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David Jaffe e la sua idea di sparatutto

Drawn to Death è uno shooter dallo stile unico, nel bene e nel male

RECENSIONE di Tommaso Valentini   —   10/04/2017

Quando Drawn to Death è stato rivelato per la prima volta durante il PlayStation Meeting del 2014, le speranze di vedere una produzione originale che potesse portare qualcosa di nuovo sul mercato erano piuttosto alte. Lo stile unico del progetto faceva sicuramente gran parte del lavoro a l'elemento che più aveva fatto drizzare le antenne ai giocatori era la presenza, alle redini del progetto, di quel David Jaffe già padre di God of War e Twitsted Metal. La scorsa settimana è finalmente giunto il giorno del debutto su Playstation Network, con una formula che era già risultata vincente in altre occasioni. Collegare Drawn to Death a Rocket League è infatti quasi immediato visto che entrambe le produzioni sono state distribuite in maniera gratuita per gli abbonati al Plus, entrambi costano circa 20 euro e una delle loro componenti principali è la possibilità di giocare in due contro due in tesissime sfide online. Purtroppo, dopo solo pochi giorni dal lancio, ci pare palese di come le cose per Drawn to Death non andranno secondo i piani e come il successo faticherà ad arrivare. Sono tanti i problemi di questa produzione che ne affossano i lati positivi e oggi, con la nostra recensione, vi spieghiamo cosa non ha funzionato.

Lo stile unico di Drawn to Death è anche uno dei suoi punti deboli

Disegnami sto#!**£

Il linguaggio di Drawn to Death è sboccato, volgare e sopra le righe, tanto che il titolo non è assolutamente consigliato a un pubblico giovane. D'altro canto ci troviamo a giocare all'interno di un quaderno degli appunti di un "punkettaro" adolescente, uno studente sin troppo creativo che preferisce scarabocchiare su di un blocco note piuttosto che seguire le lezioni. Di talento il ragazzo ne ha però a pacchi tanto che alcuni dei sei personaggi presenti sono alcuni dei più originali che ci è capitato di vedere negli ultimi mesi. NinJaw è uno squalo umanoide in minigonna che spara squali esplosivi e maneggia agilmente un'ancora, Diabla Tijuana è un demone messicano capace di usare la coda come frusta e poi c'è Alan, un orsetto assassino armato di motosega e via di questo passo per un roster ben variegato e allettante anche se non molto numeroso.

David Jaffe e la sua idea di sparatutto

I vari personaggi sono caratterizzati in maniera eccellente anche per ciò che concerne le abilità, estremamente differenti le une dalle altre e, soprattutto, con punti di forza e debolezza che possono essere contrastati da un altro personaggio specifico. Le partite online diventano così una sorta di terno al lotto, sperando che il matchmaking non ci piazzi proprio contro la nostra nemesi, o lo scotto da pagare sarà una partita in salita sin dai primissimi istanti. A proposito del matchmaking dobbiamo segnalare grossi problemi iniziali, che sembrano però essere stati sistemati con le patch più recenti, troppo tardi purtroppo per evitare che l'entusiasmo iniziale della community scoppiasse come una bolla di sapone. La sensazione è quella di un titolo che non è riuscito fare breccia nel cuore degli amanti degli sparatutto e che ora si trova con un numero di giocatori sui server piuttosto risicato. I problemi però non derivano solo da una scellerata gestione dei server ma anche da un comparto estetico che, seppur originale, non riesce a far leggere chiaramente l'azione. Una volta entrati nelle arene di gioco si viene confusi dallo stile particolare di Drawn to Death che ricorda vagamente un mix tra Mad World e le opere di Eiichiro Oda, l'autore di One Piece. Il problema principale sta nelle numerosissime linee di china tratteggiate su qualsiasi texture, incapaci di mettere in risalto i bersagli, una problematica seria per uno sparatutto che fa della velocità d'azione uno dei suoi punti di forza. L'occhio viene distratto facendogli perdere di vista l'obiettivo e l'estrema mobilità dei personaggi, armati di teletrasporti, doppi sali e persino invisibilità complica ulteriormente le cose. Il già citato Mad World, che altresì usava uno schema colori in bianco e nero era molto più leggibile e, di conseguenza, godibile nonostante l'azione a schermo non mancasse mai.

