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La stampa videoludica è morta e anche Dio non si sente tanto bene

Che relazione c'è tra un uomo che fa l'elicottero con il pisello e il giornalismo videoludico?

NOTIZIA di Simone Tagliaferri   —   31/08/2018

Se in mezzo alla folla un tizio tirasse fuori il pene e iniziasse a fare l'elicottero, tutti guarderebbero lui. Nella realtà il fatto diventerebbe oggetto di una risata e sarebbe dimenticato dalla maggior parte dei presenti dopo poche ore, entrando di diritto negli scarti della memoria. Su internet è diverso, perché qui l'uomo che fa l'elicottero con il pisello è economia. Figuratevi che allo scemo è stato dato anche un nome nobile: economia dell'attenzione. Quell'attimo in cui nella realtà lo sguardo si volge verso un fatto curioso, per poi tornarsene alle sue cose, qui si traduce in un click. Pochi secondi, si legge la curiosità in una cornice di banner pubblicitari, e la si dimentica. L'uomo che fa l'elicottero con il pisello è un evento raro nella realtà, ossia non capita ogni volta che si esce di casa o ci si trova in mezzo a una folla, mentre su internet siamo pieni di assurdità create apposta per attirare l'attenzione, siano esse delle star che usano la loro vita privata come un prodotto da esporre al pubblico, tipo la Ferragni, o qualche russo ubriaco che finisce contro un palo con la macchina mentre insegue i fantasmi del regime comunista russo, tipo un qualsiasi russo su YouTube.

In ambito editoriale, l'economia dell'attenzione ha ormai fagocitato tutte le altre e detta legge in ogni angolo di internet, anche nel cantuccio del giornalismo videoludico. Dice una massima molto condivisa che quando non paghi nulla per fruire di qualcosa, significa che il prodotto sei tu. Così è: i click generano un certo traffico che, raggiunta una certa quota, consente a chi li produce di andare dagli investitori a vendere spazi pubblicitari. Più click ottieni, più avrai potere contrattuale. Per questo ogni sito che voglia anche essere un'impresa commerciale deve adottare delle tattiche per provare a far crescere il suo traffico. C'è chi si fa di crack e chi di click.

Ovviamente siffatta economia ha modificato enormemente il modo di concepire i singoli prodotti editoriali, che non fanno più riferimento a un target preciso, ma sono diventati delle reti a strascico che devono provare a tirare su più pesci possibili, distruggendo magari il fondale (in termini tecnici le reti a strascico si chiamano SEO, ma non ditelo a nessuno). C'è da dire anche che, nonostante gli sforzi, l'economia dell'attenzione non è mai riuscita a raggiungere i livelli dell'economia classica, quella per la quale al lettore era richiesto un prezzo per accedere ai contenuti desiderati. Chiariamo: grosse piattaforme come i già citati social network muovono immense quantità di denaro, ma lo fanno senza di fatto produrre altro che luoghi virtuali nei quali far circolare contenuti prodotti altrove, che non vengono ricompensati per il traffico generato sulla piattaforma stessa. La sostanza è che il sistema (meriterebbe una spiegazione molto più lunga e articolata, ce ne rendiamo conto) ha fatto crollare il valore del singolo contenuto, diventato quasi ininfluente sull'economicità generale della pubblicazione, e contemporaneamente ha reso ininfluente anche il valore dei singoli lettori, ridotto a quello dei loro click. Su internet puoi scrivere bene quanto vuoi, ma se il tuo reportage sul quale hai speso mesi di lavoro farà meno lettori dell'uomo che fa l'aeroplanino con il pisello, stai pur tranquillo che per il prossimo articolo ti sarà chiesto di chiamare un amico per fare un doppio aeroplanino, così da cavalcare l'onda. È evidente che in una situazione del genere, i due livelli tendano ad avvicinarsi e, spesso, a sovrapporsi.

No, non stiamo cercando di giustificarci, perché non c'è niente da giustificare. Si chiama lavoro, in fondo. Vogliamo solo provare a illustrare un pezzo del quadro generale a commento di quanto letto ieri sulla presunta morte della stampa videoludica italiana. Ovviamente ci stiamo riferendo all'editoriale dal titolo "Perché la stampa videoludica italiana è morta (o comunque morirà presto)", scritto da Claudio Todeschini, ex-dominus della rivista The Games Machine, (lo trovate qui). Leggetelo, perché al netto della delusione per anni di lavoro finiti nel nulla, racconta uno scenario interessante, per molti versi discutibile, ma comunque meritevole di un click, non per altro per la rilevanza di chi lo ha scritto. Ora scusate, perché ci sono degli elicotteri da far partire... pardon, delle pozzanghere da ritrovare.