Siamo nel 2013, anno del lancio di Xbox One, nuova console di ottava generazione maturata nel pieno della discussa gestione Don Mattrick. Una gestione discussa perché, in controtendenza rispetto al passato, il capo della divisione aveva scelto di posizionare la macchina ammiraglia come una piattaforma destinata all'intrattenimento prima ancora che ai videogiochi, fra l'altro prendendo una serie di decisioni strategiche - fra cui l'introduzione del sensore di movimento Kinect - che sarebbero rapidamente state scartate, modificate o ridimensionate nel corso degli anni successivi. Il compito di riparare a quei danni sarebbe infine ricaduto nelle mani di Phil Spencer, successore di Mattrick che fu accolto fra scroscianti appalusi nonché investito della responsabilità di preparare il terreno per la successiva generazione di hardware.
Spencer aveva diverse idee per garantire un futuro al marchio di Xbox, tutte quante piuttosto rischiose e onerose. Una di esse, in particolare, risedeva nella progettazione di una sorta di servizio di noleggio digitale che mettesse un catalogo a disposizione degli appassionati, inizialmente noto come "Project Arches". Se, nella fase embrionale, l'iniziativa non fu tenuta in particolare considerazione dalla compagnia, il clamoroso boom che toccò piattaforme come Spotify e Netflix convinse il direttivo che si sarebbe trattato di una strada promettente. Ciò detto, l'elemento più importante per ottenere luce verde risedette nella grande strategia studiata dal CEO Satya Nadella per Microsoft nell'insieme: dato che il direttivo avrebbe concentrato la maggior parte degli investimenti nella tecnologia Cloud, un esperimento come il progetto Arches avrebbe rappresentato un tassello perfetto da incastrare in quel mosaico.
C'era poi un'altra questione che si rivelò chiave per l'esordio del nuovo modello di business: nel corso degli anni precedenti, Don Mattrick aveva scommesso molto sulla periferica Kinect, incaricando studi veterani come Rare di produrre esperienze dedicate. Nello specifico, gli inglesi avevano pubblicato Kinect Sports, che fu realizzato sulla scia del successo di Wii Sports. Il capo di Rare, Craig Duncan, non vedeva l'ora d'espandere l'esperienza dello studio nel multigiocatore e a tale scopo aveva messo in cantiere il progetto "Rare Next", quello che poi sarebbe cresciuto fino a diventare Sea of Thieves. Fu allora che Phil Spencer, trovandosi per le mani una grande esclusiva multigiocatore, la inquadrò come il soggetto perfetto per testare la nuova visione: quel titolo sarebbe stato rilasciato contemporaneamente nel negozio digitale e nel servizio in abbonamento, sin dal primo giorno.
"Anche se alla fine Sea of Thieves dovesse essere giocato solo tramite l'abbonamento e non venderemo nessuna copia a prezzo pieno, lo considererò un grande successo", disse Phil Spencer direttamente a Craig Duncan, individuando il grande "selling point" della sua creatura. Ottenuta l'approvazione da parte della compagnia, Spencer poté finalmente trasformare il progetto Arches in realtà, iniziando tale processo di trasformazione proprio all'alba della seconda metà dell'ottava generazione di console, in un momento in cui Xbox One si trovava impegnata a inseguire la concorrenza. Questa è la storia del Game Pass, un servizio che ha raccolto grandi consensi e ricevuto tantissime critiche, che non ha mai smesso di mutare e di assumere nuove forme, e che tutt'ora rappresenta l'essenza del futuro di Microsoft Gaming, ramo d'azienda che sembra prepararsi a un cambiamento che si prospetta epocale per il nostro settore.
Le origini
Il 28 febbraio del 2017 Microsoft annunciò ufficialmente il lancio di Xbox Game Pass, servizio in abbonamento che deviava dalla diffusa formula dello streaming per consentire a ogni giocatore di scaricare e conservare i titoli presenti nel catalogo. Nel secondo trimestre dell'anno fu aperto alla maggior parte degli utenti, mettendo a loro disposizione più di 100 videogiochi a un costo mensile di $9,99, e svelando al contempo la nuova funzione di retrocompatibilità che avrebbe portato diverse opere del passato a far parte di tale servizio.
