Bound è una storia di paure infantili, di famiglia, di fragilità, di delusione, di rabbia, di perdono e riconquista. La protagonista è una giovane donna durante gli ultimi giorni di una gravidanza: un momento fondamentale della propria vita, destinato a segnare una svolta e quindi inevitabilmente portatore di pensieri e riflessioni su ciò che sarà e su ciò che è stato.
Molti di noi hanno dei macigni sul cuore, questioni irrisolte che volenti o nolenti condizionano il proprio essere: Bound ruota proprio attorno a una di esse, con una concretezza capace di suscitare una certa empatia in una ampia fetta del potenziale pubblico destinato a giocarci. Il mondo "reale", in cui la futura puerpera percorre su una spiaggia in maniera lentissima i pochi passi che la separano da una abitazione misteriosa, rappresenta il collante tra i vari livelli che compongono l'avventura e che rappresentano la parte più strettamente ludica dell'opera di Plastic Studios. Il team polacco, già autore dell'esperimento artistico per PlayStation 3 Linger in Shadows e del (leggermente) più convenzionale Datura (prodotto quest'ultimo legato alla non certo indimenticabile periferica PlayStation Move), non è esattamente una software house dedicata unicamente allo sviluppo di videogiochi: l'attività principale del longevo gruppo, fondato nel 1997, è infatti quella di creare demo in computer grafica per diversi fini, tra cui una installazione nello stand del proprio paese all'interno di Expo 2015 o il benchmark per PC Catzilla. Con un curriculum quindi così laterale all'ambito gaming, la piena riuscita di Bound sarebbe stata effettivamente una grande sorpresa, e tutto questo nonostante la pubblicazione sotto etichetta Santa Monica Studio e soprattutto il primo contatto avuto qualche mese fa ci avesse lasciato qualche speranza sull'effettiva riuscita del progetto.
Bound è una straordinaria esperienza audiovisiva, che però offre troppo poco dal punto di vista ludico
La danza è la soluzione
Bound è un gioco indie che porta con sé alcuni degli stilemi tipici della categoria, a partire dalla trama intimista per arrivare fino all'approccio creativo e originale per quanto riguarda la componente artistica. Sotto quest'ultimo punto di vista, il titolo di Plastic Studios merita un plauso non soltanto per il coraggio, ma anche per la effettiva realizzazione finale: chiudendo un occhio sulle brevi e limitate sezioni nel "mondo reale", effettivamente modeste dal punto di vista tecnico al punto da poter essere probabilmente gestibili su una PlayStation 3, i livelli veri e propri che compongono l'avventura sono fin dal primo istante capaci di lasciare stupefatta anche l'utenza meno sensibile.
Non tanto per i 1080p e i 60 frame al secondo stabili, che comunque rappresentano senza dubbio un elemento di valore, ma piuttosto per l'approccio grafico adottato che richiama in maniera evidentissima e indiscutibile le opere di Piet Mondrian, Theo van Doesburg e più in generale del movimento del Neoplasticismo e del Bauhaus, del Suprematismo e del Concretismo, ovviamente con tutto il dovuto rispetto. Il mondo in cui si muove la Principessa, l'eroina di questa realtà alternativa che rappresenta l'alter ego della gestante, è infatti composto interamente da forme geometriche: parallelepipedi e triangoli, sfere e trapezi e tutta una serie di poliedri nudi, con texture solide che danno un senso di freddezza e desolazione estremamente affascinante. Non solo: la maggior parte degli elementi presenti su schermo mutano e si muovono in continuazione, magari con il fondale che pulsa letteralmente al ritmo della musica o con strutture, scale e piattaforme che si ricompongono di fronte ai propri occhi pochi istanti prima del passaggio dell'eroina. Non si tratta certamente di una soluzione destinata ad incontrare il gusto di tutti, eppure il mondo asettico e squadrato di Bound si rivela comunque ricco di personalità e carattere, seppur inevitabilmente destinato ad apparire alla lunga un po' ripetitivo nonostante gli sforzi degli artisti polacchi. La trama ruota attorno a un regno che si sta distruggendo per opera di un enorme e malvagio mostro, e alla Regina che affida alla propria figlia le speranze di salvezza che passano attraverso un viaggio surreale e ricco di simbolismi. Un aspetto interessante della produzione di Santa Monica Studio è la possibilità di affrontare i livelli nell'ordine che si preferisce: ciascuno di essi è infatti rappresentato dalla pagina di un quaderno di disegni che la donna porta con sé durante la passeggiata, e che si trova poi a sfogliare durante le soste. Ogni livello rappresenta una paura da sconfiggere, con quella pagina che viene poi strappata in una sorta di psicanalisi il cui senso si potrà comprendere solo a conclusione dell'avventura. All'interno di questo mondo onirico, stilizzato, ostile e inquietante, l'elemento di maggiore effetto del lavoro di Plastic Studios sta nel contrasto con l'eleganza della Principessa, i cui splendidi e complessi movimenti sono quelli di una ballerina classica che cammina in punta di piedi, eterea, come sospinta da una leggera brezza salvifica. La danza, come presto si imparerà, è anche lo strumento grazie al quale la Principessa può avere la meglio sugli ostacoli che sarà destinata a incontrare durante i livelli: parliamo di "ostacoli" e non di nemici perché a tutti gli effetti questi ultimi non esistono in Bound, e ovviamente di conseguenza non ci sono combattimenti, così come non è percepibile alcun fattore di sfida reale che non sia quello del superamento delle sezioni platform.
