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L'inizio della liberazione

THQ è finalmente pronta a lanciare il suo nuovo, atteso sparatutto in prima persona: riuscirà a tenere il passo della concorrenza?

RECENSIONE di Umberto Moioli   —   11/03/2011

Versione testata: PC

E fu così che THQ si lanciò nella mischia dei military shooter. Ok, Homefront rispetto a Call of Duty, Medal of Honor, Battlefield e compagnia non mette nei panni di alcun soldato, ma l'offerta della nuova fatica di Kaos Studios sembra voler lanciare una sfida ai colossi del genere, quelli che quando vengono male riescono comunque a vendere qualche milione di copie. Ecco quindi che la campagna per il singolo giocatore è una breve ma emozionante corsa tarata per dare tutto prima che - statistiche alla mano - il giocatore medio si stanchi, lasciando al multiplayer il compito di intrattenere oltre invischiando l'utente in un groviglio di punti esperienza, livelli, abilità ed equipaggiamenti. Fino al rilascio di qualche nuovo contenuto e all'inevitabile, già annunciato seguito. In un primo momento, avvicinandosi al gioco, il senso di predeterminazione può apparire soverchiante ma dopo aver approfondito ogni sfaccettatura dell'offerta non è sbagliato affermare che Homefront è un imperfetto ma interessante punto di partenza, con qualche errore grossolano ma anche tanta esperienza messa al servizio di alcuni spunti originali.

La resa dei conti

Se n'è parlato più e più volte, l'ultima qualche settimana or sono attraverso un provato dei tre capitoli iniziali della campagna: nel 2027 proposto da Homefront gli Stati Uniti d'America si devono piegare all'invasione delle due coree, riunite dal dittatore Kim Jong-un. Lo sviluppatore ha lavorato a stretto contatto con John Milius, autore tra gli altri di Alba Rossa, e alcuni consulenti come Tae Kim, un ex agente della CIA, per ricreare un contesto credibile dove l'attacco alla più grande potenza mondiale fosse giustificato da un mosaico fantapolitico che parlasse di crisi in Asia e in Medio Oriente, equilibri economici e differenti realtà che vanno a collidere creando infine una situazione drammatica; remota ma plausibile.

L'inizio della liberazione

Al giocatore è richiesto di scendere in campo dopo che l'occupazione è già in uno stato avanzato, quando anni di odio e violenze hanno creato il giusto humus da cui far nascere un movimento per la liberazione del Paese. Nei panni di un pilota d'elicottero inizialmente in mano al nemico coreano e poi liberato da due ribelli, Connor e Rianna, l'utente percorre sette livelli che sono anche un tour guidato attraverso sette attrazioni, sette scorci comuni per il cittadino statunitense ora resi irriconoscibili: da una periferia suburbana fino al paesino di campagna, da ambienti quotidiani come scuole e grandi magazzini fino al Golden Gate Bridge di San Francisco, spogliato della sua funzione di passaggio sospeso sopra l'Oceano Pacifico e divenuto un campo di battaglia per la resa dei conti finale. Tutte le energie investite nella premessa non si esauriscono comunque a essa stessa o alla scelte delle ambientazioni, ripercuotendosi sul gameplay: più volte, infatti, l'azione si interrompe per lasciare spazio a lunghi tratti giocati senza sparare un colpo, muovendosi tra scene più o meno crude che sono un modo perfetto per giustificare lo sforzo estremo richiesto ai protagonisti delle vicende, umanizzando anche i nemici e dando un maggior peso alle sparatorie che restano come ovvio il focus principale dell'esperienza.

Da un punto di vista delle meccaniche, Homefront è piuttosto tradizionale offrendo lunghi livelli lineari da svuotare sfruttando le armi sparse in giro o raccolte da qualche cadavere. L'approccio è quello scelto per altre celebri serie, come quelle citate nell'introduzione di questo articolo, ovvero di imporre un certo ritmo e incalzare il giocatore dandogli un numero ristretto di possibili scelte sia in termini di movimento che di tecniche d'attacco. Un uso preponderante dello scripting che non è di per sé né un bonus né un malus, qui sfruttato a dovere per creare situazioni piuttosto varie per quanto non originali: non manca ad esempio una missione in cui, imbracciato un fucile da cecchino, ci si deve muovere evitando di allertare i nemici, oppure scene da guerriglia urbana, agguati e altre simili ricorrenze oramai standard per il genere.