In seguito a circa nove mesi di test, nel gennaio del 2018, Phil Spencer annunciò la prima espansione del Game Pass e iniziò a sbottonarsi sul futuro della piattaforma. La grande notizia, quella che finì nei titoli delle principali testate, era che tutti i videogiochi first party di Xbox sarebbero stati disponibili nel catalogo fin dal primo giorno: il primo sarebbe stato proprio Sea of Thieves di Rare, previsto per il 20 marzo 2018, poi sarebbe toccato a Crackdown 3, a State of Decay 2 e a Forza Horizon 4, ma il patron della divisione ci tenne a precisare che questo sarebbe stato il caso per tutte le produzioni della compagnia, compresi marchi di bandiera come Halo e Gears of War.
Allora, Spencer disse: "Vogliamo portare Game Pass su qualsiasi dispositivo su cui il pubblico sceglierà di giocare. Non solo perché è il nostro business, ma perché è un modello che permette all'utenza di scoprire e giocare giochi che non avrebbe giocato in altri contesti". Proprio in quell'occasione, fra l'altro, fu annunciata l'apertura anche ai progetti indie di ID@Xbox, con Robocraft Infinity che fu il primo a entrare a far parte del catalogo, inaugurando un'era di grandissimo supporto per lo sviluppo indipendente, anche per gli studi che scelsero di non avvalersi del programma di Microsoft.
Fra l'aprile e il maggio del 2019 arrivarono le prime trasformazioni: anzitutto ci fu l'esordio di Xbox Game Pass Ultimate, nuovo tier di abbonamento che includeva nello stesso pacchetto sia il Game Pass classico sia la possibilità di giocare online tradizionalmente legata a Xbox Live Gold. Due mesi più tardi, tuttavia, quella scelta divenne all'improvviso più chiara: fu presentato PC Game Pass, versione dedicata alla piattaforma PC che introdusse 100 videogiochi a partire dal mese di giugno, divenendo a sua volta parte integrante della variante Ultimate.
L'ultima pietra delle fondamenta fu poggiata il 15 settembre del 2020, con il lancio di Xbox Cloud Gaming. Sarebbe stato l'inizio di un processo durato un anno nel corso del quale, introducendo la possibilità di giocare in cloud per gli abbonati Ultimate, sarebbe stato possibile sfruttare lo streaming prima su dispositivi Android, poi su PC e infine anche su iOS. Inoltre, in occasione dell'uscita di Xbox Series X e S, anche il servizio di Electronic Arts EA Play sarebbe divenuto parte integrate dell'Ultimate, incrementando considerevolmente il valore dell'offerta.
E fu allora che si concluse la prima fase del progetto, una fase che non mancò assolutamente di generare discussioni. Ancor prima del 2020, diversi sviluppatori e analisti dell'industria avevano iniziato a sollevare dubbi riguardo la sostenibilità economica del servizio, affermando che Microsoft chiedesse al pubblico un corrispettivo troppo basso per un valore tanto alto. Nell'ottobre 2020, per la prima volta, Phil Spencer annunciò in una comunicazione ufficiale che Microsoft poteva finalmente considerare il modello "totalmente sostenibile", fra l'altro scongiurando imminenti aumenti di prezzo. Nel mese precedente, di fatto, il numero totale di abbonati al Game Pass aveva raggiunto quota 15 milioni.
Struttura, pagamenti e monetizzazione
Il Game Pass è sempre stato un servizio piuttosto unico: forte di un catalogo ricco ed estremamente diversificato grazie alla presenza di publisher e sviluppatori di tutte le dimensioni, consentiva ai giocatori di scaricare con accesso illimitato tutti i titoli presenti nonché di acquistarli con uno sconto del 20%. Spencer ne ha sempre parlato come di una "piattaforma", sostenendo l'importanza di offrire un metodo di distribuzione alternativo che spingesse editori e studi a realizzare opere sperimentali che non dovessero preoccuparsi delle vendite e che potessero raggiungere un pubblico poco propenso all'acquisto. Furono proprio queste caratteristiche a seminare preoccupazioni in diversi attori dell'industria.