Non solo grafica?
Lo sviluppo delle aree di gioco è infatti molto lineare e guidato, per cui in sostanza si tratta semplicemente di andare dal punto A al punto B dedicandosi soprattutto ad apprezzare il lavoro artistico che sorregge l'opera, affiancato dalla emozionante colonna sonora suonata al pianoforte. Questo in realtà costituisce però anche il difetto principale e più grave del prodotto, dal momento che il pesante sbilanciamento verso la componente estetica fatica a nascondere le mancanze per quanto riguarda il game design che emergono inevitabilmente nel corso dell'avventura. Sia ben chiaro, non abbiamo nulla contro i giochi incentrati sulla storia, i "walking simulator" per intenderci: l'esempio più recente di ABZU, solo per citare l'ultimo arrivato, conferma come anche un cosiddetto "non gioco" possa rappresentare un'esperienza di grande spessore e che merita piena considerazione.
Ma in Bound ci sono aspetti che stridono, a cominciare dagli stessi elementi platform che dovrebbero rappresentare lo strumento principale per allontanare il prodotto dal mondo delle demo e spostarlo verso quello dei videogiochi veri e propri: l'imprecisione nella gestione dei salti, del rilevamento delle zone di contatto e nel posizionamento della telecamera rendono questi passaggi spesso frustranti, nonostante la più che permissiva gestione dei check point permetta di fatto di ricominciare esattamente dallo stesso punto. Più in generale, i livelli sono praticamente del tutto privi di qualsiasi componente di interazione, fatta eccezione per una manciata di interruttori da premere e pochissimo altro. Un vuoto cosmico che rende la progressione ben presto noiosa, oltre che estremamente ripetitiva: al di là delle differenze grafiche tra i singoli livelli - tra l'altro destinati a mutare a seconda dell'ordine in cui vengono affrontati -, tutti mantengono sostanzialmente le medesime caratteristiche senza introdurre alcuna variazione significativa per quanto riguarda le meccaniche di gioco. Il risultato è un avanzamento monocorde dell'intera avventura, strettamente ciclico nel suo sviluppo (attraversamento del livello, danza finale per sconfiggere la specifica Paura, ritorno all'inizio attraverso una sorta di lungo toboga arancione, visione del ricordo), che lascia l'amaro in bocca una volta raggiunti i titoli di coda dopo appena due ore. Poco cambia la presenza di un level design ricco di numerose strade alternative e scorciatoie da scoprire, dal momento che non vi è alcuno stimolo reale o gratificazione nell'andare a ricercarle se non quello legato alla poco opportuna modalità Speed Run, da sbloccare una volta completato il gioco. Più sensata è invece quella per le foto, ricca di opzioni e filtri, grazie alla quale Bound può diventare una fonte quasi infinita di straordinari ed evocativi scatti.
Conclusioni
Bound è un titolo che conferma le difficoltà di Plastic Studios nel riuscire a garantire una componente di gameplay che si riveli perlomeno sufficiente a sostenere l'indubbia brillantezza audiovisiva. La fatica del team polacco è infatti tanto emozionante e significativa per quanto riguarda la direzione artistica, legata a doppio filo con l'arte moderna di inizio secolo scorso e ben accompagnata dalle movenze eteree della Principessa ballerina protagonista, quanto impalpabile se non addirittura noiosa dal punto di vista del gioco in sé. Un esercizio stilistico che può meritare quindi di essere preso in considerazione da chi ricerca l'originalità grafica, ma destinato a farsi apprezzare più dagli spettatori non giocanti che da chi impugnerà effettivamente il controller.
PRO
- Artisticamente eccellente
- Ottima colonna sonora
- Atmosfera originale ed evocativa
CONTRO
- Gameplay impalpabile e poco soddisfacente
- Progressione noiosa e ripetitiva
- Longevità veramente ai minimi