Arena shooter

Il sistema di gioco di Drawn to Death è piuttosto classico e conoscere le mappe significa già avere un netto vantaggio sugli avversari. Come ogni arena shooter che si rispetti, infatti, in Drawn to Death è essenziale sapere dove si trovano le armi più potenti, dove recuperare i power up e persino i bonus per ricaricare l'energia o la barra di vomito, indispensabili per lanciare le mosse speciali.

David Jaffe e la sua idea di sparatutto
David Jaffe e la sua idea di sparatutto

Purtroppo bastano poche partite per accorgersi che lo sbilanciamento di armi , personaggi e poteri è evidente e che gli sviluppatori di The Bartlet Jones Supernatural Detective Agency dovranno lavorare alacremente su questa problematica per non veder vanificato tutto il loro lavoro. Drawn to Death si presenta poi con un sistema di micro transazioni estremamente pressante che incide principalmente sulle modifiche estetiche come skin e provocazioni, ma anche sulla scelta delle armi. Le venti bocche da fuoco disponibili vanno sbloccate quasi tutte, utilizzando chiavi apposite che potete ottenere facendo salire di livello i personaggi o completando le quest relative. Un sistema che ovviamente premia chi ha voglia di sborsare del denaro per ottenere tutto e subito. Per ottenere ogni arma giocando senza aprire il portafogli sono richieste ben più di dieci ore, senza contare poi le sfide della sfinge per sbloccare gli ultimi armamentari più potenti. Il titolo come avrete capito ha pochi punti a favore e tanti elementi che richiedono un'aggiustatina o che proprio faticano a essere tollerati. Uno di quelli che più ci ha disturbato però è l'impossibilità di scegliere a quale modalità partecipare, sia che si tratti di semplici partite di riscaldamento sia nei match classificati. Il numero dei giocatori viene scelto casualmente a seconda della disponibilità e ci si trova catapultati in partite dove team deathmatch e tutti contro tutti sono la massima aspirazione di originalità. Certo, presenzia pure una modalità dove l'obiettivo è quello di uccidere l'avversario per rubargli il cuore e poi riportarlo in un punto di controllo mobile (un mix tra capture the flag e kill confirmed sostanzialmente) ma è davvero poca roba rispetto a quello che ci si sarebbe potuti inventare per un titolo dotato di uno stile così particolare. Ancora una volta, purtroppo non ci resta che segnalare la mancanza di qualsivoglia tutela dai leaver o per i giocatori che si allontanano dal controller, con l'unica buona idea relativa che riguarda il respawn, avendo la possibilità ora di scegliere in quale momento e in quale punto dell'arena venir lanciati per ricominciare a guerreggiare. Troppo poco però per mantenere viva una produzione zoppicante.

Conclusioni

Digital Delivery PlayStation Store
Prezzo 19,99 $
Multiplayer.it
6.5
Lettori (19)
5.3
Il tuo voto

Poteva essere uno di quei giochi destinati a restare a lungo in cima alle classifiche dei titoli più giocati su PlayStation Store e invece Drawn to Death scoppia in una bolla di sapone non appena si cercano di approfondire le meccaniche di gioco. L'azione è confusionaria in maniera eccessiva e il design unico diventa ben presto motivo di noia piuttosto che rappresentarne uno dei punti di forza. Come gioco online competitivo poi, fallisce proprio dove questo genere di produzioni dovrebbero brillare e cioè nell'originalità del gameplay, nel bilanciamento e nella solidità del matchmaking. Se avete già attivo un abbonamento Plus potete comunque dargli una chance e farvi un giro di giostra, ma preparatevi anche a non volerci più risalire.

PRO

  • Ottimo design dei personaggi
  • Decine di armi
  • Stile del tutto particolare...

CONTRO

  • ...ma molto confusionario
  • Matchmaking problematico
  • Sbilanciamenti evidenti nelle armi e nei personaggi