Inizialmente il progetto Arches era pensato per adottare un modello di "share revenue", ovvero di guadagni condivisi, simile a quello di Spotify: i videogiochi presenti in catalogo avrebbero guadagnato in maniera proporzionale al loro apporto. Non esistono notizie ufficiali, ma voci di corridoio sostengono che questo modello fu respinto dagli sviluppatori stessi, che avrebbero preferito stringere accordi differenti, come per esempio pagamenti una-tantum. Di fatto, Phil Spencer ha dichiarato pubblicamente che non esiste un modello univoco: a volte c'è il pagamento di una tariffa fissa, a volte si coprono interamente i costi di sviluppo del videogioco, a volte viene erogato un pagamento per l'esclusività, altre volte ancora si utilizzano modelli basati sulle performance dei videogiochi.
Fredrik Wester di Paradox Interactive, per esempio, all'epoca dichiarò che il loro accordo prevedeva il pagamento di una grossa somma - basata su una proiezione del valore - per un periodo di tempo prefissato su Game Pass. Davionne Gooden, sviluppatrice di We Dream Elsewhere, affermò che l'accordo di pubblicazione su Game Pass le consentì di finanziare l'intero sviluppo del gioco, di renderlo immediatamente profittevole senza necessità di vendere copie, nonché di avere accesso a tutti i privilegi legati a un publisher senza il bisogno di sottostare a un publisher.
Anche i dirigenti di Obsidian Entertainment - prima dell'acquisizione - svelarono che l'inclusione di The Outer Worlds nel Game Pass incrementò molto i profitti dell'opera, ma soprattutto fu la ragione che consentì il team a sviluppare dei DLC, viste le risorse incassate e l'enorme incremento di giocatori attivi.
Quanto si guadagna inserendo un videogioco nel Game Pass?
Anche se gli accordi per la pubblicazione su Game Pass sono sempre rimasti privati, il 19 settembre del 2023 emerse un particolare documento ufficiale dagli atti relativi all'acquisizione di Activision-Blizzard-King al vaglio della Federal Trade Commission. Nello specifico, si trattava di un'analisi interna a Microsoft nella quale i dirigenti della compagnia facevano delle stime dei costi necessari per portare determinati titoli nel servizio. In pratica, era una lista di videogiochi e della somma che la casa di Redmond sarebbe stata disposta a sborsare - o pensava di dover investire - per averli in catalogo. Vediamola nel dettaglio:
- Lego Star Wars -- $35 milioni
- Dying Light 2 -- $50 milioni
- Red Dead Redemption II -- $5 milioni al mese
- Dragon Ball: The Breakers -- $20 milioni
- Just Dance -- $5 milioni
- Let's Sing Abba - $5 milioni
- Return to Monkey Island -- $5 milioni
- Wreckfest 2 -- $10/$14 milioni
- Baldur's Gate 3 -- $5 milioni
- Gotham Knights -- $50 milioni
- Assassin's Creed Mirage -- $100 milioni
- Suicide Squad: Kill the Justice League -- $250 milioni
- Star Wars Jedi: Survivor -- $300 milioni
- Mortal Kombat 1 -- $250 milioni
- Grand Theft Auto V -- $12/$15 milioni al mese
Stando a un report di Bloomberg risalente al 2024, in occasione di un'intervista a Sarah Bond, Microsoft spende circa $1 miliardo all'anno per portare videogiochi di terze parti sul Game Pass. In quel periodo il servizio contava circa 34 milioni di abbonati, generando introiti complessivi per circa $4 miliardi l'anno.
Controversie sulla sostenibilità e sull'impatto sul mondo dei videogiochi
Sin dal momento del lancio, Xbox Game Pass fu accolto con sentimenti e opinioni contrastanti: mentre da una parte diversi studi indipendenti tessero le lodi del servizio, e altrettante grosse compagnie scelsero di farne parte, dall'altra s'alzarono diverse voci fortemente critiche verso il modello di business. I principali dubbi rivolti all'iniziativa riguardavano la sostenibilità per le casse di Microsoft, la creazione di un modello che spingeva nella direzione della svalutazione dei videogiochi, la messa in essere di accordi svantaggiosi per le compagnie, ma soprattutto la creazione di un ecosistema globale considerato estremamente dannoso nel lungo periodo.
