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Ultime dal #GamerGate: un racconto in cui viene stuprata Zoe Quinn e dei post pieni di immagini pedopornografiche

NOTIZIA di Simone Tagliaferri   —   31/12/2014

Quando hai delle ragioni devi dargli forza con degli argomenti e mantenere la barra dritta, soprattutto se decidi di usare la parola "etica" come bandiera. Gli aderenti al #GameGate, gruppo quanto mai eterogeneo, hanno dimostrato spesso di essere inadeguati a portare avanti battaglie etiche e hanno finito per disintegrare con accadimenti incresciosi quelle che potevano comunque essere delle richieste legittime. Gli ultimi fatti, che ci aiutano a chiudere l'anno in pace con il mondo, sono abbastanza espliciti nell'illustrare il fallimento di questo non-movimento che non è mai riuscito a strutturarsi oltre il noto hashtag su Twitter. Ad esempio molti dei cosiddetti gater hanno più volte provato a dissociare il GG dalla misoginia e dall'odio per le donne, ma i loro tentativi sono stati vanificati non solo dalla pubblicazione di decine di vignette pornografiche con protagoniste Brianna Wu, Zoe Quinn e Anita Sarkeesian, le loro nemesi giurate (chissà come mai solo donne), ma anche da recenti fatti come la diffusione su Amazon di un racconto breve in cui alcuni veri videogiocatori si vendicano della Quinn stuprandola. Amazon, contattato da un redattore di RAW Story, ha ritirato il racconto, ma la frittata era comunque fatta e a poco è servito il tentativo di mettersi dalla parte degli scandalizzati di alcuni gater, affermando che anche loro hanno contribuito al ritiro.

Altro fatto increscioso riguarda 8chan, bacheca usata come luogo virtuale di raccolta dei gater per discutere del GG e scambiare materiale utile alla causa, diventata presto un crogiolo di materiale pedopornografico che per mesi ha affollato alcuni thread senza che venisse moderato. Si può invocare l'etica degli altri e poi tollerare la pedofilia tanto per ridere? Ci sarebbero da riportare anche i problemi avuti dai gater con Patreon, che ha cambiato gli accordi di utilizzo proprio per evitare di essere etichettato come un servizio che supporta gruppi razzisti e misogini, ma questa, come si suol dire, è un'altra storia.