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Free Guy: Eroe per gioco, la recensione del film con Ryan Reynolds ispirato a Fortnite

Shawn Levy dirige Free Guy, una divertente commedia d'azione che ci catapulta nel mondo dei videogiochi insieme al sempre bravo Ryan Reynolds.

RECENSIONE di Christian Colli   —   17/08/2021

Free Guy è uno di quei film su cui non avremmo scommesso un centesimo. Il connubio tra cinema e videogiochi ci ha spesso traditi quando si è trattato di adattamenti - basti pensare al recente Monster Hunter - così Shawn Levy, già regista di film cult come Una notte al museo e Real Steel, ha pensato di giocare sul citazionismo, cercando un compromesso tra l'ottimo Ready Player One e il pessimo Pixels.

Il problema era scrivere una storia che non fosse banale e riuscisse a superare la diffidenza nei confronti di queste produzioni, che qualche volta sembrano cavalcare la moda del videogioco senza capirlo veramente. Gli sceneggiatori Matt Lieberman e Zak Penn, invece, ci hanno proprio stupiti. Nella nostra recensione di Free Guy: Eroe per gioco vi spieghiamo perché il film con protagonista Ryan Reynolds è tutto sommato un prodotto originale e divertente, che vi intratterrà per un paio d'ore senza martellarvi di citazioni e riferimenti sfacciati.

La storia senza spoiler

Free Guy, Ryan Reynolds in una scena
Free Guy, Ryan Reynolds in una scena

Free City è un posto in cui la cosa più scontata che può succedere è che qualcuno dirotti un elicottero, lo schianti contro un palazzo e scenda in strada col paracadute, smitragliando i passanti prima di rubare un auto e darsi alla fuga. Sembra una partita a Grand Theft Auto, e in effetti Free City non è un luogo reale, ma un videogioco online, una specie di MMORPG che ha avuto un successo strepitoso perché si può fare praticamente quello che si vuole.

Guy (un nome che significa praticamente Tizio) lavora in una banca di Free City e vive ogni giorno uguale al precedente perché non sa di essere un personaggio non giocante in un videogioco, ma quando entra in possesso di un paio di occhiali appartenenti a un giocatore, e ne ottiene le stesse capacità, tutto cambia. La sua storia si intreccia con quella di Molotov, la grintosa avatar di una programmatrice che, dal mondo reale, sta cercando nel gioco una prova che dimostri che l'autore ha rubato le sue idee per sviluppare Free City. Guy perderà la testa per lei e farà di tutto per aiutarla... ma com'è possibile che un PNG abbia una coscienza e creda di essere vivo?

Free Guy, Ryan Reynolds in una scena
Free Guy, Ryan Reynolds in una scena

La trama di Free Guy è furbetta: l'intreccio è abbastanza prevedibile, così come alcuni colpi di scena, ma Levy dirige la pellicola senza scadere nella banalità, sostenuto dal sempre bravo e autoironico Ryan Reynolds, qui nelle vesti anche di produttore. Reynolds, ormai entrato nella parte coi suoi Deadpool, riesce a imporsi sullo schermo trovando un buon equilibrio tra la rappresentazione del buontempone un po' maldestro e l'eroe carismatico col physique du rôle. Non è un'impresa scontata. Il suo personaggio riesce a conquistare lo spettatore grazie anche ai suoi comprimari, nel bene e nel male. Jodie Comer, in particolare, interpreta abilmente due parti molto diverse (la programmatrice trasandata e la femme fatale), ma poi ci sono Joe Keery (lo Steve Harrington di Stranger Things) e Taika Waititi che conducono la sottotrama nel mondo reale.

Il primo è il tipico bravo ragazzo che aspetta il momento del riscatto sociale, mentre il secondo, che forse starebbe meglio dietro la macchina da presa piuttosto che davanti, interpreta un antagonista dai modi bislacchi ed eccessivi. Il problema è che la sottotrama che li contrappone non è proprio coinvolgente e non offre ai due attori un buon materiale su cui lavorare: la loro interpretazione risulta quindi abbastanza svogliata, specialmente nel caso di Taika Waititi, più divertente alla regia dei suoi film che nel ringhiare battutine sarcastiche.

Levy fortunatamente risolve l'equazione bilanciando le parti della storia, senza infarcirla di scene d'azione a caso. Per una buona metà del film, succede tutto in secondo piano, intorno a Guy e nel mondo di Free City, e poi anche nella seconda parte le scene d'azione sono poche ma buone, si integrano ottimamente nella storia senza apparire troppo forzate e lasciano spazio soprattutto alle interazioni tra i personaggi e a qualche bel momento introspettivo. A metà tra The Truman Show e Ready Player One, Free Guy non si prende troppo sul serio e non vuole suscitare chissà quale riflessione sul mondo dei videogiochi e sul suo aspetto più commerciale, sebbene sferri qualche importante stangata alle major che cercano di capitalizzare a tutti i costi senza rispettare i fan e le proprietà intellettuali.