L'inizio della liberazione

Più originali aggiunte come l'uso di un grosso drone semiautomatico, il Goliath, i cui missili possono essere indirizzati manualmente, mentre le sessioni a bordo dei veicoli, in particolare su un elicottero, sono un breve ma interessante diversivo. Di difetti grossi in termini di gameplay ce ne sono a conti fatti un paio: il primo è uno spawn dei nemici non sempre perfetto e in una manciata di occasioni addirittura visibile, il secondo la fastidiosa tendenza a stanare il giocatore a suon di granate nel momento stesso in cui ci si ripara un po' troppo a lungo e la posizione degli avversari non prevede il loro avvicinamento; un po' come visto in diversi Call of Duty. E poi ovviamente c'è la spinosa questione relativa a una longevità che si assesta tra le quattro e le cinque ore. Ovviamente salendo verso il più alto dei quattro livelli di difficoltà ci si impiegherà via via di più in senso assoluto, visto che diversi passaggi andranno ripetuti più volte, ma la durata dell'attraversamento dei livelli quella è e la natura lineare del prodotto non suggerisce l'uso di una gran varietà di approcci differenti. Insomma un paio di livelli in più e un finale più incisivo a proposito delle sorti del conflitto, non avrebbero certo fatto male all'esperienza nel suo complesso.

Ricetta per un multiplayer

Alle spalle di Kaos Studios, già al lavoro su Frontlines: Fuel of War, c'è il cuore del team che realizzò la storica mod Desert Combat e che aiutò DICE a portare a termine Battlefield 2. Il pedigree parla insomma di una passione sfrenata per la componente multigiocatore e anche in Homefront questa propensione è chiara, al punto da renderlo il comparto più riuscito e appassionante dell'intero prodotto.

L'inizio della liberazione

In particolare è interessante come lo sviluppatore con sede a New York abbia preso alcuni elementi oramai imprescindibili, ad esempio la crescita a livelli, la presenza dei perks e delle sfide da completare per guadagnare più punti esperienza, per poi mescolarli con altri completamente nuovi oppure rivisti in una nuova foggia. Lo spunto di partenza è la scelta di rimuovere le kill streak classiche, con l'accumulo di punti spendibili entro il momento della propria morte, a favore di un sistema che premia ugualmente uccisioni, assist e il completamento di obiettivi, ma che ci si porta dietro anche dopo essere stati abbattuti. In base ai gadget scelti per personalizzare ciascuna delle cinque classi presenti, i Battle Point guadagnati vanno spesi per avere accesso ad armi speciali come il lanciamissili oppure a uno dei droni comandabili a distanza, di terra o d'aria, utili per attaccare oppure fare una ricognizione del terreno di gioco. In modo simile a ogni rinascita è possibile rientrare in partita sulle proprie gambe oppure, qualora ce lo si possa permettere, comandando uno dei veicoli acquistabili: humvee, carri leggeri e pesanti, elicotteri di piccole dimensioni oppure enormi Apache da guerra. Tra l'altro il loro uso prevede la presenza di almeno un altro posto oltre a quello del pilota, quindi sono strumenti fondamentali anche nell'economia del gioco di squadra.

L'inizio della liberazione

A completare questo sistema, poi, ci pensa il Battle Commander: una speciale routine dell'intelligenza artificiale che, nelle partite in cui si decide di attivarlo, valuta l'operato di ciascun giocatore chiedendo a due o più esponenti di un team di impegnarsi per abbattere il membro più pericoloso della squadra opposta. Quest'ultimo a sua volta dovrà cercare di mantenere la sua striscia positiva, guadagnando via via nuovi buff e upgrade. L'azione risultante è estremamente dinamica, perfettamente integrata con le due modalità di gioco: un death match a squadre e poi una rivisitazione del classico Territori nel quale conquistare due o tre obiettivi prima di passare a quelli successivi, che nel frattempo si sono attivati su una nuova parte di mappa prima inaccessibile. Le sei ambientazioni disponibili, create per ospitare un massimo di 32 giocatori, a oggi non sono numericamente moltissime ma la loro dimensione, l'ottimo design e la grande varietà di situazioni diverse che riescono a suggerire ne fanno un'ottima base di partenza che speriamo possa venir ampliata - possibilmente senza esborsi economici eccessivi - in futuro.

Da un punto di vista delle opzioni, sono ben accolte scelte come quella di mantenere le tre posture - in piedi, accucciati e sdraiati - così come la presenza dei server dedicati su tutte e tre le piattaforme. Purtroppo non siamo riusciti a trovare alcuni richiamo alla possibilità di disattivare la kill cam, che a qualcuno non farà molto piacere, così come avremmo gradito un modalità senza Battle Point e rinascita. Entrando nello specifico della versione PC testata per questa recensione, per una volta la conversione, ad opera di quegli stessi Digital Extremes attualmente al lavoro anche su The Darkness 2, è stata oggetto di grande attenzione.

