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Si stava meglio quando si stava peggio?

Il caso Nostalrius ha riacceso la polemica sull'evoluzione del titolo Blizzard, ma il World of Warcraft originale era davvero così bello?

SPECIALE di Christian Colli   —   17/05/2016
Si stava meglio quando si stava peggio?

Col termine "Vanilla" non ci si riferisce né a un'espansione né a un gioco, ma alla prima versione di World of Warcraft antecedente agli aggiornamenti implementati con l'espansione The Burning Crusade del 2007. È una semplice parolina che, prima ufficiosamente e poi ufficialmente, ha aiutato i giocatori a distinguere il passato dal presente e dal futuro. Come tutte le parole, però, ha un grande potere. Per chi si è avvicinato a World of Warcraft da poco, Vanilla non significa molto: è quasi un mito, una leggenda perduta nelle pieghe della storia. Per i veterani del kolossal Blizzard, invece, è una finestra su un viale lastricato di ricordi, suscita emozioni contrastanti e acute fitte di nostalgia, ma se provate a chieder loro perché si sentono così, è difficile che vi rispondano su due piedi. E anche il fan più accanito del MMORPG sviluppato a Irvine sa benissimo che i suoi sentimenti non corrispondono necessariamente alla realtà. Il server Nostalrius esisteva per questo, per ricordare ai giocatori che cos'era Vanilla e per dimostrare a chi non l'aveva mai visto che anche quella leggenda, come tante altre, aveva un fondo di verità. Inoltre serviva anche per giocare a World of Warcraft gratis, senza pagare la quota mensile a Blizzard, dato che Nostalrius non era un server ufficiale. Ed è per questo motivo che i ragazzi di Irvine lo hanno fatto chiudere.

Il caso Nostalrius, le ragioni di Blizzard e la nostra opinione sulla nostalgia di World of Warcraft

Nostalrius Begins

Si stava meglio quando si stava peggio?

È giusto fare il punto della situazione per chi non conosce bene il contesto e il mercato dei MMORPG, prima di spiegare che cos'era Nostalrius e perché non esiste più. I Massive Multiplayer Online Role Playing Games sono mondi persistenti e fluidi: si evolvono ad ogni aggiornamento e, allo scopo di dare l'illusione di un mondo vivo e dinamico, ogni nuova patch obbligatoria sovrascrive la versione precedente del client senza possibilità di appello. A volte questi aggiornamenti cambiano pochi dettagli, a volte apportano modifiche sostanziali in grado di stravolgere letteralmente il gameplay. Sia come sia, il controsenso di questi "giochi di ruolo" è che il giocatore non può scegliere e la forma originale di quel che cambia si perde per sempre. L'ultima volta che Blizzard ha pubblicato i numeri di World of Warcraft, il gioco era sceso a cinque milioni di sottoscriventi circa: tralasciando il fatto che erano dimezzati rispetto ai picchi di alcuni anni prima, è facile intuire che è oggettivamente impossibile compiacere cinque milioni di individui diversi. Ad ogni aggiornamento c'è sempre qualche scontento, è normalissimo. Ed è altrettanto normale che a qualcuno non piacciano le scelte degli sviluppatori e la direzione presa dal gioco rispetto al passato, ed è per questo preciso motivo che un manipolo di vecchi fan di World of Warcraft ha aperto un server gratuito in cui era possibile giocare alla prima versione del client: Nostalrius. In seguito, la comunità si è divisa tra una versione PvE, una PvP e una che lo staff ha lentamente aggiornato in direzione della prima espansione, The Burning Crusade, implementando le varie incursioni e i contenuti endgame originali. Nel giro di poco tempo, il progetto Nostalrius ha contato più di ottocentomila registrazioni, stabilizzandosi sulla soglia dei centocinquantamila giocatori circa, con picchi di circa ventimila utenti collegati contemporaneamente.

Si stava meglio quando si stava peggio?

