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Sludge Life 2, abbiamo provato il ritorno del tagger anarchico di Terri Vellmann e Doseone

Abbiamo provato di Sludge Life 2, un gioco che segna il ritorno del tagger Ghost e del suo mondo sgangherato e affascinante, creato da Terri Vellmann e Doseone.

PROVATO di Simone Tagliaferri   —   23/03/2023
Sludge Life 2, abbiamo provato il ritorno del tagger anarchico di Terri Vellmann e Doseone
Sludge Life 2
Sludge Life 2
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Il primo Sludge Life era un gioco strano quanto affascinante. Era un open world in cui nei panni di un tagger, Ghost, dovevamo girare per una città sporca e surreale alla ricerca del modo per entrare nel gotha degli artisti di strada. A conti fatti non c'era molto da fare, ma era bello anche per questo: era un invito ad andare alla deriva nel mondo di gioco per scoprirlo, pieno com'era di personaggi grotteschi, situazioni assurde e strane costruzioni che si affiancavano senza soluzione di continuità in un mondo labirintico. Il design del gioco seguiva una logica fortemente anarchica e sommava situazioni, più che dare una direzione precisa. Nonostante le sue peculiarità concettuali, l'opera degli artisti Terri Vellmann e Doseone ha avuto un certo successo, tanto che è arrivato l'inevitabile seguito. Abbiamo quindi provato Sludge Life 2, che sembra semplicemente voler confermare tutte le caratteristiche del suo predecessore.

Il rapper scomparso

Alcuni edifici di Sludge Life 2 sono particolari
Alcuni edifici di Sludge Life 2 sono particolari

La demo di Sludge Life 2 che ci è stata fornita ci ha consentito di provare il gioco un'ora alla volta. Allo scadere del timer la partita finiva e tutto ciò che potevamo fare era ricominciare da capo. Quello che ai più sembrerà un grosso limite ci è stato in realtà davvero utile, perché ci ha permesso di giocare più volte scoprendo sempre cose differenti nel mondo di gioco, la città di Ciggy City, più grosso di quello del predecessore, ma altrettanto punk nella sua strutturazione. Gli Sludge Life sembrano essere prima di tutto pura visione architettonica e come tali andrebbero vissuti. Come avrete capito, la struttura di gioco è identica a quella del primo capitolo. Sempre nei panni di Ghost, il giocatore deve scoprire che fine ha fatto il rapper Big Mud, sparito dalla circolazione dopo una notte di festa. Visto che siamo il suo manager non è bello che ci sia scomparso da sotto al naso. L'avventura parte da una vasca da bagno, dove abbiamo concluso la serata. La storia viene introdotta da un singolo dialogo e poi possiamo darci alla ricerca del nostro protetto, che chissà dove si è cacciato. Oppure possiamo disinteressarci del suo destino per scoprire la città e taggarci su qualche muro (quelli su cui si può disegnare sono indicati dall'icona di una bomboletta spray).

Come avrete capito a Sludge Life 2 non interessa molto raccontare una storia, nonostante racconti effettivamente una storia, e non si cura nemmeno di dirci cosa fare e dove andare. Esplorando il mondo di gioco si trovano alcuni strumenti, come un deltaplano portatile, che serve per rallentare le cadute e non farsi male, o una macchina fotografica utile, indovinate un po', per fare fotografie, ma non c'è mai niente di davvero obbligato. Ossia se li si trova è bene, altrimenti si può andare in giro anche senza. Tanto nessuno ci dirà dove sono. Per dire: la macchina fotografica si trova aprendo una stanza d'albergo senza particolari indicazioni in cui uno strano tipo ha allestito un set fotografico ed è alla ricerca di qualcuno che lo immortali. Certo, in giro si trovano indizi sulla posizione attuale di Big Mud, ma non sono passaggi obbligatori e servono più come scusa per continuare a esplorare che come imbuti narrativi.