L'inizio della liberazione

Entro un paio di settimane dall'uscita, infatti, verrà rilasciato l'eseguibile per montare i propri server privati e sono state previste altre interessanti opzioni per l'ambiente competitivo, come la possibilità di registrare le partite, creare rotazioni personalizzate e avere una console dalla quale accedere ai comandi per la gestione della squadra e degli spettatori. Inoltre su PC i mezzi dispongono di una seconda visuale dall'interno, con tanto di cockpit fatto per ciascun mezzo e per ciascuna posizione ricoperta all'interno dello stesso, aumentando non di poco realismo e coinvolgimento. In particolare gli elicotteri sono stati al centro di un lavoro di rifinitura che ha interessato anche la giocabilità, con tre diversi livelli di realismo selezionabili per decidere come influire sul loro controllo. La comunicazione vocale, infine, è supporta via VOIP mentre quella testuale via chat, globale o di squadra, e tramite un sistema di indicazioni che permette di dare semplici comandi selezionati attraverso un menù radiale. Purtroppo pare che per il momento non sia previsto il rilascio di tool a supporto della community di modders, sperando che un eventuale successo possa far cambiare idea a THQ.

Panorami sovversivi

La componente visiva del gioco è stata realizzata in modo da rendersi perfettamente complementare a quella narrativa. L'Unreal Engine 3 ha subito un grosso lavoro di conversione sia in quanto a resa delle immagini che per interfaccia, al punto da sembrare un motore completamente diverso e scongiurando una certa ripetitività nel look sofferta da molti titoli che lo sfruttano. Gli ambienti sono ricchi di dettagli, rifiniti con cura per quanto magari non incredibili sotto il profilo del conteggio poligonale.

L'inizio della liberazione

L'America occupata dal nemico coreano è un luogo forte di scorci suggestivi che giocano sui contrasti offerti dalle strutture riconvertite nelle loro nuove funzioni volute dal regime di Kim Jong-un: campi da football diventano tendopoli o fosse comuni, tranquilli quartieri residenziali vengono dilaniati da esplosioni e sconvolti per sempre dall'imperversare della battaglia, e i campi e le fattorie che un tempo facevano fruttare gli enormi spazi del Paese, sono ora in balia del nemico invasore, da una parte, e del poco buon senso dimostrato da una fetta della cittadinanza sempre più fuori controllo, dall'altra. Le armi non sono in quantità industriali ma sono riprodotte con cura e lo stesso vale per la varietà di differenti modelli e skin dei nemici. Purtroppo c'è una certa staticità degli ambienti con cui non si può interagire in termini di distruzione - e questo andrebbe benissimo - ma che non sono nemmeno dotati di certe interazioni che una fetta della concorrenza ha da tempo, come la capacità dei proiettili di attraversare le superfici meno resistenti. Nel complesso, comunque, il comparto grafico svolge bene il suo lavoro gratificando l'occhio come ci si aspetta da una produzione di alto livello.

Conclusioni

Multiplayer.it
8.5
Lettori (267)
7.4
Il tuo voto

Homefront riesce nell'intento di creare un universo credibile e affascinante, da utilizzare come spunto per una serie che ci auguriamo possa crescere nelle sue uscite future. Per il momento la campagna per il singolo giocatore è ben fatta, divertendo per quella che però è una troppo breve durata e con alcuni difetti di gioventù che avrebbero meritato maggiore attenzione. Il multiplayer si pone senza timore in competizione con gli altri grandi del genere, offrendo un'esperienza capace di divertire grazie a un insieme di meccaniche ben oliate tra loro. Siamo infine rimasti piacevolmente stupiti dal lavoro di conversione della versione PC provata, ben fatto e con in testa molte delle richieste che gli appassionati di mouse e tastiera sono soliti fare.

PRO

  • Storia e tecnica narrativa affascinanti
  • Multiplayer divertente, Battle Point e Commander riusciti
  • Gli Stati Uniti di Homefront sono visivamente un luogo affascinante
  • Versione PC ottimizzata a dovere
  • Single player divertente...

CONTRO

  • ... anche se troppo breve e con alcuni problemi di design
  • Ambienti più interattivi avrebbero fatto piacere
  • In termini di personalizzazione di armi, perks e gadget alcuni concorrenti danno più scelta

Requisiti di Sistema PC

Configurazione di Prova

  • Processore AMD Phenom II X3 720@3.5GHz
  • 4 GB di Ram
  • 2 x Scheda video NVIDIA GTX 460

Requisiti minimi

  • Processore Intel Pentium Core 2 Duo 2.4 GHz o AMD Athlon X2 2.8GHz
  • 2 GB RAM
  • Scheda video NVIDIA GeForce 7900GS o ATI Radeon 1900XT o superiore
  • 10GB di spazio libero su disco fisso

Requisiti consigliati

  • Windows Vista o Windows 7
  • Processore Intel o AMD Quad Core 2 GHz+
  • 2 GB RAM
  • Scheda video NVIDIA GeForce 260 o ATI Radeon 4850