Si sa, tra alti e bassi, tra edizioni che funzionano meglio ed altre in cui è difficile arrivare con le palpebre aperte e scattanti fino ai titoli di coda, la notte dei The Game Awards è tradizionalmente teatro di una pletora di annunci, spesso telefonati e leakati, più raramente capaci di sorprendere davvero gli spettatori.
Ogni tanto è lo stesso Geoff Keighley, il mattatore e organizzatore dell'evento, a metterci lo zampino e ad attivare il volano dei rumor, e quest'anno ha deciso di mettere le mani avanti con diversi giorni di anticipo per annunciare urbi et orbi che Lara Croft avrebbe fatto un'importante comparsata nel corso della lunga serata. E ora che le bocce sono finalmente ferme, dobbiamo ammettere che Crystal Dynamics, nonostante l'anticipo, ha saputo sorprendere e decisamente convincere gli astanti sparigliando le carte in tavola e non limitandosi ad un semplice annuncio.
Non uno infatti, ma ben due titoli dedicati all'archeologa più famosa del mondo sono stati svelati al grande pubblico, scatenando un caloroso applauso al Peacock Theater dove i The Game Awards stavano andando in scena e cogliendo di sorpresa persino gli stessi sviluppatori (a detta loro!).
Per tentare di capire qualcosa in più e analizzare come questi due progetti convivranno in un mercato sempre più affollato e complesso, abbiamo avuto l'opportunità di partecipare ad una piccola, ma affollata tavola rotonda a poche ore di distanza dalla chiusura del sipario, in compagnia di Scot Amos, l'uomo al timone di Crystal Dynamics e Will Kerslake, il game director del team.
Grazie a loro abbiamo raccolto qualche informazione in più su questa nuova, doppia visione per Lara Croft, cercando di capire come si posizionano sia il ritorno al passato storico della serie, Legacy of Atlantis, che il futuro dell'eroina, Catalyst, anche rispetto all'eredità lasciata dalla recente trilogia reboot.
Oltre la trilogia della sopravvivenza: come evolve un'icona
Facciamo un passo indietro. L'ultima volta che abbiamo visto Lara Croft protagonista assoluta era il 2018, ben 7 anni fa, con la conclusione di quella che a posteriori è stata rinominata la trilogia della sopravvivenza. Un trittico di videogiochi partito nel 2013 con il reboot ufficiale privo di sottotitoli e numeri e conclusosi poi con Shadow of the Tomb Raider proprio nel 2018. Quella saga ci aveva presentato una Lara giovane, inesperta, spesso terrorizzata e di fatto costretta a uccidere come unico mezzo per sopravvivere. Era una specie di storia di formazione, piena zeppa di dolore e che, in qualche modo, ha cercato di decostruire il mito per renderlo più credibile, moderno e umano.
Ma come si dice spesso: è praticamente impossibile convincere chiunque e, puntuali, sono arrivate le lamentele dei fan di vecchia data che non hanno mai potuto digerire una Lara così verosimile e fragile nelle sue debolezze e hanno cominciato a chiedere a gran voce il ritorno di quella "classica": l'avventuriera sicura di sé, acrobatica, armata di doppia pistola e con la battuta sempre sulle labbra. Ed è esattamente in questa precisa collocazione concettuale che si inserisce Tomb Raider Catalyst.
Come ha detto Scot Amos, Catalyst "è il capitolo successivo, tutto il resto è storia passata". Una storia che Crystal Dynamics si impegnerà a ricostruire e re-immaginare, bloccando però sul nascere qualsiasi dubbio di continuità che, in realtà, è emerso dopo la proiezione dei due trailer di annuncio.
Will Kerslake è intervenuto fin dall'inizio della tavola rotonda per chiarire l'equivoco sulla Lara Croft mostrata: "è lo stesso personaggio, ma in due periodi distinti della sua vita. Se Legacy of Atlantis è una rivisitazione delle origini, Catalyst ci mostra una Lara all'apice della sua carriera".
Questo stacco netto dal tono drammatico degli ultimi anni segna un ritorno allo spirito action-adventure puro, liberando la narrazione dal peso (o almeno lo crediamo e lo speriamo) di dover spiegare ogni cicatrice dell'eroina.
L'India e la Lara esperta di Catalyst
Se quindi Legacy of Atlantis guarda al passato, Tomb Raider Catalyst rappresenta il salto nel futuro ed è previsto indicativamente per il 2027, esattamente un anno dopo l'uscita di Legacy che è invece atteso per il prossimo anno, nel 2026.
