Tra l'oceano di titoli indipendenti di ieri e oggi pochi sono stati coloro che sono riusciti a stagliarsi sopra gli altri, ma nonostante questo in tanti continuano a provarci e non mollano. Il panorama indipendente per sua natura è un ecosistema particolare, dove vigono regole diverse rispetto a quelle del mercato tripla A: rischio ed intraprendenza sono alcune qualità che hanno ripagato nel tempo coloro che ce l'hanno fatta e che hanno permesso loro di conquistare la roccaforte dello sviluppo ad alto budget, ovvero le console. Se sviluppare un gioco per PC o mobile è più semplice e conveniente, riuscire ad arrivare in uno store console è sicuramente il segno del successo. E mentre gli sviluppatori indipendenti lottano con le unghie e con i denti per emergere, gli studi di sviluppo legati a brand e produzioni tripla A studiano come massimizzare al meglio i loro profitti, talvolta mettendoci il minimo sforzo. Ovviamente fare videogiochi non è solo una questione di cuore e passione, il vero studio di sviluppo è quello capace di coniugare l'arte del videogioco con la prospettiva di guadagno, ma ci sono alcuni fattori, alcuni comportamenti che i giochi tripla A potrebbero rubare ai titoli indie? Forse sì, e nello speciale di oggi ve ne proponiamo cinque.
Cosa può realmente insegnare il panorama indipendente agli sviluppatori tripla A?
Il rischio
È facile rischiare il tutto per tutto se non si ha nulla da perdere: chi sviluppa partendo da zero ha a disposizione per il più delle volte un team limitato e pochissime risorse economiche. Volendo usare un'espressione esagerata, da un certo punto di vista lo sviluppatore indipendente ed esordiente inizia il percorso a cuore un po' più leggero perché il suo unico obiettivo è farsi notare e deve farlo a tutti i costi, anche rischiando quel poco di risorse in suo possesso. Dall'altra parte invece abbiamo lo sviluppo di titoli tripla A, che richiedono milioni di dollari, mobilitano team di centinaia di persone e hanno risonanza mondiale.
È logico che più si ha da perdere meno sarà l'azzardo; se andate al casinò e vincete per tre mani di fila sicuramente sarete meno tentati nel fare puntate alte rispetto all'inizio della partita, quando vi siete giocati tutti gli spicci che avevate in tasca. Per una buona partita però ci vuole sì fortuna ma soprattutto tanta abilità, e se ne avete perché non rischiare? Spesso il rischio più grande è non rischiare affatto: perché dovrei fare qualcosa di totalmente nuovo se con il minimo sforzo posso dare ai giocatori ciò che vogliono? Anche se giocare sicuro permette di guadagnare bene, e farlo per qualche tempo può sicuramente giovare e permettere di fare cassa, arriva un punto in cui questo non basta e bisogna iniziare a prendersi qualche rischio. Troppo spesso nel panorama attuale viene fatto "l'errore" di proporre una nuova proprietà intellettuale e di svilupparne dei successivi seguiti solo dopo una forte risposta del pubblico, andando però a sminuire il gioco in sé, mentre l'ordine naturale delle cose dovrebbe prevedere una specifica idea di svolgimento a monte. Alcuni ne sono stati capaci e un ottimo esempio è Mass Effect, creato fin da subito per essere una trilogia, mentre Assassin's Creed è una trilogia pesantemente sfuggita di mano. Stessa cosa è capitata a Dishonored, dove il primo capitolo con i suoi DLC ha saputo magnificamente raccontare una storia autoconclusiva, con tanto di finali multipli: che senso ha andare avanti? Lungi dal voler essere gli uccellacci del malaugurio, ma non era meglio concentrarsi su qualcosa di diverso o per lo meno lasciar stare personaggi e vicende passate?
Sperimentare con il gameplay
Sembra quasi che il concetto di "sperimentazione del gameplay" sia inscindibile dalle possibilità offerte dalle periferiche di controllo. Partendo dai più vistosi rhythm games come Guitar Hero e Rock Band fino ad arrivare alla futuristica realtà virtuale, pare che l'intera industria cerchi di convincerci che non si può innovare senza avvalersi di qualche supporto aggiuntivo. Chi non ha il becco di un quattrino e non ha a disposizione anni per perfezionare un device in grado di proporre un'esperienza videoludica diversa, ha solo un'unica possibilità: usare la fantasia. E di idee geniali nel panorama indipendente e non ne abbiamo viste, senza la necessità di nessun supporto o fronzolo in più; un gioco che fa scuola in questo senso e che probabilmente continuerà a farlo per decine di anni a venire è Portal, che ha dimostrato quanto una stanza bianca e vuota possa improvvisamente diventare interessante se al suo interno viene inserito il giusto meccanismo. Un gameplay ricco, divertente, stimolante basato su un'intuizione tanto semplice quanto brillante dimostra che la miglior carta a disposizione non sono i soldi ma è semplicemente una buona idea. Ovviamente come contorno ci vuole tanto altro, perché Portal è frutto anche di un attentissimo level design e di una sceneggiatura estremamente efficace, ma quelli sono tutti piccoli elementi di contesto raggiungibili con un po' d'impegno.
