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Twitter e Unity: quale impatto potrebbero avere i loro casi sulla scena indipendente?

Vediamo come i casi Twitter e Unity potrebbero impattare la scena indipendente, facendola avvicinare ancora di più all'abisso dell'irrilevanza.

Twitter e Unity: quale impatto potrebbero avere i loro casi sulla scena indipendente?
SPECIALE di Simone Tagliaferri   —   16/11/2022

I recenti casi Twitter e Unity, seppur viaggiando su livelli differenti, rischiano di avere un grosso impatto sul mondo dei videogiochi, in particolare sulla scena indipendente, che già di suo non se la passa troppo bene. Cerchiamo di fare il punto della situazione e vediamo perché la cosiddetta indieapocalypse potrebbe non manifestarsi come un'esplosione spettacolare o un fenomeno distruttivo sublime e ineluttabile, ma essere una morte lenta e dolorosa, di cui potrebbero non accorgersi in molti.

Una scena maltrattata

La scena indipendente viene costantemente maltrattata, nonostante i proclami di benevolenza dell'industria
La scena indipendente viene costantemente maltrattata, nonostante i proclami di benevolenza dell'industria

Una delle costanti dell'industria dei videogiochi riguarda il maltrattamento riservato agli sviluppatori indipendenti, che in più occasioni sono stati ghermiti, masticati e poi sputati via, non appena li si è potuti sostituire con forme di business più proficue. Utilizzati da sempre come tappabuchi, sono ogni volta costretti a subire inascoltati i mutamenti del settore o degli strumenti che apparentemente sono stati messi al loro servizio, ma che spesso si sono più che altro serviti di loro. Pensate, ad esempio, alla nascita degli store mobile: chi si occupò di popolarli quando i grandi editori non volevano ancora toccarli neanche con un bastone? Con il tempo quell'immensa fucina di idee, piena di promesse incredibili e di applicazioni eccezionali, è stata occupata dai prodotti free-to-play e dalla loro insaziabile voracità, tanto che il maestro Jeff Minter, molto attivo su mobile nel periodo più sperimentale, ebbe a dire in merito: "Mi spezza il cuore vedere l'industria dei videogiochi adottare sempre più strategie bizantine e truffaldine, pensate per mungere soldi a quante più persone possibili." In tutto questo gli sviluppatori indipendenti si sono ritrovati fuori dai giochi, impossibilitati a vendere le loro opere, anche a prezzi bassissimi, in negozi ormai in mano a colossi che hanno fatto miliardi sfruttando le debolezze insite nella psicologia umana e che possono permettersi di avere la massima visibilità, spendendo milioni in marketing.

Fate largo ai bulli!

Certe sperimentazioni e certi concetti possono passare solo dalle produzioni indipendenti
Certe sperimentazioni e certi concetti possono passare solo dalle produzioni indipendenti

Quello che è successo nel mercato mobile non è un caso isolato: gli indie hanno fondato e sorretto gli ambienti digitali di diverse console, per poi essere marginalizzati quando i grandi editori hanno visto che la strada era ormai ben spianata e hanno iniziato a farsi largo a colpi di milioni di dollari d'investimenti per prendersi i posti migliori. Hanno aiutato piattaforme come Steam a crescere, per poi essere maltrattati in ogni modo da Valve, tra strumenti inadeguati, visibilità azzerata, algoritmi fallati che favoriscono solo i grandi nomi e un sistema di selezione che ha consentito a migliaia di giochi spazzatura di affollare l'elenco delle nuove uscite, togliendo agli sviluppatori senza soldi per il marketing anche quel minimo di esposizione garantita dal lancio. Insomma, hanno subito e continuano a subire quelle che non esiteremmo a definire come dei veri e propri atti di bullismo.

Eppure gli "indie" svolgono un ruolo essenziale per l'industria, che è quello di fare da apripista per i nuovi settori, rendendoli vivi e interessanti, così da attirare le prime masse di utenti, quelle che formeranno il nucleo dal quale si potranno sviluppare. Pensate ad esempio a quanti studi stanno supportando il mercato dei visori VR con giochi pieni d'entusiasmo per la tecnologia, che hanno spesso scarsissime prospettive di rientro.

