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F.E.A.R. 2: Project Origin - Recensione

A distanza di anni dal predecessore e dopo un iter di sviluppo particolarmente travagliato tra cambi di publisher e di titolo, il sequel di F.E.A.R. arriva sui nostri schermi. E' ancora tempo di horror?

RECENSIONE di Alessandro Yo   —   10/02/2009

Peregriniamo in un tunnel sgocciolante, coperto di ciarpame umido e mattoni. Un gruppo di soldati cloni avanza spostandosi di copertura, mentre delle creature antropomorfe si trascinano velocemente lungo i condotti e attraverso il soffitto. Cerchiamo di eliminare i primi, illuminando gli angoli bui andiamo a caccia dei secondi. L'istante stesso dell'attacco rallentiamo il tempo, diamo il via ad una danza che lascia a terra cadaveri e detriti per poi restituire la sensazione di non essere mai finalmente soli: è un'ombra quella che si muove lì in fondo, che ha appena girato l'angolo? Oh, di nuovo.

30 Minuti di Sovrapposizione

Ormai vicino all'obiettivo, l'agente apripista della divisione F.E.A.R. (Contatto, ricognizione e assalto in situazioni caratterizzate da attività paranormali) invia al comandante Rowdy Betters le prove della colpevolezza della direttrice dell'Armacham Tech Corporation (ATC), Genieve Aristide, rea di aver concepito e diretto un progetto di reclusione forzata e sfruttamento di una bambina dagli eccezionali poteri psichici, Alma Wade, utilizzata come genitrice di prototipi umani (Progetto: Origine) abili a guidare telepaticamente divisioni selezionate di soldati clonati (Progetto: Perseus). Quindi, si immerge nei sotterranei della sede, dove la giovane è stata reclusa in uno stato di criostasi. Alcuni minuti dopo, sfuggendo ai demoni scatenati dal rancore della stessa Alma, ormai liberata e in preda ad un'irreversibile reazione vendicativa, l'uomo riesce finalmente a guadagnarsi l'uscita. Di lì a breve, un'esposione nucleare lo abbraccia, e gli riempie la bocca di un bacio pieno di polvere. Siamo nei minuti finali dell'originale F.E.A.R.. Torniamo indietro di 30 minuti, tutto questo deve ancora accadere. Dall'altra parte della città, un team della divisione anti-terrorismo Delta Force si sta dirigendo verso l'attico della Geniéve con un mandato d'arresto, conseguenza immediata dell'invio di quelle prove. E' qui che possediamo l'anima di Michael Becket, soldato di punta del gruppo. L'ordine è di trattenerla in custodia, ma per adesso, il volto teso di Aristìde al momento della cattura si mescola all'aria sporca che si intravede incendiarsi dietro le finestre, mentre invisibili braccia fumose capace di alzare grattacieli fino alle nuvole vengono evocate da un'immensa detonazione atomica. Alma dev'essere fermata (e questo paragrafo probabilmente vi servirà anche dopo aver finito il gioco per ricordarvi come mai avete accettato questo compito).

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Alma Errante

Lo sviluppo della trama procede alternando sequenze in-game vissute in prima persona, con e senza controllo del personaggio, e log testuali, che troviamo nel bel mezzo delle stanze che percorriamo, da leggere sul PDA. Aprire il PDA significa evocare un menù, uscire da Becket. Tendiamo ad ignorarlo, a leggere tutto e subito, a sforzarci di tenerlo a mente. Dopo diversi minuti, facciamo fatica a ricordare i particolari meno evidenti e, sinceramente, chi sono e che intenzioni hanno tutti questi gruppi e stereotipati personaggi. Alma intanto, si lascia ammirare, e come se giocasse con un topolino ci strangola ma senza davvero volerci uccidere, basta... un Quick Time Event per allontanarla? Preferisce osservare la nostra facile lotta per la sopravvivenza. Il concetto su cui si dovrebbe basare il nostro timore è evidente: come opporci ad una bambina che uccide solo con la propria presenza? Eppure la domanda cambia rapidamente: visto che non diventa mai una concreta minaccia alla nostra incolumità, perchè temerla? Siamo ancora così sensibili ad una linea di sangue, al caro vecchio manichino mutilato, all'ennesima allucinazione ad occhi aperti, alla bambina che vaga lentamente coi capelli di fronte al volto, alla litania infantile? Soprattutto quando rappresentati in maniera così ruffiana e non tragica e viscerale? Quante volte si può utilizzare la stessa formula e sperare che il pubblico ne venga affetto? F.E.A.R. 2 in questo è come un pugile codardo e macchinoso, che costantemente finta il colpo ma non lo scaglia mai, perciò perchè coprirsi gli occhi e sentirsi imprigionati in uno stato di tensione? Non puoi cercare di terrorizzare, ed essere clemente nel farlo. Non puoi cercare di provocare orrore, e non essere sincero nel mostrare quelle vergognose perversioni dalle quali tu autore, per primo, sei attratto e terrorizzato.