Nuove soluzioni grafiche e artistiche
Volendo usare un termine prettamente scientifico, potremmo definire molti giochi indipendenti di successo... paraculi. Come mai negli ultimi anni si vedono tantissimi giochi indipendenti in pixel art? Non di certo perché sono un trend nostalgico che ciclicamente torna di moda come i pantaloni a zampa, semplicemente costa meno tempo e soldi utilizzare una soluzione grafica di questo tipo.
La vera vittoria è quando da quella scorciatoia viene fuori una soluzione creativa e artisticamente interessante, tanto da diventare il marchio di fabbrica del gioco o dello sviluppatore; pensiamo ad esempio ai contrasti di Limbo o lo stile grafico dei ragazzi di Behemoth, che hanno disegnato cavalieri, alieni e gatti senza mai sbagliare un colpo. Tutti pensano che foto realistico o graficamente sorprendente sia per forza sinonimo di qualità: che nel panorama dello sviluppo possano esistere i feticisti del motore grafico va benissimo e software house come id Software e Crytech l'hanno sempre fatto, ma non è l'unica soluzione. Esiste anche una sperimentazione artistica e grafica che andrebbe sempre più perseguita perché il rischio è ritrovarci tra un paio di anni con tanti giochi tecnicamente perfetti ma tutti uguali. È un ragionamento che andrebbe fatto anche nell'ottica del marketing perché un prodotto, come dicevamo prima, deve essere riconoscibile. Tutti vedendo una schermata di Borderlands capiscono subito di che gioco si tratta, ma succederebbe lo stesso con un Watch Dogs o The Division? Entrambi i titoli citati sono dei bei giochi ma forse leggermente anonimi, a cui manca un briciolo di slancio in più per diventare non solo un prodotto riconoscibile ma soprattutto iconico.
Less is more
Potreste essere un po' confusi: ma come, prima non c'era scritto che fare lo stretto indispensabile con il minimo sforzo era un brutta cosa? Infatti, perché il minimalismo di cui parliamo non si riferisce né allo sviluppo né al rischio. Come dicevamo nel paragrafo precedente l'uguaglianza bella grafica= bel gioco non sempre è fonte di verità e la stessa cosa vale per la profondità di un titolo. Spesso siamo portati a pensare che più un gioco sia lungo e ricco maggiore sia il suo valore e per questo motivo nel corso degli anni i giochi tripla A prodotti hanno rispettato questo standard... ma non tutti i giochi in uscita posso essere dei The Witcher. La grande forza degli sviluppatori indipendenti è la consapevolezza delle loro capacità, del resto quando sia ha poco a disposizione non si può cercare di strafare ma bisogna concentrarsi su ciò che si sa fare meglio e dare il massimo in quel senso, altrimenti sarebbe come cercare di organizzare un matrimonio con duecento invitati con cinquecento euro (scusa che ogni membro del pubblico può riciclare in caso di necessità). In un gioco oltre ad un gameplay solido non deve esserci per forza anche una grande storia, protagonisti, antagonisti e personaggi secondari carismatici, sceneggiatura, grafica pazzesca eccetera, il fatto che si possa fare tutto non necessariamente implica che bisogna fare tutto, tutto insieme!
Coinvolgere il pubblico
Per gli sviluppatori indipendenti una grande fonte di sostentamento è il crowdfunding: questo non solo permette al progetto di sopravvivere ma di coinvolgere il pubblico in prima persona come se fosse una delle tante identità del team di sviluppo, con un'opinione, delle richieste e spesso delle soluzioni.
In questo modo il gioco può essere man mano costruito seguendo dei validi compromessi che da una parte permettono allo sviluppatore di esprimere il suo potenziale ma senza andare contro i gusti del pubblico, garantendosi quindi una buona fan base di supporto all'uscita del gioco. Nel mercato dei tripla A funziona diversamente: i progetti vengono sviluppati in segreto per non destare l'interesse della concorrenza, le informazioni vengono diffuse con estrema attenzione e regolati da embarghi rigidissimi. Il risultato è che il prodotto nato da questo sviluppo ha il cinquanta percento di possibilità di diventare un successo oppure di fare un fiasco totale... e a quel punto non conta più quanti rischi ti sei preso. Questo non significa che i grandi produttori dovrebbero portare i loro progetti su piattaforme di crowdfunding ma sicuramente andrebbero ripensati tutti i meccanismi di sviluppo nell'ottica di processi più trasparenti per i videogiocatori, senza lasciare da parte la competitività. Anzi, a quel punto sì che il mercato diventerebbe interessante: è facile bluffare a carte coperte ma molto più difficile è convincere qualcuno che il tuo prodotto è migliore rispetto a quella della concorrenza senza nascondergli nulla.