Una delle voci più critiche è stata quella di Raphael Colantonio, cofondatore di Arkane Studios, secondo il quale: "Si tratta di un modello insostenibile che ha danneggiato irreversibilmente l'industria per un decennio a causa dei fondi illimitati di Microsoft". A suo avviso, nello specifico, è un modello che conduce verso un singolo epilogo: "Non può coesistere con gli altri: o li ammazzerà tutti quanti, oppure Microsoft si arrenderà definitivamente". A esprimere preoccupazioni simili è stato Shawn Layden, ex presidente di Sony Interactive Entertainment, ritenendo che tale modello sia dannoso soprattutto per gli sviluppatori, dal momento che limiterebbe la loro capacità di arricchirsi e diventare indipendenti, costringendoli a vivere solamente di un salario da "operai" del videogioco.
Le parole più dure sono provenute da Jim Ryan, ex capo di Sony Interactive Entertainment che ha scatenato un vero e proprio uragano durante il tira e molla per l'acquisizione Microsoft - Activision Blizzard King. "Ho parlato con tutti gli sviluppatori, e tutti quanti, all'unanimità, non amano il Game Pass perché distrugge il valore dei videogiochi", disse durante le indagini delle autorità garanti della concorrenza. C'è da dire che in quel periodo, più specificamente nel 2022, la CMA britannica realizzò un report che sembrava dimostrare il fatto che l'inclusione nel catalogo danneggiasse le vendite dei titoli nel corso del primo anno sul mercato. Tale report fu commentato dallo stesso Spencer che, pur riconoscendone la validità, sostenne che l'incremento di giocatori tende a generare molte più vendite nel lungo periodo.
Casey Yano, cofondatore di Mega Crit dietro Slay the Spire, ha affermato che gli accordi per il Game Pass sono peggiorati molto nel corso del tempo, portando alla cancellazione dei finanziamenti dietro diversi giochi indie; c'è da dire, tuttavia, che Slay the Spire non è mai uscito dal catalogo del servizio. La stessa questione è stata ripresa da Chris Bourassa, il game director di Darkest Dungeon. Un'altra personalità che si è espressa spesso in maniera scettica è Michael Douse, il publishing director di Larian Studios, il quale ha più volte rimarcato - facendo eco alle parole del suo capo Swen Vincke - che i titoli della compagnia non faranno mai parte di servizi del genere.
Al netto delle critiche, tuttavia, sono tantissime le voci che si sono espresse a sostegno del Game Pass. Uno dei primi fu Tim Schafer di Double Fine, quando affermò che l'introduzione del servizio gli aveva permesso di proporre pitch che non sarebbero mai e poi mai stati accettati da altre compagnie, trovandosi libero di aprire il cassetto e realizzare i videogiochi dei suoi sogni. Lo stesso discorso vale per Josh Sawyer e Feargus Urquhart di Obsidian, che hanno sempre speso parole molto positive sin dal periodo antecedente all'acquisizione della compagnia, specialmente riflettendo sulla possibilità di finanziare un progetto come Pentiment. Per completare il quadro di quelli che oggi sono divennuti studi proprietari di Microsoft, anche Brian Fargo di InXile si è dimostrato più volte del medesimo avviso.
Parlando degli studi e di voci totalmente indipendenti, Rami Ismail ha sottolineato in diverse occasioni come l'esposizione su un servizio come il Game Pass possa davvero fare la differenza, anche e soprattutto sul fronte della sicurezza finanziaria. Gregoris Kythreotis, autore di Sable, ha dichiarato che senza il Game Pass sarebbe stato impossibile realizzare la sua opera e ottenere una piena stabilità economica, proprio come aveva fatto agli albori Davionne Gooden di We Dream Elsewhere. Gli sviluppatori di Spirittea si sono detti dello stesso avviso, affermando di essere riusciti a finanziare l'anno di sviluppo extra che ha permesso al videogioco d'esistere solo grazie al supporto di Microsoft.
