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Retro Hardware - 3dfx Voodoo Graphics chipset

L'eterna guerra alle scalette, all'aliasing, al nemico di tutti noi videogiocatori cominciò nel lontano 1996 con l'incontro tra i duecento pionieri di 3dfx Interactive e l'allora regina dell'hardware PC, Diamond Multimedia.

RUBRICA di Mattia Armani   —   30/07/2009

Tanto tempo fa, in una galassia lontana lontana le schede video si occupavano esclusivamente della grafica bidimensionale e tra le caratteristiche più rilevanti che potevano offrire compariva l'accelerazione dell'interfaccia grafica. La capacità videoludica non era secondaria ma parallela e le schede video da ben 900 mila delle vecchie lire erano destinate a quei pochi folli che si cimentavano con strategici e giochi di ruolo ripieni di sprites o a chi utilizzava il computer per lavorare, sempre con la grafica bidimensionale ovviamente. Per gestire la computer grafica tridimensionale, esistevano enormi e mitiche workstation per la cui visione i fedeli geek dell'epoca potevano organizzare persino pellegrinaggi. Nonostante sia chiaro, a posteriori, che il PC casalingo fosse un mezzo poco sfruttato in relazione al prezzo, rimaneva appetibile per la versatilità, per l'innegabile utilità dal punto di vista professionale e per la sua capacità di rinnovarsi. Per di più al suo interno battevano molti cuori, quei microprocessori che consentivano da anni di giocare con le 3 dimensioni e che sostenevano un videogaming maturo tanto da poter raggiungere le inaspettate vette di Strike Commander prima e Comanche qualche tempo più tardi. Certo,

Retro Hardware - 3dfx Voodoo Graphics chipset

si trattava di tre dimensioni incerte, spesso ottenute con stratagemmi, sempre frastagliate da fastidiose seghettature, raramente ottimizzate e in genere piuttosto brutte. Un 3D faticoso che è stato facilmente debellato dall'entrata in campo di Saturn e Playstation, in grado di mostrarci 3 dimensioni non molto più precise ma molto più ricche, rapide ed economiche. Il PC, spiazzato e ancora vincolato a strategici, conversioni di avventure e giochi di ruolo, sembrava rimasto al palo, impossibile da ottimizzare, senza unità dedicate alla grafica tridimensionale e mortalmente caro per chiunque non fosse un pioniere dell'informatica in grado già di utilizzarlo per una ventina di compiti differenti.

La stupefacente capacità di arrotondare i triangoli

Fu proprio nel momento in cui l'ottimizzazione dei titoli per console faceva sembrare antiquati processori di ultima generazione, che il PC trovò il suo eroe. Un astro nascente, la 3dfx Interactive, aveva partorito il chipset Voodoo rivoluzionando il mercato hardware. Le console, infatti, seppur dotate di un'unità specifica per la trasformazione dei poligoni, erano ancorate alla CPU proprio come i personal computer. Al contrario 3DFX sviluppò un oggetto da sempre relegato a compiti minori sui sistemi casalinghi, la GPU. Per quanto la trasformazione dei poligoni rimanesse appannaggio del processore del computer, la gestione dei vertici in uscita era lasciata ad una scheda indipendente che doveva occuparsi solo di trattare i poligoni poichè era un semplice upgrade che necessitava di essere accoppiato ad una scheda video 2D. La possibilità di mettere mano ai poligoni e spararli a schermo senza colli di bottiglia, lasciava spazio per applicare effetti senza che questo si traducesse in una perdita di prestazioni. Tre dimensioni in alta risoluzione - alta per l'epoca ovviamente - e arricchiti con tutta quella sequela di sigle che stanno a indicare quei processi mirati ad arrotondare, unire e ottimizzare i poligoni.

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Ed ecco arrivare l'antialiasing, il sapiens sapiens dell'evoluzione grafica che all'epoca si sosteneva su appena 4 megabytes che viaggiavano a 50 MHz. Certo, in ballo c'erano un PC discreto, una scheda video di fascia media e lo stesso acceleratore 3D, ma sul piatto della bilancia c'era la possibilità di realizzare ambienti più realistici su macchine destinate all'utenza generica. Si parlava di ammorbidire gli spigoli, si cercavano le curve e, anche se l'obiettivo era lontano, la strada era già segnata. Si percepiva come giustificata una spesa che oggi cadrebbe senza dubbio nella fascia di prezzo estrema e che non potrebbe certo contare su grandi vendite. Ma all'epoca l'utenza PC era divisa in due categorie: da un lato i professionisti, che avevano anche un PC in casa che veniva accidentalmente condiviso con la famiglia, e dall'altro i pionieri, i geek, i nerd. Un popolo di inguaribili ottimisti tecnologici che per giocare a Quake in versione deluxe avrebbe scalato una montagna con le unghie. Persone che avevano già un computer, insomma, e per i quali la 3D Monster era effettivamente un Add On, un qualcosa di estremamente potente da aggiungere al loro gioiello da scrivania, che costava meno di una console e che sarebbe stato appetibile anche a prezzi superiori. Ed ecco che nel maggior periodo di espansione delle console, si verificò anche quello delle schede video PC. Una vera e propria esplosione del mercato hardware in chiave videoludica.