Nel panorama dei MMORPG, quella dei ragazzi di Nostalrius non è esattamente la trovata più originale del mondo. Come dicevamo, sono giochi che si evolvono - che si espandono - e alcuni fan molto semplicemente preferiscono le versioni originali e immacolate. Per alcuni si tratta persino di una forma di archeologia videoludica; secondo loro, i cosiddetti server "Legacy" permettono di preservare la storia del medium. È un po' come giocare a qualche titolo per una vecchia console fuori commercio: se riuscite a trovare una copia di Super Mario World e avete uno SNES a portata di mano, siete legalmente liberissimi di inserire la cartuccia e divertirvi. Con gli MMO invece non si può perché, quando vi collegate ai loro server ufficiali, potete solo giocare all'ultima versione caricata dallo sviluppatore. In fondo esistono parecchi server gratuiti su cui girano vecchi MMORPG che hanno cessato i loro servizi da anni, quindi perché mai Blizzard, all'inizio di aprile, avrebbe dovuto inviare una notifica ufficiale al team di Nostalrius, minacciandolo di fargli causa per violazione dei diritti d'autore nel caso in cui i server non avessero cessato ogni funzione entro una settimana?

Le ragioni di Blizzard

Di fronte alla concreta possibilità di un processo a dir poco suicida contro il colosso di Irvine, i ragazzi del progetto Nostalrius hanno potuto solo alzare bandiera bianca e chiudere i server lo scorso 10 aprile. Nel farlo, si sono presi una piccola soddisfazione, promettendo di pubblicare il codice sorgente e i dati anonimi dei giocatori per chi volesse sfidare Blizzard a viso aperto e riportare tutto online da qualche altra parte. Qualche matto probabilmente lo avrebbero trovato... se la situazione non avesse preso una piega totalmente assurda soltanto pochi giorni dopo.

Si stava meglio quando si stava peggio?
Si stava meglio quando si stava peggio?

Facciamo un passo indietro, però, e cerchiamo di capire perché Blizzard è intervenuta e come mai gli davano fastidio i fan nostalgici che giocavano su Nostalrius. Innanzitutto, alla base vi è un principio puramente etico, fondato sul fatto che Nostalrius era effettivamente un server pirata. Lo ha affermato lo stesso J. Allen Brack, il produttore esecutivo di World of Warcraft, sui forum ufficiali, rivolgendosi alla community. "Se non proteggessimo la nostra proprietà intellettuale da queste violazioni finiremmo soltanto col danneggiare i diritti di Blizzard", ha spiegato. "E questo vale per qualunque cosa inerente a World of Warcraft, compresi i server non ufficiali. Purtroppo non vi è alcun modo per proteggere legalmente questa proprietà intellettuale e permettere a un server pirata di operarla al tempo stesso". Tuttavia, è evidente che ad almeno ottocentomila persone Nostalrius piaceva, quindi bisognerebbe domandarsi come mai a Blizzard non era venuta prima la stessa idea. Partiamo dal presupposto che i soldi c'entrano relativamente: col proliferare dei MMORPG free to play, negli ultimi anni si è cominciato a guardare sempre più storto i pochi titoli a sottoscrizione rimasti in campo. Se prima erano soprattutto i pargoletti senza carta di credito a lamentarsi della mensilità, ora le lagne si sono moltiplicate col diffondersi dell'ignoranza generale che riguarda il valore di quella quota periodica. Non è un discorso da affrontare in questa sede, ma la premessa ci permette di giustificare i problemi che i giocatori riscontrerebbero su un server privato di World of Warcraft: sarebbe gratuito e i fan più accaniti che ci giocherebbero si rassegnerebbero automaticamente a bug e problemi di stabilità occasionali. Un server ufficiale, invece, dovrebbe garantire come minimo un costante servizio clienti e manutenzioni regolari; inoltre, Blizzard dovrebbe riprendere il codice originale e correggere tutti quei problemi che aveva risolto negli aggiornamenti e nelle espansioni successive.

Si stava meglio quando si stava peggio?

