Close to the Sun di cui leggete la recensione è l'ultima creatura di Storm in a Teacup, un talentuoso team romano che conosciamo per l'innegabile capacità di tratteggiare atmosfere particolari e coinvolgenti. E sono proprio questi i pilastri su cui si regge questo ibrido tra survival horror e avventura fantascientifica, un inquietante viaggio in prima persona a bordo di una maestosa nave, la Helios, creata da Nikola Tesla per ospitare schiere di scienziati impegnati a migliorare il mondo. Lo stesso Tesla, controparte digitale del celeberrimo inventore e fisico, ha plasmato la modernità del passato alternativo di Close to the Sun con le sue invenzioni al limite tra il rivoluzionario e il terrificante, da una parte create per condurre l'umanità verso un futuro migliore ma dall'altra destinate, forse inevitabilmente, a essere pericolose. E sono proprio gli effetti nefasti di una scoperta straordinaria che trascinano Rose Archer, la protagonista di cui vestiamo i panni, sull'enorme nave scientifica, sulle orme della sorella minore, brillante scienziata che è rimasta coinvolta in un misterioso incidente.
Anima ibrida
Close to the Sun, ambientato in un 1890 pieno di straordinari macchinari avveniristici, deve molto a Bioshock, per qualcuno un simbolo digitale di Art déco e per qualcun altro perfetto per la definizione di dieselpunk, ed è un debito evidente nello stile, nei colori, nelle luci e nella trama stessa, incentrata su un'utopica società di scienziati in fuga dalle piccolezze del mondo moderna. La sequenza iniziale, tra l'altro, sembra quasi un omaggio al titolo 2K Games che ritroviamo a più riprese attraversando l'enorme vascello che ospita l'intera avventura, un cimitero di corpi straziati e ricordi all'interno del quale si muovono solo pochi sopravvissuti, alcuni preda della follia e altri destinati a finire assassinati da strane presenze di fronte ai nostri occhi. Ma la trama prende una strada ben diversa dalla sua fonte di ispirazione e il gameplay, pur in prima persona, segue un sentiero che non prevede poteri, armi o scontri a fuoco. La protagonista, la giornalista Rose Archer, non è una combattente e non è nemmeno destinata a diventarlo nel corso di dieci capitoli che mescolano enigmi meccanici ed ambientali, esplorazione e improvvise fughe, unici scampoli di azione di un'avventura in prima persona che si pone a metà strada tra un survival horror basato sugli scare jump e un walking simulator. Un'anima, quest'ultima, che si manifesta attraverso ambienti suggestivi, scritti, indizi e scampoli di un passato che si manifesta a noi attraverso misteriose visioni fatte di energia. Poi, di tanto in tanto, il ritmo cambia all'improvviso. Un incidente, un salto, un'ombra, la comparsa di una minaccia implacabile che ci costringe alla fuga.
Brevi momenti di azione che si alternano con frangenti più compassati, forse fin troppo dominanti nella prima fase di gioco, che lasciano però spazio a un'universo fatto di indizi, pezzi di giornale, lettere, manifesti e collezionabili da cercare in ambienti che possono essere piuttosto ampi, comprendendo un intero quartiere della cittadina costruita tra le viscere della gigantesca Helios. Ed è qui che emergono i dettagli sul mondo circostante, un passato in parte reale, come emerge da articoli come quelli su Jack lo Squartatore, e in parte inventato tra incidenti diplomatici, rapimenti e scampoli di uno scontro combattuto a suon di spie tra Nikola Tesla ed Thomas Edison. In tutto questo la cura per il dettaglio è evidente e regala profondità a un'ambientazione già di per se suggestiva. Ma l'atmosfera non è sempre sufficiente a colmare le lacune: alcune sezioni della nave sono visibilmente meno curate di altre, diversi enigmi sono talmente facili da risultare quasi superflui e sequenze come la corsa verso un'enorme bobina che emette scariche letali sono realizzate piuttosto approssimativamente. Ma questo vale per molti frangenti in cui la narrazione, comunque centrale, lascia la porta aperta a sprazzi d'azione che ci vedono solitamente impegnati a fuggire da folli o da strane creature fatte di energia oppure a calcolare il tempo per non finire bruciati o fulminati. Il problema principale lo troviamo nella rigidità della protagonista e nelle meccaniche di superamento degli ostacoli che ci costringono a cliccare con il puntatore in un determinato punto per attivare l'animazione che ci permette di passare sopra a barricate, infilarci in cunicoli o attivare interruttori. E questo approccio restituisce un'azione macchinosa e poco naturale, anche se comunque capace di conservare la sua utilità nell'aumentare il nostro battito cardiaco che in alcuni frangenti rischia di rallentare troppo.