Dedicato ai videogiocatori?

Free Guy, Joe Keery in una scena
Free Guy, Joe Keery in una scena

La pellicola di Shawn Levy è comunque molto creativa sul versante dell'effettistica e della coreografia, e in quei contesti attinge a piene mani a un immaginario che apparirà immediatamente riconoscibile ai videogiocatori navigati, senza scadere nel citazionismo forzato e becero. Solo i veri fan riconosceranno i fugaci riferimenti visivi o concettuali, ma il film non grida ai brand e non calca troppo la mano: è come se alcuni aspetti tanto cari ai videogiochi siano diventati parte integrante della cultura pop al punto da riflettersi nel linguaggio cinematografico in una specie di scambio creativo.

Poi ci può essere il momento in cui Guy spara un colpo col Mega Buster di Mega Man o una scena in cui due Game Master lo inseguono costruendo un edificio al volo come fossero in Fortnite, ma quelli che per i videogiocatori sono deliziosi riferimenti, per uno spettatore casuale saranno solo effetti speciali ben realizzati. Per assurdo, le due citazioni più sfacciate ma gustose del film nulla hanno a che fare coi videogiochi.

Free Guy, Ryan Reynolds e Jodie Comer in una scena
Free Guy, Ryan Reynolds e Jodie Comer in una scena

C'è da capire, quindi, a quale pubblico in particolare si rivolga questo Free Guy: Eroe per gioco. È chiaro che Levy abbia preferito andarci piano sul fronte delle citazioni proprio per non alienarsi quegli spettatori che non avrebbero riconosciuto certe armi o situazioni, ma d'altra parte il linguaggio della pellicola ammicca anche un po' troppo a un codice colloquiale che a tratti suona pure un po' cringe, soprattutto nei minuti iniziali quand'è tutto un susseguirsi di "killare", "noob", "sono troppo skillato" e altre amenità che in una chat possono funzionare ma espresse a voce fanno un effetto quasi imbarazzante.

Insomma, non tutti i videogiocatori si esprimono così nella vita reale, o almeno è quello che speriamo. Però è evidente come Free Guy faccia leva su quel pubblico, e forse pure su una percentuale di giovanissimi, andando a reclutare popolari YouTuber e streamer come Ninja e Pokimane per comparsate di pochi secondi negli stacchi sulla vita reale, insieme a VIP generalmente più famosi come Chris Evans o Channing Tatum.

Free Guy, Ryan Reynolds in una scena
Free Guy, Ryan Reynolds in una scena

La verità è che Free Guy riesce a parlare a un pubblico molto più vasto di quello che avremmo creduto. Il contesto videoludico è rappresentato in modo fantasioso ma chiaro, che non lascia molti dubbi all'interpretazione di uno spettatore poco informato sui videogiochi, ma che non risulta neppure troppo didascalico. Semmai, ci sentiamo un po' di criticare la scelta di idealizzare un videogioco in cui regna l'anarchia più totale, un mondo virtuale che sembra frequentato soltanto da sociopatici disposti a compiere le peggiori efferatezze per guadagnare denaro o punti esperienza.

Sebbene serva a sottolineare il cinismo del suo ideatore, il film trasmette l'idea che la maggior parte dei giocatori prediliga un ambiente tossico e competitivo, e infatti Guy viene rappresentato come l'unico personaggio che sceglie di autodefinirsi a suon di buone azioni, diventando un modello per la società dei videogiocatori. E dire che una delle locandine di Free Guy: Eroe per caso è ispirata ad Animal Crossing...

Free Guy, Ryan Reynolds e Lil Rel Howery in una scena
Free Guy, Ryan Reynolds e Lil Rel Howery in una scena

Conclusioni

Free Guy: Eroe per caso è una commedia divertente che sfrutta l'espediente del videogioco in modo leggermente diverso dal solito. La regia equilibrata di Shawn Levy funziona senza ricorrere allo sfrenato citazionismo, ma non sempre ammicca ai videogiocatori nel modo giusto, e in qualche caso tende a delinearli in modo non proprio lusinghiero. Si tratta, insomma, di un film che non resterà impresso nei ricordi dei videogiocatori, ma che si presta ottimamente a una serata in compagnia.

PRO

  • Parla di videogiochi in modo originale e senza scadere nel citazionismo forzato
  • Il carisma e l'ottimismo del protagonista Ryan Reynolds

CONTRO

  • Alcuni dialoghi sono davvero discutibili
  • Diciamo che la comunità dei videogiocatori non ci fa una bellissima figura