Mike Rose di No More Robots, autori di Descenders, sostiene che l'inclusione nel Game Pass abbia portato a un incremento del pubblico tale da generare un'impennata delle vendite che sarebbe stata altrimenti impossibile. Pixelopus - così come diversi altri sviluppatori parte di ID@Xbox - hanno affermato che l'inclusione nel Game Pass ha incrementato enormemente "l'awareness" attorno agli studi e ai loro prodotti, generando un interesse mai registrato verso le produzioni passate e soprattutto quelle future. Anche Gareth Damian Martin, l'autore di Citizen Sleeper, ha confermato tale trend: "Il Game Pass ha cambiato il modo stesso in cui i giocatori scoprono le nostre opere, portando una visibilità che non avremmo mai potuto 'comprare' o ottenere in nessun altro modo".
Virando verso nomi più caldi, Team Cherry, lo studio dietro la serie Hollow Knight, sostiene che l'inclusione a lungo termine nel Game Pass sia stata determinante per mantenere vivo l'interesse nel gioco nel lungo periodo, contribuendo al raggiungimento di traguardi di vendite impressionanti (15 milioni di copie in sette anni). Anche Sandfall Interactive, in occasione del successo di Clair Obscur: Expedition 33, rilasciò una dichiarazione ufficiale: "L'inclusione su Game Pass ci ha permesso di portare il progetto a un pubblico molto più ampio, ottenendo risultati commerciali e di attenzione che sarebbero stati imponderabili in tempi tanto brevi e con un approccio tradizionale".
Risultati, evoluzione e trasformazioni
Nel giugno del 2021, Xbox presentò per la prima volta la versione del Game Pass per Smart TV: nel corso dell'anno precedente, Phil Spencer aveva comunicato in un'intervista d'essersi reso conto che altri platform owner - ovviamente Sony e Nintendo - non avrebbero mai voluto il servizio nel loro ecosistema, dunque la compagnia avrebbe incrementato gli sforzi per trasformare ogni schermo esistente in un potenziale dispositivo Xbox. In quell'occasione, Microsoft invitò la stampa a una conferenza dedicata al futuro della compagnia, mettendo nero su bianco il suo obiettivo: che fosse tramite Game Pass o tramite le vendite tradizionali dei suoi videogiochi, la divisione mirava a raggiungere 2 miliardi di utenti nel corso degli anni successivi.
Il vero punto di svolta, tuttavia, arrivò il 18 gennaio del 2022, quando la divisione si trovò a festeggiare per aver toccato quota 25 milioni di abbonati. Nel corso degli anni precedenti, Spencer aveva studiato una strategia basata sulle acquisizioni, incrementando notevolmente il valore degli Xbox Game Studios - e di conseguenza quello del Game Pass - prima integrando compagnie come Obsidian Entertainment e InXile, poi pesi massimi come Zenimax Media (Bethesda Softworks). Allora fu comunicata per la prima volta la volontà di acquisire Activision Blizzard King per quasi $70 miliardi, avviando un'operazione che avrebbe mutato per sempre l'approccio della casa madre al segmento gaming. Negli anni successivi, forte di una "potenza di fuoco" senza precedenti e della possibilità di pubblicare i videogiochi sin dal primo giorno su Game Pass, la casa di Redmond sembrava intenzionata a ribaltare gli equilibri del mercato.
A iniziare a mutare, invece, fu la strategia stessa della divisione, la struttura del Game Pass e soprattutto l'approccio alla distribuzione. Dopo aver integrato una serie di benefit per gli utenti nell'orbita di Riot Games, il primo passo avvenne nel marzo del 2023, quando la compagnia scelse di discontinuare la storica promozione che consentiva ai nuovi utenti di abbonarsi al tier Ultimate al prezzo promozione di $1 dollaro al mese. Al tempo stesso, il 14 settembre del 2023, il servizio imboccò il primo reale bivio della sua storia: la creazione di Xbox Game Pass Core - opzione basilare - mirava a eliminare definitivamente Xbox Live Gold e dar vita a un cancello d'ingresso sul nuovo ecosistema.
