Marco D'Amore, l'attore che interpreta Ciro Di Marzio nella serie TV Gomorra, che racconta le malefatte di spacciatori di droga e organizzazioni criminali di stampo camorristico, afferma che i videogiochi parlano solo di "futuri distopici" e in cui si deve "ammazzare, sventrare e violentare", con i giocatori che "si esaltano" per questo.
Aggiornamento: con un post sui suoi canali social, Marco D'Amore afferma che lo stralcio d'intervista qui sotto è stato riportata male dal Quotidiono e che lui in realtà non avrebbe attaccato i videogiochi, affermando anzi il contrario.
"Io ho asserito (come faccio da anni!) che ogni tipo di esperienza narrativa contribuisce solo ad esorcizzare certi atti efferati e a prenderne le distanze! E per narrazione intendo quella televisiva, cinematografica oltre che quella scritta ed ovviamente quella virtuale! Tra l'altro l'esperienza virtuale comprende anche l'atto del gioco che è il primo strumento che abbiamo sin da bambini per codificare la realtà.", il commento di D'Amore.
Notizia originale
In un'intervista con il Quotidiano, alla domanda "cosa risponde a chi ha accusato Gomorra di presentare i criminali con una certa aura epica, tali da creare suggestione e forse anche imitazione?", d'Amore ha risposto così:
"Mi sembra davvero immorale accusare Gomorra di provocare emulazione quando basterebbe conoscere i videogiochi con i quali passano il tempo i ragazzi: videogiochi che raccontano solo di futuri distopici in cui devono ammazzare, sventrare e violentare, e si esaltano di questo. Altro è parlare di fascinazione narrativa. Io sono cresciuto idolatrando i miti della letteratura efferata ma non è che sono diventato un omicida, perché alle spalle avevo un certo contesto familiare e sociale."
Affermazioni che sicuramente faranno storcere il naso a voi come a noi e che denotano una certa ignoranza di D'Amore riguardo al mondo videoludico. Va bene leggere libri, guardare serie TV e film violenti, ma i videogiochi no? Ci sembrano i classici "due pesi, due misure".
Per rispondere per le rime, chi scrive "è cresciuto con i videogiochi, anche quelli violenti come GTA, ma non è che sono diventato un omicida, perché alle spalle avevo un certo contesto familiare e sociale."
Le affermazioni di D'Amore di fatto sono l'ennesima dimostrazione di quanto i videogiochi in Italia siano ancora vittima di numerosi luoghi comuni errati, determinati da una scarsa conoscenza dell'argomento e disinformazione.
Fortunatamente le cose stanno cambiando, seppur lentamente. Ad esempio secondo gli ultimi dati di IIDEA i videogiochi in Italia si stanno affermando sempre di più non solo per il loro valore economico ma anche per quello sociale, e la cosa non può che farci piacere.