Mana, ai tempi del Game Boy Advance, e un remake di Seiken Densetsu 3 sarebbe il modo migliore per riportare in auge un brand purtroppo finito in sordina. Considerato il tipo di gioco, cioè un RPG dal gameplay action adventure, il passaggio al 3D sarebbe l'ideale, e renderebbe l'azione più dinamica. In Seiken Densetsu 3, il giocatore attaccava direttamente il nemico, e ogni colpo caricava un indicatore che permetteva poi l'esecuzione di varie mosse speciali. La cosa più bella era che, all'inizio dell'avventura, si potevano scegliere tre personaggi da una lista di sei: il primo diventava il protagonista, gli altri due i comprimari che lo avrebbero seguito durante la storia. Le loro vicende personali si sarebbero intrecciate, ma per conoscere nel dettaglio la storia di ciascuno di loro bisognava rigiocare l'avventura scegliendo ogni volta un personaggio diverso. In questo senso, la varietà di interazioni e possibilità era incredibile, e sul fronte del gameplay ogni personaggio poteva cambiare classe due volte, scegliendo tra due alternative ogni volta: le classi modificavano le sue abilità, diversificando ulteriormente il sistema di combattimento. Se consideriamo che Seiken Densetsu 3 proponeva un ciclo giorno/notte, lo scorrere del tempo che scandiva i giorni della settimana e i relativi elementi patroni, boss enormi e un sacco di segreti, a livello contenutistico non bisognerebbe ritoccare nulla per rivaleggiare con gli esponenti più moderni del genere.