Il 2024 fu l'anno dei maggiori cambiamenti, fra i quali spiccava una notizia bomba per l'intero pubblico dei videogiocatori. Nel mese di febbraio, Phil Spencer annunciò la volontà di iniziare a portare titoli selezionati degli Xbox Game Studios anche sulle piattaforme "rivali", nello specifico PlayStation e Nintendo. Sarebbe stato solo l'inizio della fine dell'esclusività software sulle sponde del colosso nordamericano: a oggi, è stata resa evidente la volontà di portare praticamente l'interezza del catalogo all'attenzione di tutti i giocatori, compresi storici marchi di bandiera quali Gears of War e la serie Forza. Ancora oggi questa nuova strategia non è arrivata al pieno compimento - sono molto rari i lanci "full parity" e produzioni come Starfield e Halo non hanno ancora debuttato su PlayStation - ma è evidente che Xbox stia lentamente abbracciando il suo futuro da publisher senza barriere.
Il 12 settembre del 2024 arrivò un secondo cambio strutturale e un conseguente incremento dei prezzi: il cambiamento fondamentale risedeva nell'introduzione di Xbox Game Pass Standard, tier che garantiva l'accesso all'interezza della libreria a $14,99 al mese, ma non includeva i videogiochi pubblicati sin dal primo giorno nel servizio. Di riflesso, le altre opzioni di abbonamento furono caratterizzate da un incremento di circa $2-$3 che portò, per esempio, la variante Ultimate a toccare in Europa quota 17,99€. Tutto ciò, senza alcuna sorpresa, accadeva a strettissima distanza dall'esordio di Call of Duty: Black Ops 6 nel catalogo: era la prima volta che la serie più redditizia della compagnia faceva il suo debutto nel Game Pass.
Il che ci porta ai giorni nostri, o meglio, al 1 ottobre 2025, giornata nella quale è andata in scena la più grande metamorfosi nella storia dell'abbonamento. Non solo Microsoft ne ha rifatta completamente la struttura, introducendo i tier Essential, Standard (200 titoli senza day one) e Ultimate (400 titoli + day one e benefit) accanto a una variante PC sempre meno sponsorizzata, ma ha anche annunciato l'incremento di prezzo più consistente mai avvenuto e fortemente indirizzato verso il tier Ultimate, che è schizzato a quota 26,99€ al mese.
Sembra piuttosto evidente, vista la nuova architettura dei tier, che Microsoft abbia completamente rivalutato la presenza dei videogiochi in catalogo sin dal giorno di pubblicazione, attribuendole un peso enorme in ottica di pricing. Certo, al pacchetto sono stati aggiunti benefit come i titoli di Ubisoft Classics o l'abbonamento Fortnite Crew, ma è chiaro che - sempre a ridosso del lancio di Call of Duty - a fare la differenza sia proprio la presenza in catalogo fin dal day one.
In questo momento gli occhi del mondo intero sono puntati non solo su Game Pass, ma sull'intera strategia di Microsoft. Ora che si prepara a chiudere un'annata estremamente ricca, la compagnia dovrà affrontare il più grande processo di trasformazione che l'abbia mai investita proprio in concomitanza con le pubblicazioni più importanti, mentre all'orizzonte comincia ad avvicinarsi l'alba di una nuova generazione di console. Si tratta solamente del preludio di una metamorfosi finale, magari destinata a svelare la nuova forma che Microsoft Gaming ha pensato per attaccare la decima generazione?
Riuscirà il Game Pass a crescere ancora, nonostante i repentini cambiamenti che hanno spinto molti utenti a cancellare l'abbonamento? Se da una parte il 2026 e il 2027 si riveleranno determinanti per il servizio, dal momento che all'appello mancano grandi produzioni della compagnia quali Fable, State of Decay 3, persino il nuovo The Elder Scrolls e tantissime altre, il nodo fondamentale riguarda quel che avverrà in seguito, specialmente sul fronte dell'hardware.