I grandi editori si guardano bene di arrischiarsi nei territori inesplorati del medium, limitandosi spesso a proclamare il loro amore per l'innovazione dopo aver lanciato l'ennesimo seguito di un franchise che magari esiste da vent'anni. Più sono grossi, più si può star certi che arriveranno dopo, quando inizieranno ad avere delle sicurezze, cercando di compensare la loro assenza iniziale con la forza bruta del denaro. Facciamo esempio all'entusiasmo per i battle royale, genere reso autonomo da uno studio all'epoca molto piccolo e da un gioco che mirava a vendere poche decine di migliaia di copie (PUBG), genere poi fagocitato da Epic Games (Fortnite), Electronic Arts (Apex Legends) e Activision Blizzard (Call of Duty: Warzone) e diventato terreno di conquista di decine di altri editori medio grossi, con lanci spesso sconclusionati, fatti tanto per fare numero. Oppure pensate ai MoBA, nati da una mod, sviluppati intorno al successo di un titolo di un'allora piccola Riot Games e poi diventati terreno di caccia per colossi occidentali e cinesi.

Unity, un motore per le pubblicità

La scena indie è praticamente l'unica in cui si continua a sperimentare
La scena indie è praticamente l'unica in cui si continua a sperimentare

I casi Unity e Twitter, assurti agli onori delle cronache negli ultimi giorni, potrebbero diventare l'ennesimo mattone tolto da sotto i piedi degli sviluppatori indipendenti che, per motivi differenti, potrebbero creare a molti delle enormi difficoltà. Unity è un motore grafico utilizzatissimo dagli studi medio piccoli che è potuto crescere nei suoi primi anni di vita proprio grazie a loro. Nonostante la rozzezza di fondo di alcune delle soluzioni adottate in passato, che creava non pochi problemi a chiunque volesse tentare lo sviluppo di progetti medio grandi, la crescita di Unity è legata a stretta mandata a quella degli store mobile, con gli sviluppatori indipendenti che hanno potuto contare per anni su di una tecnologia economica e accessibile per realizzare le loro opere. Con l'avvento dell'ex Electronic Arts John Riccitiello come CEO della compagnia, le cose sono però cambiate. Riccitiello è considerato uno degli uomini più rapaci dell'industria dei videogiochi, colui che ha disintegrato decine di studi di sviluppo sotto Electronic Arts e che non guarda in faccia a nessuno quando fiuta un affare, agendo come uno schiacciasassi. Un Jack Tramiel apparentemente più simpatico. L'approdo a Unity ha portato a un cambio totale di focus della compagnia che, da fornitore di una preziosa tecnologia software per gli sviluppatori ha iniziato a occuparsi più che altro di pubblicità, con sistemi integrati proprio in Unity prima e miranti al metaverso ora, facendo deragliare l'immagine della compagnia, diventata meno reattiva proprio verso quella scena indipendente cui deve la sua esistenza e il suo successo iniziale. Un recente reportage di Jason Schreier per Bloomberg ha messo in luce la spigolosità del personaggio e gli effetti che sta avendo nel definire i nuovi obiettivi del motore, che vedono i videogiochi sempre più in secondo piano. Del resto lui stesso ha definito degli idioti quelli che non pianificano il sistema di monetizzazione prima dei giochi stessi...

Twitter e il dissolvimento delle comunità

Elon Musk sarà l'anticristo della scena indipendente?
Elon Musk sarà l'anticristo della scena indipendente?

Altro colpo alla scena indipendente potrebbe arrivare da Twitter, ossia dal Twitter post acquisizione di Elon Musk. Le prime mosse dell'egocentrico e infantile magnate di Tesla, tra spunte blu a pagamento, licenziamenti di massa ed esternazioni irresponsabili, hanno fatto temere il peggio per il social dei cinguettii, causando una piccola migrazione verso Mastodon, diversi abbandoni e, in generale, facendo respirare a tutti i suoi frequentatori abituali un'atmosfera da arrivo al capolinea, che ha destato non poche preoccupazioni nell'ambiente. Come mai gli sviluppatori indipendenti temono il peggio? Il motivo è semplice: Twitter è ottimo per le comunicazioni veloci e per gli annunci brevi, ossia per fare quel marketing spicciolo che spesso è indispensabile per far conoscere i propri progetti, non disponendo di capitali da investire in comunicazione. Nel caso Twitter fallisca, come temono molti, i grandi editori prenderanno atto della situazione e cercheranno altri canali per le loro campagne promozionali, pagando il necessario per la transizione, mentre i piccoli dovranno lottare di nuovo per ritrovare quelle comunità che si erano faticosamente costruiti e che rappresentavano il cuore delle loro vendite, ossia ciò che li tiene a galla economicamente.