Ambientato nel Nord dell'India, il gioco punta a essere il Tomb Raider più vasto mai creato dallo studio. E la scelta dell'India non è casuale perché si ricollega timidamente alle radici della saga (i fan più attenti e sfegatati potranno ricordare che Lara incontra Larson a Calcutta nell'intro del primissimo gioco); chiaramente il tutto sarà espanso in una scala mai vista prima d'ora.
"È una terra ricca di storia antica e miti, un luogo che i fan chiedevano da tempo e che offre paesaggi vasti che implorano di essere esplorati", spiega Kerslake, che poi si focalizza sul concetto di accessibilità narrativa che è un modo molto furbo per aderire al concetto di marketing "è un gioco per tutti". Nonostante decenni di lore accumulata tra i capitoli realizzati da Core Design e quelli messi in piedi da Eidos e Crystal Dynamics, il duo di sviluppatori mi ha assicurato che per i nuovi giocatori "non ci saranno compiti a casa da svolgere". Chiunque potrà "saltare dentro Catalyst e godersi l'avventura completa senza dover conoscere la preistoria della saga" e ogni singolo avvenimento cardine.
La promessa è insomma la solita quando si riprende in mano un brand che ha "troppa" storia sulle spalle: Tomb Raider Catalyst sarà un'avventura indipendente che non richiede di aver giocato tutti o alcuni dei titoli precedenti per capire perché Lara ha scelto di imbarcarsi in quest'avventura o recuperare proprio quel tesoro.
Legacy of Atlantis è molto più di un semplice remake
Il progetto che tocca le corde della nostalgia (ed è un bel po' furbetto) è senza dubbio Tomb Raider: Legacy of Atlantis, previsto per il prossimo anno e posizionato con arguzia in concomitanza con il 30° anniversario del franchise (il primissimo Tomb Raider uscì infatti in un preistorico 1996). Lo sviluppo è però affidato alle cure di Flying Wild Hog, team polacco a cui si deve la serie Shadow Warrior e il recente Trek to Yomi, con l'inevitabile e costante supervisione di Crystal Dynamics che è lì a garantire coerenza e qualità. Oltre all'accesso a una ricca libreria storica.
La volontà di dare a un team esterno il compito serve anche a garantire una necessaria ventata di freschezza a tutto il progetto e non è un caso che i due team non abbiano mai utilizzato il termine remake, remastered o reboot, ma si siano focalizzati sul lemma inglese "reimagining", il re-immaginazione poco sopra.
La distinzione è fondamentale anche per comunicare meglio tutta l'operazione, che deve allontanarsi con forza dal Tomb Raider: Anniversary del 2007.
"Vogliamo onorare il DNA originale di Core Design", spiega Amos, "ma osservandolo con la lente del giocatore moderno". Questo, tradotto in linguaggio più masticabile, significa che sebbene rivedremo luoghi iconici come il Perù e l'Egitto, e affronteremo i nemici storici (sì, hanno confermato sia il T-Rex che i velociraptor, ma d'altra parte si vedevano già nel trailer di annuncio), il feeling pad alla mano sarà contemporaneo. Non si tratta di una conversione 1 a 1 con un engine moderno.
D'altra parte sono passati 30 anni e "le realtà del 1996 e del 2026 sono diverse", come sottolinea Kerslake. "Vogliamo che il gioco vi dia le stesse sensazioni provate la prima volta" (se siete giocatori vecchiotti, aggiungeremmo), "ma si deve giocare come un titolo moderno. Abbiamo mantenuto la Lara sicura di sé e buona parte degli enigmi, ma abbiamo dovuto ricostruire completamente il sistema di combattimento e di esplorazione".
E per fortuna non ci dobbiamo neanche aspettare la semplificazione spesso connaturata a queste operazioni di svecchiamento: a quanto pare la difficoltà brutale dei giochi platform e adventure degli anni '90 sarà adattata sì, ma non cancellata. "Le grandi palle che rotolano e i momenti adrenalinici che vi mettevano a dura prova ci saranno tutti", ha assicurato il Game Director.
