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Che fine ha fatto… Demon’s Souls

Mentre si fanno sempre più insistenti le voci di un rifacimento di Demon's Souls, capostipite di quel fenomeno soulslike che negli ultimi anni ha conquistato milioni di appassionati, ripercorriamo brevemente la storia del capolavoro di Hidetaka Miyazaki

RUBRICA di Massimo Reina   —   04/12/2019

Che fine hanno fatto... è una rubrica a cadenza regolare che cerca di riportare alla luce quei franchise che per un motivo o per un altro sono caduti un po' nel dimenticatoio, raccontandone la storia, con la speranza di rivederli prima o poi sui nostri schermi.

Demon's Souls, il padre spirituale della serie Dark Souls e in generale di tutti quei giochi che rientrano nella categoria denominata soulslike, potrebbe tornare l'anno prossimo ed essere addirittura uno dei giochi di lancio di PlayStation 5, stando a quanto riportato da alcuni insiders e dagli indizi sempre più frequenti che il team responsabile del possibile progetto lascia trapelare sui social. Sviluppato da Bluepoint Games, autori dell'ottimo remake di Shadow of the Colossus, il gioco non dovrebbe essere tra l'altro una semplice remaster dell'originale del 2009, come il nome potrebbe lasciar intendere, bensì un vero e proprio rifacimento sulla falsariga, appunto, del sopracitato Shadow of the Colossus. In attesa di saperne di più e di un annuncio, speriamo, ufficiale, ripercorriamo insieme la storia di questo autentico gioiellino per PlayStation 3.

Il papà dei soulslike

Se messi davanti ad un ipotetico specchio, i soulslike rappresentano la diretta emanazione di Hidetaka Miyazaki, il talentuoso designer giapponese che a livello di videogiochi si è fatto le ossa a partire dagli Armored Core, fino a quando un giorno Sony si convinse ad assegnargli il compito di tentare di risollevare le sorti di un progetto per PlayStation 3 che si era arenato. Si trattava di un gioco di ruolo fantasy con elementi action che SIE Japan Studio non riusciva proprio a portare avanti. Il team di sviluppo era talmente in difficoltà che non erano stati in grado di realizzare nemmeno un prototipo interessante. Il gioco si intitolava Demon's Souls e una volta passato nelle mani di FromSoftware venne subito ribaltato come un calzino da Miyazaki.

Che fine ha fatto… Demon’s Souls

Il suo obiettivo fu subito quello di ricreare un universo fantasy medievale cupo e pericoloso ispirato al folklore europeo, con una giocabilità che richiamasse per certi versi quella hardcore dei titoli di giochi di ruolo classici come le serie King's Field e Wizardry, anche se in tal senso non aveva un vero e proprio punto di riferimento. E per farlo mise mano ovviamente sulla trama e sul gameplay, improntandole su quelle che erano le sue idee. Da questo punto di vista l'autore giapponese ha sempre creduto che una storia potesse essere raccontata senza sproloqui inutili, direttamente dal mondo di gioco con riferimenti visivi, frasi criptiche, accadimenti sui quali le persone possono interrogarsi, se vogliono. Ha sempre ritenuto poi che il gameplay dei suoi titoli dovesse offrire un approccio punitivo ma non gratuito, dal quale il giocatore è chiamato a migliorarsi e sperimentare come affrontare la situazione successiva. Per fare un esempio pratico, non c'è mai un'abilità per conoscere in anticipo a quale tipo di attacco o elemento il nemico è debole, si deve sperimentare sulla propria pelle magari dopo un numero indefinito di morti.