Curiosità

  • Nella confezione della Monster non c'è alcun feature connector. Si tratta di un piccolo cavo per il trasferimento dati con cui collegare direttamente VGA e acceleratore 3dfx. Nonostante fosse facilmente reperibile era sconosciuto ai più e la sua inaspettata mancanza fu in grado di scatenare il terrore di parecchi acquirenti.
  • Il passaggio dei dati dalla VGA alla 3DFX, e quindi al monitor, causa una perdita di qualità notevole delle immagini prodotte dalla scheda video standard. Quando non si utilizza la 3dfx è quindi necessario, per avere immagini pulite, scollegare l'acceleratore per poi ricollegarlo quando necessario.
  • Le GLIDE sono API proprietarie di basso livello che furono utilizzate con le prime applicazioni per l'acceleratore Voodoo Graphic. Si tratta di interfacce di programmazione che interagiscono direttamente con l'hardware in profondità. Le possibilità di ottimizzazione e sfruttamento sarebbero state quindi più ampie anche a posteriori a patto di farsi carico di una difficoltà di programmazione superiore e vincolata al solo hardware 3dfx. Sicuramente si tratta di uno dei fattori che ha portato gli sviluppatori verso l'utilizzo di Direct 3D e OPEN GL, meno performanti, almeno inizialmente, ma utilizzabili con diversi hardware.

Il prezzo della gloria

L'enorme potenza della 3dFX e la sua forma più riuscita, la Diamond Monster, constrinsero letteralmente gli appassionati di videogiochi a volere un acceleratore Voodoo. Era innegabile che il mondo fosse davanti a un netto passo in avanti nella traduzione digitale dell'immaginario visivo e il prezzo, se paragonato con le prestazioni, era relativamente alto. Nel medesimo periodo la diminuzione di costo delle stesse schede video e della EDO Ram, consentivano di avere tra le mani un mostro certo costoso ma il cui prezzo era giustificato dalla gloria, dall'emozione, dalla sensazione di essere seduti nella cabina di comando di uno shuttle. Uno scatto netto, uno di quelli che capitano raramente e che per questo sfuggono al rigido dosaggio tecnologico a cui il mercato ci sottopone. Le fiere tecnologiche, e persino il serioso SMAU, si riempirono di appassionati bramosi di vedere, toccare e provare una 3DFX che, già oggetto di culto ancor chiusa nei magazzini, fu venduta direttamente durante diverse manifestazioni. L'impatto fu tale che i primi accordi per dotare la successiva generazione di console di acceleratori 3D furono siglati immediatamente. Accordi che talvolta si ruppero, come quello con SEGA che non rinunciò comunque a lanciare la prima piattaforma in grado di supportare i frutti della rivoluzione grafica. Ormai si trattava una mera questione di dettagli economici, ma la necessità da parte delle concorrenti di investire in modo massiccio nel campo dell'accelerazione tridimensionale, aveva già sancito l'inizio dell'era moderna del videogaming.

Per caso, per gioco, per poco

Stiamo innegabilmente parlando di un prodotto dedicato a pionieri, geek e nerd nell'accezione positiva del termine. Pura fascinazione tecnologica giustificata da una resa per l'epoca incredibile, presente anche in quei titoli che pur non avendo nulla da dire, sono stati tanto fortunati da venire al mondo nel medesimo periodo del chipset targato 3dfx. E fu così che anche qualcosa di esteticamente bruttarello come POD sembrava un tramonto sul mare del Nord e qualcosa di inguardabile come Incoming diveniva un bundle in grado di vendere carriolate di schede video. Fifa 97 introduceva i cambiamenti climatici e stupiva le folle nonostante fosse uno dei capitoli peggiori della saga EA. Quake lasciava basiti e volava con un framerate incredibile, ma perdeva l'eccezionale illuminazione a diffusione presente nella versione standard. Insomma non tutti i giochi erano migliori per la sola potenza grafica ma anche un semplice simulatore astronomico gratuito si trasformava in un piccolo gioiello. L'impatto è stato tale che ancora oggi non sono pochi i portali dedicati all'hardware che portano il nome del chipset Voodoo o la sigla 3DFX.

Retro Hardware - 3dfx Voodoo Graphics chipset

Il successo dell'originale portò a ben 5 modelli di Voodoo, condusse 3dfx a mettersi in proprio, con tutti i rischi del caso, e scatenò la guerra delle schede video, oggi ancora accesissima nonostante la recente crisi di vendite. Da allora ben pochi sono stati i passi in avanti netti. Da anni viviamo di piccoli miglioramenti, economicamente sostenibili, frutto sia delle politiche di mercato sia della crudeltà dello stesso nei confronti di chi investe oltre le proprie possibilità. I ragazzi della 3dfx non si facevano scrupolo a investire sul proprio prodotto, e, si dice nei racconti da tavola, anche su pranzi e cene che pare arrivassero a 50 mila dollari di spesa, e questo li portò ad una bancarotta che si concluse con l'acquisto dell'azienda proprio da parte dei nemici più acerrimi. Si trattava dei ragazzi di Nvidia, meno innovativi e scanzonati forse ma, ed oggi è sempre più evidente, ben più abili nel gestire il mercato.

Conclusioni

Il mercato è tornato in pace. Mostri da 4 giga, mille volte più dotati della Voodoo Monster, non riescono a compiere lo stesso miracolo, non riescono a mettere piede sulla luna frenati dalla mancanza di spazio di un cortile in cui tutti cercano di guadagnare e pochi di innovare. E' una critica forse eccessiva considerando che oggi la sopravvivenza stessa dell'uomo dipende dagli scambi monetari, ma è un sentimento naturale per tutti quelli che per una volta sono stati sulla luna senza uscire dalla porta di casa e aspettano con trepidazione una seconda corsa.