E non stiamo parlando di feature che prima non c'erano, come le battaglie tra mascotte o la trasmogrificazione, ma di veri e propri bug e glitch che non sarebbero accettabili. E tutto questo costerebbe, ma Blizzard semplicemente non lo ritiene un buon investimento perché l'interesse nei confronti del progetto sarebbe soltanto temporaneo. Eppure non sarebbe la prima volta che un MMORPG coesiste ufficialmente in più versioni, basti pensare a Everquest di Sony: in fondo si tratta di una strategia che permette di mantenere la presa sui propri utenti, così che non sospendano i loro account per correre a giocare qualcos'altro. Blizzard potrebbe semplicemente implementare i server classici e richiedere un piccolo extra ai giocatori interessati a quel tipo di esperienza, ma la realtà è che la compagnia non vuole dividere ulteriormente la community: è suo interesse che tutti gli utenti giochino la versione più recente di World of Warcraft semplicemente perché è su quella che la compagnia investe ogni anno le sue risorse. I nostalgici a volte si scordano, per esempio, che soltanto una piccolissima percentuale dei giocatori riuscivano a vedere i contenuti endgame di Vanilla. Nonostante la posizione di Blizzard, però, nelle ultime settimane sembra essersi mosso qualcosa. In seguito alla chiusura del server privato, il team di Nostalrius ha aperto una petizione e pubblicato una lettera aperta in cui si offre di condividere le proprie idee e potenziali soluzioni con la compagnia di Irvine, nella speranza di trovare un compromesso che possa riportare Vanilla ai fan che giocavano su Nostalrius o che non erano ancora riusciti a farlo. La petizione è stata firmata da quasi 260.000 utenti, attirando l'attenzione di Mike Morhaime e soci: a sorpresa, Blizzard ha invitato lo staff di Nostalrius a Irvine per discutere la questione dei server "classici", perciò la possibilità che diventino ufficiali oggi appare tutt'altro che remota.

Nostalgia canaglia

Ma come si spiega tutto questo interesse nei confronti della prima versione di World of Warcraft, risalente a ben undici anni fa? Ora che abbiamo analizzato la questione Nostalrius ed esposto il punto di vista pragmatico di Blizzard, vale la pena discutere il valore dell'iniziativa e il senso di tutta questa voglia di riportare online la versione Vanilla di World of Warcraft. Un po' più su abbiamo sibillinamente accennato al fatto che Nostalrius, per molti utenti, rappresentava soltanto un modo di scroccare il gioco senza pagare l'abbonamento mensile. Messa così può sembrare un po' brutale, ma parliamoci chiaro: è assolutamente vero.

Si stava meglio quando si stava peggio?
Si stava meglio quando si stava peggio?

Il MMORPG Blizzard era un prodotto eccellente già nel 2006 ed è stato per dieci anni un modello di riferimento; è difficile sottovalutare l'attrattiva di giocarlo da soli o con gli amici senza spendere un centesimo. I più maligni, invece, suggeriscono che nessuno avrebbe mai aperto un server privato di Vanilla, se avesse avuto un World of Warcraft con cui giocare nell'ultimo anno e mezzo. Si tratta di un'ipotesi acidella, ma condivisibile. Blizzard non aggiorna il suo MMORPG da più di un anno, ragion per cui molti giocatori che hanno esaurito i contenuti endgame da mesi hanno semplicemente sospeso l'account, portando al crollo di sottoscrizioni che tanto ha fatto discutere qualche tempo fa: in questo senso, Nostalrius rappresentava un'alternativa avvincente - e gratuita, di nuovo - alla staticità dei server ufficiali. Infine, c'è il fattore nostalgia che, però, è molto più complesso e sfaccettato di quel che sembra. La domanda, infatti, non è "perché la gente vuole giocare a Vanilla?" quanto invece "perché la gente preferisce Vanilla?" E vogliamo rispondere a questa domanda con un'altra domanda, e cioè: "ma la gente preferisce davvero Vanilla"? E perché, poi? La piega che ha preso World of Warcraft negli ultimi anni ha fatto molto discutere specialmente i suoi veterani, e questo non è un mistero dato che ne abbiamo parlato su queste pagine a più riprese: in generale si è riscontrato un netto abbassamento della difficoltà generale e della necessità di socializzare in un genere che dovrebbe puntare tutto sulla community. Oggi in World of Warcraft si cresce e si veste un personaggio con pochissima fatica, si vede ogni contenuto endgame e si affrontano le sfide di gruppo senza scambiarsi neppure un saluto. Ognuno si collega, si fa i fatti suoi e raccoglie i propri bottini in quasi completa autonomia. Ai tempi di Vanilla bisognava sputare sangue praticamente per ogni traguardo; solo i migliori raggiungevano la cripta di C'thun per venire fritti dai suoi fulmini senza capire perché; e la comunicazione aveva un che di propedeutico, dato che era meglio comportarsi bene in un mondo in cui era meglio girare in compagnia piuttosto che da soli. Vanilla era un'esperienza più intricata, più dura ma anche più soddisfacente, più appagante. Ma era anche un'esperienza migliore? A nostro avviso no, assolutamente, e tornare indietro oggi, se non per crogiolarsi qualche ora nei ricordi, sarebbe difficilissimo. Anche in questo caso le sfumature personali si sprecano; sta di fatto che razziare Ahn'Qiraj in quaranta era uno spasso finché non ci si rendeva conto che metà del gruppo non si impegnava o finché non bisognava procacciarsi l'equipaggiamento con la resistenza al veleno.

