Se eravate un minimo curiosi riguardo il lancio di Detroit: Become Human, la nuova esclusiva per PlayStation 4 in uscita domani, avrete senz'altro letto la nostra recensione del gioco, che anche stavolta ha fatto un po' discutere.
Più che l'analisi di Pierpaolo in sé, tuttavia, al centro del dibattito è finito il modo stesso di concepire le avventure interattive da parte di Quantic Dream, un team che negli ultimi mesi ne ha passate di cotte e di crude, arrivando tuttavia in buona forma all'importante appuntamento con la pubblicazione del suo nuovo progetto, e alla prova della critica che immancabilmente accompagna questo tipo di eventi.
Una prova che, nel caso specifico di Detroit: Become Human, ha prodotto risultati molto contrastanti, passando dal mediocre spinto all'eccellente senza soluzione di continuità. Un esito che non dovrebbe sorprendere se consideriamo la natura di questa produzione, che se da un lato punta a innovare (sul fronte tecnico e narrativo, più che altro), dall'altro rimane legata a meccanismi che alcuni anni fa avevano determinato un piccolo scossone nel mondo videoludico, ma che ora vengono guardati con molto minore entusiasmo, se non addirittura con una certa perplessità.
Lo scrive per l'appunto Pierpaolo nella sua recensione: "È davvero complesso giudicare positivamente la decisione di Quantic Dream di non spostarsi di un millimetro dall'elemento più criticato dei titoli precedenti e non possiamo nascondere la sensazione di ripetitività e talvolta persino di anacronismo, che si prova alla ventesima porta da aprire oppure al movimento convulso da fare con il pad per smontare un bio-componente da un androide."
Il problema non è dunque l'uso dei QTE, quanto piuttosto l'abuso di tale espediente, inserito praticamente a forza in ogni situazione, anche la più banale, senza l'apparente volontà di discostarsi da tale formula per andare alla ricerca di una visione nuova, più al passo coi tempi, che possa in qualche modo segnare un'evoluzione per le produzioni dello studio francese.
Detroit: Become Human è dunque un ottimo titolo? Senza dubbio. Si tratta di un gioco straordinario dal punto di vista tecnico, dotato di una direzione inappuntabile e di una struttura a bivi davvero sfaccettata, in grado di creare numerosi percorsi alternativi e promuovere in tal modo la rigiocabilità dell'avventura.
La speranza tuttavia, a fronte anche dei lunghi tempi di lavorazione, era quella di potersi confrontare con un progetto più coraggioso, capace di adottare soluzioni un minimo innovative, di sperimentare un pochino e condurre le produzioni di Quantic Dream verso una maturazione oramai non più procrastinabile.
Sarà per la prossima volta?