Un'opera coinvolgente
L'alternanza più o meno efficace tra scare jump, sequenze di fuga e momenti di esplorazione scandisce il ritmo di un gioco che per funzionare si affida al tempo sia nella sostanza, fatta per l'appunto da un continuo alternarsi di accelerazioni e frenate, sia nella trama. E quest'ultima sfrutta le anomalie temporali non solo in funzione eventi chiave della storia ma per popolare una nave quasi deserta di manifestazioni intangibili che ci permettono di scoprire cosa è successo in una zona prima del nostro arrivo. Alcune visioni appartengono a un passato antecedente al disastro della Helios mentre altre sono più vicine nel tempo, ma quale che sia la loro natura esse rivestono un ruolo importante nell'economia di gioco, funzionando da indizi e riempitivi utili a popolare una nave deserta, protagonista di un'esperienza che nei primi capitoli risulta fin troppo lenta. Poi, via via che il finale si avvicina, i dialoghi aumentano, la narrazione si condensa e l'esperienza si fa più emozionante, perdendo un pizzico di mistero che viene sostituito da scorci apocalittici, enormi macchinari e drammatici colpi di scena. E verso l'epilogo, per buona parte dell'esperienza una questione marginale, diventa finalmente protagonista, almeno per qualche sequenza, fino a dare una forma al finale che corona il rapporto, privo di grande profondità ma realizzato con efficacia, tra le due sorelle Archer.
Certo, dalle prime sequenze ci saremmo aspettati qualcosa in più dalla dimensione temporale, con una maggior presenza del tempo e dei suoi bivi nelle meccaniche di gioco e in quelle narrative, ma la storia funziona e non ci fa mancare un paio di colpi di scienza forse non particolarmente originali ma efficaci. E questo grazie al lavoro che Storm in a Teacup ha riservato al coinvolgimento, a partire dalla rinuncia all'interfaccia grafica in un gioco che ci guida attraverso le considerazioni della protagonista, i suggerimenti degli alleati e le figure di energia. I dieci capitoli che garantiscono una longevità media, da commisurare al prezzo ovviamente, e destinata a crescere esplorando le svariate stanze in cerca di collezionabili e dettagli. L'esperienza, va detto, è piuttosto lineare ed è destinata a concludersi con un solo playthrough, ma in alcuni frangenti l'illusione di una certa apertura c'è, i dettagli abbondano e l'esplorazione è piacevole. Alcuni ambienti, va detto, soffrono di un minor dettaglio, di una visibile ripetitività di alcuni asset e di scelte probabilmente legate ai limiti della produzione, decisamente evidenti nel caso dei modelli e delle animazioni delle creature che ci inseguono. Ma non mancano momenti in cui vince lo stupore tra enormi saloni, uno spettacolare teatro e generatori avvolti dai fulmini che producono riflessi e rifrazioni in ogni dove evidenziando un buon utilizzo dell'Unreal Engine 4. Sia chiaro, lo ripetiamo, i limiti ci sono e in alcuni casi sono palesi, tanto da risultare fastidiosi se non si accettano gli inevitabili compromessi legati ai valori di produzione, ma gli sviluppatori hanno fatto un buon lavoro nel nasconderli, regalandoci un'avventura godibile, a patto di apprezzare un mix che non permette a nessuna delle parti di emergere, condita da un doppiaggio in italiano di qualità, pienamente giocabile a dettaglio massimo su una GTX 1650 e sostenuta da una colonna sonora ambientale efficace. Il tutto già disponibile in esclusiva sull'Epic Games Store e destinato ad arrivare, in un prossimo futuro, anche su PS4 e Xbox One.
Requisiti di Sistema PC
Configurazione di Prova
- Sistema operativo: Windows 10
- Processore: AMD Ryzen 7 2700X
- Scheda video: NVIDIA GeForce GTX 1650
- Memoria: 8GB di RAM
Requisiti minimi
- Sistema operativo: Windows 10
- Processore: Intel Core i5 o AMD FX 2.4GHZ
- Scheda video: NVIDIA GeForce GTX serie 7 o AMD Radeon R9 da 3GB
- Memoria: 8GB di RAM
Requisiti consigliati
- Sistema operativo: Windows 10
- Processore: Intel Core i7 o AMD Ryzen 7
- Scheda video: NVIDIA GeForce GTX 1060 o AMD RX 470
- Memoria: 8GB di RAM
Conclusioni
Close to the Sun segna senza dubbio la maturazione di Storm in a Teacup che ci consegna tra le mani un'avventura completa di tutto, dall'investigazione alla contemplazione, sfruttando con abilità le chiare fonti di ispirazione e qualche escamotage per superare gli inevitabili limiti di un piccolo team. Non tutti gli elementi, purtroppo, sembrano amalgamarsi al meglio e c'è il rischio che molti, guidati dalle aspettative del trailer, restino delusi. E di motivi per esserlo ce ne sono, con la sfida che risulta spesso irrisoria e una certa delusione legata al fatto che la questione delle anomalie temporali non sia stata sfruttata maggiormente per dare spessore alla trama o alla sostanza del gioco. Ma nel complesso parliamo di un titolo che punta a un certo ritmo e aggiunge qualcosa in più, abbastanza longevo in relazione al prezzo e capace di combinare con discreta efficacia walking simulator, salti sulla seggiola e ambientazione affascinante.
PRO
- Ambientazione affascinante e carica di atmosfera
- L'alternanza tra calma e concitazione funziona
- Il contorno è curato e aggiunge spessore
CONTRO
- Enigmi troppo facili
- Comparto tecnico dalla qualità altalenante
- Sequenze d'azione non proprio memorabili