Alan Wake è senza dubbio un titolo votato al mistero. Non tanto e non solo per via delle particolari scelte narrative compiute dal suo autore - Sam Lake, che in molti ricorderanno come il volto storico di Max Payne - ma piuttosto per via di un iter di sviluppo e promozione davvero singolare, che ha tenuto il titolo Remedy a lungo sottocoperta (forse troppo a lungo), facendolo assomigliare più ad un animale mitologico che ad un videogame con grandi prospettive di guadagno
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La cosa veramente curiosa è che ad oggi, a meno di un mese dalla sua data di rilascio, alcuni elementi del gameplay di Alan Wake restano avvolti nel mistero, o perlomeno non sono stati approfonditi adeguatamente nel corso degli ultimi incontri con la stampa (ci riferiamo soprattutto alle dinamiche più "adventure" del titolo).
A gettare un po' di luce sulle peculiarità di questo "psychological action thriller" - come è stato definito dai suoi stessi autori - ci ha pensato il buon Sam Lake, che in una recente intervista ha innanzitutto spiegato il perché di questa definizione.
Mamma che angoscia
"Abbiamo voluto fare un thriller in opposizione ad un horror, perché troppo spesso nei videogiochi horror vuol dire sangue, violenza e mostri, mentre noi volevamo fare qualcosa di più raffinato. Qualcosa pieno di mistero e atmosfera".
Avete le idee un po' più chiare? Noi no, ma fortunatamente con il proseguo dell'intervista Lake ha chiarito più dettagliatamente il suo pensiero. Ha cominciato spiegando l'importanza della trama, scheletro di un gioco che è sì un action, ma che è anche un titolo strutturato per generare delle precise reazioni emotive, reazioni come l'ansia e l'inquietudine e non come il disgusto e il raccapriccio.
Da qui l'importanza dei personaggi principali nell'economia complessiva del gioco, ed in particolare del suo stralunato protagonista, Alan:
"Non volevamo un eroe votato all'azione. Volevamo un personaggio che crescesse nel ruolo durante il corso del gioco... una persona vera con problemi veri. (...) Abbiamo questa coppia con problemi matrimoniali e questo scrittore con problemi al lavoro. Del materiale umano che non si vede molto spesso nei videogame. E' stato molto importante per noi avere questi elementi presenti nel gioco e con un ruolo così centrale".
Dai personaggi la credibilità del costrutto si estende all'ambientazione, riconosciuta con grande attenzione per i particolari, con piglio quasi naturalista, verrebbe da dire, se non fosse per gli elementi sovrannaturali che rivestono un ruolo centrale nell'esperienza del giocatore.
La Brightfalls di Alan Wake è una tipica cittadina del nord-ovest statunitense: la morfologia, la fauna, lo stile delle costruzioni, persino i suoni sono quelli tipici della regione. Non la luce, però, che è soprattutto un elemento centrale per la narrazione e per il gameplay del gioco, spiega Jay Ranki, producer presso Remedy, che ha dato manforte a Sam Lake nel corso della sua intervista.
Non esistono fatti ma solo interpretazioni?
L'utilità della luce come arma, e come riparo da pericoli ignoti (idea neppure tanto nuova, se vogliamo) è stata ampiamente illustrata, ma quello che Ranki ha voluto spiegare è come la luce, e l'assenza della stessa, contribuiscano a creare un senso di realtà traballante.
Di giorno Brightfall è una cittadina come tutte le altre, ammantata in una luce avvolgente che le dona un'atmosfera diafana, ma di notte diventa la casa di orrori senza volto, che inspiegabilmente sembrano partoriti dalla stessa fantasia di Alan.
"Naturalmente c'è una questione aperta su ciò che accade "veramente" e sul perché ciò accade", spiega Lake. I giocatori di Alan Wake si imbatteranno in alcuni set televisivi che raccontano oscuri retroscena, con scene girate dal vivo e non con grafica generata al computer. "Assisteranno a queste "visioni televisive" dove lo stesso Alan è alle prese con il suo manoscritto, in circostanze misteriose... stiamo chiedendo persino cosa sia vero e cosa no... o quale lato dello schermo sia quello reale".
La risposta, c'è da scommettersi, non sarà univoca né fulminante, forse per motivi "filosofici", forse perché alla Remedy stanno già pensando alla seconda stagione del loro "psychological action thriller"...