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Little Boy, Little Girl

Come ricordava il regista Miike Takashi all'uscita di Dead or Alive 2: Birds, "fare un sequel è un insulto al film originale, perchè i produttori pensano che noi possiamo fare un film migliore del primo con meno soldi. Quando il primo film ha successo, si pensa subito a fare un sequel. Un sequel è un progetto che è sempre basato su una maniera negativa di pensare". Uno sfruttamento puramente commerciale del successo dell'originale, ecco cos'è un secondo episodio per il committente. Come reagisce un'entità creativa che riceve la commissione di immaginarlo e realizzarlo? Opera una violenta negazione di quelle dinamiche, le stravolge con lo strumento dell'arte. "Quando mi fu offerto di fare il seguito", concludeva, "ho visto l'opportunità per opporre resistenza, per ribellarmi, per non fare un seguito come seguito, era un'occasione per cambiare le cose". Non è forse con questo sincero disgusto per la superficialità che sono nate le più convincenti opere a seguito di un'originale, come Silent Hill 2, Fallout 2, Shadow Of The Colossus, Half-Life 2, Terminator 2, Alien 2? F.E.A.R. 2 svela subito la sua anima nera. Mancano sincerità e coraggio di osare, la ribellione alle dinamiche banalizzanti, alle strategie studiate per "funzionare" col pubblico di massa, l'accettazione della sfida creativa. La nascita di Alma avviene nel momento in cui l'industria americana scopre con ritardo il ruolo degli onryo giapponesi (spiriti dei morti, capaci di tornare ad influire sul mondo fisico per vendetta, spesso donne con lunghi capelli neri davanti al volto) e frettolosamente satura l'occidente di questo peculiare trattamento del genere, venduto con l'etichetta di J-Horror. Inoltre ciò che la definisce è, ora, ancor più esplicitato: una bambina dai poteri psionici che incarna un'arma di distruzione di massa è l'ombra di Akira. Forse la paura di un "Little Boy" (Girl) che sfugga al controllo del suo creatore annientando tra i propri stessi confini ogni forma di vita sulla massima estensione spaziale nel minor tempo possibile funziona ancora in America. Oggi, è probabile. Di sicuro, questa è la maniera più banale di elaborarla.

F.E.A.R. 2: Project Origin - Recensione
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Morire di Paura? O Paura di Morire? No, E' Più Voglia di Uccidere

Dopo alcune ore, ce ne vorranno una decina in totale, regna la sensazione di vivere due differenti esperienze che proseguono in parallelo come linee che tentano di incontrarsi senza mai unirsi, ma si incrociano solo sporadicamente. Da una parte siamo attori di sparatorie frenetiche e dirette, che agiscono ad un livello "fisico", dall'altra siamo spettatori di costanti apparizioni che cercano di incidere ad un livello psicologico e non convincono, si ripetono come fossero distribuite da una macchina programmata per rilasciarle periodicamente e forgiarle tutte identiche. Guardiamo orrore, ma non lo viviamo. Se la seconda componente diventa subito indolore, la prima si rivela l'ingrediente meno insipido di un piatto ben preconfezionato. Da dietro il filtro di un ricco HUD, gli scontri si percepiscono come tesi, e totalmente frontali. L'intelligenza artificiale è sicuramente eccellente ed incredibilmente versatile ad ogni ambiente: nei frequenti spazi stretti sembra reagire in maniera più aggressiva, preferendo assalti diretti rispetto alle tattiche di aggiramento e copertura, e di fatto ci spinge ad un frequente uso dello slow-motion. E' ancora questo rallentamento il meccanismo di punta nell'azione, sottolinea le esplosioni di sangue e cava d'impaccio nei momenti critici, ma non è mai davvero necessario e mostra di non avere la freschezza di una volta, spinge F.E.A.R. a dipingersi come un gioco costruito genericamente sopra ad un paio di meccanismi, arcaici e derivati, e la qualità del divertimento non sale più di una certa altezza. Molte sparatorie si concludono con l'utilizzo di una sola arma da scegliere in un arsenale più che vario. Dopo le classiche armi semi-automatiche a proiettile, le più effettive diventano quelle fantascientifiche (eccetto l'ottimo fucile a pompa automatico), dai laser ai fucili sparachiodi, fino al cannone che rilascia cariche disintegranti. Un martello di Thor contro le poche tipologie di antagonisti che incontriamo (diciamo comunque che alcuni saranno "incontri unici"), ma ognuna utile ad eliminarne uno in particolare - Il laser in pratica è perfetto per chi diventa invisibile, le granate se cucinate sono perfette per i gruppi, il lanciamissili è l'unica risorsa contro i robot. E di munizioni ce ne sono a iosa, divertitevi quanto volete, mai toccata la pistola, che per altro non si può più raddoppiare in dual wield. Nei momenti più difficili il sistema di coperture, ovvero crearsi ripari ribaltando mobili col tasto quadrato, ci offre il tempo di scegliere come meglio difenderci e dona agli scenari altamente distruttibili, di molto migliorati nei dettagli e nella varietà rispetto a quanto visto nell'originale, seppur abbastanza scontati, un nuovo livello di interazione (e di conseguenza, alle scenografie un ruolo più attivo di quello legato alla loro coreografica distruttività). Anche in questo caso comunque scopriamo di farne a meno e di preferire l'impatto alla prudenza, o casomai di difenderci da qualche passo indietro. Particolare, quello della distruttibilità, che trova il culmine nelle sequenze in cui guidiamo un esoscheletro da guerra, capace di spingere lo scontro diretto agli estremi di linearità e violenza. Solo in quel momento spuntano enormi robot armati fino ai denti, che tempismo!

