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SEGA: i giochi che hanno cambiato la storia della compagnia

SEGA è una compagnia iconica per la storia stessa dei videogiochi. Scopriamo insieme quali giochi hanno segnato il suo cammino lungo ormai 60 anni!

SPECIALE di Claudio Camboni   —   21/06/2020

Con questo speciale dedicato a SEGA e alla sua storia scopriremo e parleremo delle sue creazioni più importanti, quelle che ne hanno determinato il destino e un percorso lungo più di 60 anni. Non citeremo i giochi migliori, quelli che hanno avuto un successo commerciale maggiore o i titoli più acclamati dalla critica: spesso, come in uno sliding doors, il percorso di una storia viene indicato da protagonisti quasi invisibili che, per una ragione o per un'altra, riescono a cambiare le sorti di un solco ancora da segnare. Cerchiamo di capire quali sono questi videogiochi e perché hanno rappresentato un momento così importante nell'evoluzione di SEGA.

Periscope

La prima creazione SEGA che vogliamo citare in questo speciale non è propriamente un videogioco ma semplicemente un "gioco". Possiamo considerarlo come un antesignano di quelle che poi sarebbero divenute le moderne macchine arcade, campo nel quale la compagnia giapponese è praticamente nata e si è sviluppata a macchia d'olio in tutto il mondo fino ai giorni nostri. Il business dei coin-op è quello che ha fatto crescere SEGA come potenza mondiale dell'intrattenimento. L'originale Service Games si occupava principalmente di gioco d'azzardo e slot machine, campo nel quale ebbe una vera e propria esplosione da quando si stabilirono truppe e basi americane nel suo territorio post seconda guerra mondiale. Nel 1966 SEGA inventò una macchina chiamata Periscope che simulava una battaglia di sottomarini con un congegno meccanico molto simile a un grosso arcade di oggi. Il successo del gioco all'epoca attrasse numerosi investitori che, grazie alle cifre messe a disposizione della società, le fecero fare il salto di qualità che ancora mancava.

Sega Periscope

Pong Tron

Nel 1973 accadde un fatto che cambiò per sempre il destino di SEGA: la compagnia lanciò il suo primo videogioco da sala, chiamato Pong Tron. Nella sua storia non rappresenta certo il miglior software mai creato, e nemmeno quello più originale o di successo, visto che si trattava di un mero clone del classico Atari, anche se studiato e pensato principalmente per un pubblico nipponico. Dopo aver prodotto decine e decine di juke-box, pinball, slot machines e giochi come Periscope, la compagnia aveva fiutato che l'elettronica poteva diventare il business del futuro. Negli anni '70 tutti guardavano alla tecnologia con molta curiosità e ai primi dispositivi elettronici il grande pubblico riservava sempre una grande attrazione. Grazie al fascino della "grafica digitale" sparata su un monitor a tubo catodico iniziò la vera fortuna di SEGA a suon di 50 Yen, cifra che veniva chiesta per poter fare una partita a Pong Tron.

Buck Rogers: Planet of Zoom

SEGA dimostrò fin dai primi anni '80 di essere una pioniera nell'innovazione tecnologica legata ai videogiochi, producendo titoli che spesso anticipavano di qualche anno le future tendenze e soluzioni grafiche, come ad esempio Buck Rogers: Planet of Zoom, che rappresenta uno dei primi esempi di shoot'em up su binari della storia, proprio quel genere che in Giappone si dimostrò capace di trainare un settore intero, dando vita a centinaia di killer application su praticamente qualsiasi console uscita da allora ad oggi. Buck Rogers: Planet of Zoom era uno dei primi titoli a fare uso di scaling per simulare la profondità 3D della visuale, ma rappresenta per SEGA anche un altro importante tassello, quello delle licenze. Si trattava infatti di un gioco ispirato da storie di fantascienza su strisce a fumetti, uscite dal 1929 fino al 1967, che fecero nascere attorno al personaggio tutta la cultura pop dell'esplorazione spaziale che prese poi piede negli anni '80. Buck Rogers fu la prima produzione su licenza per SEGA, business che crebbe e si sviluppò tantissimo nel decennio successivo.

Astron Belt

SEGA fu innovativa anche in un altro campo, quello dei Laser Game. Sebbene tutti ricordino (ovviamente) il bellissimo Dragon's Lair, grazie al successo strepitoso che ebbe soprattutto negli Stati Uniti, la compagnia giapponese lanciò lo stesso anno Astron Belt, che secondo la leggenda, in realtà, anticipò seppur di poco il capolavoro di Don Bluth, ispirandolo. Astron Belt era uno sparatutto a scorrimento con grafica mista: astronave in sprite, sfondo, nemici ed effetti in full motion video. Nel momento storico in cui i Laser Game sembravano rappresentare il futuro, un solco già segnato, SEGA era lì in prima linea con le sue sperimentazioni e progetti. SEGA si buttò a capofitto nei laser game producendo anche un hardware dedicato, il SEGA Laserdisc System, che però fu sottosfruttato a causa dell'improvviso successo di alcuni cabinati "classici" che misero in ombra questa tecnologia, mandandola in pensione pochi anni dopo.

