Dopo tanto sognare, tanti esperimenti e tante delusioni, il settore tecnologico sembra ormai lanciato a grandi passi verso la creazione dei primi veri ecosistemi virtuali, quelli alla Tron per intenderci. L'obiettivo ultimo, sempre che ce ne sia uno, è ancora lontano, ma si avvicina a grandi passi grazie all'aumento esponenziale della potenza delle macchine da gioco e dall'avvento della realtà virtuale.
Non a caso questi due fattori hanno persuaso colossi come Facebook e publisher come Epic a investire nella creazione di universi digitali, probabili primi passi verso quel metaverso immaginato da Neal Stephenson come una sfera in grado di trasformare la rete, giochi e dinamiche social incluse, in un mondo tridimensionale all'interno del quale perdersi nei panni del proprio avatar. Ne parliamo, dalle origini dei mondi virtuali alle prospettive di un futuro che è ormai sempre più vicino.
Verso il metaverso
Le sfide da affrontare per arrivare al traguardo sono molte e non sappiamo ancora se ci saranno più metaversi, ognuno con il suo padrone, o un unico nuovo internet da colonizzare, lotto dopo lotto. Sappiamo però che servirà tanta potenza per dare vita a un vero mondo. Le tecnologie per farlo, però, ci sono. Il cloud non garantisce certo risorse illimitate, dovendo comunque appoggiarsi a datacenter pieni di GPU, ma consente un'ottimizzazione elevata delle risorse. Nel mentre l'intelligenza artificiale e l'inventiva di NVIDIA hanno già permesso di creare strumenti in grado di osservare la realtà e ricrearla in forma digitale, incrementando al contempo le prestazioni grazie a tecnologie come il DLSS, destinate a evolversi ulteriormente.
L'obiettivo è ambizioso e servirà un ulteriore passo in avanti nella realtà virtuale per poter creare un vero e proprio metaverso, ma l'elemento fondamentale per poter arrivare al traguardo non manca di certo. Non è un caso che i mondi virtuali siano protagonisti al cinema, nei libri e nei videogiochi, tanto da essere una colonna portante di questi ultimi sin dagli albori del mercato. Per questo torniamo indietro di quasi cinquant'anni, per scoprire le origini di quello che con tutta probabilità sarà il nostro domani.
La nascita del multigiocatore
Per parlare della storia degli MMO dobbiamo partire da uno sparatutto in prima persona, forse il primo in assoluto, creato tra il 1972 e il 1973 in parte al NASA Ames Research Center, da 80 anni uno dei maggiori centri di ricerca dell'agenzia spaziale americana, e il MIT di Boston, la fucina che ha visto nascere buona parte dei primi videogiochi. Tra questi c'era per l'appunto Maze, divenuto poi Maze War, creato da Steve Colley sfruttando il wireframe per superare i limiti delle macchine dell'epoca, dotate di pochi Kb di memoria. Questo con l'obiettivo di creare un labirinto modulare tridimensionale ed esplorabile che all'epoca era al limite del fantascientifico. Ma non è finita qui.
La struttura del gioco, tutta basata su coordinate, ha reso possibile trasmettere i dati della posizione dei personaggi tra due client, calcolare la posizione di un proiettile e quindi permettere a due persone di giocare nello stesso labirinto su due macchine diverse, sparandosi l'un l'altra, dapprima in modalità peer-to-peer e poi, sfruttando un sistema come server, in 32 giocatori. In quel momento, con tutta probabilità è nato il multiplayer moderno che ha immediatamente compiuto un passo in avanti, consentendo nel lontano 1974 a studenti sparsi per i college americani di giocare a distanza grazie ad ARPANET, la prima versione embrionale di internet. Certo, è probabile che anche altri stessero lavorando a cose simili in altri college o altre parti del mondo, ma a prescindere dal merito del singolo, si è trattato di un passo fondamentale per il videogioco, già proiettato verso il futuro nonostante all'epoca fosse appena un infante.