Una città da scoprire

I personaggi fanno spesso cose strane, tanto per farle
I personaggi fanno spesso cose strane, tanto per farle

Girare per Ciggy City riserva moltissime sorprese. Parlare con i personaggi è un piacere, perché non si sa mai cosa possano dire o perché stiano facendo quel che stanno facendo, come uno spazzino che vive in un cassonetto per attaccamento al lavoro o un uomo che si sta fotocopiando la faccia. Unendo tutti i pezzi emerge anche una forte critica al sistema dominante, con la città che è di fatto in mano alla multinazionale GLUG, il produttore delle Ciggy Cig, cui Big Mud ha dedicato una canzone di elogio tanto da essersi guadagnato la fama di venduto. Così, oltre alle su molte stramberie, Ciggy City appare come una città in subbuglio, in cui gli abitanti faticano a vivere degnamente a causa dell'inquinamento e delle politiche oppressive della multinazionale, spalleggiata dal potere politico.

Sludge Life 2, quindi, è un continuo invito alla scoperta, quasi un immenso palco teatrale in cui improvvisare di continuo e, ogni tanto, fare qualche disegno sul muro. Ogni suo angolo può riservare sorprese, siano esse drammatiche o comiche poco importa.

Accedendo ai menù di Sludge Life 2 ci si ritrova davanti alla schermata di un vecchio laptop
Accedendo ai menù di Sludge Life 2 ci si ritrova davanti alla schermata di un vecchio laptop

Se avete giocato il primo Sludge Life non sarete poi troppo sorpresi di questa descrizione, visto che di fatto ci troviamo di fronte a un'opera completamente allineata a quella che l'ha preceduta. Come detto il mondo è più grosso, ci sono più piattaforme su cui saltare per raggiungere i muri su cui disegnare, ci sono più cose da scoprire, più segreti e più personaggi, ma l'esperienza generale sembra essere assolutamente in linea con quella del primo capitolo, il che non è un male, visto che proponeva uno stile di gioco unico e una visione autoriale degli open world che meritava di essere approfondita e rifinita. Certo, una simile scelta comporta che difficilmente chi non ha amato il primo Sludge Life trovi un qualche motivo d'interesse in questo, ma immaginiamo che Vellmann e Doseone, nonché l'editore Devolver Digital, lo abbiano messo in conto.

Stile undeground

Lo stile visivo è fortemente undeground, con grandi richiami agli anni '90
Lo stile visivo è fortemente undeground, con grandi richiami agli anni '90

Del resto l'obiettivo qui sembra essere quello di rappresentare, più che di proporre sistemi di gioco complessi e attività ricreative da parco giochi. In Sludge Life 2 pare esserci una forte fascinazione per quel mondo undeground da cui i videogiochi hanno spesso attinto temi e stili, come fatto ad esempio da Umurangi Generation o Betrayal At Club Low di Cosmo D, con lo stile grafico che sembra uscito da un fumetto underground degli anni '90, tra personaggi dai tratti esagerati, oggetti stilizzati, una paletta dei colori dai toni sporchi e quant'altro. Per rimanere alla fine dello scorso millennio, Ghost gira anche con un grosso laptop, invece che con un più moderno smartphone, che lancia in giro ogni volta che si esce dal menù. Più in generale, ci sono tante interazioni fini a se stesse, che danno l'idea di un mondo vivo pur non essendo collegate alla risoluzione di enigmi o alla storia. C'è anche gioco, per chi se lo stesse chiedendo, perché alcune delle abilità che si ottengono richiamano al mondo dei platform game, come il doppio salto o una super spinta. Sono tutte legate all'esplorazione, in realtà, perché aumentano notevolmente la libertà di movimento e permettono di arrivare in posti altrimenti irraggiungibili (o molto più difficili da raggiungere), ma è indubbio che rendano l'intera esperienza molto più giocosa di quanto non sembrasse nelle fasi iniziali.

La demo di Sludge Life 2, essendo sostanzialmente il gioco finito con dei limiti di tempo e qualche rifinitura ancora da fare, ci ha permesso di farci un'idea molto precisa sul gioco e su quello che ci aspetta nella versione finale. Se vi ha intrigato il primo, sicuramente vi interesserà anche questo, che è costruito intorno alla stessa visione. Comunque sia, vedremo con la recensione se valga la pena o no tornare a vestire i panni di Ghost per andare alla ricerca di Big Mud.

CERTEZZE

  • Mondo di gioco pieno di cose da vedere
  • Perfettamente in linea con Sludge Life

DUBBI

  • Se conoscete il primo, non vi sarà difficile immaginare di cosa si tratta