L'Unreal Engine 5 come stimolo per il salto generazionale
Entrambi i giochi, Catalyst e Legacy of Atlantis, condivideranno il medesimo cuore tecnologico, sia per questioni di coerenza grafica che per mere valutazioni di sviluppo: l'Unreal Engine 5. Una scelta che segna il completo abbandono delle tecnologie proprietarie (il Foundation Engine su cui era stata costruita la trilogia recente) in favore di uno standard che è ormai universale, capace di gestire agilmente l'illuminazione dinamica e la geometria complessa necessaria per le ambientazioni che, a detta degli sviluppatori, saranno sbalorditive.
"Vogliamo essere narratori e l'Unreal Engine 5 ci permette di attingere a un bacino di talenti globale", ammette Amos. "Ci ha permesso di creare vette e montagne molto alte con panorami mozzafiato e contemporaneamente tombe sotterranee oscure e affascinanti con una fedeltà visiva incredibile". In fondo è lo stesso ragionamento fatto a suo tempo da moltissimi sviluppatori, anche molto importanti come ad esempio CDProjekt: utilizzare un engine proprietario restringe inesorabilmente il gruppo di persone a cui puoi accedere e, quando hai bisogno di centinaia di artisti e programmatori per un singolo progetto, magari con tempistiche stringenti, ti devi adeguare a quello che è, di fatto, lo standard di mercato.
Un altro tassello fondamentale che non possiamo trascurare, è il ruolo di Amazon Games. Che in questo caso specifico non è un semplice publisher, ma un partner attivo che mette lo zampino (nel bene e nel male) anche nella componente creativa e di definizione del personaggio. D'altra parte bisogna tenere bene a mente che in questi 30 anni, il panorama videoludico è completamente cambiato e oggi il franchise è in mano ad Embracer Group, avendo rilevato tre anni fa tutti gli asset della divisione europea di Square Enix.
Ma c'è anche una promettente alleanza proprio con Amazon che è impegnata a tempo pieno nella produzione di una serie TV live-action basata su questa proprietà intellettuale che coinvolge anche nomi di un certo peso quali Phoebe Waller-Bridge come creatrice, scrittrice e showrunner (a lei si deve la serie Fleabag di cui è figura chiave, ma anche l'ultimo Indiana Jones e il Quadrante del Destino) e Sophie Turner, la Sansa Stark di Game of Thrones, che vestirà i panni di Lara Croft.
Sebbene Amos abbia glissato volutamente alle domande specifiche sui collegamenti diretti tra i giochi e la serie, è stato detto in molteplici occasioni che l'obiettivo è creare un universo coerente e interconnesso tra tutte le produzioni (fatta eccezione, probabilmente, per la serie anime in due stagioni arrivata di recente su Netflix).
Tra l'altro a unire i due progetti videoludici c'è la performance di Alex Wilton Regan, attrice poco nota in ambito cinematografico, ma che ha prestato voce e performance in un mare di videogiochi tra cui Cyberpunk 2077, Dragon Age: The Veilguard e The Outer Worlds 2. Lei è diventata la scelta principale per interpretare Lara Croft in entrambi i nuovi titoli. Una decisione che mi è sembrata un po' rischiosa data la differenza di età del personaggio nei due giochi, ma che il team difende a spada tratta per mantenere una coerenza vocale e recitativa in questo "nuovo corso".
Quando potremo giocarci?
Se siete arrivati fino a qui senza perdervi neanche una riga di questo speciale basato sulle chiacchiere con il team di sviluppo, saprete già quando i due giochi arriveranno.
Per tutti gli altri, sappiate che ad aprire le danze ci sarà Tomb Raider: Legacy of Atlantis che arriverà nel corso del prossimo anno, il 2026, per celebrare i 30 anni della saga. Per molti sarà l'antipasto nostalgico utile a rientrare nelle atmosfere della serie, senza trascurare gli avanzamenti tecnologici di questi tre decenni.
L'anno successivo, il 2027, sarà invece la volta di Tomb Raider: Catalyst che porterà avanti il franchise con una Lara inedita e matura e, teoricamente, pronta anche per sbarcare nella serie TV.
Quasi una sorta di lavorazione "back to back" a cui ci ha abituati il cinema recente alle prese con i progetti più grandi, con due team di sviluppo che si muovono in parallelo uniti però dalla stessa visione chiara e coerente capace di abbracciare sia i puristi del 1996 che i giocatori delle nuove generazioni.
In entrambi i casi le piattaforme previste saranno le attuali: PC, PlayStation 5 e Xbox Series X|S. Niente Nintendo Switch 2, almeno per ora.