I primi mondi virtuali
Con la nascita del multiplayer è divenuto d'improvviso possibile dare sfogo al desiderio umano di creare un mondo dei sogni in cui vivere innumerevoli avventure. Da qui la nascita, nel 1978, del primo Multi User Dungeon che, chiamato non a caso M.U.D. dai suoi due creatori, ha cambiato il videogioco ancor prima che questo avesse un mercato. Certo, all'epoca la memoria limitata delle macchine ha costretto Roy Trubshaw e Richard Bartle a scendere a compromessi, usando la formula testuale delle prime avventure, ma non c'è voluto molto perché gli sviluppatori pensassero di utilizzare una manciata di lettere e caratteri ascii per creare muri, personaggi e mostri, al tempo sufficienti per stupire e porre le basi per gran parte dei videogiochi del futuro.
Da quel momento in poi l'evoluzione dei mondi virtuali è stata lenta, ma costante. La formula a metà tra gioco di ruolo e hack & slash dei primi titoli si è evoluta e ha preso nuove direzioni, creando un universo MUD in cui è facile perdersi tra varianti roleplay, ambienti social, giochi educativi, ma ha dovuto infine anche fare un passo in avanti in quanto a grafica per poter fare breccia nel grande pubblico e portare il genere al passo successivo: gli MMO. Prima di parlarne, però, vale la pena menzionare come le origini dei MUD siano le stesse di tutti i giochi di esplorazione. È infatti uno degli innumerevoli figli di Colossal Cave Adventure, creato dall'eremitico e schivo Will Crowther, trovato per caso da Don Woods, rifinito da quest'ultimo e ripreso come Adventure da Warren Robinet, che ne ha fatto un gioco di successo per Atari 2006.
Ma la cosa importante è la struttura di un gioco tutto testuale, ma incentrato su bivi ed esplorazione, due fattori fondamentali per creare un mondo credibile, un qualcosa in grado di non far sentire bloccati su un binario. Non è un caso che Adventure abbia ispirato una valanga di sviluppatori in erba portando alla nascita del primo Zork, altro titolo testuale che è diventato DUNGEN, principale fonte di ispirazione per Roy Turbshaw che per l'appunto ha creato M.U.D, usando una macchina DEC PDP-10 dell'a University of Essex, e con esso un sistema di crescita dei personaggi, nello specifico maghi.
Ultima Online: il primo MMORPG
Comprese le origini del genere, possiamo tornare a parlare della sua evoluzione che è passata per la grafica, necessaria per coinvolgere un pubblico più ampio. Stessa formula ma grafica raster, disegni, illustrazioni e mondi in genere più piacevoli, più vari e più suggestivi, con dialoghi più coinvolgenti, un vero inventario e tutto quello che poi è finito non solo negli MMO ma anche negli RPG e negli hack & slash.
In questo caso, però, ci interessano solo i primi che non si limitano a meccaniche di crescita, bivi e abilità, ma vivono della promessa di mondi alternativi da sfidare, esplorare, sfruttare, edificare, conquistare e via dicendo. Ed è qui che ci troviamo a pensare a uno dei passi decisivi per le esperienze online massive moderne, tanto nella formula quanto nelle meccaniche. Ancora oggi, probabilmente a ragion veduta, c'è chi considera Ultima Online il migliore MMO in circolazione. Qualcuno mette prima Everquest, qualcun altro non può non esaltarsi ripensando ai combattimenti tra reami di DAOC, ma chi ha giocato a Ultima Online, nel lontano 1997, ha vissuto un'autentica magia.
Ultima Online, creato mescolando MUD come Legend of Future Past con l'universo di Ultima, è stato il primo titolo che ha fatto sentire i giocatori parte di un mondo vivo e non a caso è stato il titolo per cui è stato coniato l'acronimo MMORPG. Ancora oggi si fa fatica a vedere reali evoluzioni rispetto al titolo creato da Richard Garriott. Anzi, spesso risaltano le involuzioni rispetto a una formula non priva di difetti o limiti, ma forte di un supporto e una libertà ancora unici. Ed è stato merito non solo del sistema di gioco, dell'assenza di istanze, della possibilità di essere tanto deboli da essere uccisi da un topo o diventare tanto forti da far fuori un'intera gilda di giocatori da soli, ma della mano dei master. Dietro le quinte c'erano narratori, personaggi non giocanti gestiti da persone, bar gestiti dai giocatori, milizie private, quest uniche complicate ed eventi con centinaia di giocatori impegnati a presidiare labirinti, per evitare che pericolose reliquie scatenassero l'apocalisse.