Basta, Ma Non Avanza

Dicevamo, finalmente gli scenari variano, anche se rimangono poco originali. Diamo un benvenuto alla scuola (la più dettagliata e completa), alle fogne, alla metropolitana, alle strade tra i palazzi diroccati in fiamme. Eppure sono così dettagliati, che raramente smettono di essere evocativi. F.E.A.R. 2 è un gioco dalla pre-produzione lunga, e lo mostra spavaldamente in alcuni scorci, insieme alla sua indole cinematografica. E dimostra anche che, per quante ne abbiamo dette a sfavore, funziona bene per quel che c'è, che se vi basta, vi piacerà senza dubbio. Stupisce, vista la loro qualità, che la tecnologia si dimostri però così altalenante: ad un sistema di controlli fluido e con ottime animazioni ed effetti particellari si oppongono in contrasto un framerate costantemente affaticato, texture dalla risoluzione davvero bassa e alcuni oggetti poligonalmente poco complessi, ai quali si aggiunge un comparto sonoro di musiche ed effetti ricco, ma un po' standard. Tutto questo lascia intendere come mai è impossibile levare il forte filtro del noise, così necessario per nascondere e ben poco utile all'atmosfera. Un particolare che pendola tra il realistico e il poco rifinito (ovvero, non capiamo quale tra i due) appare il nostro movimento di camminata: sembra di muoversi come un automa, e sugli sprint, la stamina è davvero limitata. Più veloce è l'esperienza in multiplayer, qui un accessorio decisamente classico, ma nel quale una modalità si stacca: Fronte Armato. E' il miglioramento della vecchia modalità Conquista: bisogna assicurarsi cinque punti chiave della mappa, ed è possibile usare anche torrette ed esoscheletri mecha nel processo. Il trucco sta nel doverlo fare con una sequenza obbligata, e la possibilità di far apparire una minimappa dello schema in primo piano sicuramente risulterà utile per orientarsi. Probabilmente, se sentite la mancanza di una modalità in cooperativa, si rivelerà un sufficiente diversivo da condividere con qualcuno. Il sistema è legato ad una suddivisione in tipologie di soldato - a seconda delle armi di partenza - da scegliere all'inizio delle sessioni. La scelta è legata ad un sistema a punti che una volta accumulati potranno essere spesi per investire su nuove tipologie, che posseggono armi più potenti. Purtroppo, la mancanza di bot e di tester non ci ha dato comunque la possibilità di provarlo a fondo: per questo, vi rimandiamo a seguire nei prossimi giorni la discussione sul nostro forum.

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Commento

In tutta franchezza, F.E.A.R. 2 si presenta sia come un maldestro insuccesso nel tentare di realizzare un'esperienza impressionante, incisiva e memorabile, ma anche come un blockbuster d'azione pulito, incentrato sullo scontro a fuoco diretto, capace di funzionare bene nel poco che offre e purtroppo, all'interno, solo decorato da una carta da parati blandamente horror. Se solo F.E.A.R. 2, oltre ad un'Alma, avesse un'anima...
Pro

  • Migliorata l'interazione con gli scenari
  • L'intelligenza artificiale avversaria assicura scontri impegnativi
  • Scenari variegati, dettagliati ed evocativi...
Contro
  • ...ma prevedibili
  • una sintesi di meccaniche completamente derivate dal passato
  • Trama e tema stereotipati
  • Textures di bassa qualità e rallentamenti, in particolare nella versione PS3