Che fine ha fatto… Demon’s Souls

Dopo settimane di duro lavoro, il progetto inizialmente proposto e supportato da SCE Japan Studio non c'era più, rielaborato e plasmato sugli stilemi del suo nuovo autore, ma quando Demon's Souls venne mostrato per la prima volta al pubblico al Tokyo Game Show 2008, pochi mesi prima della sua uscita, fu un disastro: molti giocatori non si avvicinarono neanche a provarlo, mentre di quelli che lo fecero, parecchi non arrivarono nemmeno a superare la schermata di creazione del personaggio; altri persero l'iniziale entusiasmo davanti all'idea di un titolo dark fantasy appena si confrontarono col gameplay. Alcuni di loro si convinsero perfino che FromSoftware stesse ancora lavorando al sistema di combattimento in quella fase di sviluppo, mentre in realtà era quasi finito. Anche il presidente della Sony, Shuhei Yoshida, fu sprezzante nei confronti del gioco. Quando si mise a provarlo trascorse un paio d'ore senza riuscire a superare l'area iniziale, convincendosi che fosse "un gioco incredibilmente brutto".

Difficile ma appagante

Le cose non migliorarono purtroppo nemmeno successivamente: giunto sul mercato giapponese il 5 febbraio del 2009, il titolo vendette infatti la misera cifra di 20.000 copie nella prima settimana. Eppure qualcosa iniziava a muoversi e nelle settimane successive accadde l'inaspettato: grazie anche alle prime recensioni positive e al passaparola di chi lo stava giocando si sparse la voce che Demon's Souls era un prodotto vecchio stampo, che non badava ai fronzoli e richiedeva pertanto ai giocatori di padroneggiare al meglio un complesso sistema di combattimento dove era importante la gestione di armature e armi. Ma non solo: il titolo vantava perfino una caratteristica unica, gli utenti potevano giocare connessi permanente alla Rete e lasciare messaggi per gli altri nel mondo di gioco, scarabocchiati su pavimenti e pareti. Potevano avvertire dei pericoli nelle vicinanze o ingannare altri utenti portandoli alla morte e perfino evocarli per affrontare i boss in cooperativa.

Che fine ha fatto… Demon’s Souls

Un'implementazione geniale, che inseriva degli elementi social in un gioco single-player, per giunta con una sua utilità, ispirata da un evento reale e casuale. Miyazaki rivelò infatti in seguito che le meccaniche multigiocatore di Demon's Souls gli vennero in mente quando a seguito di una forte nevicata si ritrovò bloccato nel traffico, e l'unico modo che ebbe per uscirne fu grazie ai guidatori delle file dietro, che iniziarono a spingere pian piano le auto impantanate che gli stavano davanti, generando un movimento a catena che consentì al traffico di scorrere. Scivolando l'una verso l'altra, infatti, le macchine si toccavano e spingevano tra loro liberando la strada. Il director giapponese decise quindi di emulare nel suo gioco questo senso di cooperazione silenziosa di fronte alle avversità da parte di persone sconosciute ma disposte ad aiutarsi a vicenda per superare un ostacolo comune.

Che fine ha fatto… Demon’s Souls

Al momento del rilascio in Nord America, il 6 ottobre 2009, distribuito da Atlus perché in Sony non erano ancora del tutto convinti della bontà dell'opera e temevano di andare incontro a una debacle, il gioco ricevette giudizi molto più positivi da parte della critica che in Giappone. Anche noi ci accorgemmo della bellezza di questo autentico gioiellino che faceva dell'elevata difficoltà di gioco uno dei suoi cavalli di battaglia, rendendo l'esperienza più gratificante da giocare, come scrivemmo nella nostra recensione. Così, nel giro di pochi mesi, grazie anche qui al passaparola tra gli utenti, le vendite superarono le 100.000 unità in Giappone e le 150.000 in USA, e ben presto Demon's Souls diede vita al fenomeno soulslike come lo conosciamo oggi, ispirando la nascita di altri capolavori di questo sottogenere di action GDR, come la serie Dark Souls e Bloodborne, più decine di altri "cloni". Un titolo che speriamo di poter rigiocare quanto prima, in una veste tecnologica consona all'hardware di prossima generazione.