In Ultima Online c'erano battaglie campali organizzate, gilde di minatori, c'erano i briganti organizzati a presidiare i passi di montagna e non c'erano istanze ma un'unica mappa, spalmata su più server. Oggi, è chiaro, grafica e complessità sono su un alto piano, gli alberi cadono davvero quando vengono presi ad accettate e l'interazione è facilitata, ma se automatizzata e fredda, la complessità non può comunque rimpiazzare la mano dell'uomo. La mano che ha creato il primo vero MMO, un mondo in cui c'era un equilibrio quasi perfetto tra il numero di giocatori e la possibilità di gestirli senza bisogno di troppi limiti o troppe attività organizzate, oltre a una community in cui i cosiddetti elementi tossici erano in numero quasi irrilevante.
L'evoluzione delle chat e i primi accenni di metaverso
Mentre gli MMO compivano un secondo passo decisivo, i mondi virtuali si sono fusi con le chat, all'epoca decisamente gettonate, portando all'evoluzione dei MUD social. Da qui la nascita, nel 2000, di realtà come Habbo Hotel, un piccolo mondo tutto pixel con discoteche, oggetti da sbloccare, arredamento, flirt e via dicendo. Un successo, ma non certo una rivoluzione a differenza del passo successivo, un primo tentativo di creare il metaverso, seppur senza caschetti virtuali. Parliamo di Second Life, importantissimo più dal punto di vista sociologico che da quello dell'innovazione per quanto la creazione di un mondo vivibile, almeno fino alla saturazione causata dalle pubblicità, sia stato un passo fondamentale per capire l'interazione tra le persone in un ambiente decisamente libero.
Per questo è considerato il primo vero mondo virtuale, capace di mettere nelle mani degli utenti la creazione di gioco, arte, formazione, programmazione, commercio, impresa, economia, musica, gioco di ruolo, architettura, nuovi modelli e via dicendo, il tutto in un ambiente tridimensionale libero e che nel 2015 contava ancora 900.000 utenti mensili unici. Non male considerando il tenore tecnico modesto e la mancanza totale di obiettivi a spronare l'utenza.
L'evoluzione dell'MMO
Ma si tratta di qualcosa di ben diverso dai mondi virtuali che ci immaginiamo come giocatori. A questi si avvicina ben di più un titolo che ha comunque contribuito all'evoluzione del genere. Parliamo di Star Wars Galaxies, un imponente MMO forte di un enorme lavoro sul background, di un housing stratosferico su diversi pianeti, di prede leggendarie, personaggi iconici nascosti, missioni notturne, fortini da difendere, combattimenti con i camminatori imperiali e via dicendo. Un bel salto in avanti, per il 2003, che nel 2004 si è arricchito con l'aggiunta delle astronavi, immancabili in Star Wars. Ma qualche problema di gestione, un bilanciamento imperfetto e l'arrivo di un concorrente inaspettato hanno decretato la fine prematura di un MMO che avrebbe meritato un destino migliore, come molti altri.
Nel 2004, a spezzare le gambe di molti promettenti MMO, è arrivato World of Wacraft, non certo il più complesso e neppure il più avveniristico del suo tempo, ma enorme e capace di richiamare milioni di giocatori grazie al background narrativo, allo stile e anche grazie a una veste grafica leggera sebbene comunque capace di suggestionare. Da qui la formazione di un'immensa comunità di giocatori appassionati, tale da aggirare i pur vincolati limiti del gioco per farne almeno in parte una vera casa virtuale. Nel corso della lunga vita di World of Warcraft abbiamo visto i giocatori invadere Storwind, abbiamo visto enormi funerali celebrati in gioco e abbiamo assistito per settimane e mesi all'infinito PvP spontaneo tra Southshore e Tarren Mill. Parliamo di eventi di massa, di testimonianze della voglia di vivere un mondo, a fondo, con una forza e un'intensità paragonabile a quelle della realtà, merito di grandi numeri. Ci sono stati però casi in cui è bastato un numero più esiguo di anime a creare meraviglie apparentemente impossibili. Per trovarle basta volare nello spazio, fino a EVE: Online e alle azioni organizzate da migliaia di giocatori, per mesi, in modo da attaccare installazioni chiave del gioco e cambiare le cose, radicalmente, per sempre, a costo di darsi il cambio per settimane, combattendo continuamente, con un'obiettivo più alto e stimolante del ripetere una semplice quest.
