Il Motion Control è stato l'argomento di punta della settima generazione di console, l'ombelico del mondo videoludico. D'accordo, forse non così polarizzante da annullare tutto il resto ma ha senza dubbio lasciato una forte impronta che ancora oggi viene seguita, basti pensare a Nintendo Switch. Del resto è stata proprio la grande N a dar forma al concept con Wii, seguita qualche anno dopo da Sony e Microsoft rispettivamente con PlayStation Move: in particolare Sony, che stava cercando di riassestare il difficile periodo di PS3. Concettualmente, PS Move è nato come ibrido tra il Wii Remote e gli input basati sulla fotocamera del Kinect di Microsoft per Xbox 360, nonché ovviamente della stessa Eye Toy risalente a PlayStation 2.
Caratteristica distintiva (e fonte di qualche osservazione più o meno maliziosa) era la sfera luminosa in alto che emetteva una serie di colori utili a fornire feedback visivi per il giocatore, ma non solo: era anche il punto di tracciamento per la PlayStation Eye Camera, che in questo modo poteva rilevare la posizione e la distanza del controller all'interno di uno spazio 3D - simile al puntatore del Wii Remote con la differenza, non da poco, che il puntatore sferico consentiva un maggiore controllo. Combinato con una serie di giroscopi, magnetometri e accelerometri, il motion controller del PS Move era un bel passo avanti sia rispetto al Wii Remote sia al Kinect, in termini di flessibilità, precisione e versatilità, e visto in retrospettiva viene da pensare che forse si sarebbe potuto scommettere di più su di esso.
C'è ancora del buono in lui
PS Move è stato etichettato in ogni modo, anche se forse non raggiungerà mai l'apice cui è arrivato il "banana" controller, ma c'è un credito che bisogna dargli di cui forse non molti sono a conoscenza: nel suo essere stata la periferica meno utilizzata dagli sviluppatori, meno comprata dai consumatori e di cui si è parlato meno in casa Sony (scusate se è poco, direte voi), ad esso va il merito di aver plasmato PlayStation 4. Messa così è poco credibile ma quando è nientemeno che Shuhei Yoshida a dirlo, allora le cose cambiano: si tratta di dichiarazioni risalenti ormai a sei anni fa, nel corso del panel "Game Changers: Sony Computer Entertainment's Shuhei Yoshida in Conversation with Mark Cerny" tenutosi al Computer History Museum Mountain View, in California. Veniamo così a sapere che PS Move è stato uno dei primi progetti hardware costituito da tre gruppi: il team di ingegneri del software di SCEA, gli ingegneri hardware di SCEI in Giappone e il team di Worldwide Studios che ha creato giochi con il motion controller.
Non a caso il nome originario del PS Move era "Y-con", in rappresentanza dei tre team che si erano messi assieme per svilupparlo: tre i punti in una Y, tre gli studi di Sony - da qui Y-con. Non si trattava solo di tre team messi assieme, bensì di tre team che avevano lavorato come un'entità singola. Un forte segnale di cambiamento dal precedente approccio verso l'hardware nel mondo videoludico, perché come Yoshida ha spiegato assieme a Mark Cerny quella del PS Move è stata la collaborazione pioniera delle altre importanti che si sono susseguite: PlayStation Vita, PlayStation 4 e lo stesso PlayStation VR (all'epoca ancora conosciuto con il nome in codice Project Morpheus). In sordina dunque, e forse anche un po' indirettamente, PS Move ha contribuito a formare quella tripletta di studi, quella Y, alla base di futuri e importanti progetti in casa Sony. Certo non cambia il fatto che sia stata una periferica sfortunata a causa di un'offerta ludica carente ma, sapendo questo retroscena, lo si può vedere sotto una luce un po' diversa.
Ne parliamo al passato con quel pizzico di nostalgia dovuto a una generale carenza di supporto, in termini di titoli, che ha spinto in breve tempo al suo abbandono, ma PS Move è ancora vivo e vegeto: o meglio, è risorto dalle proprie ceneri per virare sulla realtà virtuale - tanto che la suddetta sfera colorata è stata ripresa per l'Aim Controller. A differenza dunque del Kinect, la cui produzione è terminata nell'ottobre del 2017, non solo ha resistito ma ha in un certo senso saputo reinventarsi trasformandosi in uno strumento di accompagnamento a PlayStation VR in tandem con PlayStation Camera.
Dreams è uno degli esempi più recenti a meglio rappresentare l'espressione del PS Move ma bisogna ammettere che, all'alba della next gen e dati i passi da gigante mossi in ambito realtà virtuale, se accorpare la periferica al PlayStation VR è stata un'ottima scelta per il lancio dello stesso, a oggi PS Move ha più l'aspetto di una reliquia che non di uno strumento al passo coi tempi. Soprattutto se parliamo di ergonomia, quando là fuori ci sono concorrenti di un certo livello: considerati i meriti, passati un po' in sordina ma ben espressi all'epoca da Yoshida, di PS Move nel plasmare PlayStation 4 e il fatto che Sony tutto sommato non l'abbia scartato, c'è la possibilità di vedere una sua evoluzione futura magari con l'avvento - quando sarà - di PlayStation VR 2. Nell'attesa, gli auguriamo un buon decimo compleanno.