Si stava meglio quando si stava peggio?
Si stava meglio quando si stava peggio?

Giocare il cacciatore era più strategico, forse, ma in quanti si ricordano che una volta le munizioni si esaurivano e le migliori bisognava fabbricarle? E che divertimento il grind del primo sistema Honor, le classi sbilanciate, il tempo sprecato ai monoliti per evocare i compagni di gruppo quando la fazione avversaria non te lo impediva! Quanto era spassoso uccidere centinaia di gorilla fuori da Booty Bay per potersi comprare la peggiore delle cavalcature coi pochi soldi racimolati in ore e ore di grinding! Chiedete agli stregoni com'era la loro vita quando dovevano catturare le anime dei nemici per lanciare i loro incantesimi, oppure provate a chiedervi come fareste, oggi, se Blizzard vi togliesse la depredazione ad area automatica dei bottini. Forse l'esperienza di Vanilla può sembrare migliore dopo aver inforcato un paio di occhialini rosa vintage, ma bastano poche ore di gioco per rendersi conto che non si può vivere nel passato. Secondo il community manager Josh Allen è proprio questo uno dei motivi che finora ha convinto Blizzard a non investire sui server classici: i giocatori si interesserebbero per qualche settimana, prima di rendersi conto che le versioni aggiornate offrono una qualità della vita nettamente migliore, e tornerebbero all'ultima iterazione del client, facendo sprecare alla compagnia notevoli risorse. Ma allora come si spiegano quegli 800.000 iscritti a Nostalrius? Che cosa cercavano nella versione Vanilla di World of Warcraft? Forse delle sensazioni. Il MMORPG di Blizzard esiste da undici anni e qualunque cosa si inventino a Irvine per Legion - o per le espansioni che la seguiranno - difficilmente riuscirà a stupire i veterani che non si sono persi un solo aggiornamento. Quelli che, magari, arrivando dai videogiochi offline o dai MMORPG antidiluviani, erano rimasti a bocca aperta di fronte allo splendore seamless di Mulgore, sotto quel cielo azzurro, tra i laghi in cui ci si poteva tuffare e le città tribali costruite sulle montagne. Quelli che avevano rischiato di perdere gli amici dopo innumerevoli tentativi a C'thun, soltanto per esultare come pazzi a notte fonda dopo avergli sferrato il tanto atteso colpo di grazia. Quelli che avevano trascorso ore a commerciare nella chat di scambio o che, facendo una missione, avevano conosciuto per puro caso l'Elfo che sarebbe diventato un marito e un padre e che, dieci anni dopo, avrebbero conservato quel ricordo prezioso di Vanilla, pur preferendo di gran lunga l'accessibilità e la rapidità di un Warlords of Draenor che permette anche di badare ai figli e di giocare senza fare le ore piccole. Sono giocatori che si collegavano a Nostalrius sperando di rivivere quelle sensazioni uniche, forse senza rendersi conto che era proprio la loro unicità a renderle tanto speciali anche se appartengono al passato: oggi non potrebbero riviverle più né in un server privato, né tanto meno in uno ufficiale. Ma questi sono solo i nostri due copper.