In altri casi, invece, promesse altisonanti si sono trasformate in cocenti delusioni. Non staremo a parlare delle tonnellate di MMO coreani e cinesi che, pur essendo spesso di successo e in alcuni casi molto validi, non hanno portato praticamente nulla di nuovo. Persino col promettente ArcheAge gli sviluppatori hanno preferito puntare sul farming fine a sé stesso, sacrificando meccaniche interessanti e complesse, non a caso in parte ispirate al buon vecchio Ultima Online. Ma il testimone degli MMO nati per innovare non è stato abbandonato. Guardando ancora una volta in cielo ci sono due stelle ancora in divenire ma già brillanti. La prima è quella di Elite Dangerous, che qualcosa l'ha preso da EVE: Online, aggiungendoci però volo orbitale, meccaniche simulative e un'universo infinito, figlio della meraviglia del primo Elite, quello single player del lontano 1984 che ha portato a Freelancer, X, No Man's Sky e Wing Commander, oggi base di un altro universo che promette più di tutti. Lo sviluppo è lento, ma persino in uno stato embrionale, Star Citizen è tra le esperienze più mirabolanti che esistano, una visione estenuante, costellata di navi vendute a caro prezzo, notizie a metà, a pur sempre una meraviglia, un qualcosa da aspettare per essere meravigliati di nuovo.
Siamo già di fronte alla possibilità di combattere a terra e prendere il volo per inseguire qualcuno con una grafica spacca mascella e una fisica accurata, ma la promessa include sabotaggi, economia dinamica, politica gestita dai giocatori, veri e propri mestieri e tante altre cose che come questa fanno parte di quello che ci aspettiamo dai mondi virtuali del futuro. E questo, ricollegandoci all'inizio, anche grazie alla realtà virtuale, uno strumento in grado di dare una marcia in più allo sviluppo del metaverso, riuscendo a calarci all'interno, e che è già al centro di investimenti massicci che probabilmente porteranno a qualche grossa sorpresa in un futuro non troppo lontano.
Il prossimo futuro
Sia chiaro, gli investimenti, per quanto importanti, talvolta non bastano. Ma a renderci confidenti in questo futuro è un pubblico potenziale enorme. Basti pensare al successo di Tron, di Matrix, di Ready Player One, acclamati e compresi dalle folle nonostante siano tutti caratterizzati da un linguaggio, anche visivo, legato ai grandi classici del videogioco. Basti pensare all'entusiasmo universale nei confronti dei giochi che promettono finalmente una svolta in questo senso. La partecipazione agli eventi di Fortnite è l'ennesima evidenza della voglia dell'uomo di vivere in mondi diversi da quello reale, mondi in cui basta poco per essere assieme ad altri in un concerto, conquistare una città, crearsi la propria nicchia per 9,99 euro al mese.
Se sia un bene o meno, questa voglia di estraniarsi a tutti i costi dalla condizione umana, non lo sappiamo, ma sappiamo bene che poter vivere altre vite ha il suo fascino e ci auguriamo che la spinta dia vita a una nuova era di mondi massivi capaci di innovare e liberi dalle ormai fatiscenti meccaniche di farming e monetizzazione. E l'arrivo della realtà virtuale, per ricollegarci all'inizio, potrebbe aiutare rendendo il mondo più reale, rendendo i limiti più dolorosi, costringendo gli sviluppatori a fare di più del semplice intrattenerci.
Sia chiaro, dalla visione di Facebook ci aspettiamo proprio un Second Life al fulmicotone, organizzato come un social e strutturato per generare profitti, o magari qualcosa di legato al blockchain, come Victoria VR, ed è probabile che alla fine una di queste realtà diventi un nuovo internet virtualmente tangibile, ma da giocatori guardiamo con più interesse a Epic e a realtà simili che potrebbero regalarci, in tempi più brevi, qualcosa di più simile al mondo del film Free Guy: Eroe per gioco, incentrato sulla formula del gioco per quanto comunque arricchito da dinamiche parallele di ogni genere. E nel frattempo sogniamo anche uno Star Citizen completo, universale, virtuale, fatto non di continenti, ma di galassie a tenerci impegnati mentre aspettiamo collegamenti neurali e nuove tecnologie che saranno fondamentali per poter davvero mettere piede nel metaverso.