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Un gradito ritorno

Cosa succede mescolando la trama dell'indimenticabile Rainbow Six con il gameplay di Vegas, su iPhone? Proviamo a fare il punto della situazione...

PROVATO di Umberto Moioli   —   03/03/2011

Difficile, secchiello da latte in mano, pensare a un franchise munto più di quanto sia stato fatto con Tom Clancy's: Rainbow Six. Il libro dell'autore statunitense ha aperto la strada a una serie infinita di trasposizioni videoludiche che, a partire dai primissimi capitoli PC, si sono fatte strade su console e portatili.

Un gradito ritorno

Un matrimonio felice oltre ogni più rosea aspettativa quello con Ubisoft, al punto che alle avventure del team Rainbow si sono aggiunte nuove proprietà intellettuali che di volta in volta hanno coniugato in chiave interattiva i diversi volti creativi dello scrittore. Basti pensare a successi di pubblico e critica come Ghost Recon e Splinter Cell. Giunti a marzo 2011 il futuro della saga primigenia sembra arrivato a un crocevia, con il più imminente appuntamento segnato sulle agende dei possessori di iPhone, via Gameloft: il publisher transalpino è infatti pronto a rilasciare nel corso del mese il nuovo Rainbow Six: Shadow Vanguard, che abbiamo potuto provare in anteprima ed esclusiva italiana, associando al test una chiacchierata con il producer del progetto. La natura oramai consolidata del marchio non lascia ovviamente spazio a rivoluzioni, ma è interessante apprendere in che modo si sia cercato di mescolare quasi quindici anni di successi.

Gran mix

Il comparto narrativo di Shadow Vanguard sarà ripreso in modo quasi integrale dall'originale datato 1998: a partire dall'assalto all'ambasciata belga di Londra e soprattutto lungo tutto l'arco narrativo con coinvolto il gruppo di eco terroristi Phoenix, il giocatore sarà chiamato a ripercorrere attraverso undici missioni gli eventi che appassionarono gli utenti Windows. La cura nella trasposizione pare essere totale, al punto che i dialoghi stessi sono stati ripresi in modo quanto più fedele possibile. In realtà alcune piccole modifiche sono state apportate, soprattutto al cast di personaggi controllabili e all'armamentario, però le linee guida saranno le stesse di un tempo, così come le ambientazioni.

Un gradito ritorno

Se per la trama ci si è rifatti al classico firmato Red Storm, le meccaniche sono derivate dalla più recente esperienza maturata con i due Vegas: la giocabilità è infatti riconducibile in tutto e per tutto a quella offerta da uno sparatutto in prima persona, con in più alcuni elementi tattici come la gestione in tempo reale dei due compagni e l'utilizzo di un sistema di coperture. Niente pianificazione a inizio missione e solo un team, quindi, dando vita a una combinazione che prende qualcosa dal primo Rainbow Six e poi dagli ultimi, strizzando l'occhio ai nostalgici di almeno tre generazioni videoludiche diverse. Tra l'altro l'offerta non si limiterà alla campagna solitaria, visto che la stessa sarà sperimentabile anche in compagnia di due amici, in locale oppure online, e non mancheranno cinque mappe dove giocare competitivamente. Con Rainbow Six: Shadow Vanguard, Gameloft sembra coniugare tutti i passi in avanti in termini di modalità, interfaccia e tecnica fatti nel corso dell'anno passato e negli scampoli di 2011 in corso, facendoli culminare in un progetto, ci è stato detto, con alle spalle almeno un anno tra progettazione e sviluppo.

Un gradito ritorno

Soluzioni tattili

Avviata l'applicazione, i primissimi minuti di gioco portano all'interno del classico tutorial: i movimenti di base combinano lo stick virtuale all'uso del secondo dito per spostare la telecamera, con l'opzione giroscopio sempre pronta ad essere attivata, mentre una serie di pulsanti a schermo richiamano lo sparo, la ricarica e il cambio arma. Prendere la mira, attivare l'iron sight o montare il silenziatore sono operazioni piuttosto pratiche, che chiunque abbia già giocato a Modern Combat e soci saprà padroneggiare in men che non si dica.

Un gradito ritorno

La novità principale viene ovviamente dalla presenza dei compagni guidati dall'intelligenza artificiale: i due si muovono in maniera indipendente ma possono essere indirizzati verso una copertura e nella scelta degli obiettivi a cui dare la priorità. Combinando l'uso di gadget come la fibra ottica per guardare sotto le porte o le flashbang per stordire gli avversari, si ottiene una buona approssimazione in salsa portable di quanto giocato con i due Rainbow Six Vegas. I tre livelli che abbiamo giocato ci hanno portato all'interno della già citata ambasciata teatro del primo capitolo, nella villa di un narcotrafficante e poi su una nave: l'impressione è che, come spesso è accaduto nella serie, immedesimazione e divertimento funzionino specialmente negli spazi stretti, passando di stanza in stanza ripulendole metodicamente da ogni forma di vita avversa. Non mancano tutte le solite, importanti opzioni di scelta dell'equipaggiamento che qui assumono un maggior peso che altrove: avere un fucile a pompa anziché un mitragliatore, ad esempio, suggerisce di scegliersi diversi bersagli al momento di fare irruzione. La campagna è stata promessa lunga circa quattro ore ma i quattro livelli di difficoltà e la presenza di obiettivi secondari dovrebbe offrire una buona rigiocabilità. Per ora ci sono alcuni problemi con l'intelligenza artificiale, in particolare quando si traffica con le coperture mentre si è vicini ai nemici, il che rappresenta il maggior possibile problema assieme allo scripting non sempre perfetto di alcune scene. Oliati certi ingranaggi e smussati certi angoli, comunque, Rainbow Six: Shadow Vanguard dovrebbe rappresentare un valido omaggio in salsa Apple a una serie che ha appassionato milioni di utenti e che ben potrebbe figurare ancora una volta.

CERTEZZE

  • Un omaggio al primo, glorioso Rainbow Six
  • Sparatutto con sistema di coperture e gestione tattica dei due compagni
  • Primo FPS firmato Gameloft dotato di cooperativa
  • Diverse opzioni e buon comparto tecnico...

DUBBI

  • ... anche se restano da sistemare alcuni bug e da migliorare l'intelligenza artificiale
  • Esperienza fortemente derivativa