Altered Beast

A cavallo tra l'epoca 8 bit che vide NES e Master System darsi battaglia, SEGA anticipò Nintendo di ben due anni facendo uscire sul mercato la sua console "next-gen" di quegli anni, il Megadrive. La strategia era quella di produrre un hardware estremamente più potente, basato sul sistema SEGA System 16 da sala giochi, che potesse riprodurre fedelmente le controparti arcade. Lo stacco rispetto a NES era netto e potente, sottolineato da videogiochi come Altered Beast che inizialmente fu incluso in bundle con la console proprio per testimoniare e far vedere al grande pubblico di cosa fosse capace il nuovo hardware. Altered Beast rappresentò per SEGA un vero e proprio "cavallo di troia" per entrare nei salotti dei videogiocatori e mostrare la superiorità tecnica e grafica delle console SEGA, che grazie a questo riuscì ad ottenere (unica volta nella sua storia) un discreto vantaggio sui concorrenti.

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Michael Jackson: Moonwalker

In piena console war contro Nintendo, SEGA cercava la sua strada e la sua identità con una serie di videogiochi che ne mostravano il lato più maturo. Come abbiamo già detto, la casa nipponica era già stata molto brava a stringere accordi per sviluppare altri franchise, quello che invece le riuscì meglio negli anni '90 fu crearsi un'immagine estremamente più accattivante, adulta e sfaccettata rispetto a una Nintendo che come sempre puntava principalmente alle famiglie, ai bambini e allo zoccolo duro dei suoi fan. Grazie a giochi come quello dedicato a Joe Montana, star del football americano, oppure alla boxe di "Buster" Douglas, SEGA apriva la sua offerta a fette di mercato prima non considerate da nessun altro. Uno dei suoi giochi più iconici rappresentò proprio questa svolta più matura: Michael Jackson: Moonwalker, costruito intorno alla figura della famosa pop-star e delle sue canzoni, fu un titolo molto chiacchierato il cui un successo permise a SEGA di centrare l'obiettivo di costruirsi una immagine diversa e diametralmente opposta a Nintendo.

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Sonic The Hedgehog

Nessun gioco e nessun altra idea di SEGA riuscì però a creare un tale hype come fece la sua attuale mascotte, il porcospino blu Sonic The Hedgehog, nato nel 1991. Al grido di "Sega does what Nintendon't", meme pubblicitario inventato all'epoca per sottolineare le potenzialità del nuovo hardware SEGA, Sonic serviva alla compagnia per dimostrare quello che questo motto intendeva, ovvero creare dei giochi estremamente più veloci e fluidi. SEGA voleva abbandonare il precedente personaggio che la compagnia considerava (non ufficialmente) la propria mascotte, Alex Kidd, in favore di qualcosa di più accattivante, che riuscisse a contrastare le rotondità di Super Mario con un design più "cattivo" e adulto della controparte Nintendo. Dopo svariati concept e sketch, la forma finale di Sonic prese vita grazie alla matita di Naoto Oshima e fu poi sviluppato da altri disegnatori modificandosi nel tempo fino alla forma attuale, chiamata "modern Sonic". Il gioco di Sonic rappresentò una vera e propria killer application che negli anni riuscì a porre una solida base di fan per la compagnia giapponese, base di appassionati che tutt'ora segue con amore e compra le produzioni SEGA.

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Virtua Fighter

Mentre la compagnia proseguiva la sua "console war" contro Nintendo e tutto il resto del mondo, proseguiva imperterrita e con successo nello sviluppo di coin-op per sale giochi, rimanendo in tutti questi anni solidamente leader di questo mercato. Con l'uscita della sua nuova console SEGA Saturn (che curiosamente non partorì mai un degno erede dei Sonic del Megadrive), la compagnia aveva bisogno di nuovi titoli che spingessero l'hardware casalingo verso vendite soddisfacenti. Paradossalmente fu proprio lo sviluppo di software per sala giochi che riuscì a mantenere, seppur con meno successo del predecessore, la propria console sugli scaffali. Il titolo che fece più scalpore all'epoca fu sicuramente Virtua Fighter, primo picchiaduro del suo genere che spianò la strada a tutti i vari Tekken, Dead or Alive e affini arrivati gli anni successivi. L'uso convincente della grafica poligonale e il gameplay perfettamente bilanciato furono le basi per questo strepitoso successo, sia in sala che a casa su Sega Saturn. I personaggi della saga rappresentano ancora oggi la compagnia alla pari di Sonic e molti altri videogiochi creati negli anni successivi.

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Shen Mue

Shen Mue rappresenta per SEGA e per la sua console il canto del cigno. Sebbene al lancio fosse partita incredibilmente bene, Dreamcast soffrì in modo decisivo l'uscita di Playstation 2 e in gran parte anche la crescente pirateria che ruotava intorno al suo sistema. SEGA, consapevole di avere in mano tutte le carte giuste per fare bene, puntò tutti i suoi capitali nello sviluppo di nuove tecnologie e software adatti a supportare il proprio hardware. Dreamcast portò nelle case il gioco online su console, all'epoca ad esclusivo appannaggio dei possessori di PC, con soluzioni che permettevano di navigare su internet sulla propria TV e chattare in real time con gli amici. Al contempo stava da anni sviluppando un gioco chiamato Shen Mue, originariamente nato su Sega Saturn e poi portato nella next-gen 128 bit. Il suo sviluppo fu lunghissimo, meticoloso e certosino. Il Guinness dei Primati di quegli anni citava il titolo SEGA come il più costoso della storia dei videogiochi, questo fa capire come e quanto la compagnia investì in quel progetto. Purtroppo Shen Mue non vendette abbastanza copie, nemmeno per coprire i suoi mirabolanti costi di sviluppo, facendo così iniziare la parabola discendente di SEGA nel mondo hardware e facendola poi convertire al solo sviluppo di software.

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